giovedì 24 dicembre 2009
Abitati dentro da un paese e da una valigia. Le storie minime di Maria Pina Ciancio
mercoledì 23 dicembre 2009
foto di gruppo
che entra dalla finestra
e si intromette nei discorsi
di un tavolo o di una sedia
di quel suo passare
per la cruna degli occhi
come un filo di nylon
di tanto consumarsi
in questa bocca come un'ostia
che la lingua non stacca dal palato
di queste coliche di reni
o di un callo di una mano
e di tanto altro in mezzo che non so dire
come essere felici al ristorante
perchè davano due primi
di Vincenzo Celli
(il dipinto è di Monet, Pavé a Chailly)
martedì 22 dicembre 2009
PREGHIERA
Signore,
dilata la mia anima.
Come un granello di sabbia
vola nel vento,
respiro il tuo spirito divino,
e ti cerco.
Signore,
colma la mia pazienza.
Come un attimo fugace
il mio tempo scorre.
Tu mi invadi,
ed è l'eternità.
Signore,
ascolta i miei oscuri silenzi.
Come un giorno pieno di impegni
la mia vita si ingarbuglia.
Ascolto la tua assenza,
ed è musica.
Signore,
ama le mie ossessioni.
Come follia,
affliggono la mia povera mente.
Confido nella tua provvidenza,
ed è luce.
Signore,
riposa la mia stanchezza.
Come un balsamo di misteriose virtù
sei per me.
Mi quieto,
ed è coraggio.
Signore,
asciuga le mie lacrime.
Come l'acqua
esse purificano.
Perdono,
e brucio d'amore.
Signore,
coltivami.
Come l'infante
con i suoi balocchi,
gioco con te
e vivo.
Signore,
gioca con me.
Quando l'ansia
soffoca l'aria,
tu amami:
invoco pazienza,
saggezza
e prudenza.
Adele Desideri (da Non tocco gli ippogrifi, Campanotto, 2006)
Su “Inoltramenti” di Alessandro Ramberti
di Nino Di Paolo
Inoltramenti è una plaquette di sette poesie che Alessandro Ramberti, editore riminese ideatore e cardine della Casa Editrice “Fara”, pubblica, per le Edizioni L’Arca Felice di Salerno, in duecento copie numerate.
Le sette poesie scavano tutte nel profondo dell’anima, le prime due (“La grammatica sprofonda” e “Genesi”) direttamente in quella dell’autore, le altre, in progressione, abbracciano quelle di un’umanità più ampia (“In gioco” , “Echad” – con la dedica al padre), quelle del rapporto tra mondo e corporeità (“Economia biologica”), quelle del rapporto tra sé e gli altri (“Urna viva” e “Monte Baldo”).
In ciascuna di esse, dopo premesse che propongono descrizioni (poche), metafore e domande vi è, in conclusione, un’immagine poetica che racchiude e rilancia il senso di “quella” poesia:
“… capsule di un codice in evoluzione”,
“… lasciando ai fotogrammi dello spirito la vera impronta di chi sono”,
“… e le preghiere sono doni già nel momento che precede”,
“… tu dove è sempre il nucleo amante di ogni relazione”,
“… di una superficie, ma un bel tiro che ha per bersaglio il corpo ovunque sia”,
“… la sua argilla fuori uso potrà diffondersi altrove”,
“… le fibre dell’anima impigliate in questioni pratiche sono fuori pista”.
La scelta di titoli che non riprendono il primo verso ma sintetizzano il tutto apre la lettura, poi chiusa dalle immagini appena sopra riportate.
Inoltramento è un sostantivo pochissimo sentito oggi, diciamo pure in disuso nel parlare e nello scrivere, che però esprime il senso della ricerca, qui, più che in un “oltre” in un “più profondamente”.
Tutte le sette poesie esprimono anche uno stile mai gridato (specchio preciso del modo di essere di Alessandro) ma che accompagna per mano il lettore in scoperta delle essenze di sé e della natura delle relazioni profonde tra le persone, che si incontrano o che non si possono incontrare.
Pero, 22 dicembre 2009
Su Meltemi di Helene Paraskeva
Un libro che come il Meltemi (vento secco estivo) ha pagine imprevedibili (e per ogni lettore è probabile siano imprevedibilmente diverse) e credo siano queste a restare nella memoria, a scavare nei cuori un percorso che resta.
(ar)
lunedì 21 dicembre 2009
Esasperato sacello…
7 componimenti scultorei. Versi poderosi che lambiscono il misticismo e interrogano la vita scavandola nel profondo. (ar)
1
Esasperato sacello la pietra che custodisce il teschio dell’eremita.
Fu l’acqua a levigarla, dando sembianza a quel digiuno di secoli.
La cavità viene risucchiata dall’adipe.
Non posso più contare le particelle che delimitano la zona di preghiera.
Non resta che ficcare nella crepa il piede di porco, e fare leva.
Squarciato ogni contatto umano in chi solo restò
non curandosi della luce che miete.
Si sgretola la vanità.
Il profanatore ha già un sepolcro, quello che gli divora il petto.
I mercati attendono le reliquie, ma il sacro non dà più strumenti.
L’acqua ancora leviga e trasforma la consistenza di un fluire.
Catturato dai gregari del bargello, non può che urlare:
“ Io ho cercato!”
… mentre la forca lo attende.
2
Si specchia nel grande fiume.
La voce è quella del boia, e in essa trova salvezza.
Le mani sudate raccolgono ciò che persiste e rimane.
Inalterato il pensiero, non trova pace nel danno arrecato.
L’osso femorale lo sostiene, mentre l’apnea genera il flusso.
L’esecuzione formale devia il pulsare di un sangue ormai secco
che resta addosso, in questo logorìo che nomade conduce
tra stanze sature e canne palustri.
L’estramonio è sostanza effimera, solo la vendemmia offre magia.
Nella notte fonda il sapere, spalanca le gesta, seduce donne fertili.
Trasgressione ultima… i viventi esultano, per un cuore aperto.
3
Ora sono di Mantova, Ferrara, Ravenna.
La mannaia ha scorticato il tronco.
Piange la betulla violentata dal metallo.
I boscaioli affastellano rami circoncisi…
danno fuoco, urinano sulle braci del vento.
Odore di uccisioni giustificate dal mestiere.
Si screpola la mano calva, poi la pelle si rovescia
e resta ciò che la vergogna contiene.
Di solito il pioppo non resta immune e distaccato,
anche lui vive del simile, nello sfregio coronato dai ceppi.
Chi è esecutore non può concedersi indugio,
egli va per decisione, verso la polpa del legno.
Sfregola il piscio sulla fiamma, c’è anche chi versa il seme,
rito primigenio per assicurarsi il perdono della foglia di neve.
Da sempre si colpisce anche la radice, che lo strazio abbia compimento.
Novembre cancellerà le tracce, e ogni tronco andrà disperso
nella viscida e fangosa corrente.
Urina e sperma
per arrotare, quello che ci rende specie.
4
Paludosa l’essenza, le gocce, la rugiada.
Sfregiare l’immune, rende vittima la natura che abbonda.
Scorrendo nel letto del fiume
le foglie calpestate lasciano un pianto.
Indurisce il collo, mandato al patibolo.
La storia è come un altare,
riversata nel corpo, poggia sul ceppo lo strazio
confidando nell’ascia che le viene.
Tronco infestato, l’accetta tra le mani
indica i parassiti d’un sistema indecente.
Va la barca, nell’inguine del condannato.
Ci aspetta il ritorno, passata la chiavica di Stellata
oltre l’ansa di Poggeto.
5
La mano del nocchiero tiene il rasoio.
Sugli argini è il freddo che risveglia.
La testa appoggiata al ventre
succhia l’erezione del potere.
Freme la crosta terrestre, fulcro dell’universo,
equilibrio tra vita e morte, tra nebbia e delta.
La creta fertile viene mangiata a morsi.
Nel sangue la ricerca di un’indole che genera.
Ecco! Ecco il vagabondo irrequieto
che i rami aggroviglia e tesse le lucertole.
Urlare in quel buio che copre le anime
non fa che distanziare il battello
che porta nel mondo dei dispersi.
6
Ancora pregano un dio evirato
oltre il diletto, con membra gonfie, con voci in risalto.
Nessuna buona azione resta impunita
né determina un ricordo.
E’ il sacro che civetta col profano,
l’orgia incalza, tra zolle arate e fumo.
Lontano il canto di un fagiano.
Nel bosco la filosofia inciampa e resta muta.
Dalla pianta dei piedi al cranio
non c’è una parte illesa.
Le piaghe aperte le cura l’olio
mentre da te eliminerò il piombo
senza vergogna della quercia.
Arrossire nei giardini
come quella volta che mi prendesti nell’orto
parlando in dialetto, recitando il sapore dei segni
e il cantico dell’oroscopo.
7
L’ultima scultura odora di zolfo,
graffito d’un epoca accesa al silenzio.
Il simbolo è metamorfosi graduale,
è rana che gracida nello stagno adiacente.
Il ruvido del lenzuolo contiene l’immenso.
Fatica l’abbraccio, sul ponte dei custodi.
La madre rovescia la polenta
perché lui torna dall’esilio e dalla galera.
Medioevo e rinascimento cuciti assieme.
Il fiore di San Martino tocca il mio braccio.
E’ il primo passo di un arrivederci.
Il fiume cerca il mare
mentre la nostra terra
quello che si è perso.
Città di riviera, città solcate da onde e polene,
il vostro respiro mi rende vergine,
volpe che annusa l’antico e il nuovo
nello stesso tempo.
martedì 15 dicembre 2009
EMILY DICKINSON poesie
(a lato Ego sum di William Congdon)
poesia 958
Ci incontrammo Scintille - Divergenti
Selci scagliate in direzioni varie -
Ci separammo e il Cuore della Selce
Sembrò diviso a filo dalla Scure -
La Luce che portammo ci sostenne
Prima che Noi soffrissimo la notte -
Forse - la Selce arriva fino ad Oggi -
Per la nostra Scintilla.
598
Tre volte - ci lasciammo - il Fiato - e Io -
Tre volte - Non andò -
Ma volle muovere il ventaglio fragile
Ma le Acque - non vollero.
Tre Volte - mi innalzarono le Onde -
E poi mi presero - come una Palla -
Fecero visi Azzurri alla mia vista -
E spinsero una vela
Che guizzava a distanza - e a Me piaceva -
E pensavo - Morendo -
E' una gioia osservare qualche Cosa
Che Umani aspetti - ha -
Le Onde ebbero sonno - e il Fiato - no -
I Vènti - come Piccoli - oscillavano -
E poi il Sole baciò la mia Crisalide -
E Io mi alzai - e vissi -
789
Su un Io Colonna è agio
Superare l'Angoscia -
O il Pericolo - e bello
Sapere certamente
Che la Lama non taglia -
E il Cuneo non divide
La Convinzione - Base
Granitica. Se qui
Nessuno ci sta a Fianco -
Ci basteremo - come
Folla - con Rettitudine -
E l'Assemblea - vicina
Al più remoto Spirito - che è Dio -
poesia 260
Leggi - Dolce - che altri hanno lottato -
Perché ci rafforziamo -
Leggi cosa - lasciarono
Per non temere più -
E che ebbero fede
E noi - più consolati
Come amati - da un Regno!
Leggi anche - la fede -
Brillata sopra il rogo -
Chiari segni dell'Inno
Che il Fiume non divora -
Grandi nomi di Uomini
E Donne Celestiali -
Vanno dai Fatti ai - Fasti!
poesia 1247
Diventare una massa
Come l'ultimo Tuono
Quando viene dal cielo
Mentre ogni Creato
Si nasconde: sarebbe
Questo Poesia - o Amore -
La doppia Essenza è una -
Proviamo Due o Nessuna -
Questa Esperienza uccide -
Chi vede DIO non vive -
poesia 254
«Speranza» è cosa alata –
Che ripara nell’anima –
E canta il canto senza le parole –
E non si ferma – mai –
E più che dolce – nel Vento – si sente –
E la bufera deve essere frusta –
Per impaurire Questa
Che riscaldò la gente –
Io l’ho sentita nella terra guasta –
Sul Mare che non c’è –
Neanche nell’Angustia
Chiese un grammo – di Me.
poesia 228
Bruciare in Oro - spegnersi - nel Viola!
Come il Leopardo - al Cielo
Saltare - e poi al piede
Dell'Orizzonte antico
Appoggiare venato
Il suo volto - morire!
Curvo sulla finestra
Della cucina - Tocca
Il Tetto - ridipinge
Il Granaio - saluta
Rivolto al Prato - è andato
L'Acrobata del Giorno
poesia 1409
Se una bocca mortale
Potesse divinare
Il Carico che giace
Nella sillaba detta
La ucciderebbe il peso.
lunedì 14 dicembre 2009
Su Io, Lei e la Romagna di Guido Passini
lettera all’Autore di Vincenzo D’Alessio
Le tre parti della tua raccolta contano ventidue poesie ognuna.
Giovane amico, sei un esempio di vita per molti. Hai coraggio – altri la definiscono incoscienza dei giovani – per mostrare qual è la via da seguire in questo esistere. Un novello Ulisse che perde i suoi compagni lungo il viaggio: “Ti ritroverai ancora a tu per tu / con l’ignoto, / navigherai nei dubbi / con una piccola zattera di sale.” (pag. 51)
Quella zattera che si scioglierà nel mare Umanità dove ogni essere vivente rinnova l’atto di nascita attraverso l’acqua. Capisco bene cosa significhi vivere ogni istante (perché il giorno è un infinito di istanti quando si soffre) con una spada nei polmoni o sul cuore. Cosa rappresenti la cadenza della flebo paragonata alla pioggia: “Resisti e ritorni a contare: / goccia, goccia, goccia, / fino a quando le confondi con le tue lacrime.” (pag. 34)
L’umanità di oggi non si accorge della vita che si muove negli ospedali. Di quell’annullamento del tempo quotidiano. Le ore sembrano giorni e i giorni secoli di Storia dimenticati dagli uomini. Proprio come le formiche affaccendate a portare nel buco terreno i resti della vita che cede. Proprio così: gli uomini corrono infreddoliti a prendere la metropolitana, l’aereo, i bus, i tram, le auto e le biciclette. Tutti respirano affannosamente gli interessi della vita. La vita però si ferma quando si varcano le porte dell’ospedale, dell’azienda medica. Chi sente la Poesia di questi esseri viventi? C’è addirittura lo sdoppiamento dell’Io per non soffrire: “Hai pianto sconsolato (io solo so quanto).” (pag. 52)
C’è chi come Guido, e gli amici del suo primo libro Senza Fiato, possono trovare una consolazione nella Poesia: “È un vigoroso cordone ombelicale / quello che mi lega stretto alla poesia, / alimentata dall’anima di questo / treno a vapore in corsa per la vita.” (pag. 29)
Credo sia catartico esprimere il proprio dolore. Ma è una pausa breve! Può molto l’Amore, invece.
Sai Guido, vorrei farti sorridere, ho sempre pensato alla Romagna come ad un luogo delle favole, una fonte di eterna serenità, fatta di grappoli d’uva matura e di terra colma di fragranze. La immaginavo così quando imparavo a memoria, alle elementari, la bella poesia omonima di Giovanni PASCOLI: “(…) / sempre mi torna al cuore il mio paese / cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta.”
Oggi scopro, tramite te, che è terra d’Amore sincero per la Vita. Vedi che scrivo sempre con la maiuscola le cose vere dell’esistenza per distinguerle dalla normalità selvaggia che attanaglia i nostri giorni. Sono i versi semplici di un adolescente, i tuoi, rivolti alla tua metà. Sanno di stupore e scoperta per quella energia che muove tutto il mondo vivente. Versi semplici e puri, anche quando descrivono la passione per il corpo della propria donna: “(…) / sono le tue carezze che rilassano / la mente quando il silenzio è d’obbligo.” (pag. 115)
Ancora a pag. 90: “Ah, l’amore che sognavo era bello, / non aveva viso, non aveva un corpo, / ma era solo l’anima che cercavo.”
Nei tuoi versi la figura retorica ricorrente è l’anafora che racchiude la tua pervicace essenza di uomo che non molla, che insiste, che tempra la sua penna per una nuova guerra contro quella che continui a definire “bastarda”. A questa dura necessità di confronto bene ha risposto l’introduzione di Marco VIROLI: “Mi è capitato di chiedermi cosa sarebbe stato della poesia di Guido se si fosse trovato libero dalla bestia che gli toglie il fiato e permea ogni istante della sua esistenza.” (pag. 13)
Una richiesta legittima. Un porsi criticamente di fronte ai testi e al valore che essi lasciano nella memoria collettiva: è uno dei motivi ispiratori della nostra poesia. Non l’unico! Caro Guido chiudo questa mia riflessione, sotto forma di lettera aperta, sulla tua ultima fatica con il desiderio di continuarti a leggere. Vivi!
Dicembre 2009
Nuova Poesia a Sud di Roma 19 dic
Maria Pina Ciancio, Domenico Cipriano, Stelvio Di Spigno
per la rivista LINFERA
Luca Benassi
Palazzo delle Regioni
Via Aldrovandi, 16 - Roma
Maria Pina Ciancio ha pubblicato Testualità e interpretazione ne "Il nome della rosa" (1992), La danza nel silenzio (Ed. Ermes, 1996), Legionari di frontiera (Premio Nazionale Histonium, 2002), La mongolfiera azzurra (I fiori di Campo, 2002), Itinerari (Premio CARM - Centro Arti e Ricerche Meridionali, 2002), Donne e Duetto due libretti d'artista a tiratura limitata con la collaborazione di Cosimo Budetta (Ed. Ogopogo, 2002), La Madonna del Pollino - Festa e devozione popolare (Il Coscile, 2004), Il gatto e la falena, Primo Premio "Parola di donna" (2007), La ragazza con la valigia, Ed. LietoColle 2008 (Premio “Prata Poesia” 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro, Ed Fara 2009. È presente in diverse antologie. Suoi scritti e interventi critici sono pubblicati su riviste e quotidiani regionali e nazionali. E’ presidente dell'Associazione Culturale LucaniArt e in internet cura un blog sul romanzo e la poesia in Basilicata http://lucaniart.wordpress.com/
Domenico Cipriano è nato nel 1970 a Guardia Lombardi (Av) e vive in Irpinia. Ha pubblicato la raccolta Il continente perso (premio Camaiore “Proposta” 2000”). Interessato al connubio Jazz e Poesia ha dato vita al progetto “JP band” da cui il CD Le note richiamano versi (2004). Suoi versi e contributi critici sono apparsi su antologie e riviste, fra le quali: Poesia, La Mosca di Milano, Specchio della Stampa, Gradiva, Polimnia. È redattore della rivista Sinestesie. Una intensa sezione poematica sul sisma del 1980 dal titolo Novembre (finalista al premio L. Montano 2008) è stata edita sulla rivista statunitense «Italian Poetry Review» nel dicembre 2008. http://www.domenicocipriano.it
Stelvio Di Spigno è nato a Napoli nel 1975. È laureato e addottorato in Letteratura Italiana presso l’Università “l’Orientale” di Napoli. Ha pubblicato la silloge Il mattino della scelta in Poesia contemporanea. Settimo quaderno italiano a cura di Franco Buffoni (Marcos y Marcos, Milano 2001), i volumi di versi Mattinale (Sometti, Mantova 2002, Premio Andes; 2ed. accresciuta Caramanica, Marina di Minturno 2006), Formazione del bianco (Manni, Lecce 2007) e la monografia Le “Memorie della mia vita” di Giacomo Leopardi – Analisi psicologica cognitivo-comportamentale (L’Orientale Editrice, Napoli 2007). Vive a Gaeta.
Premio "Daniela Cairoli” 6-2-10
- Organizzazione: Associazione Culturale “Helianto”, Associazione “Per Un Mercoledì Diverso”
- Indirizzo: spedire in busta chiusa le opere a “Associazione Per Un Mercoledì Diverso”, Via Piave 23 ; 22070, Rovello Porro (CO)
- Email: info@helianto.it
- Telefono: 339/5958953.
- Sito internet: www.helianto.it (dove è possibile scaricare il bando integrale)
- Sezioni: poesia a tema libero.
- Opere ammesse: sono ammesse poesie in italiano o in vernacolo.
- N° Copie da spedire: 5 copie anonime e dattiloscritte per ciascuna poesia inviata.
- Quota di adesione: euro 5 a poesia, è possibile spedire fino a un massimo di 3 poesie. La quota è da versare su c/c postale 59238485, intestato all'Associazione "Per Un Mercoledì Diverso ", Causale del versamento: "Concorso di Poesia Daniela Cairoli".
- Copia del giustificativo attestante l'avvenuto versamento della quota, Scheda di adesione al concorso (in alternativa, un documento con i dati dell'autore), vanno spediti unitamente agli elaborati
- Premi: primo classificato: euro 500; secondo classificato: euro 300; terzo classificato: euro 200
- Premiazione: sabato 20 marzo 2010 presso il Teatro San Giuseppe di Rovello Porro
- Notizie sul risultati: ai vincitori e ai menzionati sarà data tempestiva comunicazione tramite telefono o mail.
- Giuria: Anila Resuli (Presidente); Claudio Pagelli; Giovanna Sommariva.
- Patrocinio: Comune di Rovello Porro, Consiglio della Regione Lombardia
- Sponsors: Albergo Munscì di Rovello Porro.
- Note: i fondi raccolti saranno devoluti in beneficenza.
domenica 13 dicembre 2009
Il corpo delle donne a Bologna
Loredana
ArciBrecht Via Bentini 20 tel. 051 705314
http://arcibrecht.bo.arci.it – brecht@arcibologna.it
GIOVEDI 17 dicembre 2009
ore 21.00
Presentazione del libro a cura di
Loredana Magazzeni e Vannia Virgili
Letture di testi
Leila Falà e Serenella Gatti Linares
A conclusione della serata l’ArciBrecht vi invita a restare per un brindisi accompagnato da dolci delizie
mercoledì 9 dicembre 2009
Su Il verso del moto di Narda Fattori
recensione di Vincenzo D'Alessio
Questo volume contiene settanta poesie di Narda Fattori. Settanta note scritte sopra un pentagramma che bene potrebbero rappresentare la timbrica strumentale “allegro-adagio-allegro” che si rivela nelle quattro stagioni di Vivaldi. Si apre con l’armonia schietta della Primavera. Raggiunge il fuoco dolce dell’Estate. Si disperde nelle cadute dell’Autunno. Si rasserena (come voleva Seneca) nell’infinità dell’Inverno. Stupendamente serena. Senza ipocrisie. Viva per vivere in mezzo all’energia Naturale che ci completa.
Questa è opera matura, completa, svolta secondo i canoni della poesia del Novecento, richiamata nelle epitome dei versi di Sereni, Ritsos, Fortini e Carifi, poste all’inizio dei quattro moti del verso. Una esegesi non facile di fronte ad una poetessa che invoca, di continuo in questa raccolta, la Parola come strumento di riscatto ad una intera esistenza. Le strofe formano ora un corpo unico, ora si armonizzano in codici semantici di assonanze e allitterazioni. La chiave di violino, per leggerne l’armonia, è nella prefazione della Tamburini: “(…) L’autrice non li definisce quartetti, e infatti le parti non hanno la struttura poematica del modello eliotiano, ma una loro circolarità musicale è riconoscibile nel moto a spirale che dall’io poetico delineato nel primo movimento, carta d’identità con foto e storia personale, al plurale del secondo tra gli elementi e la parola, all’intersezione dei diversi piani del terzo, vòlto a sintetizzare i precedenti movimenti, muove nel quarto al ritorno al sé proiettato, tuttavia, nella sua dimensione ultima con l’acquisto di una cifra simbolica che eleva liricamente in crescendo tutta la raccolta.” (pag. 9)
Vorrei dire che questa raccolta è il testamento poetico della Fattori; mi guardo bene dal farlo; perché spero che la rossa vena poetica comunichi ancora il suo canto. Ho rispetto sincero per questa poetessa che scrive: “Non è mai morta la bambina che fui / si stringe a me con i suoi sogni / sbrindellati / e quanto dolore quanta rabbia / quanto disperato amore…” (pag. 31). Come non sentire il lievito della crescita poetica in questa strofa? Come non consegnare al presente/futuro questi frammenti di eternità? Sono queste poesie la richiesta vera della Poesia, come la Nostra scrive:”(…) il brivido lungo della vita/ e resistere resistere insistere / perché le noti del canto / si sollevino oltre la polvere / verso quel ponte che mi attraversa / e mi affratella.”(pag.22). La poesia che ci divora è fuoco comune, luogo di ritrovo per quelle anime sincere che nutrono l’amore per l’Umanità. In questi tempi di continue guerre, lacerazioni sociali, fame e miseria, almeno un pane che sfami la mente e nutra i germogli del nuovo millennio.
