scheda de libro qui
Come raggiungere Massa Lombarda
In autobus
da Bologna autostazione, bus 206 (diretto, per Lugo)
oppure 101 (o treno) per arrivare a Imola, e da qui bus 151 (per Lugo)
In macchina
…da Bologna (o da Rimini): percorrere l'autostrada A14, uscire al casello di Imola, proseguire per la strada Selice per circa 15 Km seguendo le indicazioni (direzione Massa L.-Conselice- a destra, per circa 10 km; raggiunta una grande rotatoria svoltare a destra e proseguire dritto per circa 4 km, fino a raggiungere il centro. Massa è una piccola cittadina, si può parecheggiare in prossimità del centro per raggiungere a piedi la biblioteca (Centro culturale).
In alternativa per chi viene da Bologna, percorrere la strda provinciale 253 (San Vitale) in direzione Ravenna per circa 40 km.
In treno (con un po' di cambi)
Massa Lombarda è raggiungibile anche in treno, essendo collegata direttamente con Faenza, Lugo e Lavezzola, dai quali si possono raggiungere facilmente Bologna, Ravenna e Ferrara.
Pernotto
A Massa Lombarda ci sono due alberghi-ristorante: "Albergo-ristorante da Tino" via Resistenza 22 (buon albergo vicinissimo alla mostra e a fianco della Biblioteca, dove si terrà il reading) 054581317 e alle porte del paese piccolo ma comodissimo e con ottimo ristorante, l' Hotel "Sul Bacino" via Martiri della libertà 69 - 0545 971730. Entrambi con prezzi medi.
Si può anche pernottare a Bologna (ostelli etc...), o a Imola che forse rispetto a Bologna è più economica; su questo sito un po' di indicazioni:
http://infogiovani.comune.imola.bo.it
martedì 22 settembre 2009
Pro/Testo a Massa Lombarda 4 ott
lunedì 21 settembre 2009
“Nulla è soffice più che la luna“ di Roberto Batisti
Mi pare che questi versi di Roberto Batisti siano carichi di una denuncia della realtà che sa arrivare dove fa male, ma con un linguaggio apparentemente distaccato, a tratti quasi giocoso e da presa in giro, spesso fantasmagorico e rutilante (ma senza eccessi, quasi in sordina) e – come nota di fondo, appunto – nostalgico. Si potrebbe definire, forse, il Nostro un poeta neoelogiaco. Il lessico scientifico e contemporaneo è scelto con sapienza ed essenzialità ma non mancano tracce di latino (con una interessante strategia del contrasto) e di altre lingue, il timbro malinconico è mascherato da una serie di metafore riuscite e originali, il metro è ovviamente libero anche se non è raro l'endecassillabo (“nel confondersi atroce del fogliame”; “bianchi nembi di raggelati pixel”; “nelle sabbie e nelle isoipse nere”…), il ritmo sa creare pause che alimentano l'attesa. (ar)
hai venduto le feste del mio sangue
ai silenzi dei cani sotto i tavoli
dei bar più grigi
ai rilegatori di sorrisi che abitano
nel confondersi atroce del fogliame
a giugno
uccidimi un po’ meglio l’altra volta
i miei pezzi salutali per posta
sepolti in una busta
Anche i robot piangono
gli androidi son tristi poëtae novelli, accaniti
su tronchi tracagnotti di chitarre,
han negli occhi gli sfasci fragorosi
di bracci e fronde intere di galassie
nelle sale d’aspetto i robot piangono,
nei bar delle stazione, nelle cucine, nelle novembrine
panetterie cyborg piangono in fila, sbuffando
bianchi nembi di raggelati pixel
***
gengive di scimmia, paonazze,
e barlumi di storia
brillano come tozze candele votive
in fondo agli occhi dell’orangutan
il cucchiaio che soppesa la minestra
non esclude di avere a che fare
col venerabile brodo primordiale
sopra i tetti, in attesa
dell’invenzione dei pipistrelli,
incrociano rauchi pterodattili
sfracellandosi fra pale di elicotteri
Nei tuoi occhi
c’è il Sacro Romano Impero
e i fiori delle Svalbard
i polsi accesi di rosa
dei pianisti in alberghi tropicali
la pioggia agli scali ferroviari
e l’oscillare delle lampade
nella notte di Betlemme
ci sono nei tuoi gli infiniti
annientarsi di regni catafratti
nelle sabbie e nelle isoipse nere
le mandorle e lo zenzero di Malta
e suicidi per amor folle a Rostov
– cartoline appoggiate sulle stufe –
le piume e il lampo dolce del salnitro
Mangiami il cuore
a sinistra, l’Ecclesia ex gentibus
indossa un tailleur di sabbie scandinave
e gracili esilii di lampade
a destra, l’Ecclesia ex circumcisione
indossa due occhi come palle da tennis
e un paio di cesoie su seta e argento lustro
al centro da una scala ripiegabile di nubi
scende l’Uomo Del Monte che ha detto
“luce sia”
in basso si agita catrame una folla di Nubia
a destra c’è il soundcheck del Pop Group
secondo Efrem di Edessa, nel giorno del Giudizio
il trono gemmato sarà riportato nella Gerusalemme terrena
***
nulla è soffice più che la luna
pensavo reclinato alla parete
di piastrelle verdeporro,
e se le maree dell’emisfero cavo
o le lunghe risacche che intridono
i lidi di pietrisco e calda cenere
risalgano roventi o raggelate
per i tubi sudati della doccia
così il sangue che beccheggia
dentro i muscoli, ambisce a rovesciarsi
in un’idea di letto: il sangue
che aduni alla bocca stasera
ha imparato a ululare alle stelle
quand’era nudo in un bosco di aromi
***
dal Fayyûm a oggi un solo baglior d’occhi
dai fanghi del primo evo al brulicare
di consonanti in gola ai minnesìngheri
dai coloni calcidesi ai granchi rossi
che invadono una spiaggia d’Indonesia,
questa prova d’orchestra che non finisce
finché non sdegneranno di cantare
iddii camusi nei soffitti cavi,
finché un imperatore in Roma appanni
i vetri col suo fiato
***
l’imperatore affonda risucchiato
da una pozza di catrame sumero
e con il suo corteggio varca obliquo
l’uscio della storia
al campo si scalda la pentola
per bollire le ossa
si legano barche per passare il fiume
le frontiere scarlatte s’infettano,
tracimano oltre le giogaie azzurre
soldataglie in braghe e parasole
Roberto Batisti è nato a Bologna nel 1985, studia filologia classica nella sua città. Le sue poesie sono uscite su riviste come Popcorner e Loopanare. Ai concorsi letterari ama soprattutto i terzi posti: ad es., Elena Violandi Landi 2005, Certamen AlmaPoetry 2008. Sta attualmente preparando l’esordio del suo (per ora unico) eteronimo e l’opera collettiva Poissons Pneumatiques; al termine di tutto ciò, fra un reading e l’altro, penserà forse a mettere insieme un libro.
domenica 20 settembre 2009
Brandolini vince Penna
ALESSIO BRANDOLINI
con TEVERE IN FIAMME (Azimut, 2008)
è il vincitore della XXI^ edizione del
Premio di Poesia SANDRO PENNA.
