lunedì 31 ottobre 2011
DUE POESIE DI “CATTINA” (Domenica Melillo)
sabato 29 ottobre 2011
Su Financial di Alberto Mori
venerdì 28 ottobre 2011
La nuova raccolta di Tiziano Fratus: Poesie luterane
Edizioni Kolibris di Chiara de Luca, Bologna
"Autoritratto di paesaggio con gelso"
Ho incominciato a respirare
nel tronco cavo d’un gelso,
avevo varcato la soglia dell’età adulta
per tornare a scardinare il paesaggio
con occhi da bambino, e dentro il fuoco
vibrante di un rugoso monaco zen
"Lavorare la terra"
La gente di campagna lavora, si scassa le mani,
non tollera di lasciare a riposo la terra che gli occhi
vedono.
Qualcuno ogni tanto se lo dice, Ma lasciamola stare…
Un coro di teste ficcate nel circolo stretto d’ombra
che sigilla il respiro sotto i cappelli di paglia, un coro
parrocchiale di lingue che oscillano sotto la canicola
ruggente
"Il vecchio lupo di Lindsey"
Trent’anni guardando alle radici delle ombre,
perlustrando l’anima del bosco in cerca del
lupo che la Joni Mitchell vedeva, e non vedeva
a Lindsey, al tramonto dell’epoca del sogno:
saltare e correre sulle colline di Hollywood,
gli occhi ancora cavi in una guerra mai placata
"Un altro mondo"
Ho tentato di mettere tutto in comunione, ciò che era
mio sarà vostro. Qui nelle mie mani come nelle vostre.
Non hanno capito e sono volati fuori dalla gabbia.
Quel paese oltre le onde dove il cielo è un dono,
e la natura non ti appartiene, il cuore una radice
di tassodio che fuoriesce dalle acque per respirare
"La donna che dava da mangiare alle gru"
Sentiva il loro richiamo, ancora prima di scorgere la luce
del sole penetrare sotto le tende e riflettere e illuminare
le lancette della vecchia sveglia a carica. Usciva negli
stivali
neri con il pansecco sbriciolato, nelle mani, si avvicinava,
non erano mai più di dieci, abbassava la testa e piegava
le ginocchia, per non sembrare più alta, più minacciosa.
Quelle rughe del volto che si asciugavano mentre il becco
di una o dell’altra spiluccava le briciole, gli occhi
della
bambina che era stata. In quei minuti secolari rinasceva
con le lacrime della gioia. La macchina del tempo esiste:
almeno una volta all’anno pregava di poterle rivedere,
prima della lunga notte che attende ogni battito vivente
mercoledì 26 ottobre 2011
lunedì 24 ottobre 2011
Su Moniaspina di Monia Gaita
Edizioni L'Arca Felice, 2010, con uno scritto introduttivo di Mario Fresa e interventi visivi di Giovanni Spiniello
nota di lettura di AR
La lingua proteiforme, agglutinante, a tratti cripticamente e arditamente sperimentale (fortunamente le Note aiutano a sciogliere e a godere di alcuni passaggi oscuri) di Monia Gaita è bene rappresentata da questa raccolta, letteralmente fantasmagorica per la capicità di creare visioni appoggiate spesso a un ritmo sensuale, incalzante, riverberante, suadente: “La riva s'impelliccia di schiumóso / e si biforca più di ìpsilon, / (…) / in camera dò una marginatura àmpia / ai fogli del sentire.” (p. 9); “Afferro per la falda dell'àbito / rumóri. / (…) / Tracìma il fiume degli acquisti / nelle strade.” (p. 12); “Orba di tutt'e due gli òcchi / la speranza, / nella foltézza orsina / di peli di rammarico”; “Legata come cane / a disetànei guinzàgli di stanchézza.” (p. 15); “Trovarmi pèrsa / nell'intonacatura lìscia dei tuoi occhi” (p. 17); “Le bélve della pioggia s'accaniscono / sui tétti invisciditi delle case. // Agita fazzoletti d'aromi la terra / e il sole passa di sottobanco /appéna una carcassa di splendore.” (p. 24); “Potrei anche morire / nella cambusa di speranza di quest'ora / e batacchiare ulivi di corallo, / pomìferiradianti, / al desiderio.” (p. 25); “e mónta nelle stive del pensièro / un'acqua / con zigomi da mòngolo / di luce.” (p 26).
