domenica 7 dicembre 2014

Se non hai il tuo corpo… di Fulvio Segato

4 poesie di Fulvio Segato


Se non hai il tuo corpo,
quando non ne senti il sangue
scorrere, e i tuoi occhi vedono
ma forse si ingannano
e le mani che non prendono
le gambe non corrono,

quando succede
e tutto intorno tace
solo il fiume urla
e le voci sono chiuse
in quegli armadi, 

sotto i tappeti frugati e stinti

sei nella cucina
nell'angolo caldo
che si chiudeva su di te,
la finestra è aperta
su una luce di pomeriggio
incerta e vaga,

in un giorno qualsiasi
di quelli che hai vissuto
che ti ha fatto mangiare
crescere nel silenzio.

Anche agli alberi succede
e ai fili d'erba.

Ad ognuno di loro.


***

Eravamo messi in un posto,
qualcuno rovesciava le tazze
altri le riponevano nelle credenze.
Il tempo faceva di contorno
circondava, andava e ritornava,
sempre sé stesso, sempre tempo.

Eravamo quel posto
il centro, la sua periferia.
Eravamo la sua terra e
le sue coste.
Eravamo il suo centro, 

ora sì,

soltanto ora

lo sappiamo.

***

Le mani che ti frugano, afferrano
serrano con dita e unghie sporche
le tue cose da tempo stipate
dietro le porte, ordinate sulle mensole
che una luce di primavera tiepida
riscalda quando trafila dai rollè,

malsicure mani, che rompono
frantumano buttano all’aria
disfano gli album ordinati,
le polaroid sparse a terra
sempre più gialle

io intanto sono qui,
scrivo per tenere ferma
la riva, per l’abitudine
che ho di declinare verso
l’acqua e la paura di trovare
un letto asciutto, i pesci
incastrati fra i sassi scoperti,
il loro guardare il cielo per
la prima volta,
non potendo dire di quanto
sono belle le nuvole,
così grande è la bellezza
così breve il momento.


***


Quest’acqua qui

Quest’acqua che bevo, quest’acqua qui
circondata dalla tazza è venuta sfaldata
dai cappotti chiari dei monti, in cammino
pendente fra gli abeti - quest’acqua qui
è un denso del cielo, un ritrovo di nubi
e uccelli – è da milioni di anni, dal buio
indiscusso dello spazio, dalle pieghe scure
di un tessuto sporcato di stelle, la stessa
– quest’acqua qui – bevuta da uomini
coperti di pelli da donne rifugiate
attorno al fuoco i nati fra le braccia.

Nel momento della resa
avvicino l’orecchio alla superficie,
l’occhio, e ci guardo dentro
e ascolto
soprattutto ascolto.

Nessun commento: