martedì 31 maggio 2011

Daniele Santoro sulla poesia di Mario Fresa


Terza raccolta poetica, dopo Liaison (2002) e L’uomo che sogna (2004), Alluminio (LietoColle, Faloppio, Como 2008) di Mario Fresa forma con i precedenti libri un trittico di suggestiva forza e bellezza. Nucleo concettuale dell’opera, la ricerca, o piuttosto la registrazione di un indistinto caos interiore in cui si intrecciano, confondendosi, atmosfere oniriche, insorgenze subliminali e imprese memoriali, fatte di luci e di «parete oscura», «di vaghe solennità» e «rovine ansiose», «quasi che Fresa - scrive Mario Santagostini nella prefazione - voglia alludere a cosa è (o è stata) la percezione prima che la ratio illuminante intervenga a discernere quanto viene afferrato ‘qui ed ora’ da quanto ritorna, risale dal passato».

Chiave di lettura del libro, il titolo dell’opera. Termine chimico che designa un metallo bianco-argenteo, duttile, malleabile e leggerissimo, “alluminio” rinvia all’idea della impalpabilità, della evanescenza, dell’aria «fine» che «soffoca il riposo / delle mani», del sonno «pesantissimo che annuncia fuochi / di serpente» o, ancora, dell’ombra «che nasconde docili rumori e a poco a poco estingue / in laminata attesa il precipizio d’acqua».

Elementi ispiratori, da una parte, il sonno, da intendersi nel significato di sospensione dello stato di coscienza, di caduta, scivolamento nelle remote profondità dell’Es, dall’altra, il viaggio, seppure interiore, ipnagogico «nei magnifici ingressi», verso i «penultimi confini», lungo «la strada amica» al termine della quale – sembra suggerire il poeta – ad accoglierci è la «piazza della lunga solitudine», la «morte lentissima di luce». Basterebbero questi pochi versi a illuminarci sull’operato di Fresa che desume la sua energia in un affastellarsi di immagini, percezioni, pensieri partoriti da un flusso psichico persistente diversamente modulato, polifasico, vale a dire ora rapidissimo ora ad onde lente, come si dà allorquando l’io più profondo affiora in superficie, alle «superbi luci», al «suono colorato dei richiami», vinto «il salto nel buio», scavalcate «le mura della notte». L’impressione che si ricava è quella di una poesia psicoanalitica e “fortemente dinamica”, nel senso etimologico del termine greco “dinamikòs”, da “dunamys” = forza, potenza, e dunque movimento prodotto da forze che agiscono in continuum; peraltro, l’aggettivo non è fuori luogo, considerata anche la scelta del poeta di avere voluto illustrare il libro con due dipinti del futurista Umberto Boccioni, l’uno dei quali dal significativo titolo di Dinamismo di un foot-baller. Tale “dunamys” si snoda per moti improvvisi e vorticosi cui fanno da controspinta attraversamenti piani e dimessi, come si evince da questi versi: «piano risale il gesto / avvolto dall’assillo dei fondali. / Poi si rinnova, adesso, l’aria bruciante, / esplosa sulle pareti nude, e nel passaggio / si rafforza la galleria di questi suoni / ribollenti nella luce». Ne consegue che la tipologia narrativa, funzionale a questo colloquio con la «gioia inarrivabile, segreta», è ancora una volta il flusso di coscienza al quale ci ha largamente abituato Fresa, quivi adoperato in modo però meno univoco, alternato a un monologo interiore più controllato, che sappia esprimere il trattenersi del poeta «sospeso tra io e inconscio, tra materia e apparenza della materia» (Santagostini).

Interessante, anche, la resa sul piano espressivo. L’impianto stilistico ricorre massicciamente all’aggettivazione, anche doppia («implorante / luce notturna»), che conferisce ai testi un andamento prevalentemente sulle righe, secondo un processo di amplificatio espressiva, non per questo infiacchente se costantemente modulata, o piuttosto diluita, da tocchi di delicata grazia. Inoltre, proprio l’aggettivazione ricalca le proprietà tipiche dell’alluminio. Dei diciannove testi, infatti, di cui è composta la raccolta, non uno manca al suo interno di un aggettivo che evochi espressamente le qualità del metallo; «splendente», «risplendente», «luccicante», «cangiante», «chiaro», «riluce» sono tutti lemmi afferenti allo stesso campo semantico di abbacinamento e lucore. Altrettanto incisivo è il ricorso a ridondanze espressive, di cui sono testimoni i superlativi assoluti («pesantissimo», «lentissimo») e gli avverbi («pazientemente», «perdutamente», «ansiosamente»); efficace l’adozione di una punteggiatura assai varia, vale a dire del punto e virgola e, più spesso, dei due punti, atti a creare un arresto del discorso o una ripresa a fini chiarificatori del detto prima o del non detto sufficientemente. Non ultimo il ricorso a congiunzioni del tipo «dunque», in posizioni chiave, anche qui con il chiaro scopo di introdurre una proposizione che esprima la conseguenza di quanto precedentemente detto, di riprendere continuamente un discorso che - per statuto onirico - si palesa interrotto, franto. L’effetto che si ricava è decisamente straniante, come pure si desume da questi sintagmi sinestetici («aceto dei sospiri», «le labbra sollevate sul respiro della neve») che creano uno choc davvero forte e in cui risiede, più che negli altri procedimenti, la tenacia, la caparbia espressiva dell’autore nel discostare il lettore dal livello percettivo concreto.