Personalmente, come nel caso dei versi appena citati, preferisco le poesie e le strofe in cui la sperimentazione linguistico-lessicale non è vulcanicamente presente: credo che la forza delle metafore, delle immagini e la scansione degli ictus risultino così infatti pienamente assaporabili senza bisogno del velo straniante della parola ricercata o rara o del costrutto “misterioso” o di quel “possente diluvio di suoni e di colori di stupefacente novità” di cui parla Mario Fresa nell'introduzione. E così sento molto vicina la poesia autografa riprodotta in quarta di copertina che qui ripropongo nella sua interezza perché è pure una intensa, sincera e bella dichiarazione poetica (con un omaggio montaliano):
Quando scrivo
finisco col consultare
il programma dei fuoriprogramma
e sempre mi ritrovo
nel profusamente sparso
di ciò che non volevo
o non avevo precisamente chiaro
nella mente.
Muoio e risuscito
un milione di volte
nei miei versi.
Nel dialogo fra Autrice e Prefatore che chiude l'elegante raccolta, Monia Gaita afferma che la sua poesia non è facilmente comunicativa e che in genere la poesia va “inseguita”, eppure la “meta è sempre l'ordine, sgretolare il caos, le omeomerie del nulla…” e credo non si possa che concordare: la poesia diventa allora ben più di comunicazione, diventa condivisione.
Contrasti letterari con Resuli e Barcellandi 29 ott
presentazione a cura di Andrea Garbin
con un intervento di Chiara Daino
http://poesiadalsottosuolo.wordpress.com
Cena con Conte e Turolo nel veneziano 27 ott
Si tratta di una osteria nota per la sua ottima cucina, con ingredienti selezionati e verdure del loro orto.
Per maggiori informazioni c’è il sito internet: www.veciacontea.it
Naturalmente si può partecipare anche solamente allettura e magari sorseggiando solo un vinello o una birra.
Ovviamente il consiglio è quello di mangiare un boccone, sia perché il cibo merita di essere gustato, sia perché così si vive tutta la serata assieme, ed infine perché mi sembra un bel modo per sostenere queste serate.
Il programma sarà il seguente.
alle ore 20 la cena;
inizio del reading attorno alle 21.45.
Confermare la propria eventuale presenza alla cena entro martedì p.v. al sottoscritto
Marco Scarpa, marcoscarpa82@yahoo.it.
Altrimenti, se pensate solo di venire per le letture, nessun avviso è necessario.
In allegato due poesie, una di Antonio Turolo ed una di Alessandra Conte, per un piccolo assaggio poetico.
Possibilità culinarie:
1° - piatto unico antipastone:
salame scottato all'aceto balsamico con polenta
bruschetta al pomodoro
involtino di bresaola con senape, miele e nocciole
formaggi con miele
crostino con colonnata
2° piatto unico indiano:
byriani di pollo con basmati
malai kofta (polpettine di ricotta con salsa speziata)
dal (lenticchie rosse, piatto tradizionale)
3° - tris di primi:
gnocchetti di ricotta con porcini
spaghettoni fatti in casa con salsiccia e finocchio
trofie pugliesi con rucola
Nel 1° e 3° menù il prezzo è di € 12, escluso il bere, il dolce e il caffè (che le persone sono libere di prendere o meno, o nelle quantità e tipologie che si preferiscono, con un bere medio il prezzo sarà intorno ai 15 €, 16 con il caffè, 19.50 con il dolce).
Nel 2° menù il prezzo è di € 14 (17- 18- 21.50 € come sopra).
In caso vogliate condividere l’iniziativa con altri vostri contatti, ben venga e grazie in anticipo.
Spero di vedervi,
Marco Scarpa
Antonio Turolo
La ragazzina che sto per bocciare:
tredici anni al massimo,
mai visto in vita mia niente di simile
zero cultura, zero ideologia,
soltanto un’anarchia vitale originaria.
Si butta per terra
dice le parolacce tira i sassi
strappa quaderni e libri.
Le oppongo
una faccia impassibile, di bronzo.
Lei mi guarda con odio ma non sa
quanto io internamente le assomiglio.
***
Un disadattato
mi ha definito un giorno
un sacerdote astuto cattivo penetrante.
Non amavo quel frate, e dentro me
più volte ho sognato di fargliela vedere,
di dimostrargli che non è così.
