giovedì 30 dicembre 2010

POEM OF THE WEEK 2010, antologia AA.VV. acquistabile in rete (VIR-US POESIA)

Il sito poetico VIR-US POESIA saluta l'anno che se ne va, e lo fa con la pubblicazione di un'antologia che raccoglie tutti i vincitori dell'anno 2010 del concorso settimanale POEM OF THE WEEK, che ci ha accompagnato e spesso emozionato.







Support independent publishing: Buy this book on Lulu.

Ecco il contatto diretto per acquistare la copia dell'antologia POEM OF THE WEEK 2010.



Essa raccoglie tutti i vincitori finora premiati da vir-us, i quali sono:

Roberto Massaro;

Fiorella D'Errico;

Federico Facchini;

Giordano Criscuolo;

Oreste Veronesi;

Emma Vittoria F. Dall'Ermellina;

Elisa Del Taglia;

Tonino Bergera;

Gianluca Conte;

Fabio Orefice;

Silvia Padula;

Lucia Girotti;

Ana Caliyuri;

Maritza Sara Luza Castillo;

Anna Ruotolo;

Ulisse Fiolo;

Sylvia Pallaracci;

Ambra Dominici;

Piero Lo Iacono

Un pasto al giorno

martedì 28 dicembre 2010

Su Colibrì di Anna Maria Tamburini

recensione di Maria Lenti
uscita in «Il Convivio anno» XI, 43, Ottobre-Dicembre 2010

Anna Maria Tamburini, Colibrì, Prefazione di Gianfranco Lauretano. Postfazione di Loretta Iannascoli, Rimini, Faraeditore, 2010

Qualche sfumatura della poesia di Anna Maria Tamburini, che esordisce con questo delicato Colibrì, mi richiama d’emblée Emily Dickinson: per quell’ape, la “dissoluta di rugiade / che calici deliba / nel visibilio di aromi / di frutteti d’oriente” in Tamburini, “abitante del trifoglio” nella poetessa americana?
Direi per una atmosfera di rarefazione e di concretezza, due termini solo in apparenza antitetici essendo che entrambi si negano, e si rafforzano, proprio all’espandersi del verso. Che, generalmente, in questa autrice conosciuta come saggista e studiosa di teologia, è centellinato nella sezione “sull’equoreo seno”, ma distillato in tutte le altre tre sezioni, filtrato dalle impurità. Intendo dire che Anna Maria Tamburini mira, e ci riesce, a dare la sensazione pura di un pensiero puro, non di rado conclusi in sinestesia: «e tu rubami / l’attimo - se riesci - / il colibrì / fuoruscito da strati / del vissuto, /  il cuore che palpita all’attesa, / all’incrocio degli incontri, / all’erta» (ecphrasis).  
Pensiero puro, nel senso di privo di scorie, di aporie, il quale si distende ad incontrare verità e nuclei di possibili punti di partenza e di arrivo della stagione umana e terrena, che tale non resti per andare oltre l’evidenza, oltre una verità decantata verso una verità più ferma.
Dio, certamente. Può essere l’amore, l’incontro e la resa, l’attesa e il dono. Probabilmente la natura, contenitore e prima culla. E, a lato, una vicinanza creaturale a scaldare come un seno, ad accogliere come un ventre, a salvare come acqua. (Una parola, peraltro, che torna anche sotto altre forme e stati: solida di gelo che impedisce il dire e il dare; aeriforme, come desiderio di altezze, di volo).
Pensiero puro pieno di serenità, meglio di aponìa se il termine non si legasse in linea diretta alla dottrina epicurea.
Introiettata per lunga conoscenza, è serenità di ritrovata innocenza. L’autrice ne mostra i risvolti, le possibilità. Per toccarne alcune si affida all’anima (“ama e altro chiede // è più su e si eleva”), la cerca e la restituisce, appunto, distillata. In una poesia tutta personale che risale al (e discende dal) magistero di alcuni poeti cristiani del Novecento, tra i quali padre Agostino Venanzio Reali: l’incontro dello studio universitario di Anna Maria Tamburini, che è valso a rendere più larga la sua strada di riflessione, anche poetica.

Su Dove allunata? di Sonia Gardini


FaraEditore, Rimini 2006

recensione di Anna Maria Tamburini

Opera prima, nutrita, sapiente, perfettamente limata, e distillato di un pensiero profondo nella riflessione quanto vivace nell’intuizione, Dove allunata? di Sonia Gardini.
Se di ogni libro è utile conservare alcune immagini efficaci, per me vorrei ritenere la “ballerina abbacinata/ dal mattino” (p. 55), i versi franti che congiungono mirabilmente fragilità e perfezione, metafora del poeta e dei suoi passi, e di questo poetare. E, ancora, Si distende l’aquilegia (p. 31) – fiore comunemente chiamato “amor nascosto” – che nel contesto assume caratteristiche di passiflora perché affila / strumenti / di passione:
 
Si distende
l’aquilegia
nella fuga
dei calendari
e affila
strumenti
di passione

Una sola parola, un verso. Ma l’essenzialità dell’estrema sintesi non toglie nulla alla sequenza delle immagini evocate, dietro alle quali, in questo contesto, le pagine rapidamente sfogliate di un calendario d’erboristeria assommano un groviglio di sofferenza mai esacerbata in insistenze o lamento.
Anche l’architettura formale manifesta una sapienza compositiva capace di equilibrio tra i
frammenti di poesia - significati che si donano alla vita nel vissuto quotidiano -, e i maestri di riferimento, al maschile come al femminile, con i quali si apre ogni sezione.
Ciò che affiora è enigma (Affiora l’enigma, p. 18). I ricordi, a giacere tra i sogni. Dichiarato l’amore alla vita - Amo alcove d’alberghi (…), Amo il calore del sole (…) Amo la vita  inespressa / quando respira la sera –, tra i vuoti e i silenzi, la poesia è domanda: Se affonda il divino / che sarà di me? (p. 23).
In una formula, infatti, che forza la sintassi con un marcato neologismo, l’invocazione alla luna di leopardiana memoria vira realisticamente su una domanda che si situa tra il rammarico per la perduta capacità di sognare, che rendeva più lieve la giovinezza, e la consapevolezza che il sogno era in fondo evasione:  Dove allunata / l’evasione mia di fanciulla? ( p. 19). Dove allunata è un verso del capitolo eponimo, il primo dei cinque che compongono il libro, da cui è tratto il titolo della raccolta stessa.
L’epigrafe con le parole di David Maria Turoldo - «È il mio cuore sola cetra / capace di illudermi ancora» -, apre la sezione Attimi, che ha momenti di sospensione nel giro di frasi non sempre compiute, su invocazioni dove il tu è la propria anima:

Tu anima
immota fra l’indaco del cielo
e il trascolorare della terra
nell’attesa illusa
che la felice sorte
ripeta
il suo cammino (p. 47).

Quella domanda - Anima mia senti anche tu un vago segno / d’incontri incompiuti / all’odore pungente dei tigli? (p. 45) -  in Impronte, terzo capitolo, aperto con la poesia della Cvetaeva, compone in canto i tracciati del vissuto con le sue sofferenze e le sue perdite:

Oggi le note profonde
di una cetra
generano per noi
un’altra libertà.

È nato un intreccio
di rinnovato silenzio
madre. ( p. 66 )


Anche a questo serve la poesia, a elaborare il passato e vivere nel presente: Declino le parole / al presente: / il dolore / diventa invisibile (p. 68).

Le immagini di Oriente distendono orizzonti di viaggi intrapresi nell’anelito alla vastità del cielo, alla quale urla il silenzio del deserto nella trafiggente luce; e nello stupore offrono una pausa, una sosta di pace all’anima (p. 85) che accogliendo ogni segno si dispone alla preghiera:  Acquieta – Signore / l’urlo irrompente / di chi ti invoca / con un altro nome. (p. 86).
Nei Conversari introdotti dalla voce di Emily Dickinson, la parola poetica si fa invocazione aperta a quel Tu che si scrive al maiuscolo, che tace, ma alla cui presenza l’esserci del poeta è plurale: Amo le parole – dicono di cose - / il mio essere tanti – il resto / è tutto nelle mie sillabe donate (p. 92).
A fronte del Suo silenzio, persino esasperante in presenza del dolore crescente che la violenza suscita e rinfocola, nella storia, la voce poetica interpella direttamente Dio, che non è lontano, tuttavia, proprio perché costante interlocutore, imprescindibile all’esserci: e non ci sono se anche tu non ci sei (p. 95); e nulla resta di me se non ho la presenza di Te (p. 98).