(recensione apparsa su «Caffè Michelangiolo», anno XV, n. 2, maggio-agosto 2010).

Su Falò de’ rosari di Neil Novello

Aragno, 2011

recensione di Marcello Tosi

Falò de’ rosari di Neil Novello è una corona di filo spinato, di versi martellanti come chiodi, come lamento di salmi cantati sul salterio.
In principio del mondo e alla fine della vita, recitano i versi in dialetto friulano di Pier Paolo Pasolini posti come introduzione: “ogni nostra parola vuol dire madre”. “Rosa gospel” è il canto profondo e intendo che l’autore bolognese dedica alla madre. Segno di fuoco, voce riarsa di un poetare che scandisce le sue parole come atto di dolore, di preghiera, come simbolo di una ferita, di un legame di sangue messo in gioco dalla morte che rende orfani della luce.
Un canto ad una maternità lacerata che le stesse note finali apposte dall’autore chiariscono come l’aprirsi di un calice, di una corolla, di un’antera edipica, di uno stimma della vita (“Stasimo in petalo verde”): “Tu marina borea / non stella, non stame sei / stame di nulla…”.
La lingua che la bocca riarsa fa risuonare, è come uno scandire di versi tra echi della poesia del Novecento, che si fa strada dolorosa tra ortiche, aridi roventi, schiocchi, polvere d’ossa, grani di sale. Sentirsi “stelo in cerchio d’ombra”, là dove “verrà la falce e mieterà il nulla”, e noi, cuore nudo e lontano, siamo “carne scolata fuori tempo”.
Emerge una condizione creaturale del senso più intimo e doloroso della parola madre, di cui si fa simbolo la pierfrancescana “Madonna del Parto” di Monterchi (“Libera, libera tu l’ultimo passero”), ma anche il cammino verso un calvario fatto di nere croci, su cui “ampolla di vergine / calice di sangue svetta in croce”. L’autore muove, quasi alla maniera di un novello Parsifal, alla ricerca del proprio Graal (“Mille d’ali di rugiada”), di una via del Tao, in cui i simboli del sangue, del fuoco, diventino pietra di Dio, lingua incarnata in cui la realtà ferita “si alza dal buio / nel fondo della luce”.
L’arido calice e la coppa dei versi toccano le labbra di Socrate, il fiore arso a bocca di leone di Giacobbe. Presso il roveto ardente del falò dei rosari “fumante lo sterpo / … già tuona il calice da bruciato lillà”.
L’uso dello stesso dialetto calabrese ove inserito, è come il segno e il sogno della lingua madre, che è lingua di poesia. L’ombra della luce si chiude a proteggere la materna, poetica visione.
È amigdala, ovvero quella parte del cervello che gestisce le emozioni e in particolare la paura, che diventa guida della poesia nell’attraversamento oltre il disco della notte, verso quella luce che è un tornare all’origine, alla madre, rinvenendo nel verso che attraversa il tempo, il battito ferito del cuore.

Appunti letterari su "Ellissi Mediterranea"


di Sebastiano Adernò
Partiamo dal contenuto, anche perché il contenitore necessita quanto mai di essere spiegato in altra sede. Ellissi [el..."

lunedì 30 maggio 2011

Federico García Lorca, due cantari popolari


traduzione di massimo sannelli (per un concerto da fare: soprano, lettore, chitarra)




1.
io salii sul pino verde
per vedere di vederla
ma ho trovato il polverone
perché il carro andava andava

e coraggio, su, vittoria!
è finita l’allegria
ora c’è la sparatoria

nella via dei Muri hanno
ammazzato una colomba
taglierò con la mia mano
dalla sua corona i fiori

e coraggio, su, vittoria!
è finita l’allegria
ora c’è la sparatoria

ahi colomba fuggi i campi
sai che sono un cacciatore
e se sparo e poi ti uccido
sarà mio il mio dolore
sarà mio il mio tormento

e coraggio, su, vittoria!
è finita l’allegria
ora c’è la sparatoria

2.
tartarughina
non ha la mamma
madre gitana
la cacciò in strada

e mamma sì
e mamma no
non ha la mamma
la cacciò in strada

questo bambino
del falegname
non ha la culla
papà lavora
per farne una

Luca Lavatori a Senigallia 1° giu

Cinzia Demi a Padova 8 giu

invito da Società Dante Alighieri - Comitato di Padova

La S.V. è gentilmente invitata

Mercoledì 8 giugno alle 17,30

presso la Loggia Amulea (Prato della Valle n. 97), Padova

al recital poetico di Cinzia Demi

accompagnamento musicale del Maestro Riccardo Farolfi


Presidente

Raffaella Bettiol

Corrispondenze ai margini dell'Occidente

Cari amici,
da oggi è possibilie trovare (o ordinare) in tutte le librerie
il poema dialogico: "Corrispondenze ai margini dell'Occidente"
di Loris Ferri, Stefano Sanchini
Editore: Effigie
Collana: Stelle Filanti
Nota al testo: Roberto Roversi