Adesso stai bene finalmente lavori
post tenebras lux è stata una fase
guadagni perfino - mi lusingano altri
lo spettacolo deve continuare.
Ma non è vero.
Una tessera di mosaico
scompagnata
una carta
solitaria
un conto che
non torna
un apolide inglorioso.
Io non sono collega di nessuno.
Alessandra Conte
La suora bambola antica
si infila perle di pepe
nelle mani a sgranare il tempo
scaduto in giorni e pagine.
Alitano le sue memorie
tra l'aorta e il naso
nei quaderni bianchi
come le morti,
e lei bambina mangia dadi,
ride, guarda crescere la camomilla.
Rimuore, si chiama femmina
un'ultima volta.
***
Signore dei rifiuti
che scavi con le mani,
voglia tu trovare fermamente
le perle. Mangia i germogli
del letamaio che ti offro.
Scava e guarda lungo.
Fai di noi il tuo pasto fiero.
***
O madre vergine delle vergini
rea dei mille peccati, crepa
il vaso e spaccalo. Tu che al salto
in lungo sul filo usi il nome
che è gioco d'azzardo, fai vacillare
la bocca parola per parola
a custodire il reliquiario
dei lemmi e dei verbi sciolti.
Tracce nel Fango - Libro d'artista
Tracce nel fango? Come a dire nulla, o solo nell'istante. Ci possono essere tracce in qualcosa che non gode di una sua propria forma? Ci può essere carattere, volontà in uomini che vivono su una terra che sfugge dai piedi. Cos'è questa pianura?
Detriti. Sedimentazioni. Riporto. Tutto potrebbe scivolare a mare. C'è un legame tra la morfologia del territorio e l'antropologia dei suoi abitanti? Oggi è più che mai facile rispondere di sì. Lì tutto pare sospeso. La nebbia sta magicamente sospesa. Perché non sale al cielo? Ma invece è il cielo che scende a terra? Altro che spleen. Non resta neanche quel tanto di aere per guardarsi in faccia e riconoscersi. Si parla nel vuoto. Si costruisce su poco. La pianura scoraggia. Chilometri senza il privilegio di una duna. Una terra senza sorprese, piatta, dove tutto è declinato nell'acqua. Si fluttua, si deambula. Ci si deve adattare al fiume, alle sue mutazioni. Non tanto al fiume che si vede. Ma a quello che scorre sotto, capillarmente, per osmosi, di campo in campo, di zolla in zolla, di passo in passo. Il fiume che col freddo si manifesta nella nebbia. E con la nebbia tutto smette di essere luogo, lucus per diventare confine. Come limo, limitare, pessimo dialogare, ovatta, respiro pesante, sogni da risaia, alienazione, slanci di rane nel paese dei suicidi, vinti verghiani, spoon river della sconfinata pianura padana.
Tracce nel fango è l'opera di un poeta quanto mai compiuto. Tutto è talmente perfetto da rendere impossibile anche la più piccola delle obiezioni. Luca Ariano ha seminato così tante pretese verso sé stesso, da essere riuscito, con dedizione e cura, a creare questo piccolo capolavoro.
©Foto di Sebastiano Adernò
“Tracce nel Fango”Libro d'artista e impronta linoleografica di Marco Baj
venerdì 21 ottobre 2011
Su Suture di Luca Artioli
Aprendo la raccolta Suture di Luca Artioli (Fara Editore), si trova da subito la parola “Rúach”, in ebraico ‘il vento’, ma anche lo spirito, il respiro, forza di vita. È ciò che l’autore definisce “la poesia come resilienza”, capacità di riadattarsi, di far vincere la propria interiore resistenza. Versi composti “in nuce”, perché come nella “dedizione di un mosaico”, sono le parti di un ininterrotto discorso “nei giorni a venire” sulla poesia, con colei con cui “da sempre mi cimento / in desiderio e conoscenza”, come dicono i versi di Mario Luzi posti in apertura.
La poesia appare da subito come oggetto di fede, “atto lucido e sottointeso / - dimentico di restituzione -”. E cronaca di una vertigine, questo muovere alla ricerca per trovare ogni nome alle cose, “l’Omega” che è incisa per sempre “sulla roccia della poesia”. “Fragili apparenze”, queste del poeta mantovano, che va cercando “tra decisioni e incertezze, le stabilità e le oscillazioni di idee e figure”, ha scritto Alberto Cappi.