La premiazione si svolgerà il 4 ottobre, alle ore 17
al Teatro Comunale di Città della Pieve (Perugia)
http://www.alessiobrandolini.it/tevereinfiamme.html
venerdì 18 settembre 2009
Su Economia di Domenico Lombardini
recensione di Vincenzo D'Alessio
scheda de libro qui
La raccolta poetica Economia di Domenico Lombardini è inserita nel contesto dell’antologia Legenda pubblicata da FaraEditore quest’anno al termine del concorso “Pubblica con noi”. Le poesie che compongono questa raccolta sono pregne di termini biologici utilizzati per animare il contesto poetico. L’acribia che regna nelle poesie non sempre consente al lettore, nella prima parte della raccolta, di attingere ai valori semantici che l’Autore invia quali messaggi della sua esistenza e della congiunzione vitale con la Poesia, che vivrà (lo speriamo) dopo la sua scomparsa.L’economia dei versi è l’economia dell’Io, nella pluralità dei suoi aspetti interiori e remoti. Parte di questa identità viene consegnata alla versatilità da una autoironia che, se spinta troppo, può cadere nella parafrasi, discostandosi dal verso “vero” che parla una lingua universale. Richiamo i versi di pag.52: “non c’è nulla di più disonesto della spontaneità”. Bene ha scritto nelle motivazioni dei giurati Federico Italiano a tal proposito: “Peccato per la tensione ironica che sottende un po’ tutti i testi: è buona e necessaria, spesso però decade in facile – sebbene confezionato con stilemi raffinati – umorismo.” L’accostamento a Pier Paolo PASOLINI, autore complesso, è esercitato con maggiore adesione nella seconda parte della raccolta Economia, con la ricerca delle “radici” del passato e l’accostamento eversivo verso la presente situazione sociale: “(…) anche il gregarismo / fra cenciosi, poi, alla caccia del diverso, non / evidentemente bianco, in branco, le anime ricciute e camuse / che popolano questo Paese sono un futuro, / un’umanità – adesso” (pag. 61). Rimando anche alla lettura del bel saggio su PASOLINI di Massimo Sannelli e per il richiamo al “contrappunto” a pag. 60 alla bella raccolta di William Stabile “Contrappunti e tre poesie creole” (FaraEditore,2006). Questa vis poetica è ripresa nei versi a pag. 62: “(…) l’anagrafe sta / uccidendo questo paese; e i / giovani sono più morti / dei morti.”
La semiotica di questi versi indicano la decadenza delle nascite della popolazione residente e l’ascesa delle varie popolazioni che si inseriscono nel nostro tessuto sociale. Il richiamo ai giovani è tipicamente pasoliniano. La speranza è nella conversione di questi ultimi; citando PASOLINI: “fosti in fondo votata ai buoni sentimenti / da cui ti difendevi come dalla bellezza / con l’odio razziale contro la passione” (La poesia della tradizione).
L’intonazione dei versi del Nostro è valida e curata. Così come indica Carmine De Falco nella sua critica di giurato: “Sentimento chiave in Economia è la pietà, fortemente legato al senso di fisicità che domina tutta l’opera, bisogno di salvezza dal tempo” (pag. 66).
Settembre, 2009
giovedì 17 settembre 2009
Legenda in arteinsieme.net
Legenda, di AA. VV. - Fara Editore 17/09/2009
Questo libro contiene le opere vincitrici del concorso Pubblica con noi 2009. Per la sezione racconto i giurati Angelo Leva, Caterina Camporesi, Morena Fanti, Nino Di Paolo e Stefano Martello i. Piero Macrelli (Rimini) per Gilgamesh ii. Mauro Simeone (Grottaferrata, RM) per Luca in the sky with diamonds iii. Giuseppe Cornacchia (GB/Foggia) per Un giorno di televisione e altri racconti selezionato per la pubblicazione anche Per la sezione poesia i giurati Alessandra Conte, Antonietta Gnerre, Carmine De Falco, Federico Italiano, Francesco Accattoli, Lara Lucaccioni e Matteo Zattoni hanno premiato: i. Domenico Lombardini (Genova) per Economia ii. Francesca Mannocchi (Roma) per L’uscio iii. ex aequo Fausto Toccaceli (Cagli/Addis Abeba) per Addis Abeba Andrea Lanfranchi (Fermo) per Corpo di reato Nicola Lorenzetto (Vedelago, TV) per Poesie raccolte selezionati per la pubblicazione anche |
Bassa pressione
di Luca Ariano
ricordando Simone Cattaneo
La bassa pressione – voluta da tutti,
è arrivata con l’acqua d’autunno,
maglioncini, risotti e l’Emilio
ancora non sa se tornerà a casa
nel letto di quando era bambino.
L’Andrea nella nuova antica casa,
nella cucina anni Sessanta steso
sul divano dopo una giornataccia
attende la sua bimba ai primi scrosci.
Il Gino – fatta la guerra in Albania,
la tessera da repubblichino «Propri no!»:
l’hanno portato in Germania
e al ritorno non era più lui.
È morto di polmonite due giorni prima
della cresima del figlio.
Teresa ascolta Fiulìn in quel cortile
tra statue e fuochi di festa paesana;
delle torri poche sono rimaste,
proprio mentre un poeta moriva:
«Un incidente… è stato solo un incidente!»
Concorso “In Cammino… con Gesù” 30-10-09
Parrocchia di San Martino a Vado (Diocesi di Fiesole)
Strada in Casentino (AR)
organizza la:
VI Edizione della
Rassegna di Testimonianze Letterarie
In Cammino…con Gesù
La partecipazione alla Rassegna di testimonianze Letterarie In Cammino…con Gesù, di Poesia e Prosa è gratuita e aperta a tutti i "laici Cattolici". In particolare si indirizza all'attenzione delle scuole di catechismo delle Parrocchie e degli insegnanti di religione nelle scuole, per lo stimolo alla partecipazione dei bambini, ragazzi e giovani; alle associazioni di laici, gruppi di preghiera, consacrati laici ecc. per la partecipazione degli adulti laici.
I testi, poetici o narrativi, dovranno essere inediti, in lingua italiana in forma dattiloscritta cartacea o elettronica e attinenti al tema specifico della VI edizione :
In occasione dell’Anno Sacerdotale convocato da Benedetto XVI
Credo
Sezioni
a) Poesia intesa come forma di "Preghiera"
Si partecipa con un solo componimento (non superiore a trenta versi ), in tre copie, una delle quali dovrà contenere firma, nome e cognome, indirizzo (possibilmente anche e-mail) e numero telefonico dell'Autore.
b) Narrativa intesa come forma di racconto di una "Esperienza di fede" personale o altrui.
Si partecipa con un solo testo, che non deve superare le due cartelle dattiloscritte con interlinea due di 30 righe ciascuna, in tre copie, delle quali una dovrà contenere, firma, nome e cognome, indirizzo (possibilmente anche e-mail) e numero telefonico dell'Autore.
Ogni sezione si suddivide in fasce di età o "Ambiti":
1. Ambito Prima Comunione
Dedicato ai bambini area istruzione elementare
2. Ambito Cresima
Dedicato ai ragazzi area istruzione media
3. Ambito Giovani
Dedicato ai giovani fino ai 30 anni
4. Ambito Adulti
Dedicato agli adulti laici.
SEZIONE AGGIUNTA
Comunicazione mediatica. Dedicato a tutte quelle forme di comunicazione nuove che si appoggiano ai sussidi informatici, ed in particolare ai siti Internet parrocchiali.
Le opere dovranno pervenire alla Segreteria della rassegna In Cammino…con Gesù, presso
E' possibile partecipare ad entrambe le sezioni del proprio ambito.
Tutti gli Autori sono chiamati a partecipare alla presentazione delle opere Domenica 15 Novembre
Gli Autori segnalati saranno avvertiti tempestivamente per telefono o via e-mail.
