Grazie di cuore a tutti i poeti che si sono messi in gioco, ai giurati Anna Ruotolo, Carla De Angelis, Donatella Nardin, Matteo Pasqualone, Mattia Cattaneo e Ruven Latiàni della sez. Poesia (per la Narrativa/saggio vedi qui) per l’attento e competente lavoro di valutazione, e complimenti ai vincitori!
Narrapoetando 2025
sez. Poesia
I class.
Piccolo bestiario
di Alessia Boldrini (Riccione)
«Versi in cui sono presenti affondi originali e fulminee intrusioni e intuizioni da cui traspaiono, talora, sia una sottile ironia che, di contro, una soffusa malinconia. L’atmosfera leggermente straniante all’inizio cede presto il passo ad aperture semantiche che vivificano il dettato rendendolo maggiormente fruibile. Tale incedere sollecita un “tu” emblema forse di una umana condizione che, nella fragilità ontologica, mostra tutti i suoi limiti ma anche le sue infinite possibilità. Perché in fondo siamo un “Fisico pulsare / di pulsioni metafisiche” e la poesia, attingendo ad un respiro universale comune, sa conciliare e sanare gli opposti.» (Donatella Nardin)
«Già dal titolo, si scopre che enucleare un’esperienza di visione si rende necessaria alla reiterazione di gesti verbali compiuti nella provincia dell’immaginario totale. Questi esseri comuni in elenco diventano non più animali, ma momenti a-storici della pluralità dei linguaggi: il problema dello stare dentro un Universo scompare a vantaggio del passare da un universo all’altro. C’è movimento… Apprezzo di questa silloge gli spazi e i luoghi ricavati tra strofa e strofa, tra sezione e sezione, tra universi di senso e universi di visione… Ogni tanto accade un vibrante deragliamento dalla comune vita a vantaggio della necessaria caduta dei letterari lughi comuni… Soprattutto qui risuona il dettato di questa poesia. Ed è in questo ’minimo passaggio’ che l’autrice, nel mestiere del fare questi versi, sa camminare nel suo privato parco di animali indossando i panni di un ulteriore nostalgico ’Rimbaud’ in preda alle sue illuminazioni … Nelle sezioni successive (Le conseguenze dell’essere imbelle, Delicatessen e Divertimenti), l’autrice incontra drammaticamente sé stessa, animale psichico tra i suoi animali…» (Ruven Latiàni)
«In questo bestiario sono le figure di animali, reali o mitologici, a dare senso e spessore all’umano. Così, l’immedesimazione nella natura animale appare necessaria per tornare abili a uno sguardo onnicomprensivo della vita, del dolore, della lontananza e dell’abbandono. Non solo, ogni residuo di selvatichezza non viene dalla natura ma, al contrario, dalla crudeltà della ragione che soltanto quando passa dagli occhi viene come purificata e si pacifica prima di tornare a dire, senza pietà. È una raccolta ancestrale e moderna assieme, vivida e cruda, amorosa e amorale. Una prova riuscita di una scrittura piena e conturbante.» (Anna Ruotolo)
II class. ex aequo
Come un’arancia dolce
di Vanna Corvese (Caserta)
Condividono con me la speranza di un futuro migliore gli amici “diversamente giovani” del mio laboratorio di lettura e scrittura, ciascuno con la sua voce libera e inconfondibile.
«In questa raccolta così intima e profonda troviamo un verso discreto e ricolmo di dolcezza. Non ci sono sbavature, nessuna ridondanza formale, ma solo l’essenzialità di un’esperienza dolorosa che si fa poesia. Davanti alla scabrosità della morte, allo strazio per la separazione dalla persona amata si potrebbe abusare di parole rabbiose e violente, inveire contro il cielo e il destino, chiedersi il perché di domande senza risposta. Ma non qui. La donna che assiste nell’ultimo viaggio il proprio uomo è capace di rileggere la loro storia intensa, mescendo con sapienza gratitudine e nostalgia. Nasce in questo modo un moderno Cantico dei Cantici, un inno quieto e possente a una vita di coppia che è stata capace di dare felicità ad entrambi. Perché è vero: davanti all’amato siamo nudi, sbucciati Come un’arancia dolce, senza difese. Eppure brucia in noi la felicità della reciproca appartenenza. E, in fondo, siamo certi che, nel momento del distacco, nulla dell’amore che è stato svanirà. Attraversiamo i giorni della nostra vita insieme nella sottesa consapevolezza che forte come la morte [e forse ancor di più] è l’amore. (Ct 8,6b)» (Matteo Pasqualone)
«Quando è Poesia senti le farfalle nello stomaco e deglutisci la saliva per assaporare ogni verso.