Su La sonnolenza delle cose di Fortuna Della Porta


recensione di Vincenzo D'Alessio
Nella collana “Aretusa”, delle edizioni LietoColle, è stata inserita ,e pubblicata, la raccolta di poesie di Fortuna Della Porta, salernitana, che vive a Roma, dal titolo: La sonnolenza delle cose. Una potente trasposizione, mito-filosofica, in versi. Più di cento pagine pregne di riferimenti ai miti greci e latini, e a fonti ancora più antiche. La poetica è densa di una maturità che conforta il lettore agguerrito: “(…) La mia maturità / (arduo dirla vecchiaia) / oramai disfatta / in un campo di stoppie / ha solo paletti per sostenere / ancora un giorno” (pag. 53). E, dall’altra faccia della lettura, non bastano i versi deliranti e profetici della poetessa a far sì che: “(…) Ma il diavolo è innocente / e solo una parola / non scalda” (pag. 101).
Tutta la raccolta, compresa tra poemetti e stanze, è un inno solenne alla Poesia, alla forza che da essa si leva, nel corso del Tempo, per reggere i sogni dei poeti e indicare il cammino: “(…) allo sconcerto della controra / coltivo in lacrime / un refolo di mutua pietà / per i fantasmi compagni del viaggio / mentre la lingua dissipa il vaniloquio / che s’alza e sorvola aria incontrastata” (pag. 28). La valenza del poeta, quale partecipe di un ordine cosmico grazie alla poesia, viene assunta e dimostrata nei versi della Nostra, quasi come fossero sentenze emesse da una bocca votata all’incomprensibile ditirambo dionisiaco: “Ogni poeta ha il suo alfabeto. / Chi nasce a sud, nella bisaccia desertica, / e si chiama, poniamo, Tuareg / cerca sotto l’aridità della crepa / il flusso dell’acqua” (pag. 47).
Questi versi sono soltanto una parte delle tante “sentenze” declamate in versi per tracciare i punti geopoetici che ogni autrice/autore porta nella propria scrittura. Gli stessi versi, a volte colmi di una musicalità ancestrale, quasi da ninna nanna, sono il viatico per il lettore che si sobbarca la lettura del viaggio nella vita, e nella poesia, della poetessa. Bene scrive Lucio Zinna, nelle pagine che precedono la raccolta che stiamo leggendo, a tal proposito: “(…) Il viaggio può considerarsi, in ampio ventaglio metaforico, nucleo tematico basilare della raccolta”. Tantissimi sono i richiami al lettore per rivedere, in sé stessi, i mutamenti del pensiero e delle forme che hanno le cose intorno a noi. Cose apparentemente silenziose, chiuse in una sorta di attesa, che aspettano di essere “scoperte” dagli occhi affamati della nuova umanità che legge.
Una sorta di viatico, indispensabile, per abbracciare generazioni e tempi, che altrimenti resterebbero nascosti nella cenere delle menti che si spengono, quasi si bruciasse una intera libreria di testi unici: “A rovescio ti canto, fuoco. / Non fuoco di pane e di chiaro / non l’incipit, ma la cenere” (pag. 52). Come dai versi di Omero, gli archeologi, cercarono le rovine della famosa Troia, così la poetessa Della Porta ci racconta, commensali di un convito immortale, la sete della parola poetica. “(…) Mi persuade di nuovo, in salvo dalla nebbia, / che, sul far del giorno, il sole / con una gemma mi indorerà i capelli / e un insetto – una farfalla? – con anima e presagi, / riparerà soffiando allo squarcio della morte” (pag. 50). E in questi versi, ispirati alle “Vie dell’anima”, compare l’invito di Trimalcione ai suoi commensali, la “larva argentea”: “Ergo vivamus, dum licet esse bene” (Satyricon, 34).
Quante voci, come un coro, compaiono e riparano nella nostra mente. Quel ditirambo comprende anche noi, sospinti dalla lettura dei versi della Nostra, che ci trasportano in un mondo ancestrale e attuale: mondi  volutamente contrapposti, per generare la lezione che il grande Vico inaugurò nella sua Scienza Nuova.
La parte che a noi più  aggrada è nei versi che designano l’identità, tutta umana, della voce che narra: “(…) Ma tra le pieghe porto / il grembo di mia madre / il tortino di fragole / dell’unica nonna / infilata ricurva / nelle increspature / degli occhi verdi azzurri / le piume del chiacchiericcio / per la tregua sul seno suo / posata” (pag. 51). Nel personale, cantato dalla Nostra poetessa, ravvisiamo tutto il calore della poesia meridionale, colma di calore umano, sempre pronta a condividere e donare, una poesia densa, della trasfigurazione, che fa del poeta la voce sempre nuova da ascoltare: “(…) Sono altra da ogni cosa / che comincia. / Sono una fine. / Sono l’urlo dell’amore / che non mi ha voluta / – come mi avrebbe colmata! – / mentre osservo da una finestra / il tempo che insiste a portarsi via / il mio ultimo tempo” (pag. 23).
Versi personali che divengono universali. Accanto ai miti, alle voci bibliche, alle assonanze, metafore, enjambement, anafore, c’è una serrata ironia che produce, in chi legge, l’apprezzamento per la poetessa, per i temi scelti e le opportunità offerte alla mente di scardinare quei “mostri” che ci accecano, portando via, così, la violenza che la società attuale degli uomini conosce. I versi compresi nel poemetto Disparità, incluso nella presente raccolta, sono carichi della lezione dei contemporanei, come il grande Pierpaolo Pasolini (Trasumanar e organizzar, delle Pagine corsare); di Montale della “terra dei limoni”, o della bella poesia  intrisa di fuoco meridionale, il dialetto lucano, della ricordata poetessa Assunta Finiguerra (scomparsa nel 2009). Il sud , “bruciato deserto”, è parte integrante della poetica di Fortuna della Porta. Voce antica e porto sepolto: “(…) Come quando a mela cotogna / o pannocchie si mangia nel sud / I ragazzi inseguivano il cerchio / e battevano le figurine del calcio” (pag. 99) e poco prima, nella stessa stanza, i versi: “Come quando in terra di limoni / cantavano il corredo le donne / del bruciato deserto del sud” (pag. 98).
C’è attenzione verso i giovani: sia nel ricordo della giovane vita di Icaro, sia nei versi del (monologo) a pag. 87: “(…) Ma tutta la mia città si arrende come Tèreo / sta cedendo alla folgore i passi dei giovani, /  i grembi delle gestanti, le mani delle madri che sanano”. Tutta la raccolta vibra di una filosofia che vuole superare quel doloroso “velo di Maya”, per fluire nella concordia poetica, ricordata dall’epigrafe posta all’interno di questa raccolta, richiamando l’iscrizione sul tempio dell’oracolo di Delfi: “Ti avverto, chiunque tu sia. /  Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura, / se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi / non potrai trovarlo nemmeno fuori” (pag. 31).
Dov’è, dunque, “la sonnolenza delle cose”, che dovrebbe rappresentare una umanità che non si accorge, assopita dal troppo benessere, dell’accadere delle “cose” nella universalità del mondo presente?
Noi l’abbiamo cercata nell’anabasi dei versi, in questa raccolta dalla struggente forza femminile; e l’abbiamo condivisa.
  Montoro                           

Fortuna Della Porta a Solofra 8 gen

domenica 26 dicembre 2010

auguri da '' La Tela Sonora ''

Everyday Angels


Sometimes it feels as if angels appear right on cue.

But perhaps for most of us, it's the recognition that solutions are more likely to be found in everyday things around us and in our friends. It may well be that it is we ourselves who are in the position of being an angel.

A kind word, a smile or simply our presence can touch another person and set off a ripple. By maintaining sensitivity for the well-being of others, we may give ourselves the opportunity to see life through an angel's eyes.

