Ivan Pozzoni, KOLEKTIVNE NSEAE, Collana Es, Edizioni Divinafollia 2024
Mentre il significato della parola Kolektivne è intuibile, sciolgo l’acrostico NSAE ovvero Nuova socio/etno/antropologia, che troviamo spiegato a p. 13 nel saggio introduttivo “La terapia come eredità non-ontologica del Kolektivno NSAE: la NeoN-Avanguardia”, dove ci viene pure detto che questo nuovo paradigma estetico si fonda su Estetica sperimentale (che tiene conto anche degli studi di Rizzolati sui neuroni specchio), Osservazione partecipante (che superi l’ontologia estetica dell’«io creatore») e Chiarezza (tesa fra l’altro a eliminare “ogni forma di vagueness”, “Evitare l’uso di un linguaggio ambiguo, metaforico o retorico”, e “Credere nelle assemblee network dei ricercatori (…); la cooperazione diventa requisito nella ricerca della verità”, cfr. p, 14).
Propongo di seguito alcuni versi che mi hanno particolarmente colpito: “Seduto su una roccia, rinvio a domani / l’insulsa immaturità delle mie mani.” (Caronte in riva al lago, p. 19); “Prima che la critica si accorga che esista / dovrò fare la fine drammatica di Rino Gaetano, / senza che l’airbag che protegga l’autista / senza che il tempo mi tenga la mano.” (Rino, p. 22); “i miei acidi gastrici carburano con tonnellate di Pantoprazolo / (…) / rogitiamo case come se dovessimo vivere in eterno, / (…) / bulimizzo ogni sentimento, engmatico come la sfinge di Chefren,” (Siamo tigri di carta, p. 23); “cerchiamo, allucinati, di non finire in uno slum, / al grido unanime di rogito ergo sum.” (Rogito ergo sum, p. 29); “Siamo tutti soli, siamo tutti fatti a pezzetti / i palazzi continuano a farci da cellophane / la solitudine ci impedisce di far progetti / proiettati come Prost in una mortifera chicane.” (Ezra Pound, p. 34); “E io scrivo, versi disprezzati da me stesso e dalla popolazione, / (…) / nel fango dei miei neuroni come se fossero un anacoluto.” (Ridatemi i miei versi, p. 35); “Pensare d’esser contadino di semi d’angoscia / su una terra dura come un monumento funebre, / distribuendo sale sulle anime dei vivi, / le anime dei morti sono meno sfuggenti.” (Mito-lógia, p. 36); “drenare liquidi dai buchi neri del conti correnti non millanta / l’idea di far chinare concittadini sofferenti a quota Novanta.” (L’epatite IVA, p. 42).
La poetica di Ivan Pozzoni testimonia di una visione “laterale”, non omologata, alternativa al main stream che idolatra l’ego/io profilato da algoritmi che lo blandiscono e lo condizionano. La voce del poeta brianzolo è dunque una voce spiazzante, distopica, ovvero fuori dai luoghi comuni, inquieta e inquietante. Ivan ha uno sguardo acuto, per certi versi francescanamente folle, che ci scuote dal torpore, ci cala nella realtà che viene letta da una prospettiva non di comodo, vicina alle aree marginali (anche in senso esistenziale), desiderosa di creare nuclei di umanità più consapevoli e solidali. La lettura dei suoi versi risulta dunque stimolante, richiede attenzione e una certa apertura mentale perché il poeta non fa sconti a sé stesso e, quindi, neppure a noi. Le dichiarazioni a inizio libro e le poesie ci avvolgono con le loro spire, le immagini si susseguono come tranci di vita da cui non possiamo distogliere lo sguardo, se vogliamo rivendicare un modo di stare al mondo più responsabile, più coeso e “collettivo”, cercando di non esser zombie eterodiretti.
Nonostante questo approccio esigente e impegnativo, i versi di Ivan si insinuano in noi con un moto suadente, come se la mano di un chirurgo esperto guidasse una sonda ipersensibile nei recessi di questo pulsante mistero che è il nostro corpo vivente e desiderante, animato da domande infinite e proiettato sempre oltre sé stesso. C’è quindi in lui una segreta speranza che il fare poesia non solipsistica possa incidere, cambiare lo stato delle cose; che il poeta possa svolgere la sua funzione profetica anche se i più sembrano distratti, irretiti (è proprio il caso di dirlo) da mondi virtuali, da desideri indotti, da valori fuffa. Ascoltiamolo dunque con amicizia nella sua voce vibrante e portatrice di un vissuto carico di ferite e in cerca di verità.
PS Il verso posto a titolo di questa recensione è tratto da Mito-lógia.
Nessun commento:
Posta un commento