domenica 16 marzo 2025

Dove le ore hanno una gloria particolare

Alessandro Ramberti, Non so resistere, FaraEditore 2024

recensione di Annalisa Rodeghiero


Un titolo nitido e al tempo stesso intrigante quello scelto da Alessandro Ramberti per la sua ultima raccolta di poesie Non so resistere, poiché esso pone subito il lettore in atteggiamento di curiosità. A cosa non sa resistere? Di certo si percepisce che il poeta non sa resistere alla poesia: devo buttare / giù queste righe / niente di nuovo / ma devo farlo, afferma già in incipit riferendosi alla scrittura poetica che, in fondo è in sé stessa una sorta di resistenza alla corrente impersonale dell’esistere, alla finitudine dell’essere umano e che ci porta a lasciare tracce scritte di noi, a tratti luminose e cariche di stupore e bellezza, a tratti dolenti e piene di nostalgia. Uno strumento con il quale ci si scambia l’essenza del vivere in totale gratuità: il vero dono / è smisurato / senza bilancia / avendo già / nell’aver dato / il suo compenso / non computabile / misteriosissimo possiamo infatti leggere in questa manciata di splendidi quinari. La scelta stilistica in quartine di quinari che, dice Ramberti “hanno voluto nascere e io li ho assecondati”, è priva di virgole, punti e forzature, una scrittura piana che esalta la chiarezza d’espressione e si pone come dono di intelligibilità al lettore in una continuità di pensiero e di espressione che attraversa tutta la raccolta con costante e profonda sensibilità poetica riflettendo il suo modo di rapportarsi al mondo, agli altri. A tale proposito e per tornare al senso del titolo, il poeta ci porta a capire il valore che dà ai rapporti umani, ad esempio non sa resistere alla vera, rara amicizia arrivando magnificamente a scrivere: noi siamo solo / se sono gli altri (…) persiste quello / che è condiviso. Non sa resistere al sorriso degli affetti familiari, quelli più cari nel conforto del sangue.

Non sa resistere alla quota di mistero che la poesia racchiude in sé anche quando, attraverso essa, egli prova a indagare a fondo la verità della propria anima e della propria anima in relazione al mondo: languisce l’anima / quando è in ricerca / senza risposte. E la verità conquistata non è mai definitiva, non è mai univoca e spesso in sé deve racchiudere il dubbio per essere fertile: l’imperfezione è il nostro marchio scrive il poeta e anche: lasciare scorrere / le proprie macchie // e perdonarsi / perché non siamo / i nostri errori. E il dubbio che spesso insorge quando indaghiamo la nostra anima è insieme espressione di ciò che è bene e di ciò che è male, è al contempo cadere e alzarsi, è buio e luce, è vertigine e abisso in una poetica meditativa che unisce e armonizza gli opposti rifacendosi alla dottrina eraclitea afferente l’unità dei contrari. Ma dai versi si evince anche che l’uomo non è solo in questo percorso alla ricerca del vero. 

Tutto il libro è infatti pervaso da una forte spiritualità e religiosità che rivelano una fede salda del poeta, una luce incessante: ma solo il fuoco / che viene giù / dall’alto unisce / dà un senso a tutto e ancora: e lui mi ha detto / sì vengo sempre / lì dove sanguini / io mi comprimo / in ogni cellula / se lo consenti. E anche laddove l’uomo si dibatte tra libertà e limite, tra certezza e incubo / angoscia e impeto, la salvezza è nell’ancorarsi al bene supremo, è nel saper dire: rallenta frena / la volontà / di rinnegarti / temi l’abisso. Ecco chiara la scelta, a dispetto del senso del titolo, di saper resistere a ciò che potrebbe essere il male, riuscendo a calibrare prudenza e istinto.

C’è nei testi una coerenza di visione, una tensione all’oltre in una ieraticità non retorica che, con convinzione, si muove in limine con la lingua delle sacre scritture e percorre con sapienza (lui ci ricorda / la somiglianza / siamo infiniti / se siamo liberi) il viaggio esistenziale nel mondo, qui percepito come cosmo: minimi siamo / nell’universo / eppure insieme / gli diamo il battito. Un viaggio che ci porta a uscire da noi stessi, dall’area comoda della nostra quotidianità:

un po’ per perdersi

più per conoscersi.



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