Per il grande Jack Hirschman: «Luca Artioli, alla veneranda età di 35 anni, crea una poesia che è al contempo saggia e piena di velenosa grazia, la cui musica – sorprendentemente potente e che scaturisce dallo scontro dialettico tra il silenzio e la parola sonora composta – ne fa un poeta capace di udire le profondità offerteci dal linguaggio di oggi.»
Un autore, Artioli, che ha camminato nella Beat generation a fianco di Kerouac come sottolinea Massimo Sannelli nella prefazione, e che disegna pertanto il suo “tragitto senza argini / - oltre il contatto dei binari -”, che ha per confini solo quelli individuati come poetiche “mappature terrestri”: da Cuba a Piazza del Campo, da Volterra alla piana di Spoleto, dalla Val d’Orcia al mare d’Abruzzo, a Fonte Avellana (“Origine che neanche il tempo terrestre / poteva ricucire dell’uomo se non / per un contatto, un travaso…”).
La percezione lucida della fuga che rapisce controcorrente, che conduce oltre ogni spazio, ogni tempo, muove alla ricerca di quel nuovo senso di tutte le cose promesso. E sono poche, poche le parole, di questa lingua che è metà di noi, fatta per non dire, per non essere. Per perdersi nello stupore del principio, nella costruzione di un verso che mai ritorna senza riserve, incolpevole, perché fatto per donare il perché del tempo, della storia: “Ogni cosa è come vetro / e solo un graffio / in superficie”.
Punti, per ricordare il senso del non dire, per creare una sospensione che galleggia e accende l’aria, colma dello “stupore inatteso del se”. Nel Verbo che lento germoglia, dalla vena sulla lingua, sgorga “il sangue del patto… Parola più grande non puoi essere che Perdono”.
La giovane poesia in Campania
Vera Mocella è una giovane poetessa, scrittrice e giornalista avellinese. Laureata in “Lettere e Filosofia” , all’oralità dell’insegnamento, preferisce l’invisibilità della pagina bianca. Giornalista professionista dal 2006, ha collaborato, come stagista, con “La Repubblica”, “la Città”, e “la Nuova Sardegna”, attualmente collabora per riviste e quotidiani locali, come “il Corriere dell’Irpinia”, e si occupa prevalentemente di giornalismo culturale e sociale. Autrice di poesie e di racconti inediti, ha pubblicato Destini di Luce con la casa editrice Libroitaliano world, nel dicembre 2007. Ha ricevuto premi e riconoscimenti nazionali per le poesie inedite e per il testo “Destini di luce”, quali il terzo posto nel premio letterario nazionale “Le notti ritrovate” (sezione libro edito), e il premio speciale – “sezione poesia edita”, nel concorso nazionale “Il Simposio”. Il suo primo libro di poesie è stato ospite della rassegna di Urbino “Parole in gioco”, ed è stato accolto con interesse dai media locali e dai critici campani. Attualmente, alcune poesie sono riportate in numerose antologie poetiche come e riviste quali: “Poeti d’oggi”, il Nomade e le stelle – antologia del premio nazionale poesia inedita III edizione, Versi per il Formicoso, la Montagna Valle Spluga, Narrazioni, Poeti e poesia ed altre. È presente nella Storia della poesia irpina (Dal primo novecento ad oggi), scritta dal critico Paolo Saggese - Elio Sellino editore. Le poesie che ospitiamo in questa rubrica permettono al lettore di confrontarsi vis-à-vis con il percorso interiore dell’autrice.
Lungo i fiumi di babilonia sedevamo in pianto*1
Miei fratelli nel deserto
Il mio corpo negato, ferito, calpestato
perché voi l’avete negato, ferito, calpestato
Il mio corpo di donna africana, di schiava negra
di bambina dell’Est
di schiava bianca, di infibulata speciale
di geisha, di donna oggetto,
di ragazza – kamikaze.
Il mio corpo
oggetto pericoloso
da usare come un proiettile
quando la sazietà dei vostri ardori maschili
non vorrà più prenderlo, crocifiggerlo.
Allora sarà pronto
per essere gettato in un campo
basterà solo che un uomo qualunque
in un posto qualunque,
lo trafigga con i suoi occhi di ghiaccio. Basterà questo,
questo soltanto
per infibularlo di nuovo,
per violentarlo di nuovo,
per ucciderlo di nuovo.