Ci vorrebbero molte pagine per descrive l’arco temporale delle settanta poesie messe in armonica sequenza. Ma rischieremo di non essere brevi e questo è un peccato di vanità che non si addice ai poeti. Quindi lascio alla passione del lettore, che come me divora libri per la gioia di leggerli vivendo, il seguito del moto poetico che la Nostra ha voluto trasfondere nelle parti centrali. Mi avvio ad una semplice considerazione finale. La poesia eponima, a pag. 88, della raccolta scandisce un movimento che ricorda il Non chiederci la parola del nobel Montale. Dove “le storte sillabe e secche come un ramo” sono rastremate in una ironia dolce e sagace che fa dire alla poetessa : la morte “proverà il rispetto che mi deve”. Vorrei che avesse ragione. Desidero che senza “amarezza” il silenzio dell’eternità prenda il posto della viva voce che ora canta, continuandola! Un desiderio legittimo. La fiaccola della Speranza.
Tutta l’aria di questa raccolta, ben sistemata sul pentagramma della memoria, dà al lettore quella formula nuova, creativa, non ripetitiva che la vera Poesia sa inoculare, dagli occhi all’anima, seguendo la strada del cuore. Lo dice con emblematici versi la Fattori: “Io scrivo e altro non so dire. / E non so a chi chiedere perdono.” (pag. 62)
Dicembre, 2009
lunedì 7 dicembre 2009
Il pane di Montefusco (di Vincenzo D'Alessio)
impasto di grano solare
e acqua leggera di fonte
lievitato di notte pronto
all'alba per salire nel forno
Diffondi la tua fragranza leggera
per le strade antiche del borgo
ti posi sul sonno profondo
dei tetti nelle ore del campanile
Ti saluto crosta dorata
dal morbido cuore di mollica
profumo delicato di vita
portatore di continuità. (2006)
La poesia è nel volume Pubblica con noi 2007 (la foto ritrae l'ultimo panettiere che lavora il pane con le proprie mani e lo cuoce al forno, acceso con la legna dei campi - merita rispetto - gli abbiamo consegnato un riconoscimento come G.C.F. Guarini assieme ai ragazzi della 3C di Montoro Inferiore in visita al carcere borbonico di Montefusco dove fu rin chiuso "Michele Pironti" eponimo della scuola). Vincenzo
venerdì 4 dicembre 2009
PREMIO «POESIE PER SANTO STEFANO» 15-3-2010
Premio “I Versi di Dio” 30-01-2010
Bando e regolamento:
Sezione A - 4^ Concorso Nazionale di Poesia Religiosa “I Versi di Dio”
Sezione B - 3^ Concorso Nazionale di Poesia “ Mario Luzi”a tema libero
Sezione C - 2^ Concorso Nazionale di Poesia “San Pietro di Feletto” per giovani autori
Art. 1
Ogni autore può partecipare al primo (A) o al secondo (B) concorso oppure ad entrambi con una o al massimo tre composizioni, precisando la sezione a cui si riferiscono i testi inviati.
Art. 2
Le composizioni, edite o inedite, dovranno essere in lingua italiana o dialetto battute a macchina o computer su fogli A4. Le composizioni in dialetto dovranno essere accompagnate dalla traduzione italiana.
Art. 3
Ogni concorrente dovrà far pervenire entro il 30 gennaio 2010 (farà fede il timbro postale) la o le composizioni, ciascuna in undici copie anonime, con l’indicazione della sezione del o dei concorsi ai quali intende partecipare, contrassegnate in calce da un motto, al seguente indirizzo: Clan Verdurin, Segreteria Concorsi – Via Pianale, 61 – 31020 San Pietro di Feletto – Treviso. Non è prevista alcuna tassa di partecipazione.
La busta dovrà contenere, oltre alla/alle composizioni, una seconda busta sigillata e anonima nella quale sarà inserito un foglio con il motto, il titolo della o delle composizioni, le sezioni dei concorsi, i dati personali, l’’indirizzo, il numero di telefono e l’eventuale mail, una breve nota biografia e la dichiarazione debitamente firmata, qui sotto riportata come esempio.
Art. 4
Al secondo Concorso Nazionale di Poesia “San Pietro di Feletto”, riservato ai giovani autori, possono partecipare individualmente o in gruppo i concorrenti che non abbiano superato la fascia di età compresa tra i 14 e i 20 anni, seguendo le stesse norme previste per le Sezioni A e B. I concorrenti frequentanti Istituti di Istruzione pubblici e privati, dovranno indicare,anche il nome, il grado e la sede della scuola di appartenenza..
Art. 5
Le composizioni inviate non saranno restituite. Le poesie premiate o selezionate potranno essere inserite in un’ eventuale antologia pubblicata a cura del Clan Verdurin oppure utilizzate per letture o manifestazioni culturali coerenti con lo spirito dell’ iniziativa.
La giuria
dei concorsi è composta da Toni Toniato (presidente), Mons. Pietro Coda (teologo), Massimo Donà (filosofo), Mons. Giampiero Moret (direttore de L’ azione), Paolo Ruffilli (poeta), Avv. Vittorino Pavan (Presidente dell’Associazione Jaques Maritain), Marco Roncalli (Storico), Michele Zaggia (filosofo), Lorenzo Morao (storico), Vincenzo Vitiello (filosofo, critico).