"Un Dante e un Virgilio del nostro tempo.
Non dentro all'inferno dei morti
ma nell'assordante inferno della vita" R. Roversi

L'ultima presentazione in anteprima è avvenuta all'Arterìa (Bologna) in
collaborazione con l'Ass. Via de' Poeti, Fuzz registrazioni e SAIUZ WEB TV
Inimmaginabile è stato per noi sapere il numero di contatti durante la diretta
web: circa 5000!! (Saiuz web tv)
Per questo ringraziamo di nuovo tutti per la bellissima serata, tra cui Mimmo Crudo, del Parto delle Nuvole Pesanti, per la partecipazione l'ascolto e il sostegno.


Presentazioni:

Sabato 28 maggio: intervento radio (con testo tratto dalle "Corrispondenze)
per la puntata n. 0,
dal centro sociale Sans Papiers di Roma, della trasmissione: Viva La Muerte
(diretta da Davide Nota, Fabio Orecchini) www.radiosonar.net
dalle ore 22.00


Domencia 29 maggio: Teatro Sanzio (Urbino) h. 16,00
con Arte-M (premio musica/poesia)
con Francesco Accattoli e Alessandro Buccioletti

Venerdì 3 giugno: 1° Festival Italiano Antirazzista h. 21,00
Parco Miralfiore (Pesaro)
in collaborazione con "Mercoledì letterari"

Domencia 5 giugno: Brussels - Belgio -
Inaugurazione del Parco organico in Chaussée de Wavre
all'interno del Parc Leopold
(in collabroazione con la Comunità Europea)
Installazione di testi tratti dalle "Corrispondenze"
(in collaborazione con Daniela Terrile)

Domenica 12 giugno: Fiera dell'editoria Poetica Italiana
h. 18,00 Sala Video
Proiezione del corto: "Correspondencias"
tratto dal poema dialogico.
in collaborazione con Thauma edizioni - collana poetica -
e Sigismundus editore

L’amore e l’ameba

È appena uscito per le Edizioni Eva, nella collana “Stella verde - Testi a fronte”, il volume di poesie  L’amore e l’ameba (Ed. Eva, Venafro 2011, pp. 28, € 12,00), nella traduzione di Nicolino Rossi e con testo originale esperanto a fronte.
Baldur Ragnarsson (Reykjavík 1930) è uno dei maggiori poeti esperantisti ed è la prima volta che viene tradotto in italiano. È stato insegnante e ispettore scolastico. È membro dell’associazione degli scrittori esperantofoni (EVA, Esperantlingva Verkista Asocio) e dell’Unione degli Scrittori d’Islanda. Ha imparato l’esperanto nel 1949, ed è attivo nel movimento locale e internazionale dal 1952.
Tra i numerosi pubblicati, citiamo le raccolte di poesie in espertnto 
Ŝtupoj sen nomo (Gradini senza nome, 1959), Esploroj (Esplorazioni - 1974), “La lingvo serena” (La lingua serena - 2007), La neceso akceptebla (La necessità accettabile - 2008).
«In generale, la poesia di Baldur Ragnarsson – scrive tra l’altro Nicolino Rossi nella prefazione – tende alla fattualità, evitando un lirismo troppo romantico, cercando di esprimere il concreto attraverso vie oblique dell’indagine mentale, sposate con l’emozione di un cuore pulsante. I risultati di una tale poetica sono spesso di un’incredibile freschezza stilistica ed innovazione espressiva. Mi sembra che anche questo breve ciclo evidenzi tali caratteristiche».

Visitate il blog / Vizitu la blogon:
amerigoiannacone.wordpress.com


venerdì 27 maggio 2011

Francesco Accattoli al festival poetico La punta della lingua: Ancona 14 giu

martedì 14 giugno | ore 18.30
Parco del Cardeto “Franco Scataglini” (Ancona)
 

Le Marche della Poesia
 

Luigi Socci e Valerio Cuccaroni presentano:
Francesco Accattoli La neve nel bicchiere (Fara, 2011)
Davide Nota La rimozione (Sigismundus, 2011)
Gianni D’Elia Trentennio (Einaudi, 2010)

La regione di Leopardi, Volponi, Scataglini e Di Ruscio continua a partorire e nutrire poeti capaci di parlare a un piccolo grande uditorio, radicati come sono nel qui e ora del nostro territorio plurale. La Punta della Lingua continua la sua ricognizione della poesi

a marchigiana dando ospitalità alle sue voci più affermate e affiancandole a quelle più promettenti delle ultime generazioni.
Tre i poeti di questo primo appuntamento, accomunati, pur nelle diverse tonalità espressive, da una medesima passione civile.