Fra tutte le composizioni pervenute, sarà fatta una premiazione di alcune; il giudizio di merito, insindacabile, riguarderà più il contenuto e la spontaneità della testimonianza, rispetto alla esposizione linguistica con la quale sono espressi, trattandosi appunto di una rassegna di "Testimonianza Letteraria". Saranno premiati con targa personalizzata e diploma un poeta e un narratore per ogni ambito.
In particolare si segnala un "Premio al Merito" che il Comitato individuerà in un personaggio per il quale si ravvisano impegno e testimonianza di vita alla sequela di Gesù.
Gli elaborati, premiati e non premiati, non saranno restituiti. Il Comitato organizzatore, si riserva la facoltà di autorizzarne la pubblicazione e la lettura pubblica. Alcune opere verranno raccolte in un opuscolo che sarà distribuito a tutti i presenti alla cerimonia di premiazione. La semplice partecipazione al Concorso costituisce autorizzazione alla pubblicazione, all’utilizzo dei dati anagrafici dell’autore ai fini di comunicazioni relative al Concorso, e costituisce rinunzia ai diritti di autore.
La partecipazione alla rassegna implica l'accettazione di tutte le clausole comprese nel presente regolamento.
Per coloro che giungono da lontano, sarà possibile prenotare il pernottamento presso
Referenti
Presidente: Don Roberto Bresciani
Segreteria: Antonio Fani
Informazioni:
Antonio Fani: Cell. 328/8317156
e-mail: parrocchia.strada@libero.it
http://narrabilando.blogspot.com/2009/06/vi-rassegna-in-cammino-con-gesu-30-10.html
Dalla edizione in fieri della Commedia a cura di Massimo Sannelli
Sul canto V dell'Inferno
Nessuna delle persone nominate qui è ignobile o sconosciuta. Questo è il primo segno di un calcolo distruttivo sul presente dei letterati: la nostra Didone ha peccato, il nostro Tristano ha peccato. La simmetria con il museo pagano del canto precedente è totale: il nostro Ettore e il nostro Enea non sono stati salvati; e la santa laica Antigone non è salva, come si capirà in Purg., XXII 110.
Anche noi – la comunità che ne scrive, e che ama questi nomi – abbiamo peccato: se non altro pubblicizzando i nomi di chi merita l’Inferno, per una colpa consapevole (gli ignavi hanno voluto essere irresponsabili, e l’Inferno non li vuole; i Maestri del passato non sono punibili, e l’Inferno non può averli; ma questi spiriti amanti, né ignavi né maestri, sono i primi veri dannati dell’Inferno – e sono i grandi personaggi della fiction antica e medievale). Questa pubblicità ai peccatori è sempre stata delegata a testi lunghi, come il poema e il romanzo: forme dilatate e narrative, come la stessa Comedìa. Il fatto è che la Comedìa sarà un’altra cosa: il vero testo nuovo, non asservito alle esigenze pratiche, creato per giudicare e sistemare tutto (tutti).
Paolo e Francesca sono un grande nodo, anche oggi. Il messaggio è chiaro: l’amore ricambiato – un miracolo, ieri e oggi – è una disgrazia, se non è sacramentale; e nessun amore letterario del Medioevo è sacramentale. Allora Dante indica una doppia pietà, per i morti e per sé stesso. E poi: Che pense? – chiede Virgilio (e la domanda, con la stessa sequenza di parole – spense-offense-pense – ritorna nel canto XXXI del Purgatorio, vv. 8-12, quando Dante dovrà confessare le memorie triste: aver abbassato il volo, in nome della novità o di una pargoletta amata). Quindi: a che cosa ho creduto? A che cosa credo io? Devo confessarlo al maestro. E se la fine è questa, a che cosa crederò? A ciò che non muore e che non fa morire. Nel processo del Purgatorio Beatrice sarà dura su questo punto: dirà di non essere né un sex symbol da usare né un piacere mortale. Beatrice non si ama né con il sesso né senza memoria (e la memoria è la poesia: chi dimentica Beatrice dimentica anche la missione di lodare e ricordare).
Chi pecca contro l’amore – perché ama male e ama il male – bestemmia contro lo Spirito Santo, e questa bestemmia è imperdonabile. Consacrarsi a Satana, stravolgendo ciò che Dio stesso usa per tenere vivi la vita e l’universo – questo non può essere tollerato. Ecco perché tutto il Medioevo ragiona sull’amore: perché chi capisce l’amore non è solo il servo fedele di Dio, ma anche l’interprete sincero di un meccanismo più grande di noi. Questo è vero, ed essendo vero è anche il bene e il meglio.
Ma la pietà è la pietà: Dante piange, come un testimone sensibile, e sviene, come se fosse – ed è – parte in causa. Lo stesso Virgilio (parte in causa) ha cantato Didone (parte in causa: «che s’ancise amorosa») e Francesca – parte in causa – lancia un messaggio in codice a Virgilio: «e ciò sa 'l tuo dottore». Dante – parte in causa – si accascia nel luogo, perché il poeta è degno del luogo degli eroi poetici, da Achille a Tristano, e dei lettori di romanzi. E un conto è la vita dei propri nervi, tesi bene o male; un conto è la professione, che per dovere di fiction tratta dei peccatori; e un conto è l’economia di un poema che deve essere la cosa nuova.
Qui il lettore deve capire una cosa gigantesca. Quasi tutta la letteratura sull’amore è o fragile o peccaminosa; oppure fragile e peccaminosa. Il lettore – compresi noi, ora – sverrà con e come Dante. Poi ci rialzeremo e lasceremo alle spalle tutto: la professione errata, gli errori, lo stile, i miti. In fondo, la domanda di Virgilio e di Beatrice è banale: Che pense? Ma appare solo due volte in tutta la Comedìa, per due amori sbagliati. Il maestro e la maestra sanno già la risposta.
http://www.massimosannelli.splinder.com
mercoledì 16 settembre 2009
Domeniche d'Autore a Pero (e altro!)
