domenica 27 maggio 2018

Mario Fresa, 'Svenimenti a distanza'. Una lettura di Rosa Frullo



Mario Fresa


Con “Svenimenti a distanza” (il melangolo, 2018) Mario Fresa porta in superficie, e per intero, la potente energia metafonica contenuta nel suo linguaggio poetico che fino ad ora appariva solo un’ascosa entità o, più semplicemente, una parola soffocata (o, forse, implosa). Perché nella sua ricerca poetico/musicale, da Alluminio (2008) a Uno stupore quieto (2012) questa energia si mostrava come un ponte o come l’inizio di un prolungamento del concetto di “Morphing”(qui condotto, con sovrana perizia, al suo compimento): e cioè la visione dell’iniziatica trasformazionedi un’immagine, ovvero del trasferimento metamorfico di un significato in un altro. In “Svenimenti a distanza” le lingue poetiche da lui usate, (quella onirica, fonico- musicale, erotica)si sono via via intrecciate in una densa moltitudine di presenze ch’è simile al movimento agitato e confuso di un imponente e labirintico sciame di insetti. Le immagini primordiali, i frammenti di vita vissuta – figure sospese, o divise, tra l’immaginoso e il quotidiano – formano una sorta di grande stratigrafia, dove l’universo è tutt’uno con le tensioni profonde, inquietanti, vitali della realtà. La poesia, qui, supera la “tirannia dei rapporti” (direbbe Amelia Rosselli), e in ispecie la tirannia di una sola realtà dominante: e invece sceglie di stare in un immaginario territorio invasoda un indomato moto perpetuo che lo costringe ad abbandonarsi e a sollevarsi, a distruggersi e a risorgere: e infine, com’è giusto, a fare i conti con gli imprevisti, con le incognite, cogli improvvisi sussulti e con le violente impennate dell’esistenza, che l’inesausta lotta/simbiosi/trasformazione di quella stessa esistenza produce in un corpo sofferto e sospeso sempre tra malattia e convalescenza, tra catabasi e finale risurrezione.

Naturalmente, la malattia di cui parla il poeta non è solo, necessariamente, estesa al corpo ma è quella che Kierkegaard chiama la “malattia mortale”, anche se in vero non del tutto mortale perché metafora atroce degli spasmi esistenziali: ”Una  passione, questa, che si ritrova solo di rado, forse una volta sola; di solito, invece, dopo la cena, grida il nome del marito e de gli insetti./Si assicura che stia dormendo, prima di colpire”(da Morphing).


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