Quando la poesia diventa narrazione, e racconto, ma resta Poesia, senti che i versi dalla mente scendono al cuore e viene voglia di dare voce alla vita, invece taccio e continuo a leggere con gli occhi che fanno il pieno di struggente dolcezza, le labbra tacciono per non offendere i sentimenti che hanno spinto lo scrittore a mettere in versi la vita , come a esorcizzare il dolore. È un fluire di versi attraverso parole che arrivano in un crescendo di emozione. È Poesia come la vita che scorre attraverso il suo finire e riconosce in questo tutto l’amore che si poteva dare / dire e invece si è taciuto per pudore o altro “Nessuno può strapparci / quello che abbiamo vissuto / o per amore e per scelta”.
Mi trafigge la nostalgia
mentre il ricordo mi porta
l’onda sonora della fisarmonica,
la canzone che suonavi
per il bambino con la febbre alta
addormentato nella roulotte
come in una tiepida tana.
(Carla De Angelis)
Transiti: taccuino delle stagioni
di Silvana Sonno (Perugia)
«La raccolta dispiega, nel suo farsi, gradevoli bozzetti pittorici che si abbeverano alla fonte, sempre ricca di ispirazioni e suggestioni, della natura. Nel viaggio tra i versi si evidenzia il legame speciale tra una interiorità ricca e fattiva e il mondo intorno. In quel variare vibrato e nelle descrizioni delle cicliche trasmutazioni stagionali, si inseriscono e si alternano riflessioni, domande e considerazioni riguardanti l’essere e lo stare come ad esempio: “questo avvicendarsi mi oltrepassa? / La mia presa sul mondo è una chimera?” (da Stagioni). Un certo numero di haiku dall’accento intimo, raccolto, punteggiano qua e là la silloge impreziosendo il tutto.» (Donatella Nardin)
«La natura cammina tra i versi, le liriche del poeta che attinge a colori, profumi delle stagioni e della sua territorialità, non solo geografica, ma anche interiore. Un percorso pieno di cromie, sensazioni, vissuto ed emozione.» (Mattia Cattaneo)
«Sono rimasta piacevolmente colpita dalla semplicità e dalla sapienza delle parole che compongono i versi di questa silloge. E’ stato un percorso lieve, piacevole “Allo scemar del lume della sera/avanza la Brigata Primavera”. Si alternano versi brevi e versi lunghi, componimenti in Haiku. È una lettura piacevole, dotta, non trascura nulla della natura, arriviamo così anche al mare ”Lui il mare, clessidra vigile del mondo”.» (Carla De Angelis)
III class.