Assessorato alla Cultura
Biblioteca Comunale
INCONTRI CON GLI AUTORI
Aperitivi letterari (in vino veritas)
PuntoPero
via Sempione, 70
la domenica mattina dalle ore 10,45
DOMENICA 18 OTTOBRE PUNTOPERO ORE 10.45
RADICI ed EQUILIBRI
ROSARIA TENORE con “Mario Capagloriosa”
RENZO ARMANI con “ Coppie in bilico”
PASQUALE SAPONARO con “ Il ‘900 e la famiglia”
DOMENICA 25 OTTOBRE PUNTOPERO ORE 10.45
RICORDI, MEMORIE E NOVITA’ IN CASA
LUCA VAGLIO con “La memoria della felicità”
STEFANO BOLOGNINI con “ Una famiglia normale”
GIOVANNI FORMAGGIO con “Il calore dei ricordi”
DOMENICA 15 NOVEMBRE PUNTOPERO ORE 10.45
TRA LA VIA EMILIA E QUI
GUIDO PASSINI con Senza fiato
MORENA FANTI con Orfana di mia figlia
P.G. KIEN con Il segreto del poeta
DOMENICA 22 NOVEMBRE PUNTOPERO ORE 10.45
ELVETIA E GIOVANI AUTORI
FABIANO ALBORGHETTI con “Registro dei fragili”
MATTEO FRACCARO con “ I testimoni”
RICCARDO BURGAZZI con Legenda
DOMENICA 29 NOVEMBRE PUNTOPERO ORE 10.45
LETTERATURA E GRANDI ARGOMENTI
LUCA ARIANO con Pro/Testo
DONATELLA GAIANI con “Intermittenze”
ADELIO RIGAMONTI con “I grammofoni operai”
in collaborazione con
L’AMMININISTRAZIONE COMUNALE
Renzo Montagnoli su Dall'Adige all'Isonzo
Recensioni » Dall'Adige all'Isonzo. Poeti a Nord-Est, di AA.VV., edito da Fara | 16/09/2009 | |
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Si accendono simmetrie in un’anima
nuove poesie di Enrica Musio qui
Nuove poesie di Sebastiano Adernò
Sebastiano Adernò
نفس الدم
http://aderno.splinder.com/
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[CADUCITA']
quel dirsi che non trattiene,
né promette
è un disastro avvolto nel panno
e sembra già cosa
così abbondante
avere ancora voce per stirare
tutti i perfetti angoli di un saluto
così di quei no a non permettere
punirne la mano colpevole,
la scogliera dei denti,
la collezione di cristalli
dalla certa instabilità prospettica,
miraggio:
come dentro un sapore
incedere di gusto
in quel tuo nome che è un passo di tango
ma anche questa notte
si trattiene sulla fronte
è mappa del rimpianto
e le cose non rispondono
sono rotte, distratte
e confabulano sul filare
accusandoci di appassire
[PRECETTO#1]
è passato
ed ancora stiamo dormendo
né la morte ci distrae
che all'idea
ci spostiamo di poco
da quel sospetto
che la vita avvenga dietro compenso
di un lavoro
che non ci chiederanno mai di fare
per il quale
saremo assunti con riserva
di non essere mai licenziati
dal dubbio
che altro esista
[UNA PRESA]
nella carne del sogno
con ragione
la corteccia si sfoglia
e scopre
che lacrima e ferita
sangue e pianto
sono lo stesso dolore
e la vita
non è così
come a molla
comprimere e restituire
caricare e rilasciare
l'entusiasmo
come un giocattolo,
un pagliaccio
che sbatte isterico
le ganasce nel sonno
[INDIETRO]
da piccoli
si andava per mano
come l'inciso perdona al segno
e prima che mi si domandi
come
raccolgo le spalle
e mi si allentano le tempie
qui, sul letto
dove mi dimentico
abito le scarpe smesse
senza che mio padre e mia madre
comprenderanno mai
le mie tasche
penso che
questi cassetti vuoti
sono le valigie
di chi non è mai partito
sono il resto di mio nonno
le sue spalle
e la volta del sepolcro
sono la gioia
apparecchiata al folle
che venuto qui
dopo il tradimento
per rifugio di anni
bevve dalla ciotola del suo cane
dio, mi giurasti radici, fiocchi
latte di fico e lavoro di maglia
non l'angolo in cui adesso
mi conduci con gli occhi
dove ciò che resterà
è raschiare pena dalle palpebre
con lavoro di stiro, a mano
[CONFESSIONALE]
l'archetto di violino
passato sui polsini
e poi
per capriccio o assoluzione
intrapresi un cammino
scandito dalle tue vertebre
con molta attenzione
a riporre attenzione
all'esercizio di ginnastica
che non ti è mai riuscito,
come l'amante
e il gioco di prestigio
e penso spesso vorrei
abitare sulla perfetta pendenza
delle tue gote
e coltivare ninfee
per ogni tua lacrima
ma il mio tempo
è dato al cigolare dei cardini,
all'insicurezza delle serrature
costrette negli umori del legno
la mia
è un'attesa della giusta chiave
tra le mille cinte
di portatori falsi
[MATRIMONIO]
dispetto e combinazione
tracciano un altro giro di controsenso
nulla, ripeto niente
non per usucapione
o dietro sconto di interesse
mai mia
se mi privo di ogni proprietà
pubblica o privata, ricordi?
il prete
che rifiutò di brindare
al nostro matrimonio?
e l'araldo? con le trombe di falloppio
è già incinta?
e due giorni dopo
che a tua zia
misera e volontaria
la pazzia
gli inclinò le sponde del cranio?
mi rigiro al dito un
preferirei di no, a tua madre
che la domenica a pranzo
mal digerisce
le mie referenze
[RAGAZZA]
sussurrando nel cavo delle conchiglie
parole impronunciabili
rituali della messa che
nel ricevere il corpo
ti fece donna
impugnavo le tue caviglie
per un piccolo angolo di compasso
o due fragili remi
attenti
a non svegliare quel mare
dove
mentre i fiumi andavano all'inguine
l'azzurro era più vergine
portarti a me
come l'ape si caccia
e il ronzio si fa matto
dello scroscio nella membrana
dello squarcio nelle tela
di fontana
mentre premo e profano
quel finora
dove hai sempre giocato
sola
[FERMATA DI PRIOLO-MELILLI]
intime inerzie
contro la stabilità del cristallo,
come totem dal senso crudo
nella pagina vuota,
perciò si andava appesi
ad un passamano,
a spasso per l'arteria,
con un ago per le mani,
o un chiodo che trovava la vena
se tutto il discorso
si contraesse in paura
poesia, tu rimani
paramento pulito
di un altro arcipelago
qui c'è eternit, lo giuro
finché morte non mi separi,
un male strano di pagliuzze
che come il duomo,
dentro la palla e sotto la neve,
si agitano nei polmoni
e tu,
madonna nera come l'oro dell'indotto
dalle tue mani d'ammonio
schizza via anche la biscia
il veleno, si sa
genera progresso, dunque
disadattate le papille dai sogni
perché ci sono chiglie, tralicci
paludi in divenire,
oncologhe carine,
spray per il naso,
bip bip al telegrafo
e mascara
per fare la luna più bella
[A CASA MIA]
sarà la corsa lungo gli spigoli,
la geometria soggetta all'umidità,
dunque nebbia, e rincasare
davanti alla tua schiera di falangi
che preparano la cena con niente
una brava moglie
ha la pressione
con cui apri una noce, sulle tempie
sarà lo scavo di una carie,
un cuscino riempito di brogli di capelli
e tonsille da vetrini
per anatomie patologiche,
la nonna per il raffreddore
e strisce di muco
che a vestirvi siete lumache
sarà, bambini, venite
che diciamo l'angelo custode
***
Cara,
palpebre asciutte da farci il passito,
abbi coscienza
che s'attacca ai nervi
ogni fiocco che ti porti
come quasi un male da sartoria
troppi chilometri percorsi
con chiuso nel palmo l'avanzo
di un dolore
che volevi farmi brucare
e poi una candelina
per ogni frase che inizia
con un io fragile d'impugnatura,
da prima elementare
limette per unghie
questo mi pari
di fronte al troppo grosso,
stai come un quarto di sbaglio
senza la completezza dell'errore
è una storia da tovaglia, ormai
da dare al legiferare della parrucchiera
ogni sabato ebraico
meglio queste parole
che distribuire caramelle
per correggere
ogni alito del tuo ricordo
http://aderno.splinder.com/
martedì 15 settembre 2009
Franca Mancinelli vince!
Mala kruna ha vinto la XXXI edizione del premio Antica Badia di San Savino (Pisa).