venerdì 24 dicembre 2010

Su Danza immobile di Gladys Basagoitia

recensione di Caterina Camporesi


futuropennaL'incontro con la poesia di Gladys Basagoitia è avvenuto con la lettura di alcuni testi, il cui tema era l'amore, apparsi alcuni anni fa sul blog di Fara.
Un testo, in particolare, dall'andamento felicemente fluido metteva in risalto la gratuità di questo sentimento. Eccone una parte per testimoniarne bellezza e libertà: C'è una forza immensa in questo amarti / così lungi dalla tua presenza concentrata ed eterna / non c'è vento che mi spenga. / Più di me stessa ed il mio desiderio intenso / più della mia sete la mia fame ed il mio respiro / importano il tuo spazio / e la tua estensione / il verificarsi del tuo tempo / la sostanza delle tue scoperte.
Ho continuato poi nel tempo a seguire con curiosità ed empatia ogni suo libro di poesia o di prosa, aiutata in questo dall'interesse più generale per la letteratura dell'America Latina e per quella boliviana in particolare. Ho letto e partecipato attraverso immaginazione ed emozione a vicende e traversie del suo racconto autobiografico raccolto ne Il fiume senza foce. Narrazione che sigilla in modo convincente saldature fra vita e scrittura, allorquando la vita viene esplorata nel suo scorrere in profondità e nel suo estendersi in tanti rivoli senza alcuna premeditazione di sfociare in qualche mare. Solo la libertà, il rischio insito nel movimento aperto ad ogni direzione e la consapevolezza che nessun capolinea dovrà necessariamente essere raggiunto. La sola idea guida è quella di vivere compiutamente ogni evento che il destino incontra quando incrocia e unisce passato, presente e futuro.
Si avverte nella poesia di Gladys qualcosa che va oltre il quotidiano, elevando azioni ed eventi verso altre dimensioni: amo le parole e soprattutto il verbo / ma soltanto il silenzio mi diletta / accarezzo il profilo che contemplo / con gli occhi chiusi con i sogni aperti.
Ho ora di fronte Danza immobile, la sua ultima raccolta poetica che, come la precedente La carne El sueño si avvale della doppia lingua, spagnolo e italiano.
Anche in questa raccolta vita ed arte si annodano e sciolgono liberamente diramandosi nelle vene e nelle arterie del corpo della vita ed in quelle del testo. Un processo individuale che accorpa in sé la singolarità di ciascuno nello scorrere della storia collettiva.
La raccolta è suddivisa in sei sezioni precedute da eserga significativi, versi di importanti poeti, ne anticipano le tematiche.
Colmo di efficacia l'ossimoro, danza immobile, che contiene sia il divenire che si attualizza nel qui e ora, sia la forma archetipa che, non vincolata nello spazio e nel tempo, perpetua nella diversità l'identicità. Vale a dire l'eterno che, attualizzandosi come destino, non lascia mai solo a sé stesso il contingente messo in moto da una mente viva e inventiva in un corpo.
Il movimento, la partecipazione attiva alla vita degli altri per condividerla e migliorarla, il dolore, l'amore, la gratitudine che circolano in ogni cellula mi richiama la emozionante canzone dell'artista cilena, Violeta Parra.
Non posso fare a meno di riportare la seguente strofa: Gracias a la vida, que me ha dado tanto / Me ha dado la marcha, de mis pies cansados / Con ellos anduve, ciudades y charcos / Playas y desiertos, montañas y llanos / Y la casa tuya, tu calle y tu patio [Grazie alla vita che mi ha dato tanto / mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi con loro sono andata per città e fango / spiagge e deserti montagne e pianure /alla tua casa, alla tua strada e al tuo patio].
L'avvio di Danza immobile avviene con testi brevi che si susseguono uno accanto all'altro e ogni volta il testo successivo riprende e continua il contenuto del precedente. Pur essendo divisi ciascuno da un titolo, essi realizzano una continuità, sia per quel che riguarda il significato sia per quel che riguarda il significante. Essi avrebbero potuto essere espressi sotto forma di poemetto, come di fatto avviene nelle ultime sezioni del libro, in particolare nell'ultima sezione “Oltre il tempo”. Qui la poetessa si affida alla fluidità del verso, alla necessità della concatenazione senza soluzione di continuità, catturando l'anima in azione e la sua musica, qualche volta in accordo con quella del mondo e altre volte in disaccordo.
Al seme è affidato il compito della continuità: quello che mi appartiene e non è mio / mi possiede mi insegue / decide il mio destino.
I primi versi della raccolta avviano il lettore all'oscurità del mistero, oscurità che tuttavia contiene e mantiene la luminosità a chi è addestrato a riconoscere i segnali. Mistero annidato e custodito “nell'azzurra solitudine dell'infanzia”, che perdura nel discorso e nel sogno, poiché la poetessa ha conservato il guscio, diventato nido per gestire tempeste interiori ed esteriori e soprattutto grembo che accoglie e fa nascere e crescere versi.
Poesia anche civile quella della Basagoitia che comporta l'assunzione di responsabilità, dell'esserci quando si perpetrano ingiustizie: vorrei essere la voce di coloro che tacciono / perché sanno che nessuno li ascolta / (…) vorrei diffondere l'anima la tortura / le grida di protesta della terra / cantare a volte con parole furiose / alimentando fiori di tempesta / (…). 

V. anche le recensioni di Narda Fattori - Vincenzo D'Alessio -

giovedì 23 dicembre 2010

E-book grautito de Le costrizioni di Giovanni Turra Zan

Caro Alessandro,
ringraziandoti ancora della tua gentilissima disponibilità, ti comunico che ho deciso di pubblicare il mio ultimo libro Le costrizioni (come inedito giunto al secondo posto del concorso letterario A. Osti-2010 di Rovigo, e finalista al premio "L. Montano - Anterem" 2010 di Verona, e segnalato al recente "Pubblica gratis con Kolibris") come E-book autoprodotto.

Ho certamente citato la precedente pubblicazione di una parte di esso da parte tua e di FaraEditore.

Colgo l'occasione per augurare a te e famiglia serene festività.
Buona continuazione e un abbraccio fraterno,

Giovanni Turra Zan

mercoledì 22 dicembre 2010

A Gesù Bambino di Umberto Saba

A Gesù Bambino
di Umberto Saba



La notte è scesa

e brilla la cometa

che ha segnato il cammino.

Sono davanti a Te, Santo Bambino!

Tu, Re dell’universo,

ci hai insegnato

che tutte le creature sono uguali,

che le distingue solo la bontà,

tesoro immenso,

dato al povero e al ricco.

Gesù, fa’ ch’io sia buono,

che in cuore non abbia che dolcezza.

Fa’ che il tuo dono

s’accresca in me ogni giorno

e intorno lo diffonda,

nel Tuo nome.

venerdì 17 dicembre 2010

Domenico Cipriano presenta Novembre a Roma 19 dic



Nell’ambito di una serie di incontri coordinati da Lara Maffia nella giornata del 19 dicembre a Roma, presso la Sala Museale dell’Abazia delle Tre Fontane (EUR), in via Acque Salvie, 1, si presenta nel pomeriggio il poemetto NOVEMBRE di Domenico Cipriano, edito nella preziosa collana Inaudita dall’editore Transeuropa. A presentare l’autore irpino saranno Dante Maffia e Plinio Perilli, le letture saranno a cura dall’autore. Una raccolta di poesie sofferte, che parlano del sisma dell'80, dell’Irpinia, della sua gente, di ricordi, di ricostruzione, di futuro. Un libro di grande spessore e originalità, che si avvale della prefazione del Prof. Antonio La Penna, che così scrive: “I numeri dei versi corrispondono a un jeu de chiffres: le strofe sono 23, perché la data del terremoto è il 23 novembre; ciascuna strofa è di 7 versi e il prologo è di 34, perché il terremoto scoppiò alle 7 e 34; l’introduzione poetica è di 11 versi, perché novembre è l’undicesimo mese dell’anno. Credo che sia ben difficile trovare, nella poesia di oggi, qualche cosa di analogo o affine. Senza avviarci in una ricerca di esito incerto, diciamo che l’architettura è una traccia paradossale del terremoto, che di architetture ne ha distrutte moltissime”. La scrittura ha un difficile compito se si incarica di unire la riva del passato con quella del futura, e la poesia può sanare le ferite tra presente e futuro, e legare il tessuto antropologico-culturale tra le generazioni – come in più occasioni ha sostenuto Cipriano.
Alla pubblicazione di Domenico Cipriano si accompagna un lavoro musicale, il CD di Pippo Pollina dal titolo “Ultimo Volo - orazione civile su Ustica”.
 
Info:  


 PROGRAMMA COMPLETO DELLA GIORNATA

Lepisma
Presenta


La via dei cactus
Expo delle opere pittoriche di
Giovanni Mealli
a cura di Serena Maffia
*
Mneme 2011
L’agenda poetica 2011
Intervengono le autrici
Dona Amati, Giuseppina Amodei, Maria Grazia Calandrone, Iole Chessa Olivares, Maria Laura Di Domenico, Letizia Leone, Serena Maffia, Nina Maroccolo, Olga Nigro Murolo
Coordina Ugo Magnanti

**

Pensieri e parole in libertà
di
Maria Laura Di Domenico
Lepisma Edizioni
Presentano il libro Giuseppina Amodei, Ciro Cianni e Dante Maffia

***
Novembre
di
Domenico Cipriano
Transeuropa Edizioni
Presentano il libro Dante Maffia e Plinio Perilli



Coordina la serata Lara Maffia

Domenica 19 dicembre 2010
ore 16,30
Abazia delle Tre Fontane, Sala Museale
(EUR) via Acque Salvie, 1
ROMA

giovedì 16 dicembre 2010

Premio "CITTA’ DELLA SPEZIA " scad. 31-1-11

33^ EDIZIONE
PREMIO BIENNALE INTERNAZIONALE
Di Poesia e Narrativa
"CITTA’ DELLA SPEZIA " 2011


Il Concorso è articolato in cinque sezioni :
Sezione A: Poesia edita o inedita
Sezione B: Silloge
Sezione C: Libro edito di poesia
Sezione D: Narrativa, racconto edito o inedito
Sezione "Premio Gino Tonelli": Saggio o Tesi di Laurea relativi al territorio
Premio Giovani autori: Premio Speciale per giovani di età fino a 18 anni al momento della scadenza del Premio.
Per celebrare il 150° Anniversario dell’Unità di Italia tra tutte le opere ricevute, che tratteranno riflessioni sulla nascita dello stato unitario e dell’identità nazionale, studi storici, sociologici e di personaggi è stato istituito un premio “Anniversario 150 Anni Unità d’Italia”.



