lunedì 24 febbraio 2025

Il desiderio di cambiare il mondo

Werther VincenziAl mi ròbi
 autopubblicato 2024

Recensione di Sonia Gardini



L’Arte di Werther Vincenzi si declina attraverso la Fotografia, la Pittura e la Poesia, scritte a lettere maiuscole perché i significati di ogni campo, in cui è esplicitata, raggiungono alti livelli espressivi ed esistenziali, talvolta così interconnessi da raggiungere un’intima fusione tra colore e Autore.
L’incipit della raccolta poetica, divisa in quattro sezioni, si apre con un inno ai fiori che “i t porta vi i ócc e la testa” (ti portano via gli occhi e la testa); essi inoltre sono come piccoli aquiloni tenuti insieme “da un féil che ' e’ / partés da / e’ tu cór”( da un filo che parte dal tuo cuore).
Intenso  il drammatico sogno che si apre e si chiude col canto di un passerotto di cui porta il titolo.
Sembra di assistere alla disgregazione dell’Io in quanto emerge la difficoltà della vita con un senso di impotenza.
Gli esseri umani, quelli della natura e gli oggetti familiari del quotidiano attirano l’attenzione del Poeta che nei papaveri rossi  intravvede “pavaioti” (farfalle) che incendiano gli occhi e il cuore, come se si trattasse di un eterno innamoramento; sì  perché è viva la sensazione di essere ancora un bambino, nonostante l’età adulta, per cui un prato di margherite diventa un mare in cui tuffarsi e lasciarsi avvolgere e condurre verso la vita definita una “valeisa ad pansir” (una valigia di pensieri).
Nella sezione intitolata “Col pennello in mano” appare tutta la dinamica relazionale tra il bianco della tela e i colori sulla tavolozza, tra cui il preferito è  il rosso, nel quale pittoricamente e poeticamente l’Autore si identifica fino alla fusione. Trionfa quindi il colore dell’amore, della passione, ma anche del sangue e del l’aggressività con cui vengono dipinte le donne e alcuni scorci dei quadri più astratti o geometrizzati.



Il canto dialettale continua nella sezione  “La mia gente" in cui appare la tenerezza verso il padre deceduto e la dolcezza verso la madre che faceva “i caplét piò bun de mond” (i cappelletti più buoni del mondo).
Ricorda altri parenti, amici, la sveglia della mamma: “e’ tic tac l’é  dòulz / u m néna/ u m dondla / u m fa una carèza” (il tic tac è  dolce / mi ninna /mi dondola / mi fa una carezza).
La parte finale del canto poetico ”Mondo” mette in scena il tema del tempo trascorso, dell’autunno della vita, dove la mente è rivolta alla morte e, pur avendo la sensazione di aver fatto tutto,(“u m per che a i épa fat tot”), esprime con i versi di Putés (Potessi) il profondo desiderio di cambiare il mondo:

Putés / cambì e’  mònd / a cavaréb la guèra / a mandaréb vì tòt al malatì / a n avréb piò la fèna / a s-ciantaréb / la miséria / l’invidia la cativéria. / Putés / cambì e  mònd / a  cminzaréb da me. 

(Potessi cambiare il mondo / toglierei la guerra / manderei via tutte le malattie / non soffrirei più  la fame / romperei la miseria / l’invidia e la cattiveria. / Potessi cambiare il mondo / comincerei da me.)

La raccolta poetica dialettale, resa molto incisiva come il pennello e la macchina fotografica, è come un libro di vita che leggi e sfogli.

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