La cerimonia di premiazione si è svolta sabato 12 settembre presso la Badia di San Savino: “un posto pieno di poesia, fuori dalle strade battute, con i gatti che dormono sui muretti... ”
Ecco la motivazione
Mala kruna, piccola corona di spine, di Franca Mancinelli è la vicenda poetica di un percorso di vita nelle sue tappe essenziali, dalla puerizia all’età adulta, con un dipanarsi di progressive consapevolezze e perdite. I flash memoriali, centrati sulla percezione di una corporeità sempre vigile e prosciugati di ogni tentazione di intimistica effusività, fissano la verità dell’istante, disegnano un alfabeto emotivo a cui una scrittura felicemente essenziale e una inusuale sapienza metaforica danno un massimo di incisività.
lunedì 14 settembre 2009
25 agosto 2009
una poesia di Emilia Dente
la notte
invadeva
la stanza
e i pensieri
dilaniati
al respiro profondo
morivi piano
angelo mio
all’ombra
del golgota muto
incisa sul corpo
l’ultima preghiera
né scudo
né armi
al buio che viene
nell’inganno di agosto
volavi lontano
nel pianto di stelle
che segna la via
del ritorno
le nostre mani serrate
si schiuderanno all’Eterno
nel tuo sorriso
Frontiere avide di dubbi latitanti (ricordando Simone Cattaneo)
presentazione di Chiara De Luca alla scelta di versi (v. infra) di Simone Cattaneo inserita ne La Borsa del viandante
“Stropicciata e senza nervi faticavi a contare / quante dita delle mani servono per sollevare / una tazza di caffè. È stato piacevole guardarti. / Sono messo meglio di te”. In questo verso di apertura delle poesie di Simone Cattaneo qui presentate emergono subito alcuni dei tratti che caratterizzano una voce diretta, sferzante e durissima, che spazia tra le varie gradazioni dell’ironia e fino al cinismo, ma con una costante attenzione al dato oggettivo in cui il poeta s’immerge senza alcuna pretesa di superiorità o intento di categorizzazione/tipizzazione. L’ironia è qui sempre anche autoironia, è considerazione della debolezza e della fragilità che ci accomuna tutti, e che rende vani gli sforzi di chi voglia illudersi di esserne immune, come chi “non s’è mai capito per cosa parteggiasse / forse solo per quell’albanese comprata e smontata / a piacere sulla branda buttata in fondo al cantiere”.
Simone Cattaneo dipinge con scabre e precise pennellate quadri di vita e ritratti che – contrariamente a quanto avviene in tanta poesia contemporanea – non rappresentano personaggi o tipi, per sentito dire o intuiti, bensì persone vive, reali, fin troppo capite, che pare di poter vedere, immerse in quel degrado che tutti ben conosciamo, ma che pochi sono in grado di dire in poesia rifuggendo alla tentazione di abbellirlo e stilizzarlo, o caricarne ulteriormente il già insito gradale grottesco.
Ogni cosa in questa poesia è osservata con uno sguardo che taglia, ridimensiona, senza alcun compiacimento “poetico”.
La parola è come riempita di nuovo per opporsi al vuoto, scagliata senza ponderare, senza dosare lo slancio verbale. È gesto in-mediato. Anche nei paesaggi naturali e urbani descritti il poeta coglie lo stesso degrado che abita l’animo umano e ne informa le azioni e relazioni: “A fine agosto il tuono morde i lampi prima che piova e / il cielo sembra sempre avere bisogno di un’autopsia”.
Altre volte il dato reale è colto attraverso il filtro della soggettività, alterata dalla percezione del dolore, e si anima figliando l’immagine mentale: “Guardo dalla finestra di casa lo scheletro di una lavatrice / partorire sotto i platani del viale una nidiata di conigli elettrici, / alzo la testa e vedo un soffitto di stagno rosso arancio / sbilanciarsi in avanti con rumori assordanti […]”
Chiara De Luca
da Made in Italy (Atelier 2008)
Una macchina viola priva di ruote
vicino al margine dei boschi
è quello che ricordo dell’ultima volta che ti ho vista
stropicciata e senza nervi faticavi a contare
quante dita delle mani servono per sollevare
una tazza di caffè. È stato piacevole guardarti.
Sono messo meglio di te.
***
Il mio amico Giulio si arrangiava mangiando ragni per pochi soldi,
con qualcosa in più si scolava un bicchiere di detersivo davanti
ai clienti del bar, ha impegnato la fede nuziale e ha preso lo scolo
per potere mangiare, odiava politici, froci, zingari e musulmani
non si è mai capito per cosa parteggiasse
forse solo per quell’albanese comprata e smontata
a piacere sulla branda buttata in fondo al cantiere.
***
Ho incontrato un mio vecchio compagno di calcio
alcuni mesi fa in un ristorante di Torino, abbiamo giocato insieme
per circa dieci anni, da altrettanti non ci si vedeva
ci siamo abbracciati e abbiamo ordinato da bere. Vive lì adesso, almeno
così mi ha detto, genitori e fratelli morti, una zia a Garbagnate e
qualche cugino vicino a Napoli, gli unici suoi gioielli.
Era già ubriaco. Nessuna donna, lavoro interinale e monolocale.
Poi mi ha domandato come me la passavo. A quel punto è caduto
dallo sgabello del bancone e si è fratturato femore e umore.
Ho pagato il conto, chiamato una autoambulanza e me ne sono andato
sapendo che non avrei potuto fare niente di più
quella notte, né per lui né per me. Quando giocavamo
insieme, entrambi difensori, non provavamo pietà per nessuno.
***
Gli amici si sposano, finiscono in qualche comunità riabilitativa non ben definita,
diventano dottori in legge, spacciano, pretendono il 41bis e
tu speri che qualcuno ti possa lasciare a marcire in una discarica
abusiva per uno sguardo sbagliato o un giro sfortunato
come fosse questa la costante stella cometa che indica la tua schiena
ma non c’è da stare male, nessuna donna ha annegato
il suo bimbo nella lavatrice in questo momento, nessun uomo
dagli occhi a spillo mi può fare evaporare come acido inaridito
a questa ora della sera.
***
Fiera dei suoi denti d’oro,mi guarda sorridendo una vecchia ucraina
sull’autobus diretto alla Bovisasca. Parla e non capisco nulla
ma annuisco sorridendo pure io, poi mi mostra le fotografie che tiene
nel portafogli. È mia figlia dice orgogliosa, studia all’università
di Kiev e queste parole le scandisce in un perfetto italiano.
Peccato che conosca sua figlia.
Spompina dietro la stazione Garibaldi per comprarsi Chanel n°5
e imitare Marilyn Monroe. Ma suppongo che la giovane ucraina
non si scopi nessun presidente americano né qualche senatore antiabortista.
È strana la vita in primavera, i sensi si svegliano e il cielo sembra
un grande defibrillatore.
***
Era il capocannoniere acclamato dei tornei di calcio dell’intero isolato
anche se riceveva la pensione di invalidità per totale cecità,
riusciva a spaccare il parabrezza di una macchina a mani nude senza tagliarsi,
aveva la pelle delle braccia flaccida come asfalto fuso
tutti i ragazzi non più alti di così
lo chiamavano Aladino perché risolveva ogni problema di vita con un buon consiglio.
È morto straziato dal monossido di carbonio di una stufa a metano,
ha lasciato alla ex moglie una roulotte verde sbiadita e
dei cumuli di spazzatura grandi come piscine comunali.
Quando ero bambino mi ha biascicato che per innamorarsi
bisogna procedere alla molatura per ottenere una superficie liscia oppure
percorrere un’autostrada contromano in agosto.
Perché proprio in agosto non l’ho mai capito.
***
Aveva uno scolapasta in testa e un unico canino in bocca
mentre ballava su un campo di calcio sterrato
fra i resti di un pranzo d’asporto rispondendo a monosillabi
a domande che nessuno poneva
con uno sguardo sgomento
rivolto verso il cielo spruzzato di cemento.
