lunedì 11 ottobre 2010

Su Colibrì di Anna Maria Tamburini

Cara Anna Maria,

mi sono letto oggi il tuo volumetto Colibrì.

Come avevo avuto modo di notare all’ascolto durante letture pubbliche di alcuni tuoi testi, hai una scrittura certamente originale, diversa dal mio modo di scrivere, che è più scolastico ed elementare.
È una poesia colta, raffinata, ma non astratta. È anzi profondamente radicata nel quotidiano, con uno sguardo introspettivo straordinario dentro al cuore della realtà.

Già il primo testo – “all’orizzonte minuscole faci” – è una bellissima descrizione del mare, dettagliata ed elegante in cui sai cogliere tutte le possibili sfumature di riflessi e di mutamenti che la luce produce giocando con l’acqua. Solo uno sguardo attento ed innamorato del mondo può cogliere quanto tu evidenzi, con un amore per la parola che sorprende.

Dolcissima la descrizione del cavalluccio marino che ho avuto modo di vedere in decine di esemplari proprio in questi giorni, anche nel momento della dischiusura delle uova.

Mi colpisce un altro aspetto. Riesci a rendere poetico anche alcuni dettagli scientifici. Sembri quasi una docente di scienze naturali quando, in “ho invidiato lo smeraldo”, descrivi il colore che la luce disserra dagli strati della terra lungo cicli di ere minerali. Fai vivere la materia, non la lasci inerte (“vorticosi”, “moti”).

Bellissima “la fede del fiore nella morte”, che non teme di morire, di essere bulbo che scompare, per divenire fiore, frutto quindi. Riprende un verso e il titolo del mio libro “niente rinasce Se non si muore”.

Mi permetto di dirti che non è una poesia facile, ma sicuramente profonda, con un respiro religioso che rispetta il mistero delle cose.

Queste sono le prime, forse superficiali reazioni, alla lettura dei tuoi versi.

Un caro saluto

 Cesena 8 ottobre 2010

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