La Ballata del Moro
Canossa di Maria Antonietta Viero - un’immersione nelle profondità del
linguaggio e della memoria
La
Ballata del Moro Canossa di Maria Antonietta
Viero si distingue come un'opera narrativa stratificata, densa di simbolismi e
permeata da un lirismo che trasforma la prosa in un'esperienza sensoriale. La
scrittura di Viero si muove tra memoria e invenzione, realtà e visione, in una
struttura che sfida la linearità del racconto tradizionale e si avvicina a una
narrazione frammentaria, evocativa, spesso oracolare.
L'ambientazione,
costruita con dettagli vivi e incisivi, immerge il lettore in un universo
narrativo che oscilla tra il quotidiano e il mitico. La descrizione della casa,
della credenza come spazio di attese e illusioni, dell’ombra che incombe come
un destino ineluttabile, ci introduce a una narrazione in cui il tempo non
scorre in modo lineare ma ritorna, si ripete e si sovrappone. I personaggi non
sono semplici figure, ma archetipi che incarnano le tensioni tra radicamento e
fuga, tra identità e cancellazione.
Il
linguaggio di Viero è ricco, spesso ipnotico, caratterizzato da un intreccio di
registri che spazia dalla liricità alla brutalità, dalla descrizione minuziosa
alla rarefazione simbolica. Il ritmo della prosa, scandito da sospensioni,
ripetizioni e allitterazioni, amplifica la sensazione di una realtà che si
sfilaccia, di una memoria che si fa e si disfa in un continuo tentativo di
ricomposizione.
Uno
dei nuclei tematici più potenti dell'opera è il rapporto con l’origine e con la
memoria familiare, vissuta non solo come rifugio ma anche come condanna. Il
Moro Canossa emerge come figura tragica e centrale nel percorso psicanalitico
della narrazione: è il simbolo di un'autorità arcaica, di una radice profonda
che si intreccia con il senso di appartenenza e di perdita. Nella sua presenza,
tra il severo e il protettivo, il Moro diventa lo specchio di un'eredità
complessa, un totem familiare che racchiude ambivalenze affettive e strutture
inconsce legate al desiderio di protezione e, al contempo, alla necessità di
affrancamento.
Il
simbolismo è uno degli elementi chiave dell’opera: il fuoco, il pane, la croce,
il vento e la terra sono immagini che si ripetono, creando un tessuto narrativo
che trascende la mera rappresentazione per diventare evocazione di un destino
collettivo e individuale. In particolare, la figura della credenza diventa un
emblema della memoria custodita e perduta, dello spazio interiore in cui il
passato si sedimenta senza mai veramente dissolversi. Il Moro Canossa, in
questo contesto, è il guardiano di questa memoria, la cui presenza è al tempo
stesso un'ancora e un peso, un riferimento affettivo ma anche un vincolo che
impone un confronto con il proprio retaggio emotivo e psichico.
Se
da un lato La Ballata del Moro Canossa può apparire ostica per il lettore
in cerca di una narrazione più tradizionale, dall’altro si rivela un’esperienza
immersiva per chi è disposto a lasciarsi trasportare dalla sua dimensione
poetica e visionaria. Il testo non offre risposte, ma apre varchi, non racconta
in senso classico, ma evoca, stratifica, scava nelle profondità del linguaggio
e della memoria.
Maria
Antonietta Viero costruisce così un’opera che sfida le convenzioni del genere
narrativo, innestandosi in una tradizione letteraria che privilegia
l’immaginario, il simbolismo e la densità linguistica. La Ballata del Moro Canossa
è un viaggio attraverso la parola e il ricordo, un canto spezzato che risuona
nel tempo e nella carne di chi legge.
L’opera
è stata tradotta in romeno - con il titolo Balada Bunicului (Ed.
Eikon&Cosmopoli, Bucarest, 2024) - ampliando così la sua portata oltre i
confini linguistici italiani. Questa traduzione ne rafforza il valore
universale, permettendo a un nuovo pubblico di confrontarsi con la profondità
dei suoi temi. È un libro che trova il suo lettore ideale tra chi ricerca non
solo una narrazione, ma un’esperienza di immersione nella memoria, nella psiche
e nelle radici culturali di una storia personale che si fa universale.
Eliza
Macadan
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