lunedì 30 agosto 2010

Attenzioni 18 e 19 Settembre a Crema

Circolo Poetico Correnti

presenta


Attenzioni

18 e 19 Settembre Porticato Comunale P.zza Duomo Crema (Cr)

Programma Eventi

Sabato 18 e Domenica 19 dalle 10:00 alle 19:30

Attenzioni Poesia A Strappo
La manifestazione Poesia A Strappo, itinerante per le piazze ed i luoghi dell’italia , giunge a Crema dove è nata nel 1995. Essa permette al lettore di effettuare lo strappo delle poesie degli autori assemblate in blocchi e posizionate su pannelli creano così una piccola antologia personale di poesie attraverso la libera scelta dei testi esposti.

Sabato 18 e Domenica 19 dalle 10:30 alle 19:30
Correnti Nomadi Rassegna di Videopoesia
Video proiezione in loop (52’)
Autori dei video:
Massimo Arrigoni Davide Bramante Roberto Rossini Patrizia Monzani Michele Lambo Fludd Caterina Davinio Semiolabile cinematografica Maria Korporal Maria Grazia Martina Elena Chiesa Giovanni Fontana Angelo Ricciardi SempreCreativaPoetica




Sabato 18 dalle 17:00 alle 18:00
“Denti, Ossa, Carne, Ictus”
con Dome Bulfaro (testi, voce) e Massimiliano Varotto (musiche, batteria)
“Denti, Ossa, Carne, Ictus” è un reading senza tregue. Il duo formato dal poeta e artista Dome Bulfaro e dal batterista Massimiliano Varotto propone un excursus poetico-musicale, sperimentale ma diretto, frutto di una collaborazione che dura da ben 13 anni: dalle poesie dette a denti stretti, con due dita in gola e l’ultima parte del respiro, alle ultime composizioni apocalittiche tratte da “Milano Ictus”, spettacolo che debutterà al Teatro Filodrammatici di Milano il 29 ottobre. Video di Alessandro Leone (Ester Productions, 2008)
Dome Bulfaro (Bordighera 1971) è poeta, performer, artista. Ha pubblicato “Ossa. 16 reperti” (Marcos y Marcos 2001), “Carne. 16 contatti” (D’IF 2007) vincitore del Premio di Letteratura “Giancarlo Mazzacurati e Vittorio Russo”, “Versi a Morsi” (Mille Gru 2008). Sue poesie sono state pubblicate in America (Interim, 2006) e in Scozia (Luath Press/ Torino Poesia 2009) tradotte dal poeta americano Christopher Arigo. È ideatore e direttore artistico di PoesiaPresente
Massimiliano Varotto (Busto Arsizio 1971) è batterista, percussionista e didatta. Ha studiato batteria e percussioni con i maestri Graziano Rampazzo, Stefano Bagnoli e Michael Quinn. Musicista eclettico spazia dal rock al jazz alla musica classica e contemporanea. Svolge un'intensa attività didattica. Dirige dal 2005 l'ensemble di percussioni Danno Compound.

Objects

Performance con Video Oggetto Palindromo
di e con Alberto Mori (testi , voce)

La reinvenzione degli oggetti nell’oralità audio sensoriale dei testi di Objects (Fara Editore 2010). La trasformazione e ricomposizione della parola “Palindromo” attraverso una video interazione urbana e fonetica. Video a cura della SempreCreativaPoetica (2010).
La performance dopo Villafranca (Primavera del libro), Verona (riflessi della poesia presente), Cremona (Libreria Ponchielli) è in costante mutazione estetica rispetto ai luoghi ed agli spazi incontrati dall’azione.

Alberto Mori, poeta performer e artista, in più di vent’anni di attività ha costruito e alimentato una personale attività di ricerca nella poesia, utilizzando di volta in volta altre forme d’arte e di comunicazione, dalla prosa alla performance, dall’installazione al video
e alla fotografia. Nello stesso tempo, ha collaborato con molti fra i più noti poeti contemporanei, italiani e stranieri, per la realizzazione di letture pubbliche, manifestazioni ed eventi dedicati alla poesia. Ha all’attivo numerose pubblicazioni.Nel 2001 Iperpoesie (Save AS Editorial) e nel 2006 Utópos (Peccata Minuta)sono stato tradotti in Spagna.
website: ww.albertomoripoeta.com


Sabato 18 dalle 18:00 alle 19:30

Reading dei poeti

Alberto Filgiolia e Clirim Muca Anna Maria Ercilli
Maria Grazia Galatà Angelo Magro Renato Sclaunich
Meeten Nasr Luisa Colnaghi Liliana Ebalginelli

Domenica 19 dalle 11:00 alle 12:00
Reading dei poeti
Susanna Farina e Denise Valentino Alessandro Magherini
Andrea Garbin Igor Paulinich Athos Montuori
Giovanni Uggeri Lorenzo Mari Francesca Stella Riva





Domenica 19 dalle ore 17:00 alle 18:00
O.P.M. (Organismi Poeticamente Modificati)
presentano
La storia inizia indietro

Con Mauro Righi, Giuliano Mori, Andrea Frighi (Testi e voce)
Maurizio Forte, Riccardo Francini (chitarra)