***
Aveva un piede valgo e studiava diteggiatura
mentre tramutava Ketamina liquida in cristalli per poi sniffarla
e mi chiese ad un tratto facendosi serio cosa ne pensassi
della situazione mediorientale e delle scarse risorse energetiche planetarie.
Mi sono tuffato sulla poltrona di pelle marrone del salotto e
ho chiesto un po’ di vino. Inizia la partita dell’Italia fra poco,
tutti in piedi a cantare qualcosa di diverso mangiandosi solfeggi e
salame: è solamente un’altra serata di calcio contaminato,
in attesa di una nuova leucemia.
***
Appena terminato di servire pasti caldi giù all’ospizio
mi infilo un cappello di carta con le orecchie foderate di pecora e
mi imbuco nel solito bar ad osservare fumi grassi attraversare
le finestre a forma di rombo e i feti sottoaceto nei vetri.
Tre Negroni e due Campari e poi di corsa fin dietro il vecchio ufficio postale
dove ormai solo cinesi e egiziani giocano a dadi
sperando di centrare un doppio sei che mi permetta di comprare
ogni alone di sole
e qualsiasi milligrammo di colore.
***
Non luogo a procedere.
Guardo dalla finestra di casa lo scheletro di una lavatrice
partorire sotto i platani del viale una nidiata di conigli elettrici,
alzo la testa e vedo un soffitto di stagno rosso arancio
sbilanciarsi in avanti con rumori assordanti, cammino rasente i muri
con la paura di inciampare nel materasso di lana arrotolato e
fracassarmi di nuovo la clavicola.
Vorrei che qualcuno mi picchiasse sulla schiena con degli
asciugamani bagnati
e mi scaricasse fra le macchine abbandonate in zone isolate.
***
Non è importante ciò che resta o si è fatto,
sono le cicatrici suppergiù visibili
disegnate sul corpo come una mappa di punti interrogativi
che mi piombano addosso e mi inchiodano qui davanti a te,
frontiere avide di dubbi latitanti
che non puoi risanare né ingabbiare
nemmeno se ti plasmi una religione su misura
colma d’amore per i sudari e le leggi marziali.
***
Ma tu scorgi la planimetria di qualsiasi città prima ancora di svegliarti:
un’attitudine naturale a cacciare la testa nel forno
per sensibilizzare l’olfatto, un’audacia nel passare un ferro rovente
sul braccio per acuire il tatto, soldi regalati ai cartomanti
e chiodi al posto degli stivali che si infilano fino ai polpacci.
Poi busso alla tua porta aperta e anche la gravità mi sembra
uno scherzo di cattivo gusto mentre ti guardo in accappatoio
sussurrarmi – Oggi tocca a te, domani tocca a me. –
***
Lampade al sodio guaste sul pavimento della cucina
e intorno al mio corpo macchie d’olio che sembrano vermi
gli occhi lucidi come bigiotteria
e una specie di bitume che sigilla il cielo del Mediterraneo,
mentre parlo sempre con le braccia tese davanti a me
come per spingere via un corpo assente.
***
La prima parola di latino che ho imparato è “silentium”.
Stava scritta su un pezzo di cartone giallo attaccato al muro del bar in cui
servivo da bere in estate. “Silentium” ossia “silenzio” in un luogo dove
grida, schiamazzi, scommesse e intrallazzi erano come luce all’alba,
suonava un po’ strano per un bimbo con i piedi sulle spalle come me.
Quando il bar chiuse decisi di portarmi a casa quel cartello ma
non lo volevo rubare, il proprietario era un amico che stava in piedi
per grazia ricevuta così gli feci la mia offerta, un’offerta più che
generosa per un pezzo di cartone logoro e sporco.
Almeno una ventina di persone prima di me avevano fatto lo stesso e
con cifre ben più consistenti. Perdigiorno, ubriachi, zingari e ladri
ad un’asta abusiva per un po’ di latino. Alla fine se lo aggiudicò
uno zingaro friulano in cambio di mezzo milione di lire in contanti.
La vigilia di natale incontro questo ragazzo nel bar sottocasa dove
festeggio sempre le feste comandate che mi tira fuori quel logoro cartello
avvolto in una busta da supermercato. È per te mi dice, ci tenevi tanto.
Non capivo se mi pigliasse in giro o volesse chissà cosa.
Mi sono girato e sono tornato a brindare con gli amici.
La cosa per me era finita lì. “Silentium”.
***
La cagna ha cambiato canile, mia moglie ha cambiato marito.
Così una sera di novembre, il mio amico Pino mi ha descritto
la sua vita sentimentale sdraiato sulla poltrona di plastica verde
della mia cucina. Poi ha spento la lampada al magnesio
macchiata dalle mosche, mi ha chiesto come stavo e
senza aggiungere altro se ne è andato.
È rincasato camminando sulla striscia a linea continua
della provinciale sperando che la notte si potesse tagliare.
inediti
A fine agosto il tuono morde i lampi prima che piova e
il cielo sembra sempre avere bisogno di un’autopsia,
cammino sulla strada crivellata di buche come fosse
un costoso tappeto cinese, la neve gialla è ancora lontana,
la luce pare un caleidoscopio difettoso ed io vado
dove i ragazzi hanno denti d’oro larghi come gonne a fiori
e nessuno mi potrà più servire da bere vino tagliato con il solfato di rame.
Ormai è un furto ogni prospettiva di fuga.
***
Stavo scrivendo una lettera a Dean Martin
così per ragionare sui sistemi massimi dell’esistenza
quando mi fermai e decisi di uscire di casa.
Incontrai un tipo dai capelli fulvi e lo sguardo da assassino,
allora intonai una vecchia ninnananna per rassicurarmi e
deciso mi infilai nei cessi della stazione.
Oltre ai soliti marchettari, puttane, spacciatori e compagnia bella
vidi un tizio che inzuppava furtivo pane nell’orinatoio appena usato da altri
per poi mangiarselo con gusto. Aspettai una buona mezz’ora fuori dai cessi
prima che uscisse, volevo parlargli, chiedere spiegazione sulle sue direttive dietetiche
e domandargli quale fosse la sua posizione sull’imminente invasione aliena e sui vegani in generale.
Ma appena mi vide mi scambiò per un semplice marchettaro e lì per lì non sapendo cosa fare
accettai. Per cento euro gli feci un pompino, e dopo una buona ora
passata a sentire della musica
metallara brasiliana mi fece il culo. Tornai a casa soddisfatto.
***
La mia donna crea dipinti con i suoi capelli castani
sul mio petto scuro,
aspetta sulla soglia della mia carne ogni suo errore,
mi conforta dicendomi che soffrirò da solo,
cadrò e non mi solleverò,
ucciderò sette persone e avrò tanti giorni di carità
quanti un cane in un canile, rimarrò solo senza più denti,
farmaci né sentimenti
finirò come quello straniero incontrato un lunedì pomeriggio
in un caffè di Milano centrale.
Più o meno la sua vita era andata così – I had a woman,
she left me –. Nulla più di questo.
Simone Cattaneo è nato nel 1974 a Saronno (VA) ed è morto nella sua città nel settembre 2009. Sue poesie sono state pubblicate sulle riviste «Atelier», «La clessidra», «Hebenon», «Poesia», «Letture», «Graphie», «Tratti», «clanDestino», «La Mosca di Milano«, «Il primo amore» e «Ore piccole».