REGOLAMENTO

1. Possono partecipare al premio autori italiani e stranieri con elaborati in lingua italiana a tema libero.

2. Le opere partecipanti dovranno essere inviate al seguente indirizzo:
"ASSOCIAZIONE NUOVA SPEZIA"
Via TITO SPERI, 16
19121 LA SPEZIA,
entro e non oltre il 31/01/2011

3. Le quote di partecipazione dovranno essere inviate tramite versamento sul c.c.p. n.
6173516 oppure tramite assegno o contante

4. E' ammessa la partecipazione a più di una sezione.

5. Gli elaborati partecipanti al premio non saranno restituiti.

6. Il verbale di giuria sarà disponibile sul sito www.assnuovaspezia.it; i poeti e gli scrittori premiati riceveranno la comunicazione e l’invito alla cerimonia di premiazione.

7. Gli autori premiati sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione; coloro che non potranno essere presenti potranno delegare persone di loro fiducia per il ritiro del premio assegnato, oppure richiedere la spedizione a domicilio con spese a carico del destinatario,ad eccezione di quelli in denaro che verranno incamerati per l’edizione successiva.

8. La Giuria, il cui giudizio è insindacabile e inappellabile, è unica per tutte le sezioni.

9. Le opere ritenute meritevoli nelle sezioni di poesia potranno essere raccolte in un volume che sarà presentato al momento della premiazione e consegnato a chi ne avrà prenotato le copie.

10. Ai sensi dell'art.1° della L.675/96, si informa che i dati personali relativi ai partecipanti, saranno utilizzati unicamente ai fini del concorso.
La partecipazione al premio implica la piena accettazione delle norme previste nel presente regolamento.




SEZIONI

A) POESIA EDITA o INEDITA
Il concorrente dovrà inviare la lirica in CINQUE copie cartacee, di cui una firmata e recante l'indirizzo e numero telefonico dell'autore, nonché l' eventuale indirizzo e-mail. E' possibile inviare fino a un massimo di tre componimenti.
La quota di partecipazione fissata è di euro 20,00.

B ) SILLOGE (Raccolta di poesie)
La partecipazione prevede la presentazione di una raccolta composta da non meno di cinque poesie e da non più di venti. Le poesie devono essere fascicolate e la silloge deve recare titolo e indice. E' richiesto l'invio della raccolta in QUATTRO copie. Una sola copia dovrà recare la firma e l'indirizzo dell'autore, nonché l'eventuale indirizzo e-mail.
La quota di partecipazione fissata è di euro 20,00.

C) LIBRO EDITO DI POESIA
Possono partecipare libri editi entro gli ultimi dieci anni. Si prega di inviare TRE copie di cui una recante sul frontespizio la firma dell'autore, l'indirizzo, il numero telefonico e l'eventuale indirizzo e-mail.
La quota di partecipazione fissata è di euro 20,00.

D) NARRATIVA, RACCONTO EDITO O INEDITO
Gli autori possono partecipare inviando un massimo di due racconti, editi o inediti, a tema libero. Ogni concorrente dovrà inviare QUATTRO copie di ciascun componimento. Una sola copia dovrà recare la firma e l'indirizzo dell'autore, nonché l'eventuale indirizzo e-mail.
La quota di partecipazione fissata è di euro 20,00.

E) SAGGIO EDITO O INEDITO E TESI DI LAUREA RELATIVI ALLO STUDIO DEL TERRITORIO.
I saggi e le tesi dovranno avere per soggetto ricerche relative al territorio, sotto il profilo storico, culturale e artistico. Partecipano alla sezione anche studi riguardanti tradizioni popolari, personaggi e folclore.
Si prega di inviare tre copie dei saggi, di cui una riportante la firma e i dati dell’autore.
La quota di partecipazione fissata è di euro 20,00.
Premessa l’autorizzazione da parte degli autori dei saggi e delle tesi, i titoli degli elaborati ricevuti verranno pubblicati sul sito dell'associazione, allo scopo di creare un archivio di studi sul territorio permettere agli interessati di richiedere notizie sulla reperibilità delle opere.
Per il Premio Giovani autori, che comprenderà tutte le sezioni sopraindicate la quota di partecipazione è fissata a Euro 15,00 per sezione.

E' raccomandata la partecipazione di tutti i concorrenti alle diverse fasi della giornata conclusiva


PREMI PER OGNI SEZIONE

Per ulteriori informazioni si prega di telefonare al numero 348 6720124
o inviare mail a: ass.nuovaspezia@libero.it

La proclamazione ufficiale dei vincitori e la cerimonia di premiazione si terranno alla Spezia, alla presenza di autorità istituzionali ed esponenti dell'arte e della cultura, nel mese di Aprile/Maggio 2011.

Il giorno della premiazione è previsto lo svolgimento di un SEMINARIO sulla poesia contemporanea. Il convegno si terrà dalle ore 11.00 alle ore 13.00. La sede del convegno sarà comunicata per tempo ai partecipanti. Saranno presenti all'evento personalità della cultura e dell'arte. La partecipazione diretta al dibattito dei concorrenti è gradita nonché raccomandata.

"Città della Spezia" 2011

CELESTINO E DANTE

Carissimo Alex,

in previsione dell'incontro di dopodomani a Bologna, volevo mandare un augurio
natalizio a te e a tutti coloro che saranno presenti. Ti chiedo di salutarli tu da parte mia.
Ho completato la lettura del lavoro di Massimo Sannelli, di tuo fratello e tuo
della Commedia.
Era la prima volta, dal periodo della scuola, che la rileggevo in toto.

Nuovi  argomenti e motivi di riflessione sono sorti e vecchie impressioni sono
ri-saltate fuori.

In attesa di riuscire a scrivere qualcosa di completo, mi è uscito, per ora, un poenmetto tra l'amaro, l'ironico e il "polemico", per quanto ci si possa permettere d'essere "polemici" con Dante. Riguarda la questione di Celestino.
Ma son solo proprio quattro versi.
È  un mio picolo regalo di Natale.
L'ho letto la prima volta proprio all'incontro del 30 novembre su poesia, sacro e sublime.

Un abbraccio.




CELESTINO E DANTE


Se n’è guardato ben il sommo Dante
a citare san Pietro Celestino
nella su’ Commedia itinerante
nei Regni dell’uman futur destino.

Lascia al lettore il decifrare verso
e dare faccia a chi quel “gran rifiuto”
avrebbe pronunciato o se, diverso,
personaggio di nome sconosciuto.

Non son degni per lui l’omin’ ignavi
d’esser neppur per sbaglio là citati
ed esser visti molto più che pravi
messi nel bordo-Inferno, disgraziati.

E Celestin, già morto nel Trecento,
non troviamo nel resto dei dannati,
e né a purgar sul Monte a viso spento
e né tra i ciel di luce incastonati.

Allor l’è proprio lui l’indegno lordo
che venga dagl’insetti martoriato?
Dantesco cuor, ad occorrenza sordo,
lo mette tra la feccia del Creato?

Su Dante un dubbio ci teniamo allora
per non doverci poscia metter lui
in un nuovo giron della malora:
chi spara sopr’ ai mit’ in versi bui.

Colpire la mitezza del Morrone,
ché la spada lui non volle usare,
è cacciare la man nella questione
in cui scegliere da che parte stare.

Altra motivazione di malizia
ci dice che lo suo biliar rancore
cagionato sia stato da tristizia
d’esilio decretato con livore

da quella parte de’ li fiorentini
che da lo successor di Celestino,
quel Bonifacio da li calcol fini,
tenuti fur in modo sopraffino.

È per questo che, forse, l’Alighieri
a me, tapin, lo stesso m’è restato
indigesto, benché critici seri
ed il mondo ha sempr’entusiasmato.