Beatitudini
di Guglielmo Aprile (Napoli)
«La silloge, in un crescendo armonico e sostenuto, trae linfa e nutrimento da immagini vivissime e incalzanti che avvolgono e coinvolgono il lettore trasportandolo in una dimensione altra. Certi rimandi interni ai versi, andando oltre i meri confini spazio-temporali, ne dilatano il senso e alcuni spunti teologici e spirituali, come ad esempio “un Dio diffuso nell’aria” (da Sitar indiano) procurano una sorta di vertigine da cui prorompe quel sacro che, ad altissime profondità, eleva il dire e la parola. L’ intima compenetrazione con la natura e il cosmo, nei loro elementi più vivi, pervade la raccolta sottolineando l’umana partecipazione dell’essere al tutto e la incessante ricerca di senso all’irrisolto enigma del nostro stare al mondo. L’uso sapiente degli endecasillabi aggiunge musicalità e ritmo ai testi conferendo all’insieme una notevole ed efficace gradazione emotiva.» (Donatella Nardin)
«Due versi di questa raccolta dicono: È l’uomo un rimpicciolito universo/ e l’universo un uomo macroscopico e sono la confessione di come quest’opera procede dritta su un sentiero di grande respiro. Ogni parola, ogni scelta lessicale unisce l’uomo al divino, scorge nel creato incastri profondi e misteri che sorreggono il tutto. È molto bello procedere nei ragionamenti sugli elementi e sull’io, che si fondono come all’inizio della creazione. Il risultato è confortante, pieno, luminoso.» (Anna Ruotolo)
Opere votate
Bagliori
di Antonella Giacon (Perugia)
«Lo sguardo poetante di questa raccolta si posa sui piccoli oggetti, sui particolari della realtà che spesso diamo per scontati, per rivelarne tutto il loro splendore. Attraverso un intero anno di osservazione attenta, l’autore ci aiuta a soffermarci davanti a ciò che accade, a prenderne atto con stupore, a non farci logorare dalla fretta. Riesce così a raccontare con immagini originali e profonde la bellezza del quotidiano. Porta sul palco della pagina i movimenti nascosti della vita, i personaggi secondari, le comparse che rischiano di confondersi sullo sfondo dei giorni sempre uguali, dando loro un ruolo primario. Il verso è mite, delicato, non prepotente. Non vuole imporre una visione egoistica del mondo, ma si fa compagno del lettore per riscoprire insieme le meraviglie nascoste che ci circondano.» (Matteo Pasqualone)
«Istantanee, cartoline, sono poesie rapide e fulgide insieme, un faro puntato su un pezzo di vita, un angolo di asfalto, un silenzio che riempie l’aria. Bella la scelta della brevità che coglie l’essenziale, in una costruzione dalla veste semplice ma dall’intento molto più complesso.» (Anna Ruotolo)
Beati gli indivisi
di Andrea Parato (Riccione)
«Un verso maturo e riflessivo abita questa raccolta. Facendo dell’esperienza la fonte primaria del suo poetare, l’autore ci accompagna in un viaggio esistenziale che tocca la carne e la polvere della quotidianità, scorgendo dentro ogni sfaccettatura un afflato verso un qualcosa che sta oltre. Come il titolo ricorda, è un desiderio dell’umano attraversare la vita senza ferite o incrinature; ma tutto ciò è impossibile. Siamo tutti abitati da una fallibilità congenita, che ci porta a esperire la divisibilità del nostro essere. Non resta altro da fare che accettare questa condizione e continuare a camminare con in cuore l’obiettivo di ritrovare la strada / verso la cima, il senso di sentirsi chiamato.» (Matteo Pasqualone)
«La narrazione in versi del poeta ci conduce per mano negli angoli più nascosti del proprio Io, del proprio cuore: il percorso esperienziale tocca punte molto profonde della propria memoria, della propria coscienza.» (Mattia Cattaneo)
IN VITA CON I MORTI
di Flavio Vacchetta (Bene Vagienna, CN)
Flavio Vacchetta (Vachis) vive nel basso Piemonte al confine con le Langhe tra noccioleti e vigneti di proprietà. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche: Silente meridiana - Universo vagabondo (Lorenzo editore Torino) Altra metà (Nero su bianco editore Cuneo). Con puntoacapo ha pubblicato: Akeldamà (2009); La scala luminosa (2012), Katagrafé (2016) e La spianata del silenzio (2022). È incluso nelle antologie Poesia in Piemonte e Valle Aosta e Il fiore della poesia italiana entrambe pubblicate da puntoacapo. Durante il covid ha pubblicato Crucifige (ed.Genesi Torino) e Per aspera ad astra (ed. Il cielo stellato CN). Appassionato di astronomia collabora a riviste scientifiche e durante l’anno internazionale dell’astronomia 2009 ha prodotto il dvd Astropoesie. Ha fondato il Gruppo astrofili benesi in collaborazione con UAI-Unione Astrofili Italiani.