È incluso nelle antologie: L’opera comune. Antologia di poeti nati negli Anni Settanta (Atelier, 1999), a cura di Giuliano Ladolfi; Dieci poeti italiani (Pendragon, 2002), a cura di Maurizio Clementi; Lavori di scavo. Antologia dei poeti nati negli anni ’70, Antologia web di Railibro 2004; e in 100 Poesie di odio e di invettiva, a cura di Antonio Veneziani (Coniglio Editore, 2007). Inoltre è presente nell’antologia curata da Davide Brullo, La stella polare. Poeti italiani dei tempi “ultimi” (Città Nuova, Roma ). Ha pubblicato due libri: Nome e soprannome (Edizioni Atelier, 2001 ) e Made in Italy (Atelier, 2008 ).
sabato 12 settembre 2009
PHONEMATIQUE 19-20 set
CIRCOLO POETICO CORRENTI POESIA A STRAPPO TECHNE'
SABATO 19 E DOMENICA 20 SETTEMBRE ORE 17.30
PHONEMATIQUE
di Alberto Mori
VIDEOPERFOMANCE PER FON E FONETICA A DUE VELOCITA' PER CINQUE VARIAZIONI
In collaborazione con SempreCreativaPoetica http://www.albertomoripoeta.com
venerdì 11 settembre 2009
Riccardo Burgazzi in Legenda
recensione di Vincenzo D'Alessio
scheda de libro qui
Quanti anni hanno le pietre di Stonehenge? Quanto tempo racchiude il Cerchio di pietre di Riccardo Burgazzi? Al primo sorso di lettura l’intera silloge del Nostro sembra richiamare alla mente la poesia tanatologica di Salvatore Quasimodo: c’è proprio a pagina 288 la citazione del verso “ed è subito sera”, anche se preceduto dalla negazione. Quasi l’esercizio di una litòte che attenua il suo enunciato negando il contrario di esso: “Dopo il corteo, ognuno resta solo / davanti alla sua foglia”. L’analogia è il viaggio nella metropolitana (il Nostos che l’autore inizia e non conclude), con la “folla di piedi”, e le forze esterne del barbone e della custodia del sax aperta per raccogliere le monete/offerta: similitudine della moneta posta in bocca ai defunti, nel rito antico, per pagarsi il transito nella terra dei morti.
Le poesie, del Cerchio di Burgazzi odorano di Novecento: da Montale de La casa dei doganieri, riscontrabile nella poesia Rocca sul mare e riconoscibile ancora nella poesia Caleidoscopio con il richiamo alla poesia Cigola la carrucola del pozzo, Quasimodo e Luzi del dialogo con la Natura della raccolta Dal fondo delle campagne. Ritrovo nei versi del Nostro la forza diversa del dialogo interiore: “Spronati da una volontà sorda / la corsa di un fiume ogni giorno, / verso un fine che non è chiaro; non /” (pag. 290) l’interrogarsi e perdersi e ritrovarsi con l’ironia profonda del mistero dell’esistenza e di quella difficilissima parola da pronunciare – “eterno” – che nella stessa poesia Fumo negli occhi sviscera lo stato d’animo (Stimmung) del poeta. Bella è anche la ripresa del dialetto con il verso “Ricu, va pian che te scarlighet.” nella stessa composizione.
Bene ha scritto Francesco Accattoli nella motivazione del premio: “è il senso pittorico a rendere vivo il continuo richiamo al mondo esterno, situazione ineluttabile affinché emergano – come da un silenzio indifeso – le ragioni del poeta” (pag. 302). Quell’aggettivo “indifeso” sommuove tutta la materia del racconto poetico perché “l’armonia nascosta del mondo” (pag. 286) ha accompagnato i poeti e gli scrittori che anelano a donare “ciò che manca” all’Umanità. Spasmi di solitudine necessaria per aprire la strada profumata dai limoni e dagli alberi dai nomi strani. Sono convinto che la scrittura poetica è anche gioco, ironia, inganno della realtà (Morena Fanti). Ma la ricerca nel Libro, la costante perdita dell’energia vitale intorno a noi fino alla perdita della nostra,fa del cerchio una trappola perfetta e una difesa impropria equidistante da ogni punto: “l’indice che può, ha voluto / l’universo tra le mani di un cieco” (pag. 279).
La poesia tra i giovani cresce, come cresce la solitudine e la corsa verso la subitanea ricchezza, popolarità, potere. Essa è pietra senza tempo, pietra del tempo, disposta lungo il percorso segreto di ogni essere umano, cerchio imperfetto incipit e “fondo amaro” (pag. 286): “il tempo invidia chi / trova luce nel vuoto”(pag. 297). Sono convinto che Burgazzi troverà la sua sera serena. A lui si addicono le parole senza tempo dell’umano Terenzio: Homo sum et humani nihil a me alienum puto.
Settembre, 2009
mercoledì 9 settembre 2009
Strade di Ivano Mugnaini
raccolta di poesie di
E-mail: ivmugnaini@libero.it
I versi di Ivano Mugnaini hanno un ritmo lungo caratterizzato da scelte lessicali sobrie e precise, fanno un uso interessante degli enjambements, lasciano il ricordo di scene vivide e plastiche nella loro verità quotidiana che sfonda la pareti categoriche del quieto buon senso e ne indaga l'assurdo che la rende sorprendente (dunque materia per la poesia): “e ride l’operaio del cantiere stradale guardandoti / blaterare tra i denti frasi che si schiantano / sui finestrini. Ride, lui che sa, conosce la consistenza / del bitume, sonda l’amalgama con i piedi”; “sarebbe tempo di scrivere solo del tempo,/ come un naufrago che si innamora / dell'acqua che lo strangola e si abbandona”; “È cosa da poco, in fondo, la morte, banale, / veniale o giù di lì, di sicuro scontata” … (AR)
Strade
Come se si potesse scarnificare la parola,
irriderla, violentarla e lasciarla lì, occhi
gelidi, incolume, feroce, ancora serena.
Inebriarsene, sfregiarla di carezze di vetro,
senza pagare lo scotto, la ruga che scava
la pelle, lasciandola bella di bellezza ineffabile.
Passarle addosso il peso del corpo e lamiere
squadrate come si fa con l’asfalto, confidando
nella pazienza dell’eterno, l’immutabile.
Ma l’asfalto si squama, si sgretola.
La strada non è la stessa. Lacera, deborda
la rabbia dei pini, affiorano grida di radici.
Passi al mattino nell’abitacolo surriscaldato,
e ride l’operaio del cantiere stradale guardandoti
blaterare tra i denti frasi che si schiantano
sui finestrini. Ride, lui che sa, conosce la consistenza
del bitume, sonda l’amalgama con i piedi,
una danza imparata da bambino, gambe
salde tra i grumi e l’aria, cosparge
cantando la strada al giusto livello, la quantità
ideale. Ride, mentre il cervello si tritura, pasta
farinosa, impalpabile, e prosegui, lento, a un palmo
dalla striscia della mezzeria. Scruti il guard-rail
con la coda dell’occhio lasciando solo un esile
spiraglio al sogno, Il sorpasso, il mare verde
di Castiglioncello, l’urlo di un’onda fulminea,
sole, vivo, abbacinante, sulla strada salmastra
del tutto, del niente.
***
ESTRAGON: Ma sarebbe passato in ogni caso
VLADIMIR: Sì, ma non così velocemente
(S. Beckett, Aspettando Godot)
La speranza di settembre
e le idee adeguate annotate con cura
hanno ridisceso una per una scale di ferro
senza ringhiera, ora che perfino l'afa
lascia spazio alla coscienza della sera,
sarebbe tempo di scrivere solo del tempo,
come un naufrago che si innamora
dell'acqua che lo strangola e si abbandona
ad occhi aperti ad un infinito abbraccio.