Anna Ruotolo una giovane poetessa campana

Intervista di Antonietta Gnerre

v. anche la recensione di Vincenzo D'Alessio a Secondi Luce


Anna Ruotolo è nata a Maddaloni, in provincia di Caserta, nel 1985. Si è diplomata al Liceo Classico e frequenta la facoltà di Giurisprudenza. Con le sue poesie ha vinto vari premi nazionali ed internazionali giovanili (tra gli altri, il “Premio Turoldo” 2009 nella sez. under 25). Suoi testi sono apparsi nella rivista internazionale “Poesia” di Crocetti nel numero di luglio/agosto 2009, ne “Il Foglio Volante–La flugfolio” (ed. Eva), ne “Il Foglio Clandestino“, in “Capoverso”, in “Poeti e Poesia”, nel quotidiano “Il Tempo” e nella rivista italo-newyorkese “Italian Poetry Review”, anno 2009, num. 4 (Columbia University, The Italian Academy for Advanced Studies in America and Fordham University). Un testo tradotto in spagnolo da Jesús Belotto è pubblicato nel num. 4 della rivista internazionale online “Poe +”. Partecipa a readings ed eventi letterari nazionali. Dal 2008 al 2010 ha curato e condotto il poetry slam “Su il sipario” in diversi locali casertani. È presente nelle antologie poetiche Il Fiore 2008 (dall’omonimo premio letterario), Corale per opera prima (LietoColle, Faloppio 2010) e Quattro giovin/astri (Kolibris, Bologna 2010); Secondi luce (Faloppio, LietoColle 2009 - premio “Silvia Raimondo” 2009) è la sua opera prima. Cura il sito personale: www.annaruotolo.it
Il linguaggio poetico di Anna Ruotolo è autentico e mirato. I versi, dallo schema metrico libero, dirigono con armonia un discorso poetico sciolto, fluente, malinconico, e prevalentemente lirico. Una voce che diviene simbolo per un nuovo orizzonte.      

Che cos’è la poesia?

Una domanda importante che meriterebbe una risposta importantissima e rigorosa che non credo di poter dare. Tuttavia, parlando per me stessa, dico che è un tentativo di massima comunicazione, non invasivo, non spettacolare (o almeno così dovrebbe essere). Discreto e silenzioso e non per questo meno necessario.

Ci parli del suo esordio letterario?

L’esordio vero e proprio è la pubblicazione di una ventina di inediti nella rivista “Poesia” di Crocetti nel Luglio 2009. Fino ad allora non avevo scommesso molto sulla mia poesia, anche se – intimamente – tendevo a crederci parecchio.

Secondi luce (Faloppio, LietoColle 2009 – premio “Silvia Raimondo” 2009) è la sua opera prima. Una raccolta poetica che  contiene un linguaggio ben puntellato.  Un dialogo interno ricercato o naturale?

Il dialogo nasce sempre, a mio avviso, in modo naturale e segue certe necessità e alcuni moti interiori. Sono stata onesta nello scrivere il contenuto di Secondi luce, a volte fin troppo. Mi premeva parlare con alcune figure importanti della mia vita cercando, appena dopo, di lanciare il discorso anche verso gli altri, il lettore. Forse questa seconda operazione può riferirsi alla definizione di “dialogo ricercato”, ma mai come fine ultimo, solo come tentativo o volontà di allargare molto e bene un discorso nato come ristretto e personale.

Com’è nato questo libro.

Vorrei dire casualmente ma non sarebbe la nuda verità. Avevo cominciato a rivedere le mie poesie e, pian piano, ho scoperto che c’era un ordine non del tutto sbagliato. Il libro nasce sicuramente da una riflessione non ancora finita sul tempo e sui luoghi fisici e memoriali. Mettendo insieme le varie sezioni e facendo un lavoro di costruzione ho scoperto di aver condensato in questa prima e non del tutto perfetta raccolta gran parte del mio vissuto.

Ci parli del titolo?

Secondi luce inteso proprio come misura di lunghezza. Mi serviva qualcosa di vasto per dare il senso delle enormi distanze e, in seguito, del tempo impiegato ora come buon alleato ora come nemico. Poi però i secondi di luce possono suggerire intervalli, soste. Terre di mezzo.

Lei è così giovane e così brava! Che segreto possiede?

E lei è troppo buona! Il segreto è che non ne posseggo uno ma ho una convinzione: non è mai troppo il lavoro. Sulla bravura, poi, non mi pronuncio. A volte un complimento - benché sincero - può diventare una trappola per me. Proprio della (mia) giovinezza, invece, è il desiderio di migliorarmi e migliorare la mia scrittura, pensare di non essere mai abbastanza “risolta”, applicare il “noviziato incessante” di luziana memoria.

Quale autore predilige in assoluto?

Mi spiace sceglierne uno solo perché tanti mi hanno agganciata al fuoco della poesia. Montale, da me odiato al liceo, è diventato un punto fisso; poi c’è Sereni che non passa mai, non va mai via. Ma potrei dire - in ordine sparso - Alfonso Gatto, Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Antonia Pozzi, Anna Achmatova, Marina Cvetaeva, Walt Whitman, Rainer Maria Rilke, Cesare Pavese, Osip Mandel'stam , Edoardo Sanguineti… Nell’ultimo periodo trovo fondamentale per me la Szymborska.
  
Un autore indispensabile per viaggiare nel futuro.

Tutti quelli che parlano al plurale, che recuperano un dialogo globale, non più incentrato sulle singole categorie di uomo, donna, razza, età, appartenenza (ad un luogo circoscritto)… Mi viene in mente, tra gli altri, la già citata Szymborska e una sua splendida poesia su come vivere bene nell’Universo: Disattenzione. Se mi chiedesse un libro/manuale per viaggiare nel futuro - insistendo ancora sulla poetessa polacca - le direi La gioia di scrivere. C’è tutto il necessario. 

“Arciere” di Patrizia Casadei
Scrive Kikuo Takano, un poeta giapponese contemporaneo: “Il mio desiderio è che in cima/ al cuore scocchi la corda della parola; / ma mi trasformo in arco, sono proprio l’arco/ su cui poggia la freccia ancora accesa”. La parola nella letteratura è uno freccia accesa che attende. È d’accordo?

Sono d’accordo, guai se non fosse così! La tensione continua genera la vera letteratura. Per quanto riguarda la materia poetica, sono piuttosto convinta del fatto che probabilmente la vera poesia è il momento che precede la scrittura e la versificazione bella che data. Il “dopo” è necessità e guasta qualcosa di primigenio. Il “prima” è - appunto - avvento, quasi un prodigio da venire.

Infine, la sofferenza, il dubbio, i disaccordi sono momenti frequenti nel cammino della coscienza: ma la fiducia, la speranza, l’impegno di raggiungere l’arrivo ne rappresentano il nobile controcanto. È vero?

Continuando con la metafora musicale, è vero solo se si è pronti a costruire una composizione per orchestra. A volte sembra bastarci la prima voce, lo strumento solista, la partitura principale. Anzi, potrebbe proprio bastarci per tutta la vita. Ci si crogiola nel dispiacere e nell’insofferenza, forse non sempre consapevolmente, certo. Ma poi (ed è qui che dico: è vero, sì) è necessario il controcanto, l’accompagnamento dei bassi, archi, percussioni, gli spartiti per tutto il resto degli strumenti. Sofferenza, dubbio, disaccordo sono gli avvenimenti che ci vengono proprio incontro, inevitabili. La fiducia, la speranza e l’impegno sono tutte facce di un’operazione: credere a qualcosa che poiché non è visibile e non brucia e non fa male va solo creduto con fede, cresciuto internamente e cercato continuamente. Insomma, abbattersi è più facile che esercitare fiducia, speranza e impegno costante. Ma credere di poter sovvertire i momenti dolorosi è un dovere, un atto che dobbiamo a noi stessi.

Cosa sogna Anna Ruotolo in questo momento della vita?

Cose piccole: finire gli studi, vedere un altro po’ di Mondo. Che la poesia mi visiti ancora (ma questa è una cosa grande, davvero grande…)


Su AA.VV., Quattro giovin/astri, a cura di Chiara De Luca,

Kolibris edizioni, 2010
recensione di Vincenzo D'Alessio (precendente qui)

