lunedì 14 dicembre 2009

Su Io, Lei e la Romagna di Guido Passini

lettera all’Autore di Vincenzo D’Alessio


Caro Guido, mi fa piacere risentirti cantare in questa nuova raccolta, nonostante tu stia “senza fiato” a risalire le mura di un castello addormentato nei sogni. Mi raccolgo a scriverti una lettera – meglio di una email o di un sms – per dirti che ho cercato di seguirti in questa nuova fase scrittoria. Credimi non è stato semplice. Quella che potrebbe sembrare leggerezza d’Amore è invece inno di lode per una mèta raggiunta. Una mèta raggiunta per tante perse. Non voglio rammaricarti. Mi sono chiesto, e la scomparsa prematura di mio figlio mi ha fornito la risposta, come fanno gli uomini colpiti da malattie gravi a sorridere fino alla fine? Ebbene la risposta è, allo stesso modo, anche nei tuoi versi: “Riempi il petto, / come una farfalla spiega le ali. / Non ti arrendere, / inizia a volare.” (pag. 51)
Le tre parti della tua raccolta contano ventidue poesie ognuna.
Giovane amico, sei un esempio di vita per molti. Hai coraggio – altri la definiscono incoscienza dei giovani – per mostrare qual è la via da seguire in questo esistere. Un novello Ulisse che perde i suoi compagni lungo il viaggio: “Ti ritroverai ancora a tu per tu / con l’ignoto, / navigherai nei dubbi / con una piccola zattera di sale.” (pag. 51)
Quella zattera che si scioglierà nel mare Umanità dove ogni essere vivente rinnova l’atto di nascita attraverso l’acqua. Capisco bene cosa significhi vivere ogni istante (perché il giorno è un infinito di istanti quando si soffre) con una spada nei polmoni o sul cuore. Cosa rappresenti la cadenza della flebo paragonata alla pioggia: “Resisti e ritorni a contare: / goccia, goccia, goccia, / fino a quando le confondi con le tue lacrime.” (pag. 34)
L’umanità di oggi non si accorge della vita che si muove negli ospedali. Di quell’annullamento del tempo quotidiano. Le ore sembrano giorni e i giorni secoli di Storia dimenticati dagli uomini. Proprio come le formiche affaccendate a portare nel buco terreno i resti della vita che cede. Proprio così: gli uomini corrono infreddoliti a prendere la metropolitana, l’aereo, i bus, i tram, le auto e le biciclette. Tutti respirano affannosamente gli interessi della vita. La vita però si ferma quando si varcano le porte dell’ospedale, dell’azienda medica. Chi sente la Poesia di questi esseri viventi? C’è addirittura lo sdoppiamento dell’Io per non soffrire: “Hai pianto sconsolato (io solo so quanto).” (pag. 52)
C’è chi come Guido, e gli amici del suo primo libro Senza Fiato, possono trovare una consolazione nella Poesia: “È un vigoroso cordone ombelicale / quello che mi lega stretto alla poesia, / alimentata dall’anima di questo / treno a vapore in corsa per la vita.” (pag. 29)
Credo sia catartico esprimere il proprio dolore. Ma è una pausa breve! Può molto l’Amore, invece.
Sai Guido, vorrei farti sorridere, ho sempre pensato alla Romagna come ad un luogo delle favole, una fonte di eterna serenità, fatta di grappoli d’uva matura e di terra colma di fragranze. La immaginavo così quando imparavo a memoria, alle elementari, la bella poesia omonima di Giovanni PASCOLI: “(…) / sempre mi torna al cuore il mio paese / cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta.”
Oggi scopro, tramite te, che è terra d’Amore sincero per la Vita. Vedi che scrivo sempre con la maiuscola le cose vere dell’esistenza per distinguerle dalla normalità selvaggia che attanaglia i nostri giorni. Sono i versi semplici di un adolescente, i tuoi, rivolti alla tua metà. Sanno di stupore e scoperta per quella energia che muove tutto il mondo vivente. Versi semplici e puri, anche quando descrivono la passione per il corpo della propria donna: “(…) / sono le tue carezze che rilassano / la mente quando il silenzio è d’obbligo.” (pag. 115)
Ancora a pag. 90: “Ah, l’amore che sognavo era bello, / non aveva viso, non aveva un corpo, / ma era solo l’anima che cercavo.”
Nei tuoi versi la figura retorica ricorrente è l’anafora che racchiude la tua pervicace essenza di uomo che non molla, che insiste, che tempra la sua penna per una nuova guerra contro quella che continui a definire “bastarda”. A questa dura necessità di confronto bene ha risposto l’introduzione di Marco VIROLI: “Mi è capitato di chiedermi cosa sarebbe stato della poesia di Guido se si fosse trovato libero dalla bestia che gli toglie il fiato e permea ogni istante della sua esistenza.” (pag. 13)
Una richiesta legittima. Un porsi criticamente di fronte ai testi e al valore che essi lasciano nella memoria collettiva: è uno dei motivi ispiratori della nostra poesia. Non l’unico! Caro Guido chiudo questa mia riflessione, sotto forma di lettera aperta, sulla tua ultima fatica con il desiderio di continuarti a leggere. Vivi!

Dicembre 2009

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