Maggiori informazioni nel sito
www.lapuntadellalingua.it

Lo spazio di Andrea Garbin: appunti critici su Una litania per gli assenti

di Sebastiano Adernò

Ho conosciuto Andrea Garbin condividendo con lui delle parche cene in un monastero di Frati camaldolesi. Ed è stato allora che mi ha parlato dei suoi viaggi in Patagonia, e nei Paesi Scandinavi. In luoghi, dove soprattutto, ancora oggi, regna e resiste lo spazio. In virtù di ciò intendo rileggere la sua poesia Una litania per gli assenti, che apre la raccolta Lattice edita da Fara Editore.
Già nel titolo, dal sapore programmatico, si esprime l'intenzione di rivolgersi agli assenti. E gli assenti sono ciò che manca, manca in maniera figurativa dinanzi alla nostra vista. Sono un vuoto che non ci riesce di colmare. Un vuoto che ha generato il nostro desiderio di riempirlo. Ed ecco “il deposito dei morti tra le falangi del bacino lacustre”. Un'immagine tetra, di spazio compresso, soffocato tra l'aria malsana della palude. Così come le “campane circoncise” il cui suono né si ode, né si proietta ed espande nello spazio. Ma forse il male non sono le campane, ad essere circonciso è invece lo spazio che nulla accoglie, e  non consente un oltre. Si dimostra inadeguato.
Seguono infatti questi versi: “cerchiamo un mondo / primordiale e tra il vento fino / s’apre il fiato sul nostro camminare”. Ecco palesarsi il desiderio di un mondo nuovo, diverso. Uno spazio che ci permetta nuove indagini, e di edificare in maniera differente. Ecco il bisogno di andare, camminare, adagiare il proprio cuore tra i vitigni, farlo spiovere dalla chioma dei cipressi, che sembrano crepe nella notte.
“Cadono parole tra le foglie / come nubi in piazzali fruttuosi […] Quando tace la città / tacciono anche gli orizzonti”. Piazzali, città, orizzonti. Il lessico usato in queste immagini conferma questa esigenza di rapportarsi con lo spazio. E si arriva ad un passaggio importante, forse la chiave di volta di questa poesia: “la mutevolezza di questo viaggio […] dove l’acqua esamina la terra / si fa soglia di pensieri e sborda / s’infrange sul riflesso dei monti […] cacciatore d’antiche assenze / là dove s’infrange l’esistenza […] come di stelle
che non sanno”. Qui è svelato il viaggio, nella ricerca di qualcosa di mutevole, che cambiando continuamente forma ed aspetto non si lascia cogliere. Un viaggio dove occorre fare silenzio per afferrare i significati delle cose. Quei significati primordiali, soffocati dalla
coltre della troppa distrazione. Quelle cose essenziali, come i dubbi e le domande contro cui s'infrange l'esistenza. E che anche l'acqua esamina, facendosi soglia, ingresso di qualcosa che non si può trattenere. Perché i nostri argini, quelle difese razionali con cui siamo soliti addomesticare ed incasellare ciò che ci accade, si possono dimostrare fragili ed inadatti di fronte agli immensi silenzi di un deserto, o al terribile vuoto che ci procura una domanda
sull'aldilà. E dunque l'acqua sborda, si infrange sui piedi dei monti, che sono gli antichi testimoni e depositari di quella immutata conoscenza del nostro Mondo. I guardiani dello spazio degli assenti.
Il rifugio di Garbin.
                        

mercoledì 25 maggio 2011

"Ellissi mediterranea" a Ravenna il 27 maggio

"Ellissi mediterranea" a Ravenna il 27 maggio: "Il 27 maggio presso la Galleria AMArte di Ravenna sarà presentato il libro d’artista “Ellissi mediterranea” (edizioni Officine Ultranovecen..."

ad Aniello De Chiara

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Uomo di troppi ideali                                       
hai spento nel vuoto
la sete di popolo
il sole raggiante
sul libro aperto
segue il profilo
di altri mansueti
che migrano incolumi
accanto ai potenti
Ci resta di te
quel sorriso straniante
quando nel fumo
della nazionale dicevi
– un passaggio! per dove ? –
Oggi il denaro
abbaglia le menti
il tuo sogno
eleva i superbi.
dalla raccolta Elementi Edizioni G.C. “F. Guarini”, 2003

martedì 24 maggio 2011



Sabato 28 maggio 2011,

presso la Libreria Liberis

di Salerno, via M. Conforti n.9,

alle ore 18.30


Oggi l'alba è una bambina scalza
Incontro con
Luigi Fontanella



Interventi critici di Mario Fresa,
Carlangelo Mauro, Enzo Rega.

Lettura e interpretazione dei testi

di Igor Canto.