Segretario: Dott. Franco Ragonese.
Alla giuria spetta, con giudizio insindacabile. l’assegnazione dei premi e di eventuali riconoscimenti per gli autori delle opere più meritevoli.
Premi e premiazione
Per ciascun concorso verrà assegnato un primo premio consistente per le due distinte sezioni in un’ opera d’ arte all’ uopo realizzata da un noto artista, mentre per la sezione dedicata ai giovani sarà assegnata una borsa di studio.
La cerimonia pubblica di premiazione si terrà ia Conegliano in data e luogo da destinarsi e comunque entro il mese di maggio 2010. La sede e la data della cerimonia di premiazione saranno tempestivamente comunicate a tutti i premiati e ai segnalati nei tre concorsi.
Esempio di dichiarazione da firmare.
Il/la sottoscritto/a……………………. autorizza al trattamento dei propri dati personali ai sensi della disciplina generale di tutela della privacy (L.n.675/1998.D.Lgs. N. 198/2003)
Informazioni
Clan Verdurin – Via Pianale, 61 – 31020 San Pietro di Feletto – Treviso - tel. e fax 0438/784090
Intervista a Paolo Saggese (Antonietta Gnerre)
“Fare del Mediterraneo un luogo di incontro e di dialogo, di amicizia e collaborazione come Rete della Cultura”.
Mi vado sempre più convincendo che esista un sottofondo letterario, comune in molti luoghi del Sud e del Mediterraneo, almeno per ciò che concerne la percezione di alcuni temi che riguardano la poesia. Un Mediterraneo, che Fernand Braudel ha voluto rappresentare come “ un mosaico di tanti colori”, come una miriade di città che si tengono per mano. Ne parliamo con Paolo Saggese, docente, animatore e fondatore insieme a Giuseppe iuliano, del “Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud” di Nusco (AV), e direttore artistico, insieme a Giuseppe Iuliano , del “ Festival della Poesia dei Paesi del Mediterraneo”.
Professor Saggese, perché è nato il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud?
Il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud, che ho fondato con il poeta Giuseppe Iuliano nel 2004, a Nusco, grazie al sostegno degli Amministratori comunali della cittadina altirpina, è nato per salvaguardare la memoria poetica della poesia del Sud, del Sud d’Italia e del mondo. Infatti, a seguito di una scrupolosa analisi delle antologie e delle storie letterarie, avevamo colto un aspetto evidente e che tuttavia sfuggiva a molti, ovvero l’esclusione sistematica della poesia del Sud dalle storie letterarie più accreditate e che sono legate a canoni stereotipati e a nostro avviso non condivisibili. E allora ci siamo detti: occorre un luogo dove conservare queste voci, che altrimenti sono condannate all’oblio, e occorre una équipe di studiosi che analizzi al meglio la poesia del Sud.
Attraverso il “Centro di Documentazione sulla Poesia del sud”, sono nate delle pubblicazioni molto importanti per la storia futura della poesia del Sud?
Certo, la collana “Poeti del Sud”, grazie al sostegno di un editore mecenate come Elio Sellino, e quindi la Mostra e il catalogo “Operai di Sogni. Poeti irpini del Novecento” – grazie al sostegno dell’ Assessore Mainolfi, quindi le raccolte “Quando il terremoto è nell’anima” e “Versi per il Formicoso”. E così si è creato un movimento, in cui Ugo Piscopo, Pasquale Martiniello, Alessandro Di Napoli, Giuseppe Panella, Giuseppe Liuccio, Francesco D’Episcopo, Nicola Prebenna, Franca Molinaro, Salvatore Salvatore, Incoronata Vivolo, Teresa Romei, Antonietta Gnerre, Raffaele Della Fera, Antonella Russoniello, Alfonso Nannariello; Claudia Iandolo, Vincenzo D’Alessio, Emilia Dente, Monia Gaita, sono alcuni dei protagonisti più attivi insieme a me e Giuseppe Iuliano.
Dal Festival della Poesia del Sud, al Festival della Poesia dei Paesi del Mediterraneo, la nascita della rivista «Poesia meridiana», come contributo alla realizzazione di un Mediterraneo come “Mare nostrum”. Ci parli di questa grande realtà culturale?
Sì, prima nella versione “Festival della Poesia del Sud … e per il Sud”, dal 2005 al 2008, quindi “Festival della Poesia dei Paesi del Mediterraneo” (le ultime due edizioni), con uno sguardo più ampio rivolto a tutto il Mediterraneo. E quindi la rivista “Poesia meridiana”, edita dall’ottima Delta 3 di Silvio Sallicandro, di cui in questi giorni è stato edito il secondo numero. In tal modo, proponiamo una visione italiana ma anche mediterranea e meridiana della nostra poesia.
L’ultimo numero della rivista, particolarmente corposa, è così strutturato: dopo gli editoriali di Paolo Saggese e Giuseppe Iuliano, seguono i saggi sulla poesia del Sud e del Mediterraneo di Giuseppe Liuccio, Francesco D’Episcopo e Alfonso Nannariello, quindi uno speciale dedicato a Ugo Piscopo con saggi di Stefano Lanuzza, Carlo Di Lieto, Giovanni Airola, Angelo Mundula, Franco Trifuoggi, Aurelio Benevento, Mario Gabriele Giordano, Nicola Prebenna, Antonietta Gnerre, giudizi critici di Antonio La Penna, Giorgio Barberi Squarotti e Giovanni Polara, la sezione Mediterraneo e oltre con studi di Dora Garofalo, Paolo Saggese e Nicola Prebenna, la plaquette “Atlante privato” di Sangiuliano con prefazioni di Gennaro Savarese e Mario Lunetta, le poesie dalle Regioni (Campania: Raffaele Della Fera, Alessandro Di Napoli, Stelvio Di Spigno, Antonietta Gnerre, Teresa Romei; dal Lazio: Giuseppe Napolitano e Paolo Battista; dal Molise: Amerigo Iannacone; dalla Toscana: speciale a cura di Giuseppe Panella sulla poesia toscana del Novecento con un saggio dello studioso e con poesie di Rosalba De Filippis, Leandro Piantini, Mario Sodi, Giuseppe Panella e Liliana Ugolini), le recensioni di Alessandro Di Napoli all’antologia di Maffia e Mezzasalma “È morto il Novecento? Rileggiamo il secolo” e agli “Indici” della rivista “Silarus” curata da Antonio Elefante.
