martedì 18 febbraio 2025

“un nuovo status di naufraganti in una terra di mezzo tempestosa”

Luca Ariano e Carmine De Falco, I naufraganti, postfazione di Giuseppe Andrea Liberti, Industria&Letteratura editore 2025, p. 66


recensione di Giancarlo Baroni 





Da persone alla ricerca di sacche di resistenza individuali e collettive, a naufraganti stipati su fragili e traballanti scialuppe di salvataggio in balia della tempesta. Cosa è accaduto in poco più di  un decennio per incupire la consapevolezza del presente e indebolire la speranza nell’immediato futuro?

Dopo la raccolta I Resistenti (Edizioni d’if, 2012), i poeti Luca Ariano e Carmine De Falco tornano a collaborare, miscelando le loro voci, in un libro di versi scritto a quattro mani: I naufraganti  (Industria&Letteratura, 2025). Scrivono nella Introduzione: «Poco più di dieci anni dopo, tutto è cambiato, le sirene sempre più allarmanti del cambiamento climatico, l’esperienza del Covid19 e dei lockdown, la guerra incredibilmente vicina, geograficamente ma soprattutto nelle conseguenze economiche e politiche, il nascere di nuovi poteri finanziari che vanno oltre il capitalismo e oltre i governi e gli Stati, l’implosione finale delle ideologie, e l’esplosione dell’intelligenza artificiale […], ci proiettano in un nuovo status di naufraganti in una terra di mezzo tempestosa, dove diventa anche difficile condividere opinioni ed idee, intravedere approdi». Nella postfazione intitolata Avviso ai naufraganti Giuseppe Andrea Liberti ribadisce che inevitabilmente «il [nostro] pensiero va agli anni della pandemia, al costante esplodere di nuovi conflitti, e allo stesso tempo all’incapacità di reperire coordinate culturali che sappiano decifrare quanto accade».

Poiché gli argomenti sono molteplici, preferisco privilegiarne due presenti con evidenza nel libro, mantenendomi il più possibile aderente al testo. 

Il primo tema, quanto mai attuale preoccupante e drammatico, fa riferimento sia alla guerra come rischio assoluto di estinzione dell’umanità, sia ai sanguinosi conflitti in corso, che covano sotto la cenere o che possono in qualunque momento deflagrare.  In questi ultimi anni ci siamo spesso sentiti a un passo da un apocalittico disastro nucleare. I versi di Ariano e De   Falco accennano a guerre civili, conflitti armati, basi militari, cecchini, assedi, bombardamenti, scudi anti aerei, droni «di guerre cybernetiche all’orizzonte», macerie, saccheggi, violenze, borghi «rasi al suolo», stermini. Afferma Giuseppe Andrea Liberti: «Ecco, la guerra. Non c’è evento che certifichi più di ogni altro il naufragio dell’umanità. Guerre di ieri e di oggi segnano le poesie del libro».

Il secondo tema riguarda invece i mutamenti climatici che, nell’ultimo decennio, hanno interessato violentemente e con una inquietante accelerazione il pianeta terra. Sembra che la natura non riesca più ad assorbire veleni e liquami, smog e inquinamenti, e che richieda invece interventi capaci di invertire la rotta, un maggiore rispetto, una più efficace cura. Anche la nostra esistenza giornaliera viene aggredita:


In poco tempo il cielo

si scurisce e quel vento

da scappare in casa

rovescia vasi, sradica alberi

e solleverà tegole.

Raffiche di grandine bucheranno

frutti e raccolti già scarsi

di  acqua, erbe secche.

[…]


In balia di una crisi  che rischia  di sfuggire di mano, le persone comuni si aggrappano a rassicuranti ricordi («le partite a briscola di tuo nonno»),  ad affetti («capelli da sfiorare nel buio», «baci serali») a  gesti quotidiani («nuova biancheria da lavare, / armadi da cambiare e profumare») utili a mitigare ansie, incubi, spettri, paure.   

I naufraganti è un libro di piccole dimensioni ma di densa scrittura, dalla forte tensione morale,  ideale e ritmica, dove il verso respira ora dilatandosi fino al bordo della pagina ora contraendosi. È un testo che spinge il lettore a riflettere, a interrogarsi, a prendere posizione nei confronti della «disumanizzazione in atto», a non restare indifferenti perché, ci sprona Antonio Gramsci nella frase scelta come epigrafe, «L’indifferenza è il peso morto della storia».    

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