SalernoPoetica
Rassegna sulla poesia italiana
contemporanea a cura di
Mario Fresa

Su Viale Orobie di Francesco Osti

Edizioni L'Arca Felice, 2011  con dipinti di Michele Mazzanti


Le aforistiche prose poetiche di questa plaquette ci propongono il mondo della fabbrica vista da un poeta che ci lavora: immerso in un certo senso nel suo mondo, descrivendolo, è come si risultasse ancora più indistinto in quella realtà lasciata alla forza evocatrice delle sue parole che diventano vere e proprie epigrafi: «… la notte non è simmetrica, no ha ritmo in fabbrica. La macchina è trasparente ed è un regolare fruscio: la ragazza che la manovra in quest'aria di colla ha un profilo Maya…»; «Sedevi all'angolo col tuo volto di cartone pitturato…»; «nel sonno della battaglia mi manca la carta per farmi esplodere in un libro…»; «il mio cuore è l'eco dei richiami di chi taglia l'erba nei prati…»; «di questa fatica che dura da otto ore mi resta solo una scia di zucchero sulla carta ondulata e un tratto d'inchiostro che la pagina assorbe…»


L'uso dei puntini di sopsensione che aprono e chiudono ogni “quadro” suggerisce una capacità di evidenziare quello che conta: lo sguardo di Osti è tendenzialmente asettico, astratto, eppure si sente che questa estrema sobrietà nasce da emozioni covate, nascoste, meditate. Son quasi brani di una confessione laica, grida trattenute da una intelligenza che sa cristallizzarle rendendole, così, immagini durevoli e non usurabili. Un autore che ha cose da dire e sa dirle molto bene. (AR)

Un inno alla parola e all’incanto del viaggio

Enzo Rega Indice dei luoghi, Poesie da viaggio (e d’amore)


di Antonietta Gnerre

Indice dei luoghi, Poesie da viaggio (e d’amore) – Edizioni Laceno, Atripalda (AV), 2011, collana Scrimia, diretta da Armando Saveriano con nota critica di Pasquale Gerardo Santella – è l’ultima opera del poeta, scrittore, critico letterario e filosofo, Enzo Rega. Una raccolta in versi che analizza il bene prezioso dei luoghi come inno alla parola e all’incanto del viaggio. Le luci e i colori sono contenuti nel magico sguardo dell’autore come controluce di tante sezioni che accompagnano un mosaico letterario più grande di quello che appare. Scrive Pasquale Gerardo Santella, nella sua brillante nota critica: “(…) linea e cerchio sono gli equivalenti del fare poesia di Enzo Rega. Vale a dire l’intersezione, accordo o contraddizione che sia, tra la dimensione orizzontale, che comporta l’apertura, l’attraversamento, l’avventura, l’incontro con l’altro da sé, il rischio della perdita, e la circolarità, che richiama la chiusura, il ritorno, la stabilità, il ripiegamento su se stesso, il ritrovarsi.”

Bisognerebbe intendersi

Bisognerebbe intendersi
sulla parola
«immagine».
No?
Se, ad esempio, indica per noi
la copia fedele del mondo,
il ritratto immodificabile del suo volto,
oppure sia
vera Imago Dei.
O resti slancio in avanti (o indietro)
della fantasia:
l’immaginazione, insomma.
Ma c’è un luogo, una soglia,
in cui le due cose sono una.
Prendiamo l’immagine fotografica (cinematografica)
e il suo scarto
rispetto alla faccia attuale della realtà.
La rappresentazione vi diventa fantasma.
Il fotogramma come Imago Dei.
(p.17)


Confrontare due luoghi

Confrontare due luoghi,
a favore dell’uno o dell’altro,
è banalità.
Ma senza di esse
finiremmo nel silenzio,
e resterebbe non detto
anche ciò che conta.
(p.20)


Nebbie di laguna

la giovane guardandomi
sfacciata spudorata
dall’altra parte del florian
quant’è brutto questo
lo so i capelli spettinati
la barba incolta
gli occhiali spessi
ma per troppa umidità
esterna l’interno umore
appena patisce quasi
trascorrendo sull’
acqua come via
le donne belle che
pure m’amarono
(nonostante tutto)
scivolarono via
portandosi i loro occhi
indecifrabili come lo
sguardo nebbioso della laguna
(p. 50)


Del tuo coraggio

Del tuo coraggio
come dice il tuo nome
giudice sarà solo il dio
del quale realizzi i sogni.
Costretta dalla vita a vincere
(un casco i biondi capelli e
nell’altro dei nomi il motivo
della disperata vittoria),
il sogno poi è un regalo di vita
ai figli
e l’amore
nonostante tutto.
(p. 67)


Itinerario
(In una ricapitolazione di luoghi)