Ma forse la maggiore acquisizioni di questi anni, un momento culminante del suo lavoro è il recente Primo volume della “Storia della Poesia irpina”. Cosa rappresenta per lei questa pubblicazione?
In effetti, l’ultima fatica è il primo volume della Storia della Poesia Irpina (dal primo Novecento ad oggi), Elio Sellino editore, un’opera in dieci tomi, che ha l’obiettivo di illustrare insieme ad un’antologia tutta la produzione poetica irpina dalle origini ad oggi, e che dovrebbe essere completata entro il 2017.
Occorre chiarire da subito, come del resto ho fatto nelle avvertenze al primo volume, che non si tratta di un’operazione provincialistica – è l’accusa cui il Centro di Documentazione ha dovuto rispondere sin dall’inizio della sua costituzione e che oggi, fortunatamente, sempre pochi sollevano. Inoltre, occorre anche rispondere a qualche critico particolarmente sottile, che potrà obiettare “che molte o alcune delle figure qui ritratte non siano poeti, ma semplici ‘dilettanti della scrittura’, che “la nostra intenzione non era quella di fornire ‘patenti’, ma di ricostruire una ‘carta poetica’ dell’Irpinia”.
Poi, tra le tante figure analizzate, alcuni potranno anche guadagnare la ribalta nazionale - cosa che noi speriamo e auspichiamo, ma che non riteniamo l’obiettivo primario del Centro di documentazione, che ha l’obiettivo di archiviare, catalogare, ricostruire, custodire, le forme letterarie e poetiche del Sud d’Italia e del mondo.
L’opera adesso edita va letta, piuttosto, in un’altra chiave, che è quella di essere un manuale agile, criticamente fondato, costruito con rigore, che possa affiancare i manuali scolastici in uso nelle Scuole Medie di Primo e di Secondo Grado, e accompagnare gli studenti nello studio sinottico della letteratura irpina e nazionale. Ad esempio, gli studenti potrebbero analizzare al contempo la produzione dei lirici nuovi e quella dei lirici irpini, oppure dei futuristi che operano a Milano, Roma, Firenze e Napoli e quelli che operano nella nostra provincia, o ancora Scotellaro e Quasimodo insieme ai poeti meridionalisti della nostra “Terra di mezzo”.
E poi, questa storia della poesia rappresenta, a mio avviso, il tentativo di riappropriazione da parte di una provincia del Sud della sua cultura letteraria, troppo spesso letta con atteggiamenti ingiustamente snobistici e ipercritici e non apprezzata nel giusto modo. Ridare dignità a questa produzione significa ridare dignità alla nostra cultura, e significa partire da questa riacquistata dignità per progettare una cultura corale - quella che noi abbiamo indicato come “poesia meridiana” -, una cultura corale che proprio perché corale possa essere di impulso e slancio per altre sfide, per altri obiettivi, per una testimonianza militante, di cui la nostra terra, oggi più che mai, ha bisogno. Forse le Cassandre inascoltate diverranno un giorno oracoli di Delfi, ma sino ad allora molta acqua passerà sotto i ponti.
Antonietta Gnerre
Lucio Zinna sulle “Storie minime”
Maria Pina Ciancio, Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro, Rimini, Fara, 2009, pp. 48, € 10,00.
Un dato sociologico di fondo attraversa le poesie di questa densa plaquette di Maria Pina Ciancio: la ripresa dell’emigrazione dai paesi del sud Italia verso quelli del nord peninsulare (in concomitanza dei flussi immigratori che si registrano nel nostro Paese, anche al Sud, e in varie plaghe europee). Storie attuali si correlano ad analoghe storie di ieri. Oggi, le valigie non saranno più di «cartone cotte al sole» e legate con lo spago, come una volta, ma la sostanza non cambia.
L’autrice, nata in Svizzera, di origini lucane e operante a San Severino, in provincia di Potenza, affronta un tema così complesso in maniera eccentrica nei confronti dei tradizionali canoni − realistici e neorealistici − che furono tipici, storicamente, della cosiddetta letteratura dell’emigrazione. Elementi realistici non mancano, ma circola accanto ad essi un che di trasognato, qua e là anche una fugace aura visionaria. L’asse è spostata dall’oggettivismo (quintessenziale nell’estetica realistica) alla dimensione della soggettività e l’andamento è più impressionistico che descrittivo. L’attenzione è concentrata in prevalenza sugli effetti che le partenze determinano nei luoghi e nelle persone da cui ci si allontana. Le “storie” sono rappresentate non tanto nel loro svolgersi come fatti quanto piuttosto nel loro impatto emozionale, nelle risonanze interiori, nei fili che si stabiliscono tra quotidianità e memoria. E ieri e oggi si fondono, in un ‘presente’ a valenza psicologica e, per così dire, globalizzato.
“Storie”, dunque, viste da qui, dall’angolo di visuale di chi, rimanendo, avverte una sempre più delineata e amara percezione dell’assenza, la quale finisce per rivestire di sé uomini e cose e rende mutevole, con le atmosfere, l’aspetto dei paesaggi, perché qualcosa è cambiato dentro, nell’anima. Anche il tempo pare fermarsi: «si arrestano le ore in una smorfia / e il passo della neve si fa lento […] la vita certe volte è ferma / al di là delle finestre chiuse / e il vento lo senti solo dentro / frugare come un clandestino // nelle tasche delle giacche / nei granai, sotto gli archi //dappertutto» (pp. 26-27).