«La poesia che si fa laica preghiera e liturgia esistenziale, dove il poeta esorcizza il dolore che manifesta una mancanza, una profonda assenza. La metafora scorre tra i versi, incide dentro l’anima del lettore.» (Mattia Cattaneo)
STRADE
di Alessandro Burrone (Pechino)
«Mi ha colpito la continuità prosodica e narratologica di qualcosa che pulsa dentro e che va letta tutta d’un fiato, perché così va letta! C’è possibile prospettiva di ribalta teatrale e performance d’Action Poetry nel testo di questo autore…; è un testo che riverbera con certa prosa poetica della beat generation: scrittura automatica e immediata…» (Ruven Latiàni)
Frammenti di una partita infinita
di Gianluca Chierici (Orio Litta, LO)
Gianluca Chierici è nato nel 1977 a Milano. Ha scritto e diretto i film L’ultimo compleanno di Venere, pubblicato in Sguardi inquieti (Barbieri 2003); La crudeltà dell’angelo (2004); Dannati (2005); La chiave dei grandi misteri (2006); Hystera, premio della giuria al Mystfest di Cattolica 2008); OR, BJEM (2009); PickUp (2010); Fiaba di Daina (2012); Holy Mary (2014). Ha pubblicato: Il libro del mattino (Acquaviva 2005); L’eterno ritorno (Sentieri Meridiani 2007 – Premio Castelpagano); La madre delle bambole (Tracce 2008 – Premio Fondazione Caripe); Il nome del confine (Joker 2009); La stirpe del mare (L’Arcolaio 2010); Hanno amore (Perdisa Pop 2010); Il grido sepolto (Ladolfi 2017); La storia di Layla e Yurkemi (Fara 2018 – Opera vincitrice Faraexcelsior); Devi ancora inventare Euridice (Oedipus 2019) e Inferno bianco (Fallone Editore 2020).
«Questa silloge inizia con “c’era una volta” perché la vita e l’amicizia sono passi sulla nostra strada che cambiano nel corso del cammino. C’erano una volta. L’oratorio, le caramelle rubate, il prete, mi fanno tornare indietro nel tempo. Ecco la magia della poesia, trasporta il lettore dentro una storia non sua, ma la vive come se lo fosse. Poesia come narrazione. Ogni verso è uno spiraglio sui sogni, sulle aspettative del domani, è la scoperta che in un giorno può accadere tutto, nel bene e nel male.» (Carla De Angelis)
RACCOLTE SEGNALATE
Le mani di Caino
di Gianpaolo Anderlini (Fiorano Modenese)
Gianpaolo Anderlini vive nel modenese. È redattore della rivista QOL (dialogo ebraico-cristiano). Con Fara ha pubblicato: Giobbe. Opera in versi (2018), Distopie (2020), Versi di/versi. Diario poetico ai tempi del coronavirus (2020), Variazioni (2021), Devarìm ’acherìm (Parole altre) (2022), Incontri (2022), Figli di Qohèlet (2023), In limine e Salmi (2024). Opere recenti: Io sono tuo, salvami! Commento al Salmo 119 (Chirico 2022), E come potevamo non cantare (Altrimedia 2023), Canto del ritorno (Lupi 2024), La lingua del santuario. Introduzione all’ebraico biblico in ventidue lezioni (2 voll. EDB 2024).
«Una iniziale rievocazione di eventi biblici suggella e suggerisce, nella tensione lirica, un ascolto intimo, partecipato. Successivamente, echi di un certo vissuto permeano il dettato con dettagli incisivi, tra il dentro e il fuori, a tratti davvero palpitanti nel dispiegarsi formale di endecasillabi ed enjambements.» (Donatella Nardin)
Controtempo (Nel vento di Kairos)
«L’io poetante si affida alla parola e alle sue morbide e a volte dolenti intonazioni per far rivivere l’esperibile con vivacità espressiva e una certa pulsante affabilità. Alimenta l’ispirazione la complessità del tempo, che sia quello che scorre o l’istante supremo, che, nel loro trasfigurarsi, sollecitano il pensiero, i sensi e l’anima lasciando “un’impronta di rugiada sulla fronte”.» (Donatella Nardin)
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