venerdì 25 agosto 2017

Giacomo Cerrai recensisce 'Alfabeto Baudelaire' di Mario Fresa


Mario Fresa



Come ho detto altre volte, d'estate per rinfrescarsi conviene tornare ai classici. Hanno l'innegabile vantaggio di segnare una distanza da una contemporaneità spesso deludente, se non indicativa di una drammatica mancanza di prospettiva. Distanza che offre un largo orizzonte, un orizzonte di cui almeno sappiamo che cosa c'è oltre. Baudelaire è uno di questi classici, che Mario Fresa affronta in una sua versione in questo interessante libro edito da EDB di Milano, arricchito, come avvenne per Apollinaire, dai bei disegni di Massimo Dagnino, i quali, come nota in postfazione Davide Cortese, "si rapportano al proprio testo di riferimento per via concettuale, (...) i versi funzionano come materia prima da modificare; un elemento, una tematica laterale che si mostra nei versi viene isolata e sviluppata in maniera autonoma". Ne esce quindi, in primis, qualcosa di più e diverso rispetto ad una tradizionale pubblicazione d'arte, nella quale la parte iconica è come suol dirsi "di corredo": un'opera culturale in cui si misurano in maniera sinestesica - più che due media - due sensibilità artistiche (vale ricordare che Dagnino è anch'egli scrittore e poeta), una corrispondenza sensuale favorita pure dal grande formato del libro (quasi un "in quarto").



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Ritratto di Charles Baudelaire