FaraEditore, 2014
recensione di Vincenzo D'Alessio
Ha visto la luce nella Collana Il filo dei versi, la seconda raccolta poetica dal titolo: E la vita che viene di Adelaide Ricci. Raccolta che, per i tempi in cui è stata composta, ha all’interno un’aspirazione (streben) al dialogo con l’Infinito che può assumersi nella filosofia cattolica della Resurrezione dai morti.
L’epigrafe apposta all’inizio della raccolta recita: Respice finem annunciando al lettore che seguire la Nostra nello sviluppo della poetica vuol dire mettersi in ascolto silenzioso, avere il Vangelo come vocabolario dell’esistenza, cogliere le sfumature leggere della Parola ricorrente nelle composizione: “mattino”. C’è infatti una profonda analogia tra parabole evangeliche e composizioni anche se il taglio dei versi è fulmineo “e secco come un ramo” (parafrasiamo i versi di Montale). La sentinella che attende l’aurora per riposarsi dalla lunga attenzione prestata nella notte in attesa dell’alba: “ma appena / in filigrana / del tuo nome / paziente / intreccio il nido” (pag. 73).
Il percorso che la poeta ci invita a seguire non è dei più semplici: la scelta del verso breve pone al lettore una severa attenzione che sovente distacca dal godimento della poesia pura per affermare costantemente il proprio anelito ascetico: “(…) è primavera / sussurro / che è più vivo / chi più spera / chi non domanda / ancora / e non s’arrende / chi vive / per quell’aria che / ci prende / e che ci porta a casa / chiarascura.” (pag.9). “Il polline / fedele” l’umanità che ha Fede senza porsi eccessive domande, che si lega al Mistero, intriso nella nostra stessa natura, che non svela mai completamente le sue trame, nel chiaroscuro della sofferenza terrena, per raggiungere la casa del Padre (e della Madre) alla quale tornare.
I pronomi come “chi ” si fanno strada nel percorso delle composizioni ad indicare una umanità prescelta, toccata dalla luce per non cadere nel terrore di: “È questo l’altro buio / da temere / quello che viene / dallo specchio al sale / con le parole / dentro la ferita” (pag. 16). Le anafore accentuano il rigore del racconto e la fase personale della poetica affiora lentamente dall’universale al particolare attraverso una miriade di richiami alla Natura e alle sue esplosioni di vita.
L’incertezza dell’Umanità in questo secolo è tragica. La parola del Vangelo e delle sue parabole in questa raccolta vengono a portare conforto al lettore che avverte la Fede come punto chiave della propria esistenza e conduce il viaggio rimarcando le parole del Maestro che Adelaide Ricci esprime in questo modo nei suoi versi: “(…) non è tempo / della lotta torva / ma del bastone / nudo / del profeta / alto / verso la strada / sola / in luce / diritta / come il viso / la parola”. La forza concentrata nelle scaglie di roccia disseminate lungo il cammino dalla Nostra scuotono il lettore e lo trasportano in una dimensione alta, fortemente spirituale, capace di trovare la forza di resistere alle malattie generate dalla stessa Umanità in Progresso che mietono miliardi di vittime: dalla Fame alla schiavitù, dalle Guerre alla disperazione, dal rifiuto della diversità alla mancata accoglienza, dal razzismo al nuovo colonialismo, dall’ignoranza alla violenza sulla parte debole del genere umano.
Ben vengano le raccolte poetiche come questa della Ricci a richiamarci al senso vero dell’esistenza e al senso ultimo del fine vita. Ben vegano i suoi versi a risvegliare in ognuno di noi il motivo reale per cui siamo venuti al mondo: essere di aiuto a noi stessi e agli altri, lasciare dopo di noi “un prato verde dove far nascere speranze” altrimenti è inutile accumulare, accumulare e consumare. Cogliamo questo significato nei versi della Nostra a pag. 71: “(…) verrà / segreto / il frutto / e mendicanti / saranno / i tuoi poeti / più felici.”
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