Abbiamo ripreso la lettura dell’antologia Quattro giovin/astri, curata da Chiara De Luca, per le edizioni Kolibris di Bologna. Ci viene incontro, il dialogo poetico, di Anna Ruotolo: un dialogo molesto (Moleskine è una riconosciuta marca di agende per appunti di viaggio) per le orecchie dei contemporanei. Una sana provocazione per il lettore attento alla parsimonia delle “poetesse” che sanno rivelare, senza parole superflue, la ricchezza di un mondo interiore che è poi il mondo di tutti gli adolescenti.
Il dialogo, tra mondo interiore della poetessa, e l’esistenza che scorre nei suoi occhi, non ha solo gli uomini come referenti, ma l’intera creazione a cominciare dal sole che la/ci illumina: “Dopo il tuo lavoro passi sempre qui, / alto, alto sali tra i muri / scendi latte di montagne / rimpicciolisci per raggiungermi” (pag. 53). La callida iunctura permette al sole l’esercizio di un lavoro, si fa corpo e anima, per raggiungere la poetessa nel luogo della scrittura e nei “condotti subliminari”. Questa strofa d’ingresso alla raccolta dialoga con l’astro, distante, chiedendo risposte alle domande che i neofiti dell’esistenza pongono all’anima mundi: “(…) Ebbene, che vedi fuori / prima di entrare?/ (…) Salta il racconto, va’ avanti / - Che due o tre giovani / dalle calze brune hanno / provato a salutare” (pag. 53).
Tutta la raccolta, si anima di energia, di solarità. Hanno forza i versi per penetrare da una poesia, all’apparenza personalistica, a una poetica vermiglia, vera e sincera, che annoda i grani del rosario delle generazioni precedenti: “- Le cose che non ci sono vanno pensate / - Va pensata la vita e la scrittura!” (pag. 59). Sono impegni severi quelli che i versi della Nostra ci propongono: “- La guerra per le intercettazioni / l’incostituzionalità delle parole… / lasciamole a loro” (pag. 58). Ci viene da pensare che la classe cosiddetta dirigente, cioè i politici e tutto il sistema dello Stato, non hanno più alcun dialogo con i giovani, principalmente con le loro esigenze vere: il lavoro, lo studio, la riservatezza della loro esistenza.
Riconosco che un critico non può commuoversi di fronte alla bellezza della poesia, non può travalicare la “frontiera del sentimento” (Piero Bigongiari, Il critico come scrittore), deve suscitare l’imparzialità per far sì che la critica sia accettata e con essa il lavoro che sta costruendo. Ebbene quando ti viene incontro un verso stupendo,che agita le acque che alimentano la sostanza della tua memoria, il critico deve dichiarare che i legami con i versi di Baudelaire, Verlaine, sono forti: “(…)- Che cosa stai guardando adesso? / - La data di quando / ho ordinato il tuo libro / e i soldi messi da parte / per quell’esame di gioia / e di zucchero, / l’azzurra avidità che ci sfinisce” (pag. 57). Oh l’azzurro! Irraggiungibile azzurro dei Poeti, dove si sperde il pensiero e il naufragio diviene dolce. “Gioia e zucchero” di un esame che è poi l’esistenza intera.
La lezione dei giovani è stupenda. Noi, arroccati nel nostro raggiungimento sociale, siamo distanti dal freddo delle strade, dai tetti delle università, dai fumi puzzolenti dei lacrimogeni, dalla violenza feroce dei manganelli. Guardiamo?! Non basta! Lo dico con la consapevolezza che i giovani sono migliori di noi in moltissimi campi: “(…) È la riprova che il corpo è nostro / e se siamo in due si passa meglio / dal sogno all’esistenza, dall’esistenza / al sogno, nella notte” (pag. 56). Dice proprio questo Anna Ruotolo: la comunione tra giovani. Non l’odio e la cattiva competizione come tra gli adulti. Sono trascorsi anni, di un secolo di sangue e di guerre, quando la speranza aveva il volto di Martin Luther King con la sua espressione “Io ho un sogno”; quando Jacques Prévet scriveva: “(…) Bandito! Ladro! Briccone! Furfante! / È la muta della gente benpensante / Che dà la caccia a un adolescente /(…) Arriverai mai al continente al continente?/ Qualche uccello sull’isola si vede volare / E tutto intorno all’isola c’è il mare” (Parole, Guanda, 1989).
La seconda sezione della raccolta, titolata “come avvicino” si compone di strofe cariche di una bellezza da spasimo: “(vieni a cena da me) / il fiume si accende dove ha le mani / (…) La tavola è apparecchiata di fuoco / entra, siedi, aprimi il viso / ti trema negli occhi la luce / lungamente, / come una terra che si avvicina / alla sua acqua /non ha fine” (pag. 81). L’enjambement accentua l’armonia dei versi. La similitudine degli occhi ricolmi di una luce senza tempo, avvicinati al concetto dell’ansia che ha la terra di avvicinarsi alla sua acqua, ad un tempo eterno “senza fine”. Acqua che germina la vita neonatale, purezza dello sguardo umano che invita, chi legge, ad aprire “il viso” dove dimora la vera distanza tra sogno e realtà. La poesia è racconto nei versi della Nostra poetessa?
Starei attento a definire racconto l’ansia struggente di questo diario dialogo di Moleskine. Per chi sa discendere nel “fuoco” preparato sul tavolo dell’invito c’è più dell’invito: “entra, siedi”. C’è l’armonia che ci governa. L’armonia che viene chiamata “leggera gioventù”, ma che in verità dovrebbe albergare sempre in mezzo agli esseri umani. Siamo vicini alla fine di questo primo decennio, inquieto, del Nuovo Secolo (nuovo poi quanto?!). Il crollo dell’egemonia economica ha riproposto, saldamente, la necessità dell’ascolto dei più deboli, dei poveri, delle risorse esauribili del pianeta Terra. La nostra poetessa Ruotolo, con la fiamma meridionale nel cuore, ci lascia dei versi lapidari, immutabili, per dichiararci quanto abbiamo detto fin qui: “questa ha l’aria di essere / quell’ultima poesia dell’anno / lanciata dalla finestra / per rompersi sui muri zuppi, / radiosa nel cadere, una cometa / trafitta dal tuo alito di fumo / che si avvicina e s’allontana / (s’allontana, si avvicina ) / e si dirige al cielo” (pag. 85)
Il cielo è ancora, per ora, di tutti. Dei poeti e dei poveri. Delle multinazionali e dei politici. Ma di comete ce ne sono poche: quando passano fanno tremare tutti i ricchi. Non i Poeti.

Montoro

mercoledì 15 dicembre 2010

Audiopoesie di Sebastiano Adernò

I MIEI AFFETTI

BARBABLU' una poesia contro il maschilismo

POETA una poesia sul disagio e l'inquietudine di vivere

AL CIRCO

TO MY SWEET KAMALA

AUTUNNO

--
Sebastiano Adernò

نفس الدم

http://aderno.splinder.com/

+39 339 18 36 273

Premio Tra Secchia e Panaro sc. 30-04-11

Circolo di poesia “La fonte d’Ippocrene”
Con il patrocinio di Provincia di Modena, Comune di Modena,
Circoscrizione 4 Comune di Modena
In collaborazione con Comitato Villaggio Giardino e Artigiano

Tra Secchia e Panaro
XVII PREMIO NAZIONALE
di poesia edita e inedita


5 giugno 2011 ore 16,00
Piazza Guido Rossa
(Villaggio Giardino) Modena

Il premio è diviso in quattro sezioni:
Sez. A - Poesie inedite: da una a tre poesie di max 50 versi
ognuna, inedite e in lingua italiana.
Sez. B - Poesia edita: volume edito, senza alcun vincolo della
data di pubblicazione.
Sez. C - Poesia dialettale: da una a tre poesie di max 50 versi
ognuna in uno dei dialetti d’Italia con traduzione in italiano.
Sez. D – Premio giovani ‘Monica Mazzacurati’ (riservato a tutti i
giovani di età inferiore a 18 anni): da una a tre poesie di max 50
versi ognuna, inedite e in lingua italiana.

Il premio è a tema libero e senza preclusione alcuna a
linee di tendenza stilistiche ed espressive.
Gli elaborati e i volumi, in 4 copie di cui una dovrà
recare in calce nome e cognome (per gli autori con età
inferiore ai 18 anni si richiede anche la data di nascita), indirizzo
e numero telefonico dell’autore chiaramente leggibili, nonché la
firma, come autentica della composizione, dovranno pervenire
alla Segreteria del premio “TRA SECCHIA E PANARO” c/o Circoscrizione
4 S. Faustino Madonnina, via Newton, 150/b - 41100
Modena.
E’ gradita l’indicazione dell’ indirizzo di posta elettronica per
eventuali comunicazioni.
La scadenza è fissata per il 30 aprile 2011 (farà fede il timbro
postale).
I dati personali dei concorrenti saranno tutelati a norma
della legge 675/96 sulla privacy.
contributo di partecipazione (spese di lettura e segreteria)
è di € 15,00 per ciascuna sezione, ad esclusione della
sezione D che è gratuita, versamento da effettuarsi con bollettino
postale sul c/c n. 43767318 intestato a: Circolo di Poesia “La
Fonte d’Ippocrene” presso l’ufficio postale di Modena, succursale
8 (si prega di allegare al plico la fotocopia dell’avvenuto pagamento)
oppure con assegno circolare non trasferibile intestato a:
Circolo di Poesia “La Fonte di Ippocrene”.
E’ ammessa la partecipazione a tutte le sezioni, previo versamento
delle rispettive quote.
I nomi della commissione giudicante, il cui giudizio è inappellabile,
saranno resi noti all’atto della premiazione.
Gli elaborati non saranno restituiti, i volumi andranno a far parte
della biblioteca di poesia del comitato organizzatore.
Il comitato organizzatore e la biblioteca si ritengono sollevati
da qualsiasi responsabilità o pretesa da parte degli autori o di
terze persone.
A tutti i partecipanti sarà inviata copia del verbale della giuria.
Premi:
Sez. A
1° classificato € 450,00 più trofeo personalizzato
2° classificato € 300,00 più trofeo personalizzato
3° classificato € 200,00 più trofeo personalizzato
Sez. B
Saranno designati tre vincitori EX-AEQUO, ciascuno dei quali riceverà
un premio di € 150,00 più un trofeo personalizzato. I tre
vincitori devono obbligatoriamente presenziare alla cerimonia
di premiazione, durante la quale ciascuno dei vincitori leggerà
alcuni brani della propria opera, per dare modo alla giuria popolare,
presente in sala, di designare il Super Vincitore, che sarà
premiato con la somma aggiuntiva di€ 250,00.
Sez. C (settima edizione)
1° classificato medaglia d’oro più confezione di prodotti locali
2° classificato medaglia d’argento più confezione di prodotti locali
3° classificato medaglia d’argento più confezione di prodotti locali
Sez. D
Premio Giovani “Monica Mazzacurati”
Riservato a tutti giovani (inferiori a 18 anni) che parteciperanno
ad una o più sezioni del premio, nel caso in cui non siano risultati
vincitori in una di esse
1° premio medaglia d’oro
2° premio medaglia d’argento
3° premio medaglia d’argento
L’organizzazione ha facoltà di segnalare ulteriori autori meritevoli
nel numero che riterrà più opportuno.