Non sapevo allora
partito da
questa
stanza
alle spalle al Vesuvio
(già abbandonata e poi ritrovata)
– controcampo rispetto a Napoli
(qui in fondo alla campagna
ai piedi delle montagne)
partito per arrivare alla città falce
sullo stretto
– con l’Etna controcampo all’altro vulcano
– il mare ritrovato (quello perso un giorno)
a parlare del poeta occhio di cinepresa
scarne inquadrature scarno volto sofferto novecento
non sapevo
dell’isola delle correnti

dove approdai al tuo sorriso
sotto gli occhi grandi
caldi
e prima le maschere barocche di Noto
e Ibla magnifica e nobile
calda pietra del sud
e Ortigia soprattutto punta protesa
a oriente
(Ragusa Siracusa come un gioco di parole)
nella città dei tiranni dei matematici dei filosofi
ma poi appunto più giù
punta
la punta a mezzogiorno
laddove
come le correnti – vedi dicevi i colori diversi delle acque
noi io e te ci incontrammo
per mescolarci
e scambiarci il sangue
e il sale
salario delle mia della tua (della nostra) vita
(pp. 79- 80)


Cefalù

La bambina con la gonna scozzese
che giocava sotto la frangetta nera
quasi dirimpettaia,
fatta salva l’estensione d’un mare ch’unisce,
ho ritrovato nel suo passato
e nel nostro presente
dall’altra parte del Tirreno
– fossi io a Genova a Napoli
e con i suoi occhi di allora di oggi
ho visto sotto il monte
(kefalé, testa che sorge dall’acqua)
le guglie del Duomo
nave pronta a essere varata
come quelle di Liguria, diceva il poeta
(p. 83)


48 Doughty Street

Dalle case in mattoni scuri
s’affacciano interrogative le finestre
era l’ottocento di grandi speranze
in concorrenza con fumo e sporcizia
nell’industriosa città tentacolare industriale
(la city antico mercato di vere cose ora spaccia
numeri di fumo, fumo di Londra o di Wall Street)
– da lì in dispense settimanali partiva
il piccolo manipolo di ingenui curiosi
per annotare sul taccuino il genere umano
e su quel tavolino sotto la finestra
muoveva i suoi passi il piccolo orfano e tutti i
compagni immaginari personaggi veri
personaggi immaginari compagni veri
del nostro comune amico Charles Dickens
(p. 91)


Vita

La vita ci ha portato qui
e lei è con me
nel letto davanti alla finestra
che s’apre nelle nostre notti
su Notting Hill come colline
da sormontare nei sogni
e davanti alla culla che ospitò il neonato William
e allo scrittoio su cui si curvò l’instancabile Charles
e nella casa e sulla tomba degli esuli Sigmund e Karl
e nell’ansiosa passeggiata lungo lo Strand
e Fleet Street con rima interna (tutto volendo ricongiungere)
e sulla curva degli anni lungo la linea del tempo;
e mentre il battello va per Little Venice
dorme sulla mia spalla (non la sveglierò, le descriverò
tutto dopo) il mio genio personale Vita
(p. 98)


Via Lampedusa, Palermo

Solo le mura
materico vuoto involucro
tanto rimase
sotto le bombe
cielo di qua e di là
inquadrano le finestre
sotto la volta del cielo
si muovono i ballerini
dell’interminabile valzer
tutto cambia per restare
uguale, diceva il Gattopardo
tutto si ripete si ripete
(come i giochi del potere)
tra quelle
mura
(p. 105)




Enzo Rega, nato a Genova nel 1958, risiede a Palma Campania (Napoli) con frequenti soggiorni a Siracusa dopo un decennio trascorso a Bergamo. Laureato in Filosofia all'Università "Federico II" di Napoli con una tesi su Heidegger interprete di Nietzsche, insegna Scienze Umane nel Liceo classico del suo paese e collabora con l'Ateneo di Salerno e ha collaborato con l'Università "Suor Orsola Benincasa" di Napoli. Scrive sulle maggiori riviste letterarie "L'Indice dei libri del mese", "Gradiva" (New York), "La Mosca di Milano", "Sinestesie" e su "Quaderni di Cinemasud". Ha pubblicato di narrativa: Le albe inutili (C.E. Menna, Avellino 1980); di poesia: Acroniche angolazioni (Forum, Forlì 1982), Ishtar (Scuderi Editrice, Avellino 2003); di saggistica: Introduzione a Vincenzio Russo, I pensieri politici (Loffredo, Napoli 1999), Berlino e dintorni. Arte, cultura e vita nel Novecento (Edizioni 'Il Grappolo', S. Severino, Salerno 2001), A colloquio con i poeti (con Carlangelo Mauro, Stango Editore, Roma 2003), Il cinema come fenomeno sociale (con Pasquale Gerardo Santella, Loffredo, Napoli 2005). Indice dei luoghi. Poesie da viaggio (e d’amore) –  Edizioni Laceno (AV) è il suo ultimo lavoro.

