venerdì 24 dicembre 2010

Su Danza immobile di Gladys Basagoitia

recensione di Caterina Camporesi


futuropennaL'incontro con la poesia di Gladys Basagoitia è avvenuto con la lettura di alcuni testi, il cui tema era l'amore, apparsi alcuni anni fa sul blog di Fara.
Un testo, in particolare, dall'andamento felicemente fluido metteva in risalto la gratuità di questo sentimento. Eccone una parte per testimoniarne bellezza e libertà: C'è una forza immensa in questo amarti / così lungi dalla tua presenza concentrata ed eterna / non c'è vento che mi spenga. / Più di me stessa ed il mio desiderio intenso / più della mia sete la mia fame ed il mio respiro / importano il tuo spazio / e la tua estensione / il verificarsi del tuo tempo / la sostanza delle tue scoperte.
Ho continuato poi nel tempo a seguire con curiosità ed empatia ogni suo libro di poesia o di prosa, aiutata in questo dall'interesse più generale per la letteratura dell'America Latina e per quella boliviana in particolare. Ho letto e partecipato attraverso immaginazione ed emozione a vicende e traversie del suo racconto autobiografico raccolto ne Il fiume senza foce. Narrazione che sigilla in modo convincente saldature fra vita e scrittura, allorquando la vita viene esplorata nel suo scorrere in profondità e nel suo estendersi in tanti rivoli senza alcuna premeditazione di sfociare in qualche mare. Solo la libertà, il rischio insito nel movimento aperto ad ogni direzione e la consapevolezza che nessun capolinea dovrà necessariamente essere raggiunto. La sola idea guida è quella di vivere compiutamente ogni evento che il destino incontra quando incrocia e unisce passato, presente e futuro.
Si avverte nella poesia di Gladys qualcosa che va oltre il quotidiano, elevando azioni ed eventi verso altre dimensioni: amo le parole e soprattutto il verbo / ma soltanto il silenzio mi diletta / accarezzo il profilo che contemplo / con gli occhi chiusi con i sogni aperti.
Ho ora di fronte Danza immobile, la sua ultima raccolta poetica che, come la precedente La carne El sueño si avvale della doppia lingua, spagnolo e italiano.
Anche in questa raccolta vita ed arte si annodano e sciolgono liberamente diramandosi nelle vene e nelle arterie del corpo della vita ed in quelle del testo. Un processo individuale che accorpa in sé la singolarità di ciascuno nello scorrere della storia collettiva.
La raccolta è suddivisa in sei sezioni precedute da eserga significativi, versi di importanti poeti, ne anticipano le tematiche.
Colmo di efficacia l'ossimoro, danza immobile, che contiene sia il divenire che si attualizza nel qui e ora, sia la forma archetipa che, non vincolata nello spazio e nel tempo, perpetua nella diversità l'identicità. Vale a dire l'eterno che, attualizzandosi come destino, non lascia mai solo a sé stesso il contingente messo in moto da una mente viva e inventiva in un corpo.
Il movimento, la partecipazione attiva alla vita degli altri per condividerla e migliorarla, il dolore, l'amore, la gratitudine che circolano in ogni cellula mi richiama la emozionante canzone dell'artista cilena, Violeta Parra.
Non posso fare a meno di riportare la seguente strofa: Gracias a la vida, que me ha dado tanto / Me ha dado la marcha, de mis pies cansados / Con ellos anduve, ciudades y charcos / Playas y desiertos, montañas y llanos / Y la casa tuya, tu calle y tu patio [Grazie alla vita che mi ha dato tanto / mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi con loro sono andata per città e fango / spiagge e deserti montagne e pianure /alla tua casa, alla tua strada e al tuo patio].
L'avvio di Danza immobile avviene con testi brevi che si susseguono uno accanto all'altro e ogni volta il testo successivo riprende e continua il contenuto del precedente. Pur essendo divisi ciascuno da un titolo, essi realizzano una continuità, sia per quel che riguarda il significato sia per quel che riguarda il significante. Essi avrebbero potuto essere espressi sotto forma di poemetto, come di fatto avviene nelle ultime sezioni del libro, in particolare nell'ultima sezione “Oltre il tempo”. Qui la poetessa si affida alla fluidità del verso, alla necessità della concatenazione senza soluzione di continuità, catturando l'anima in azione e la sua musica, qualche volta in accordo con quella del mondo e altre volte in disaccordo.
Al seme è affidato il compito della continuità: quello che mi appartiene e non è mio / mi possiede mi insegue / decide il mio destino.
I primi versi della raccolta avviano il lettore all'oscurità del mistero, oscurità che tuttavia contiene e mantiene la luminosità a chi è addestrato a riconoscere i segnali. Mistero annidato e custodito “nell'azzurra solitudine dell'infanzia”, che perdura nel discorso e nel sogno, poiché la poetessa ha conservato il guscio, diventato nido per gestire tempeste interiori ed esteriori e soprattutto grembo che accoglie e fa nascere e crescere versi.
Poesia anche civile quella della Basagoitia che comporta l'assunzione di responsabilità, dell'esserci quando si perpetrano ingiustizie: vorrei essere la voce di coloro che tacciono / perché sanno che nessuno li ascolta / (…) vorrei diffondere l'anima la tortura / le grida di protesta della terra / cantare a volte con parole furiose / alimentando fiori di tempesta / (…). 

V. anche le recensioni di Narda Fattori - Vincenzo D'Alessio -

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