giovedì 13 ottobre 2011

Su Ruvido di Aurelio Vindigni


EdizioniProgetto Cultura, 2011, pp. 80, Euro 10,00

recensione di Domenico Cipriano

C’è un contrasto che esprime il senso del titolo scelto per questo libricino di Aurelio Vindigni Ricca: Ruvido. Ma è un contrasto causato dal raffronto tra le foto e i contenuti dei testi, dalla tensione strettamente intima e umana delle parole scelte e l’apparente freddezza degli scorci e degli oggetti protagonisti delle immagini. Un’apparenza, quest’ultima, che cade se ci immedesimiamo nella discrezione usata dall’obiettivo per cogliere i dettagli dei soggetti, o comprendiamo il compito assegnato all’uso dell’ossimoro, rivelato anche nell’esaustiva prefazione di Francesca Innocenzi: «Tra queste pagine riconosciamo un soggettivismo dalle sfumature malinconiche e dalla rilevante pregnanza evocativa, ottenuta talvolta tramite ossimori più o meno velati» (pag. 6).
Le foto ci immergono in una città vuota, un’anima preziosa nella sua solitudine, sfocata nelle immagini che intendono presenze, per aprirci ad un io e una storia che, attraverso le parole e lo sguardo, diventano protagonisti di un racconto che sottende un incontro e la sua magia, l’intrecciarsi delle sensazioni e la malinconia del distacco.
Haiku nella forma metrica tradizionale (5/7/5), questo il genere scelto da Aurelio Vindigni Ricca per condensare, con le parole, lo stesso sguardo che affida all’obiettivo per svelare l’anima dei luoghi; un’anima rivelata da possibili presenze che, ipoteticamente, hanno attraversato quegli stessi spazi, dando un’umanità oltre la visuale dell’osservatore alla “finestra”, per far riferimento alla parola che dà il titolo alle prime due sezioni.
Ma una caratteristica di questi haiku è l’uso dell’enjambement, creato, a volte, in modo azzardato, staccando l’articolo o la congiunzione dal sostantivo (o dall’aggettivo), lasciando l’impressione di una spezzatura involontaria o non controllata, un imprevisto nel percorso, un improvviso che segna la “ruvida” sequenza degli eventi, mostrati al primo sguardo, che attende la sua continuazione nell’osservazione per rivelare il senso di quel frammento, metafora dei frammenti di cui si compone la nostra esistenza: «Pochi anni, al /  freddo dei tigli e le / lampade spoglie» (pag. 21).




Aurelio Vindigni Ricca nasce a Castrovillari (CS) nel 1985. Vive e lavora a Roma dal 2005. Scrive poesie e sceneggiature per il cinema. Fotografo professionista, regista e direttore della fotografia per il cinema e il teatro. www.aureliovindigniricca.com


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