Guardo il mondo dall’alto di un ponte, ora,
e me ne infischio delle vostre parole,
dei vostri desideri.
Volerò giù libera,
tra un attimo,
solo tra un attimo.
Ma non sarò io ad accusarvi,
è il mio corpo di donna
che vi condanna.
Il mio corpo che insegue sogni da bambina,
teneri ciclamini
e profumo di gelsomini
al tramonto.
Sarò libera, infine.
Non vedrò più l’inferno
l’inferno dei vostri volti
l’inferno dei vostri gesti
dei vostri cuori.
Sarà luce,
nuvola e gelsomini
il mio corpo ferito.
Sarà musica.
giovedì 20 ottobre 2011
mercoledì 19 ottobre 2011
Ti prego a Genova 28 ott
ed Enzo Melillo
martedì 18 ottobre 2011
Alberto Mori presenta Financial a Verona 28 ott
Libreria Bocu'
vicolo samaritana - galleria mazzini 1/b
Verona
Alberto Mori
Financial
L'autore sarà presente con performance e videoproiezione
Per informazioni:
http://www.boculibreria.com/
Alberto Mori ha la capacità di mettere in scena la parola. Non a caso è un grande performer. Sempre legato all’attualità, magari quella di primo acchito più contingente ed effimera (il mondo della moda ad esempio, di cui ha trattato in Fashion) o meno poetica (i rifiuti di Raccolta, gli oggetti quotidiani di Objects o il mondo della finanza di questa raccolta in cui “Chi prenderà la parola / traccerà la fine dell’oscillazione”). “Ma – come osserva Bonacini nella Prefazione – l’autore non usa la performance poetica per descrivere o esprimere il suo pensiero in un’indagine sull’argomento, egli, (…) infatti, non esaurisce il suo percorso sulla pagina, ma scandisce il suo ritmo con l’esecuzione del corpo fonico intrinseco alla versificazione”. Il tutto giocato con salace ironia, un raffinato uso dell’understatement e del potere evocativo e visionario della poesia.I gesti, i comportamenti, le “strategie”, le bolle speculative, i meccanismi del mercato e i vezzi di chi vi opera… vengono esposti a una luce che ne mette in evidenza le contraddizioni senza bisogno che il poeta li giudichi: il lettore può trarre le sue conclusioni e anche aumentare la propria consapevolezza della realtà in cui si trova immerso: “Finalmente il Top Manager Director / reimposta Asset Operativo / pulsa l’organigramma / inizializza le linee componenti del portafoglio”; “La lista movimenti sbilancia nei passivi / incasellando pendenze / discese fra shoppingare incauto”. Un libro da leggere ad alta voce, da assimilare magari camminando, quasi fossimo anche noi, assieme a Mori, sul palco di questo mondo globale. (Dalla prefazione di Giorgio Bonacini)
Alberto Mori, poeta performer e artista, in più di vent’anni di attività ha costruito e sperimentato una personale attività di ricerca nella poesia, utilizzando di volta in volta altre forme d’arte e di comunicazione: dalla poesia sonora e visiva, alla performance, dall’installazione al video e alla fotografia. Nello stesso tempo, ha collaborato con molti fra i più noti poeti contemporanei, italiani e stranieri, per la realizzazione di letture pubbliche, manifestazioni ed eventi dedicati alla poesia. Dal 1986 ha all’attivo numerose pubblicazioni. Nel 2001 Iperpoesie (Save AS Editorial) e nel 2006 Utópos (Peccata Minuta) sono stati tradotti in Spagna. Per Fara Editore sono stati editi Raccolta (2008) Fashion (2009) Objects (2010).
website: www.albertomoripoeta.com
Grafica di copertina: Patrizia Casadei (Kaleidon, Rimini)
elaborando una fotografia dell'autore “Le cassette di Rossano” (2005)
lunedì 17 ottobre 2011
È uscita la nuova raccolta di Roberto Cogo
vi annuncio la pubblicazione
della mia ultima raccolta di poesia dal titolo
SENZA IL PESO DI UN PENSIERO
GIULIANO LADOLFI EDITORE
introduzione critica
Stefano Guglielmin
*
se siete interessati all'acquisto del libro vi rimando al sito dell'editore
www.ladolfieditore.it <http://www.ladolfieditore.it>
g.ladolfi@aliceposta.it
in alternativa attivate la vostra libreria di riferimento
*
se qualcuno fosse interessato ad organizzare una presentazione dalle proprie parti,
contattatemi direttamente, ne sarò felice!