N.B. La partecipazione al concorso implica l’accettazione del
presente regolamento.

Si sollecita la diffusione del presente bando
REGOLAMENTO DEL PREMIO DI POESIA

Su A dieci minuti da Urano di Carla De Angelis

(recensione di Nunzio Festa, pubblicata il 14/12/2010 su www.kultvirtualpress.com)
 
Poesie di tentata conquista
prefazione di Stefano Martello
Fara (Rimini, 2010), pag. 108, euro 12.00.
 
Classe '44, la poetessa Carla De Angelis è nata a Roma; e ha pubblicato i primi versi nel, per noi, lontano '62. Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, a differenza d'altre e altri titolati con questa 'carica', De Angelis ha sempre guardato all'umanesimo, letterario, quale valore vitale. Di vita. “A dieci minuti da Urano”, appunto, questo piglio conferma. Questa padronanza di valori, dunque, afferma. Al di qua delle discussioni su etica e politica, su temperamento civile ecc. Non a caso, infine, l'esser letterata passa per l'impegno redazionale presso l'interessantissima casa editoriale Kolibris. Come è ben, in un certo senso, spiegato da Martello la linearità dell'esposizione delle De Angelis possiamo leggerla, allora rintracciarla, nella calma austera e intollerante dell'autrice. Il midollo della vita quotidiana, in sostanza, trapassa lo stesso eco dell'esaltazione. Apostrofa l'ingiuria per non destinarla al nominare essa in quanto fine a se stessa. S'è parlato, persino, d'opera matura. Ma va aggiunto che questa maturità è finanche testimonianza d'un processo che non s'arresterà. Non sarà bloccato. In quanto Carla De Angelis esprime ogni passione della sua normalità reggendola sul filo sottile e tesissimo della sua scrittura brillante d'attenzione. Sono le sensazioni prive di retorica banale, quelle che la poetessa romana cattura e fa sprigionare nel suo verso romantico e fruttato di sperimentazioni. Che espatria, essenzialmente, da ogni impostazione canonica. Per giunta spiazzando le ricorrenze delle catalogazioni seppur giustamente in altri casi contrapposte. La poesia di Carla De Angelis vive nel fervore d'una rinuncia al destino, oltrepassando – per tenerla ferma – la (retta) e incolpevole quanto colpevole via della meditazione di stampo comunque ottocentesco. Il retroterra, pienamente letterario, abbandona costantemente questa risorsa, infine, ma lo fa per inventare un'originalità sincera e buoni pezzi d'autonomia. Ed ecco Urano. 

martedì 14 dicembre 2010

Iannacone vince il Premio “Libero de Libero”

 È il poeta venafrano Amerigo Iannacone il vincitore della XXVI edizione del Premio Nazionale di Poesia di Poesia “Libero de Libero”. La cerimonia di premiazione si è tenuta domenica 12 dicembre nella Sala convegni del Castello Caetani di Fondi, città natale di de Libero.
Iannacone ha vinto con la silloge inedita “Poi”, che sarà pubblicata, come previsto dal bando del Premio, nelle Edizioni Confronto, di Fondi. È questo il tredicesimo libro di poesia dell’autore molisano, che ha al suo attivo anche libri (una ventina) di narrativa, saggistica, traduzione, manualistica.
La serata è stata dedicata in gran parte a Libero de Libero. Di notevole pregio la relazione di Gerardo Vacana, che del poeta di Fondi fu amico. In particolare ha parlato dei rapporti intercorsi fra de Libero e Leonardo Sinisgalli, del quale il poeta fondano fu in qualche modo maestro, ma ha parlato anche dei rapporti che de Libero ebbe con la maggior parte dei grandi poeti del Novecento e de suo ruolo determinante – come critico d’arte e consulente di galleristi – anche di tanti pittori. Molti dei più grandi, da Scipione a Mafai a Guttuso, gli devono molto.
Altro notevole intervento, è stato quello di Rino Caputo, preside della facoltà di Lettere dell’Università Tor Vergata, che, tra l’altro, ha auspicato la realizzazione di uno dei “Meridiani” Mondadori su de Libero, un poeta ormai storicizzato fra i maggiori del Novecento.
L’albo d’oro del Premio “de Libero” annovera nomi come Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Nelo Risi, Amelia Rosselli, Alessandro Parronchi, Silvio Ramat. Inoltre, grazie al premio “de Libero” la città di Fondi ha potuto ospitare alcuni tra i piú validi esponenti della cultura letteraria italiana, come Natalino Sapegno, Alberto Moravia, Guglielmo Petroni, Rosario Assunto, Dario Bellezza, Giacinto Spagnoletti, Emerico Giachery, Antonello Trombadori, Giorgio Montefoschi, Giuseppe Bonaviri, Giorgio Bàrberi Squarotti.
All’atto della premiazione, Amerigo Iannacone ha letto uno dei testi inediti della silloge premiata, che qui vogliamo riportare. “Saxa manent - A mio padre, muratore, in memoriam”: «Le tue mani callose / lavoravano, padre, la pietra, / le mie mani gentili / non toccano che carta. / Tra le tue mani, cazzuole / scalpelli e martelli, / tra le mie mani non altro che penne / e tasti alfanumerici. / La tua vita testimoniano / costruzioni di pietra / che sfidano i secoli, / effimere, senza echi, / le mie parole di carta, perché non scripta / ma saxa manent.»


1. Il sindaco di Fondi Salvatore de Meo premia il poeta Amerigo Iannacone.

Visitate il blog / Vizitu la blogon http://amerigoiannacone.wordpress.com/

lunedì 13 dicembre 2010

Reading di FRANCESCA MATTEONI e MARCO ROVELLI

I mercoledì del Cerizza
a cura di Francesca Genti, Anna Lamberti-Bocconi, Luciano Mondini
mercoledì 15 dicembre, ore 21
Circolo Romeo Cerizza – via Meucci, 2 – Milano
Reading di FRANCESCA MATTEONI e MARCO ROVELLI

Nata nel 1975 a Pistoia, ha svolto diversi lavori e ha conseguito un dottorato in storia moderna presso l’Università di Hatfield (UK). È nella redazione del blog letterario “Nazione Indiana” e della rivista romana “Metromorfosi”. Si interessa di molte cose tra cui le fiabe popolari, storie e tradizioni sugli animali e tutto quello che è nord. Tra le sue pubblicazioni: Artico (Crocetti, 2005), Appunti dal parco (Wizarts, 2008), Higgiugiuk la lappone, nel X Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos y Marcos, 2010), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa, 2010).