Sarebbe tempo di percorrere le strade
dei perché lasciando a casa le borse
dei come, cercare una voce, una chiave
nelle ossa spezzate dei cani o nella carne
soffice di ghignanti puttane. Sarebbe tempo,
se il tempo non fosse fragile, imperfetto,
regolato da cronografi tarati male, ancora
soggetti a salti e arresti, orgogli e terrori,
costretti a fare algebra dell'aritmetica,
sbagliando i più elementari teoremi,
contenti, in fondo, di fallire gli schemi
essenziali, le basi, i calcoli, le proporzioni,
felici, nonostante tutto, di sprecare un'altra
estate fingendo di studiare, per poi tornare,
assetati, vibranti, al primo giorno di scuola,
immutabilmente, finché sussiste la speranza
di settembre.
***
trovi la sua strada, l'oggetto, il messaggio.
Niente sarà sprecato, non un gesto,
un sorriso, uno slancio, un pensiero
dedicato a lei che, ferma di fronte
al portone serrato del sogno, ci dava
appuntamenti per il giorno sbagliato,
ridendo, giocando a scardinare il tempo
che giocava a dadi, distratto, muto.
Lasciamo che il verso trovi
per sé e per noi la sua strada, il suo senso.
Tutto, perfino il nulla, ha corpo nella parola,
e la sua assenza di sostanza è pietà,
misericordia nella tortura che ci consuma,
il “foco che ci affina”.
Forse, magari nel regno del sonno, quando
sarà pace il silenzio e prato il respiro,
ci sarà detto dove conduce il sentiero
e diverremo noi il cammino, saldo, sicuro,
ignaro di abissi di tornanti. Tutto avrà scopo,
ed ogni interrogativo irrisolto sarà arte
arcana di filosofia astratta e carnale, volto
incrociato lungo un viale straniero, quando
è già quasi sera, e, con sollievo, non si è certi
di distinguere buio e luce, falso e vero.
***
lasciare spazio al rimpianto. Visi che erano
sogno, brivido che squassava la schiena,
speranza, pazzia. È bene guardare, ora,
la foglia che cade sul tratto di via
che hai di fronte, prendere il sole che c’è,
amaro o scialbo, non importa.
Adesso c’è il vento che sposta la foglia
sfiorandoti i piedi. E conta soltanto vedere,
con gli occhi spalancati, se l’aria che la muove
è brezza lieve o fiato di treno marcio d’olio
e di distanza. Tonnellate di ferro corrono costanti,
e, nell’attimo in cui ti sembra di cogliere una mano,
uno sguardo dal finestrino, ti distrae il grigio
e il viola, la venatura quasi pulsante della tua foglia,
che appare anch’essa, per un istante, intrisa
della stessa lontananza.
***
È cosa da poco, in fondo, la morte, banale,
veniale o giù di lì, di sicuro scontata,
garantita come una sentenza, o un elettrodomestico
Philips con controllo illimitato di qualità.
Perché tarda allora l’indulto al vizio comico
del vivere? Qualcuno lo disse “assurdo”,
questo abuso, tale misera esuberanza, ma
fu solo mirabile tautologia.
Almeno allora uno sconto di pena alla pena
dell’essere, una via di fuga, d’ingresso, d’uscita,
il lusso di un carcere aperto alla speranza
della redenzione, il crimine antico di ritrovarsi
colti clamorosamente sul fatto, nel sacco entrambe
le mani, in piena flagranza di reato, nell’atto doloso,
e recidivo, di essere ancora vivi, ancora umani.
***
a salvarmi stasera in questa bettola di lusso
di La Spezia, anticamera ironica del nulla, risate
e focacce quasi tiepide, e tu, la pelle delle mani,
gioco pigro dei bracciali, oro puro che suona
come ottone. In questa trattoria, frastuono virtuale
di una stazione buia ormai, siamo fuggiti per gettarci,
lepri cieche, l’uno nelle braccia dell’altra,
entrambi sorridendo, davanti al mirino millimetrato.
Non sarà certo il tuo vinello frizzante dal costo
di diamante sudafricano, né la tua voce liscia, brillante,
accesa di verve fresca di bollicine, a salvarmi dal conto,
dal bilancio, addizione puntuale del dare e dell’avere,
coperto e servizio compreso, la mancia proporzionale,
si vous voulez, al vostro buon cuore.
Non sarà il tuo occhio per nulla azzurro, né il tuo capello
biondo pseudonaturale, e neppure il racconto di fiaba
senza alcun possibile verdiano brindisi trionfale.
Eppure, bevi amore, accosta labbra rosse di vita al vetro
avido! È ancora sera, è ancora presto, la cameriera
ha sempre voglia di scherzare, bevi amore, e parlami
di sogni che senza te non so versare né stillare. Bevi,
non importa quanto, non importa come pagheremo.
C’è ancora il buio, spreme mosto denso,
profumato. Domani al mattino risaliremo lenti verso
la stazione, lo sguardo a terra, ebbro quanto basta
per credere che ieri sera quelli seduti a sfiorarsi
gli occhi e le mani sopra il cristallo
lucido e sottile dei bicchieri,
eravamo proprio noi.
***
passato a tarda ora, su una rete infima,
minore, “Sandokan”, lo sceneggiato
a colori di una gioventù ruggente.
Abbiamo provato di nuovo a sognare
album di figurine da riempire
a poco a poco a scuola, durante le lezioni,
lasciando una sola casella vuota, quella
che manca, per fortuna, la Perla di Labuan,
da cercare domani, sperando
di non trovarla mai.
Ora però, neppure gli occhi della Tigre
cerchiati di kajal, sanno più ipnotizzare,
è sbiadito il rosso del sole, l’India domestica,
chiosco abusivo di Cinecittà, sa di zucchero
caramellato andato a male.
Passa adesso, eterna, inesorabile, solo
la réclame. La segue e la incalza una canzone
anni settanta; “la piazzetta del mercato è ancora
là”, sì, ma il sorriso da contratto del cantante
biondo tinto somiglia troppo, ora, a un ghigno;
o forse a un pianto.
Ivano Mugnaini è nato a Viareggio; si è laureato in Lettere con una tesi sul teatro rinascimentale europeo. È autore di testi di prosa, poesia e saggistica; di recensioni per volumi di narrativa, poesia ed arte per alcune riviste nazionali. È socio e collaboratore del Gruppo Internazionale di Lettura di Pisa. Collabora, come autore di testi, con alcune associazioni culturali, tra cui Il Teatro di Campana di Pontedera. Nel corso delle ultime stagioni sono stati realizzati spettacoli di prosa e recitazioni di poesie, così come perfomances a tema dedicate ad artisti e letterati, tra cui Van Gogh, Rimbaud, Verlaine, Campana ed altri. Ha presentato suoi testi, prose e liriche, all’interno di manifestazioni e rassegne artistico-letterarie nazionali tra cui “Versinguerra” e “Bunker Poetico”, all’interno della Biennale d’Arte di Venezia. Il suo racconto dal titolo Desaparecidos è stato pubblicato da Marsilio. Ha pubblicato inoltre la raccolta di racconti La casa gialla, i romanzi Il miele dei servi e Limbo minore (Piero Manni, Lecce), la silloge dal titolo Controtempo e la raccolta di poesie Inadeguato all’eterno, Pisa, Felici editore, 2008. Dirige la collana di narrativa della casa editrice Puntoacapo.