roberto.cogo@alice.it
0445 523 774
336 448 224 9
*
un caro saluto a tutti!
roberto
domenica 16 ottobre 2011
Sproloquio su “Suture” di Luca Artioli
Cosa siamo? Sangue e respiro. Di cosa viviamo? Di sincopi e suture. Come un mantice eterno, perpetuo, che tenta di porre rimedio. A cosa? Alla vita che ontologicamente è già strappo, frattura. Per cucire serve la vocazione dell'arte musiva. La dedizione del mosaico, appunto. E necessita un miracolo affinché i molteplici frammenti restituiscano una sola immagine. Ma per i miracoli occorre audacia. E non sarà certo con la mancanza di coraggio del “polso insaccato” dal rimpianto di aver ritratto la carezza quando serviva, che la rosa sboccerà sul collo dell'amata. Occorre invece cucire. Avanti e indietro. Nel futuro e nel rimpianto. Rinsaldare ciò che sfuggì all'andata. Ritornare sui campi dove abbiamo perso. Questa è la grande verità. Desiderare ricongiungerci “in nuove suture”, come nuovi punti di contatto che ci permetteranno inedite prospettive. Di senso. Occorre tornare al buio. Alla nebbia delle creature diafane. Ai ricordi. Attraversare il bosco e ogni dimensione umbratile della memoria. Avere il coraggio di “retrocede (fino alla) cucitura sorgente”. Costasse pure “un lento salasso”. Per capire chi siamo. E il perché del nostro procedere schiena contro schiena. Oppure perché visti di spalle camminiamo a fianco senza mai fonderci? Come minuscole tessere, monadi che non si accorgono, non si riconoscono, e mai si attraversano. Perché questo senso di alienazione? Come fuggirne? Col coltello o con la sutura? Scollarsi o rendersi più saldi? Conviene aderire alla vita? Chiedetelo a Pascal.
Bravo Luca Artioli. Conosce il mestiere di intessere trame.
Sebastiano Adernò
sabato 15 ottobre 2011
SU "MAPPA GIOVANE - VOCI POETICHE DELLA BRIANZA" (POESIA PRESENTE) - RECENSIONE DI FEDERICA VOLPE
Undici autori, un titolo piuttosto esplicativo. Mappa Giovane, progetto di POESIAPRESENTE, vuole mappare la neonata provincia di Monza e Brianza, mostrandone le voci più giovani e valide di cui questo territorio dispone.
Il testo, accompagnato da audio CD che permette di ascoltare concretamente queste voci vive e presenti, sembrerebbe ad un primo sguardo non avere altra coordinata che quella puramente territoriale, ma al contempo non troppo insaporita dall'ambiente in cui essa è stata costruita.
Con uno sguardo sommario sulla carta poetica di Monza e Brianza, insomma, non riusciremmo a scorgerne le coloriture di cui dispone questo luogo lombardo. "Zoommando" sulla carta, però, scorgeremmo qualche nome di Città o di strada, qualche luogo che si fonde spontaneo al linguaggio poetico a disegnare una topografia invisibile e appena tratteggiata.
Gli autori, dunque, non sono che uno specchio della società in cui vivono -più che del loro contesto territoriale- : sembrano viaggiare da soli, essere ognuno una piccola porzione di territorio, ognuno un piccolo paese in cui convivono infinite tradizioni che si sono fuse e amalgamate senza quasi potersi fare riconoscere.
Ogni autore ha i suoi abitanti, i suoi autori di riferimento, le sue correnti di pensiero, le sue concezioni artistiche, e ognuno sembra avere un nucleo ben distante da quello degli altri, divisi da infiniti campi a distanziarne i confini. Eppure la mappa, se guardata da vicino, mostra strade che connettono questi paesi che paiono così solitari e sradicati da una territorialità per donarsi al cosmopolitismo. Non sono pochi, infatti, i punti comuni, gli edifici simili in questi paesi così lontani.