Come scrittore, oltre che per il libro di poesie Corpo esposto, pubblicato nel 2004, Rovelli è giunto alla notorietà nel 2006, con il libro Lager italiani, un "reportage narrativo" interamente dedicato ai centri di permanenza temporanea (CPT), raccontati attraverso le storie di coloro che vi sono stati reclusi e analizzati dal punto di vista politico e filosofico. Nel 2008 ha pubblicato Lavorare uccide, un nuovo reportage narrativo dedicato ad un'analisi critica del fenomeno delle morti sul lavoro in Italia. Nel 2009 ha pubblicato Servi, il racconto di un viaggio nei luoghi e nelle storie dei clandestini al lavoro. Dal libro è stato tratto un omonimo spettacolo teatrale che vede in scena lo stesso autore insieme a Mohamed Ba, per la regia di Renato Sarti del Teatro della Cooperativa. Sempre nel 2009 ha pubblicato il secondo libro di poesie, L'inappartenenza. Suoi racconti e reportage sono apparsi su Nuovi Argomenti, il manifesto e l'Unità, sulla quale tiene una rubrica settimanale. Fa parte della redazione della rivista online Nazione Indiana. Collabora con Transeuropa Edizioni, per cui cura la collana "Margini a fuoco" insieme a Marco Revelli.
Come musicista, dopo l'esperienza col gruppo degli Swan Crash (formazione musicale attiva nella seconda metà degli anni novanta sulla scena musicale toscana, che aveva pubblicato un unico cd autoprodotto, dal titolo GraviDanze Lievi), l'affermazione di Marco Rovelli come cantante è legata alla vicenda musicale dei Les Anarchistes, gruppo vincitore, fra le altre cose, del premio Ciampi 2002 per il miglior album d'esordio. Oltre che come cantante, la figura di Marco Rovelli si afferma all'interno del gruppo (che spesso ha rivisitato antichi canti della tradizione anarchica e popolare italiana) anche come autore delle canzoni. Nel 2007 ha lasciato il vecchio gruppo e ha iniziato un percorso come solista, con il progettoMarco Rovelli LibertAria, con il quale nel 2009 ha pubblicato il primo cd, libertAria, nel quale ci sono canzoni scritte insieme a Erri De Luca,Maurizio Maggiani e Wu Ming 2, e al quale hanno collaborato Yo Yo Mundi e Daniele Sepe. A Rovelli è stato assegnato il Premio Fuori dal controllo 2009 nell'ambito del Meeting Etichette Indipendenti.

Il volto epifanico della poesia in Domenico Cipriano

di Vincenzo D'Alessio

Durante la presentazione dell’ultima raccolta poetica di Domenico Cipriano, poeta irpino, dal titolo Novembre, ispirata dagli eventi del terremoto del 23 novembre 1980, il noto critico letterario Paolo Saggese, faceva notare, come i versi raccolti in questo poemetto, sono stati scritti in tempi diversi, successivamente riveduti, e selezionati per divenire il racconto del terribile avvenimento vissuto dal poeta all’età di dieci anni. Voleva lasciarci intendere il lungo lavoro che il Nostro esercita suli suoi versi.
Assumo, a modello della mia tesi, dagli scritti di Piero Bigongiari: Il critico come scrittore (ediz. Il battello Ebbro, 1994), il concetto storico che l’Autore dà della Poesia nel tempo: “Per la storia non preesiste alcun linguaggio, la storia è infine un linguaggio con la purezza di se stesso: esso non può che darci l’evidenza di una continua dialettica tra essere e non essere. La storia è una continua creazione di personalità, cioè una assoluzione di dati logici: un continuo superamento di se stessa in solitudine. Il tempo, imitazione dell’eterno, è passibile di storia proprio in questa sua imitazione, cioè nella volontà continua di evadere da se stesso percependosi totalmente” (pag. 13).
La totalità del tempo, percepita e trasmessa nei versi. Una componente della poetica di Domenico Cipriano. Come nella scrittura di una partitura musicale, il pentagramma è rigo universale per la successiva lettura , mentre le figure, unite alle pause , al tempo e alla chiave musicale, permettono a qualsiasi musicista di leggere il brano. Poi, l’esecuzione maggiormente fedele all’opera scritta, resta affidata alla sensibilità dell’esecutore. Così, il critico, posto di fronte all’intero complesso di opere di un autore, percepisce e si pone sulla “Frontiera del sentimento”: “Uomini in uno spazio e in un tempo, per non fermarci a una solitudine irrelata, ci siamo volti ad accettare tempo e spazio come letto fluviale della nostra oscurità di origine, di un’attesa divina” (Piero Bigongiari, ib., pag. 33).
I versi dell’ultima raccolta, in ordine di tempo, di Cipriano ci introducono alla rivelazione della tesi che cercheremo di dimostrare:

ti guardo con occhi
diversi parola risorta
ogni notte udendo
la voce degli uomini
senza più voce, lontani
sfuggiti dai luoghi.
torni di notte, distante
un respiro e lì germini
frasi distorte che
modifico in vita.
poi credo e non vedo. (da Novembre, Transeuropa, 2010, pag. 11)

Il presente “ti guardo” è l’attualità del poeta che scrive. I suoi occhi, senza tempo, perciò “diversi”, accolgono la “parola risorta”, la testimonianza di “uomini senza più voce”. In questo modo,il poeta, reitera “frasi distorte” riportandole nell’attualità della vita e della storia degli uomini. Un metro sintattico fluido che conduce il lettore al “credo” senza vedere. Quindi ad una verità accettata attraverso il mistero. Poiché il mistero è funzione della fede nella parola scritta e tramandata. Ancor più nella parola rivelata, a chi crede. Una delle funzioni della poesia.
Quando, la forza della Poesia, ha tracimato il contenitore umano per rivelare l’epifania di se stessa?
Temporalmente, suppongo, quando il Nostro ha avuto la rottura delle acque materne poetiche ed ha emesso il suo primo vagito:

Sono figlio
della libertà dei popoli
amo il rispetto
della gente, della fede.
Dell’infinità di questi luoghi
vesto profumi e parvenze
ti attendo, ispirazione, a denudarmi. (Il continente perso, Fermenti, 2000, pag.15)

D’altronde, a leggere oggi questa raccolta d’ingresso nel mondo della Poesia, a cavallo tra “Secolo Breve” e Nuovo Millennio, si potrebbero includere, a nostro testimone, i versi d’epigrafe di Elio Pagliarani, scelti dal Nostro autore:

Quanto di morte noi circonda e quanto
tocca mutarne in vita per esistere
è diamante sul vetro, svolgimento
concreto d’uomo in storia che resiste
solo vivo scarnendosi al suo tempo
quando ristagna il ritmo e quando investe
lo stesso corpo umano o mutamento.

Accostiamo, in questa trasfigurazione storica, il verso di Pagliarani: “solo vivo scarnendosi al suo tempo” con il verso di Cipriano: “ti attendo, ispirazione, a denudarmi”. Entrambi i poeti purificano i loro versi, macerandoli in forza d’ispirazione sempre viva, permettendone la fluidità e l’intensità immutabile, per resistere al tempo. Tempo che appartiene alla Storia e all’Umanità.
Quanto vera e faticosa è l’Arte suprema di rendere il tempo, la storia, in versi lo dicono, ancora per questa nostra considerazione, i versi tratti dalla raccolta: In paese (Racconti in versi, 2001):

(…) ma il fascino
è nel silenzio che ci porta a pensare,
forse per questo per molti è fastidioso
asciugare le lacrime che ci bagnano dentro
come il gocciolare della cantina, l’umidità
utile per conservare fresco il vino. (pag. 16)

Per riportarmi al senso storico, ricalco i termini poetici affidati all’enjambement, di questa strofa: “come il gocciolare della cantina”. la persistente forza della purificazione del verso, è nel Nostro autore, il senso più vivo e drammatico della sua ars poetica. Ne trovo conferma nella richiamata raccolta Il continente perso, quando scrive:

(…)
Siamo pochi
rimasti a guardare
questo mare.
Scompare
a Mezzogiorno
quando la bassa marea
assorbe le sue nuvole. (op. citata, pag. 57)

Domenico Cipriano si rivela poeta. Quando si riconosce in quei pochi che sanno guardare il mare che ci circonda: l’Umanità nel suo divenire. Codici ontologici di un “continente smarrito nel tempo della Storia”. Storia che appartiene alla solarità del Mezzogiorno, cantato dal premio Nobel Salvatore Quasimodo, da Scotellaro a Sinisgalli, alla voce pura di Alfonso Gatto. Direbbe, oggi, il critico letterario Paolo Saggese, poesia meridiana e meridionalista. Parallelo di fuoco che crea, senza finzioni e orpelli, la geopoetica del nuovo secolo.
Cos’è più leggero di una nuvola? Il pensiero poetico, rispondiamo in questo caso, riprendendo i versi del Nostro autore. Quanto dureranno le nuvole? Quanto durerà il pensiero poetico? Finché qualcuno avrà voglia di navigare, nel mare insidioso e tormentato della poesia, per approdare, nella Storia vissuta dell’Umanità.
Abbiamo cercato di eseguire uno spartito, difficile, luminoso, seguendo il libero arbitrio del pensiero critico; che si estrinseca: “Noi cioè dobbiamo porre l’assoluta esigenza del critico come scrittore, posta l’autonomia della critica come fenomeno letterario. Non esiste il vero critico, e la vera critica, se non esiste lo scrittore, e un’arte letteraria con le sue leggi logico-fantastiche sufficienti a crearne l’autonomia: a creare cioè, infine, una verità. Solo una “verità” autonoma, insistente proprio nell’opera critica, può verificarci una verità nell’opera criticata” (Piero Bigongiari, op. citata, pagg. 8,9).