Leit motiv della silloge diventa allora, a contraltare dell’identità, lo spaesamento: che invade chi rimane (in analogia al senso di estraneità di chi ha raggiunto luoghi diversi da quelli familiari) e che rende la vita di chi resta «una guerra senza guerra» (p. 34). Eccone alcuni exempla: «Al taglio della luce lo spaesamento / ci prende, nella gola e negli occhi. / Le mani strette l’una all’altra, / come quando i padri o i figli all’improvviso se ne vanno» (p. 30); «Una lotta su due fronti è la nostra / con il quotidiano e con la storia / uno spaesamento/ senza tempo // del cuore e delle mani// vuoto cadenzato di fiato e corpo» (p. 32).
E a mano a mano che si allarga il raggio d’azione, tutto va assumendo dimensione metaforica di una condizione più vasta, al di là del fenomenico e del contingente. La ricerca, vale a dire, di possibili consistenze, nella morsura avvertita dall’essere umano, quando gli occorra di percepirsi (e nessuno può dire di esserne rimasto completamente immune) déraciné nel proprio iter esistenziale, nell’avventura stessa dell’uomo nel mondo.
Di tale dimensione possono essere indicatori, fra l’altro, i versi di Rocco Scotellaro che la Ciancio pone in esergo al toccante testo conclusivo della raccolta, dedicato al poeta lucano morto trentenne, che fu commosso e vibrante cantore del mondo di umili verghiani e di spaesati nella loro terra e fuori di essa: «Io sono un filo d’erba / Un filo d’erba che trema / E la mia patria è dove l’erba trema», scrisse il poeta di Tricarico.
«Versi imperfetti» chiama la poetessa i suoi, di questa raccolta, dei quali vanno apprezzati invece il tono pacato e incisivo e l’essenzialità. Sono “imperfetti” tanto quanto sono “minime” − vale a dire solo in apparenza − le “storie” alle quali si accenna nel titolo. Un’imperfezione simbolica, come se i versi ambissero a farsi carico, esteticamente, delle incongruenze di un mondo che non riesce a camminare in maniera più lineare e più giusta.
Lucio Zinna, agosto 2009
(Articolo apparso su ARENARIA – Ragguagli di letteratura moderna e contemporanea 3 - novembre 2009)
mercoledì 2 dicembre 2009
Adernò vince Ossi di Seppia
Arma di Taggia, 6 dicembre 2009
Diritto a pubblicazione antologica gratuita, come previsto da Bando di Concorso.
4° classificato
MASSIMILIANO LANCEROTTO (Udine: 1969)
Con Massimiliano Lancerotto siamo di fronte a un poeta animato da un profondo, sincero e per questo affratellante risentimento morale. L’ironia che detta il tono così riconoscibilmente agro-dolce delle poesie di Lancerotto è il “motore immobile” di un confronto con una realtà sempre di nuovo da accettare, da riconquistare.
3° classificato
LORENZO DI STEFANO (Termoli – Campobasso: 1989)
Lorenzo Di Stefano scommette su una poesia scarna, affilata, giocata tutta sul versante “essenzialista” della parola. I suoi sono versi brevi, che non concedono nulla all’effusività del discorso, concentrati come sono sulla forza evocativa della parola in sé, sul suo valore fondativo. Memore del lascito post-ermetico, Di Stefano si muove con abilità in uno spazio sospeso fra storia e (auto)biografia, dando prova di acutezza di sguardo e sentimento.
2° classificato
MAURIZIO BENEDETTI (Berna – Svizzera: 1968)
La levità e la leggerezza dei versi di Maurizio Benedetti riescono spesso nel piccolo incanto di trasportare il lettore in un mondo altro, surreale quanto può esserlo la realtà di tutti noi quand’è sollevata di un semitono… Convincente sul piano della tenuta stilistica e della pregnanza metaforica, godibile sotto il profilo dell’immediatezza comunicativa, la poesia di Benedetti torna a ricordarci di come al gesto del fare-poesia possa, o forse, anzi, debba accompagnarsi l’allegria della mente.
1° classificato
SEBASTIANO ADERNO’ (Avola – Siracusa: 1978)
Un singolare, tutt’altro che banale intreccio fra “astrattive” geometrie della mente, precisione nominalistica e religione degli affetti genera il fascino della poesia di Sebastiano Adernò. Poesia difficile, la sua, di precari equilibri sintattico-lessicali, eppure attraversata da capo a fondo da una grazia comunicativa che corrisponde a un’intenzione morale. Con Adernò, ci troviamo di fronte a un poeta autentico, dal quale è lecito attendersi esiti di sicura eccellenza.
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Sebastiano Adernò
نفس الدم
http://aderno.splinder.com
martedì 1 dicembre 2009
Su Io, Lei e la Romagna di Guido Passini
Premio di Poesia “L’Olocausto” 15-1-10
Regolamento: I partecipanti dovranno inviare in busta chiusa una sola poesia su carta e, possibilmente, anche su dischetto in formato Word al seguente indirizzo: Comune di Coreno Ausonio - Assessorato alla Cultura - Concorso Nazionale di Poesia, Piazza Umberto I, 1 - 03040 Coreno Ausonio (FR). Le poesie, corredate dalla scheda d'iscrizione compilata in ogni sua parte, dovranno pervenire entro il 15 gennaio 2010.
Non è prevista alcuna tassa di lettura. La giuria, il cui giudizio è insindacabile, sarà presieduta da Tommaso Lisi.
La premiazione, che prevede la presenza obbligatoria dei vincitori, avverrà il 4 febbraio 2010 nella sala polivalente del Comune di Coreno Ausonio, in occasione della celebrazione della Giornata della Memoria. Al vincitore sarà assegnato il premio di € 300, al secondo classificato € 200 e al terzo € 100.
Le poesie dei vincitori, insieme a tutte quelle che saranno ritenute valide, saranno inserite in un’antologia che verrà presentata in concomitanza con la premiazione e la celebrazione della Giornata della Memoria.
Su Fiori di vetro di Antonietta Gnerre
Voglio partire citandovi un verso di un’antica poesia Zen. Recita così:
Il punto di partenza è dato da questo abbandonarsi a una dimensione onirica che ha la sua polla direttamente dal cuore e da cui scaturisce il vedere, appunto, attraverso occhi che sfiorano l’essenza della vita.