In molti autori affiora la rabbia sociale, o la riflessione filosofica, o l'ossessione linguistica, o la sperimentazione cosmica. Una coordinata, però, accomuna ogni autore, e sembra essere il modulo corretto per costruire e interpretare questa mappa antologica, tracciando nella carta geografica un percorso (il)logico: ognuno sembra abbandonarsi all'impossibilità di capire, spesso anche a quella di essere capito. Ed ecco che la rabbia, la filosofia, l'ossessione, la sperimentazione, non sono fini a se stesse, ma danno luogo ad una consapevolezza ruggente di mancanza di altra reale coordinata.
Mappa Giovane non racconta solo la Brianza e la poesia, ma anche una società attraverso i suoi componenti più sensibili.
AUTORI PRESENTI: Mario Bertasa, Marco Bin, Roberta Castoldi, Adriano D'Aloia; Jacopo Galimberti, Antonio Loreto, Luca Maino, Eleonora Matarrese, Silvia Monti, Rosella Scarabelli, Paola Turroni
giovedì 13 ottobre 2011
Su Ruvido di Aurelio Vindigni
Su Magari in un'ora del pomeriggio di Davide Valecchi
una lettera di Liliana Ugolini
Una poesia prosastica essenziale, intima, dove i chiaroscuri sono luoghi indagati per un sentiero di chiarezza che si fa strada nella tua scrittura dove cerchi risposte fuori dal dominio delle parole. La finitudine si fa arco incompreso ma ricco di attese, le parole controllate riprendono la sfida e divengono immagini e profumi. E lo scrivere
svela inesorabili confini. La presenza eterea d’un ricordo che vibra vegetale, sta tra l’ombra e il sogno in una frammentazione di segni sonori. Il tuo scrivere è già musica
pur nel rigore d’una metrica nascosta che contiene la litania del vento.
E in questo tempo di belle macerie i tuoi versi sono una consolatoria sostanza di bellezza per dimenticare l’abisso. La visione cosmica della tua bella poesia c’è anche se parte dai passi sulla ghiaia e si fa polvere. È come se tu avessi sempre presente l’universo nel quotidiano e nei sentimenti. E il tempo, basso continuo de vivere, è da te avvertito come tangibile refrain del cosmo.
Caro Davide sei veramente bravo e riesci a fondere, nella tua scrittura, innumerevoli elementi rendendo ricchi i significati.
Veri complimenti, meritatissimi.
Un caro abbraccio
mercoledì 12 ottobre 2011
I piaceri. Su Dante (Crea, 8 ottobre 2011)
È uscita la prima plaquette della collana «Hermes»
I SBN9788890585432
DU FU 杜甫
PAESE IN PEZZI? I MONTI E I FIUMI REGGONO
Autori
DU FU
Mario Fresa (curatore)
Alessandro Ramberti (traduttore)
Francesco Ramberti (illustratore)
Pubblicato da
Edizioni L'Arca Felice
(Ass. Cult. L'Arca Felice)
Collana Hermes
Data di pubblicazione
09/2011
Paese di pubblicazione
Italia
© 2011 Edizioni L'Arca Felice
CON ILLUSTRAZIONI
Lingua del testo
Edizione Multilingue
Altre lingue
Cinese, Italiano
LIBRO CARTACEO
Legatura
Non specificata
Abstract
La dinastia Tang (618-907) è considerata l’epoca d’oro della poesia cinese. Il più famoso poeta del periodo è Li Bai (o Li Po, 701-762) ma molti non gli credono inferiore Du Fu (712-770). Proponiamo qui quattro sue poesie che adottano il metro 律 詩 lǜ shī (ovvero “verso regola-re/ato”): otto versi di cinque o sette parole di cui il terzo e il quarto verso sono paralleli e simmetrici fra loro e altrettanto lo sono il quinto e sesto verso: «le parole, cioè, corrispondono l’una all’altra, sia per il senso che per il valore grammaticale» (cfr. Giuliano Bertuccioli, La letteratura cinese, Sansoni-Accademia, Firenze-Milano, 1968, p. 182).La traduzione da una lingua così sintetica e densa come il cinese classico è sempre impegnativa. In calce al testo forniamo la pronuncia nella traslitterazione pīnyīn e una traduzione letterale. Nella versione, per rispettare la regolarità metrica e la simmetria delle poesie originali, si è adottato l’endecasillabo e una scelta lessicale evocativa ma il più possibile aderente alla sintassi e al senso fondamentale dei caratteri. (Alessandro Ramberti)