SU Giovanni (1885-1974) di Giorgio Prestinoni

Edizioni L'Arca Felice, 2010 con un'opera fuoritesto di Marco Vecchio

La scrittura di Prestinoni è ellittica e indiziaria. Lo stesso autorescrive nela pagina autografa alla fine della raccolta: «Ogni testo si riferisce a fatti e personaggi reali, ma ogni verso cerca di proteggerli da sguardi troppo indiscreti o da lacune troppo profonde…»
  Giovanni è un testimone in prima persona della Grande Guerra: «… Ah! che improbabili truppe, / tanto giovani da non capir Giovanni che ammoniva: / – Si sa in trincea e si pensa rasoterra –.» Di lui ci parlano altri testimoni, ad esempio: «… mangiava a casa mia ogni sera / e la sua faccia scavata, i baffi a manubrio, / le folte sopracciglia, ogni tremulo incespicare / della voce, ne avessi avuto il tempo, / li avrei rannicchiati in una poesia» (Testimone M.). E abbiamo poi l'intensa sezione “I sopralluoghi del testimone G.” che chiude la plaquette in crescendo: «La stanza ha un piccolo balcone / affacciato a nord-est dove le sere / più ignave sostano un poco, / si abbracciano al geranio, piano / piano ne scivolano via e, fino all'alba, / rastrellano la ghiaia del cortile / assediano il ferro battuto della cinta, / pretendono di essere notti.» (Nord-Est (1914-1918));  «… / chissà quanti altri hanno strappato alla guerra / l'amore salvifico che le morti più prossime, / le ferite più infette, hanno dentro. / (…) / … sedeva tranquillo / consumando appena appena / la paglia di Vienna della sedia a dondolo» (Giovanni salvato dalla guerra).
Una versificazione elegante, appoggiata a una sintassi dal respiro lungo che sa alimentare l'attesa  e modellare nitide immagini/metafore di una vita indagata da più "fonti" e in cui ogni lettore può trovare importanti nicchie di corrispondenza esistenziale e un sotteso messaggio di sapore qoheletiano. (AR)

Opere Inedite, Michela Zanarella

Opere Inedite, Michela Zanarella

Alda Merini – Donne allo Specchio a Ferrara 26 mag

 Spettacolo Teatrale
Giovedì 26 Maggio 2011
Ore 21.00 - Sala Estense Ferrara



L'Accademia della Follia di Ferrara e il Dipartimento Salute Mentale Ausl presentano il video “Alda Merini – Donne allo specchio” e lo spettacolo realizzato dal laboratorio del progetto regionale Teatro e Salute Mentale

Il Dipartimento Salute Mentale-Ausl Ferrara, insieme all’Accademia della Follia, presentano, Giovedì 26 Maggio alle ore 21 alla Sala Estense di Ferrara, il video e lo spettacolo finale del laboratorio teatrale dal titolo “Alda Merini – Donne allo Specchio”.
L’esibizione è inserita nel progetto regionale “Teatro e Salute Mentale” che ritiene l'arte teatrale fonte di benessere per la persona proprio per lo stretto rapporto esistente tra espressione creativo-artistica e processo di regolazione emozionale e trasformazione cognitiva.
Dal 2004 ad oggi, il Dipartimento di Salute Mentale di Ferrara, insieme all’Accademia della Follia, ha realizzato progetti e laboratori di teatro e video. Il lavoro di quest’anno ha portato alla produzione di un cortometraggio dedicato alle poesie di Alda Merini, operazione che non ha escluso il Laboratorio Teatrale, preliminare alla creazione del prodotto audiovisivo finale.
Regia di Claudio Misculin e Carmelo Settembrino, Suono a cura di Mirella Benis. Fotografia di Valentina Pizzarello, partecipano, come attori: Monica Bolognesi, Alice Bombardi, Susanna Bonfà, Eleonora Bruni, Gianni Cuccinelli, Laura Droghetti, Giuseppe Denti, Ana Dalbello, Donatella Di Gilio, Gian Luca Ferranti, Giuseppe Feminiano, Sara Gorza, Eleonora Marighella, Manuela Pacifico, Gabriele Palmano, Maurizio Salvo, Vincenza Viglianesi, Dario Kuzma.
Lo spettacolo si avvale della collaborazione e sostegno della Direzione dei Musei Civici d’Arte Antica del Comune di Ferrara, del Conservatorio Musicale “Girolamo Frescobaldi” di Ferrara, della Scuola di Danza “Il Cigno”, e di AMSEFC S.p.A.

Alda Merini: “Io trovo i miei versi intingendo il calamaio nel cielo”. “La piccola ape furibonda”, come lei stessa si definisce in uno dei suoi versi, nasce a Milano il 21 marzo 1931 da una famiglia modesta. All’età di 15 anni esordisce con la prima raccolta di poesie. Considerata una delle più importanti poetesse del Novecento, trascorre la vita con lunghi periodi d’internamento presso il manicomio Paolo Pini di Milano. Nel 1996 è proposta per il Premio Nobel per la Letteratura dall’Académie Française. Dotata di una personalità originale, audace ed irriverente, nel 2004, come regalo per il suo compleanno, chiese “un uomo caldo” e le regalarono uno show dello spogliarellista Ghibli. Amata da intellettuali, scrittori, artisti e gente comune, muore a Milano a 78 anni. Più di qualsiasi parola per lei parlano le sue poesie.
“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno… per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.  (Alda Merini www.aldamerini.it)

