MOBYDICK EDIZIONI 2009
recensione di Vincenzo D'Alessio
Questo volume contiene settanta poesie di Narda Fattori. Settanta note scritte sopra un pentagramma che bene potrebbero rappresentare la timbrica strumentale “allegro-adagio-allegro” che si rivela nelle quattro stagioni di Vivaldi. Si apre con l’armonia schietta della Primavera. Raggiunge il fuoco dolce dell’Estate. Si disperde nelle cadute dell’Autunno. Si rasserena (come voleva Seneca) nell’infinità dell’Inverno. Stupendamente serena. Senza ipocrisie. Viva per vivere in mezzo all’energia Naturale che ci completa.
Questa è opera matura, completa, svolta secondo i canoni della poesia del Novecento, richiamata nelle epitome dei versi di Sereni, Ritsos, Fortini e Carifi, poste all’inizio dei quattro moti del verso. Una esegesi non facile di fronte ad una poetessa che invoca, di continuo in questa raccolta, la Parola come strumento di riscatto ad una intera esistenza. Le strofe formano ora un corpo unico, ora si armonizzano in codici semantici di assonanze e allitterazioni. La chiave di violino, per leggerne l’armonia, è nella prefazione della Tamburini: “(…) L’autrice non li definisce quartetti, e infatti le parti non hanno la struttura poematica del modello eliotiano, ma una loro circolarità musicale è riconoscibile nel moto a spirale che dall’io poetico delineato nel primo movimento, carta d’identità con foto e storia personale, al plurale del secondo tra gli elementi e la parola, all’intersezione dei diversi piani del terzo, vòlto a sintetizzare i precedenti movimenti, muove nel quarto al ritorno al sé proiettato, tuttavia, nella sua dimensione ultima con l’acquisto di una cifra simbolica che eleva liricamente in crescendo tutta la raccolta.” (pag. 9)
Vorrei dire che questa raccolta è il testamento poetico della Fattori; mi guardo bene dal farlo; perché spero che la rossa vena poetica comunichi ancora il suo canto. Ho rispetto sincero per questa poetessa che scrive: “Non è mai morta la bambina che fui / si stringe a me con i suoi sogni / sbrindellati / e quanto dolore quanta rabbia / quanto disperato amore…” (pag. 31). Come non sentire il lievito della crescita poetica in questa strofa? Come non consegnare al presente/futuro questi frammenti di eternità? Sono queste poesie la richiesta vera della Poesia, come la Nostra scrive:”(…) il brivido lungo della vita/ e resistere resistere insistere / perché le noti del canto / si sollevino oltre la polvere / verso quel ponte che mi attraversa / e mi affratella.”(pag.22). La poesia che ci divora è fuoco comune, luogo di ritrovo per quelle anime sincere che nutrono l’amore per l’Umanità. In questi tempi di continue guerre, lacerazioni sociali, fame e miseria, almeno un pane che sfami la mente e nutra i germogli del nuovo millennio.
Ci vorrebbero molte pagine per descrive l’arco temporale delle settanta poesie messe in armonica sequenza. Ma rischieremo di non essere brevi e questo è un peccato di vanità che non si addice ai poeti. Quindi lascio alla passione del lettore, che come me divora libri per la gioia di leggerli vivendo, il seguito del moto poetico che la Nostra ha voluto trasfondere nelle parti centrali. Mi avvio ad una semplice considerazione finale. La poesia eponima, a pag. 88, della raccolta scandisce un movimento che ricorda il Non chiederci la parola del nobel Montale. Dove “le storte sillabe e secche come un ramo” sono rastremate in una ironia dolce e sagace che fa dire alla poetessa : la morte “proverà il rispetto che mi deve”. Vorrei che avesse ragione. Desidero che senza “amarezza” il silenzio dell’eternità prenda il posto della viva voce che ora canta, continuandola! Un desiderio legittimo. La fiaccola della Speranza.
Tutta l’aria di questa raccolta, ben sistemata sul pentagramma della memoria, dà al lettore quella formula nuova, creativa, non ripetitiva che la vera Poesia sa inoculare, dagli occhi all’anima, seguendo la strada del cuore. Lo dice con emblematici versi la Fattori: “Io scrivo e altro non so dire. / E non so a chi chiedere perdono.” (pag. 62)
Dicembre, 2009
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