in previsione dell'incontro di dopodomani a Bologna, volevo mandare un augurio
natalizio a te e a tutti coloro che saranno presenti. Ti chiedo di salutarli tu da parte mia.
Ho completato la lettura del lavoro di Massimo Sannelli, di tuo fratello e tuo
della Commedia.
Era la prima volta, dal periodo della scuola, che la rileggevo in toto.
Nuovi argomenti e motivi di riflessione sono sorti e vecchie impressioni sono
ri-saltate fuori.
In attesa di riuscire a scrivere qualcosa di completo, mi è uscito, per ora, un poenmetto tra l'amaro, l'ironico e il "polemico", per quanto ci si possa permettere d'essere "polemici" con Dante. Riguarda la questione di Celestino.
Ma son solo proprio quattro versi.
È un mio picolo regalo di Natale.
L'ho letto la prima volta proprio all'incontro del 30 novembre su poesia, sacro e sublime.
Un abbraccio.
CELESTINO E DANTE
Se n’è guardato ben il sommo Dante
a citare san Pietro Celestino
nella su’ Commedia itinerante
nei Regni dell’uman futur destino.
Lascia al lettore il decifrare verso
e dare faccia a chi quel “gran rifiuto”
avrebbe pronunciato o se, diverso,
personaggio di nome sconosciuto.
Non son degni per lui l’omin’ ignavi
d’esser neppur per sbaglio là citati
ed esser visti molto più che pravi
messi nel bordo-Inferno, disgraziati.
E Celestin, già morto nel Trecento,
non troviamo nel resto dei dannati,
e né a purgar sul Monte a viso spento
e né tra i ciel di luce incastonati.
Allor l’è proprio lui l’indegno lordo
che venga dagl’insetti martoriato?
Dantesco cuor, ad occorrenza sordo,
lo mette tra la feccia del Creato?
Su Dante un dubbio ci teniamo allora
per non doverci poscia metter lui
in un nuovo giron della malora:
chi spara sopr’ ai mit’ in versi bui.
Colpire la mitezza del Morrone,
ché la spada lui non volle usare,
è cacciare la man nella questione
in cui scegliere da che parte stare.
Altra motivazione di malizia
ci dice che lo suo biliar rancore
cagionato sia stato da tristizia
d’esilio decretato con livore
da quella parte de’ li fiorentini
che da lo successor di Celestino,
quel Bonifacio da li calcol fini,
tenuti fur in modo sopraffino.
È per questo che, forse, l’Alighieri
a me, tapin, lo stesso m’è restato
indigesto, benché critici seri
ed il mondo ha sempr’entusiasmato.
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