recensione di Vincenzo D'Alessio
Divisa in quattro sezioni: “L’altrove che cerco”, “Nel sonno dell’inverno”, “Percorsi” e “Paradossi”, la ricerca apre il suo percorso soffermandosi sui luoghi del silenzio, la vita monastica, la sinergia con la Natura Madre. Prende in qualche modo il “la” dalla poetica tanatologica del Nobel Salvatore QUASIMODO: «Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera.» (Ed è subito sera).
Così scrive sul tema il Nostro: «(…) Il monaco / è un solitario / prefigura in fondo ciò che siamo / la solitudine originaria di ognuno / tutti insostituibili / nessuno potrà dire io / al posto mio.» (Camaldoli, all’eremo, pag. 175). Il tema del silenzio che sconfina nel ricordo dei morti e del fine vita accompagna il lettore dall’inizio alla fine della raccolta.
L’altrove che Casadei ci indica supera l’inverno, analogia della vecchiaia, per raggiungere la bellezza delle stagioni solari, una energia potente che somiglia tanto a una vera rivoluzione, invisibile agli occhi degli uomini, una resurrezione dal buio della terra negra che avvertono gli animali, i rami neri degli alberi, provvisti di una profonda fede.
La ricerca dell’altrove, sinonimo del ritrovarsi con la propria anima senza il peso del corpo, si avvera filosoficamente in quella attesa utopica che alimenta la Fede monoteistica dell’Occidente: «L’utopia fa leva sul deserto / – un non luogo – / un progetto che riserva / tutto nel futuro / e svuota la realtà / come tutto fosse provvisorio.» ( L’attesa utopica, pag. 187).
Versi solari, sinceri, poeticamente energetici, sono inclusi nella terza sottosezione “Percorsi”: riservati alla terra dove si svolge l’iter ideale della personale ricerca dell’Autore (sinonimo di fede nella filosofia del fare), la Romagna: le vicende umane di un personaggio storico come don Oreste BENZI (pag. 182); la bellezza de L’infiorata di Romagna (pag. 179); L’uomo che abitò sul mare (pag. 180); La campana (pag. 183) dove l’oggetto umanizzato accompagna la vita del paese anche nel momento terribile in cui la terra trema seminando morte e distruzione: «(…) Per secoli / ha accompagnato il popolo / nel saluto estremo, / per sé stessa / – la campana – / ha riservato l’ultimo rintocco, / a morto.»
La raccolta del Nostro è un sincero contributo alla poesia del Novecento, vicina ai poeti romagnoli come Pascoli e al poeta torinese Guido Gozzano.
La produzione poetica di Casadei si avvale del verso libero, di diverse assonanze, di rime interne e similitudini. Permane nel racconto poetico il senso dell’arcano, dell’invisibile, la trama antica, qualcosa che sfugge ai disattenti ma non al lettore dei suoi versi: «(…) Laggiù sarei diverso, / sarei diverso io, più in pace.» (L’altrove che cerco, pag. 177).
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