(nella foto: Alda Merini al Festival di Mantova)



Riccardo Forni, giornalista professionista.
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sabato 21 maggio 2011

EuropAfrica: gemellaggio tra la giornata della Memoria e la giornata dell’Africa

EUROPAFRICA

Località: Roma

Galleria: SPAZIOTTAGONI

Indirizzo: Via Goffredo Mameli 9

Periodo: 25-29 maggio 2011

Orario: 17.00/20.00

Titolo: EuropAfrica

Artisti: Rossella Alessandrucci, Luigi Ballarin, Alberto Baumann, Simone Vera Bath, Giancarlino Benedetti Corcos, Claudia Berardinelli, Paolo Camiz, Francesca Cataldi, Giulia Colletti, Osvaldo Contenti, Silvia Dayan, Michele De Luca, Gerardo Di Salvatore, Gabriella Di Trani, Roberta Filippi, Martina Fiorentino, Eva Fischer, Stefano Frasca, Salvatore Giunta, Jonathan Hynd, Kalos, Silvana Leonardi, Massimo Liberti, Mario Lo Prete, Lughia, Maria Grazia Lunghi, Paolino Mancini, Teresa Mancini, Anna Massinissa, Gabriele Mazzara, Pancho Monty Ray Garrison, Massimo Napoli, Giordana Napolitano, Massimo Nicotra, Sara Palleria, Marcello Paternesi, Patrizia Pieri, Paolo Pompeo, Eliana Prosperi, Ferdinando Provera, Elvi Ratti, Rodolfo Roschini, Jack Sal, Simona Salvuccelli Ranchi, Angela Scappaticci, Barbara Schaefer, Roberto Silvestrini Garcia, Spiritoliberok, Ivano Tomat

Curatori: Vittorio Pavoncello, Giuseppe Salerno

Inaugurazione: mercoledì 25 maggio ore 19.00

Da un’idea di Vittorio Pavoncello un gemellaggio virtuale tra il Giorno della Memoria (27 gennaio) e la Giornata Mondiale dell’Africa (25 maggio) 50 artisti offrono il loro libero contributo alla trattazione di tematiche sul razzismo che accomunano le due ricorrenze.

Le influenze dell'arte africana sulle avanguardie del ventesimo secolo sono ben note tanto da essere incluse in ciò che i nazisti definirono "arte degenerata". Ciò che risulta curioso, paradossale e inquietante è il fatto che mentre l'arte occidentale andava sempre più aprendosi a mondi e culture altre, senza alcuna discriminazione razziale e prefigurando quella che sarebbe divenuto un pianeta multiculturale, la società si chiudeva in forme di segregazione sempre più ferree fino a giungere all'eliminazione sia delle persone fisiche sia delle arti che a quella mescolanza di forme e modelli si andava ispirando. Gli artisti delle avanguardie storiche, nell’aprirsi alle forme d’arte africana, sperimentavano in senso positivo quella de soggettivazione dell’identità che nei lager nazisti veniva imposta come privazione di qualunque diritto umano. Molti furono gli artisti che s’ispirano alle teorie intraviste, nelle sculture e geometrie decorative africane, come nuove forme di interazione dello spazio e del tempo. Fra questi Picasso, Braque, Derain, Matisse, Kleee Modigliani, per citarne solo alcuni.

Una mostra che unisca oggi artisti contemporanei su temi che vanno dall'avanguardie storiche, alla schiavitù, alla Shoah, all’Africa e all’Europa incrementa il dialogo fra i due continenti, quello europeo e quello africano, in un unico spazio culturale unito dall’arte. E come gli artisti occidentali vedevano nei volti delle maschere africane un archetipo con il quale confrontarsi, oggi, che sempre più i volti i gesti della shoah ci appaiono come maschere, il confronto è con un archetipo che è la stessa memoria.

La rassegna si arricchisce, nei giorni di esposizione delle opere, con i seguenti eventi:

25 maggio h 19

Variazioni su Al Jolson” ovvero “Il Dolore del Contrasto

Ro’ Rocchi performance

Alpha Dieme ai tamburi

h 20

ONDULA MOVULA

Isabella Venantini danza

AFRO-EMBE’ di Artale Afro Percussion Band musica

26 maggio h 19

Laura Boldrini e Anna Foa

(Immigrazioni e concetto di Genocidio)

incontro

27 maggio h 18

Gemma Vecchio Associazione Casa Africa

Incontro

28 maggio h 18

letture dei poeti

Roberto Piperno, Deborah D’Agostino, Ribka Sibhatu , Ndjock Ngana, Michele De Luca,Michela Zanarella, Rossella Pompeo, Lucia Cenni

I piedi di Abele Bikila” spettacolo performance di Stefano Lucarelli

Galleria Spazio Ottagoni

Via Goffredo Mameli, 9 –00153 Roma

Contatti: Vittorio Pavoncello ecad@live.it 366 4545656

SpaziOttagoni www.spaziottagoni.com 335 6158199