La storia inizia indietro perché la storia è fatta di momenti già avvenuti che si ripercuotono continuamente sul presente, cuciture forzate che non si strappano e tengono insieme il tessuto delle storie di ognuno di noi. In questo percorso poetico e musicale vengono colti degli attimi che potrebbero essere delle scelte, ma anche delle non scelte, le poesie e le canzoni che verranno lette, recitate o cantate fermano alcuni episodi, anche minimi, che andranno a comporre le nostre storie, gli attimi di un percorso che determina il presente di ognuno.
Gli O.P.M. (Organismi Poeticamente Modificati) sono uomini a basso consumo, amano le necessità a piccolo impatto energetico e si prodigano per diminuire le emissioni di co2 dando fiato solo alle parole necessarie cercando di salvaguardare il gene della poesia per svilupparlo con metodi naturali, rafforzarlo e farlo sopravvivere senza modificare la sua natura profonda. In un mondo che considera la poesia una noiosa eccezione, gli O.P.M. vogliono tutelare le parole, renderle resistenti agli agenti patogeni e atmosferici, al consumismo sfrenato, agli edificatori selvaggi, ai coltivatori chimici, agli inquinatori patologici e ai dissipatori di energia.Gli O.P.M. fanno poesia e musica attiva, una poesia cantata e letta ogni volta in modo diverso, una musica che vive nel tempo e nell’improvvisazione della parola.
www.maurorighi.it/opm.htm
www.myspace.com/organismipoeticamentemodificati

Domenica 19 dalle 18:00 alle 19:30

Reading dei poeti

Alessandro Assiri Monica Ferretti Dana Drunk Luca Ariano
Manuela Dago Paolo Triulzi Benny Nonasky Fabio Barcellandi

Il poeta guida della manifestazione è Allen Ginsberg del quale saranno esposti testi e materiale documentativo.
Durante le due giornate verrà videoproiettato in alternanza alle videopoesie il video :Wichita Vortex Sutra ( 9’18’’-2010) del regista Antonio Meo della VideoAlok Prod. ,il quale ha realizzato questo documento in video del poeta Allen Ginsberg con immagini che esprimono la sua filosofia di vita ed il suo desiderio di libertà che si espande dal corpo verso l’amore universale.L’audio è una registrazione live del reading del poeta effettuata al Teatro Dada’ di Castelfranco Emilia (Mo) nel 1992. Musica: Philip Glass.Il testo Wichita Vortex Sutra è contenuto nel libro “Mantra del Re di Maggio – Sandwhiches di Realtà”(1953-1960).
Antonio Meo è nato a Milano nel 1956. Autore con esperienze non omologate partecipa e anima diverse iniziative artistiche con i gruppi di Quarto Oggiaro, “Situazione Creativa” e “Poesia Metropolitana”, a Milano. Dal 1974 promuove l’occupazione del centro sociale del quartiere ove si svolgono happening, concerti, incontri da dove inizia ed alimenta le sue prime esperienze fertili nel video. Nel 1982 vince il premio Rai filmakers. Gira un documentario su New York City ed inizia a realizzare video e videoclip. Alla fine degli anni novanta fonda le Produzioni Video Alok che documentano trai vari interventi le esibizioni milanesi di Alexandro Jodorowskj ed interviste ad Asia Argento Tom Robbins John Perry Barlow. www.videoalok.it



Nelle giornate della manifestazione sarà visibile al pubblico
l’installazione fotografica di Carlo Bruschieri







Tutti gli eventi sono organizzati dal Circolo Poetico Correnti
e sono a partecipazione libera del pubblico e dei visitatori


Per informazioni : 339 4439848 0373 86560 albmor3@tin.it Alberto Mori

Si ringrazia: Comune di Crema , Tipografia Locatelli di Crema.
Per la collaborazione tecnica : Ass. Alice nella Città.
Per la collaborazione alla rassegna di videopoesia:
Harta Performing Monza ,Nicola Frangione, Gino Ginel.

“Il poeta è l’organizzatore dei sogni”

venerdì 27 agosto 2010

da "Sputami a mare" (di Stefano Bianchi)


Inverno

Se devi fare il tuo sporco lavoro
fallo!
Se è l’ora di dormire
che si dorma!

Non lasciarci appesi
a filuncoli di raggi inutili
foglie abbarbicate
a rami stanchi
di loro
d’averle
in questa lenta
in questa finta
eutanasia.

Intridi d’acqua
questa sabbia fredda
ramazza di venti
queste foglie gialle
e queste rosse,
anche.

Smetti alfine
la finzione
smetti ambigue nostalgie.

Se è ora di dormire
che si dorma!
Se devi fare il tuo lavoro
fallo!

Sta a te tirare i dadi
a noi andare
di casella in casella.

È il turno

niente di triste
niente di che.

Il gioco dei perché

Chissà dove chissà quando
troverò una verità
che non ha niente del tuo sguardo
dei tuoi occhi
di te
niente.

Sarà forse sulla via
che ho imboccato stamattina
o dovrò perdermi ancora
mille strade?

Sarà forse sulla luna
o sulla via per casa mia?
La riconoscerò
come un fiore di campo
dai colori e dal profumo
se la incontro
o da cos’altro?

Sarà che poi l’incontro
o non mi basteranno gli anni?
Sarà che c’è davvero
o sarà che non si sa?

O è così un po’ per tutti?

Frammento

È difficile a volte
stare nel presente
i ricordi ed i sogni
costano meno.

Malìa

Quale malìa nuova
questa sera!
Incantami,
ci piangerò, ci morirò, ci starò male
altro non chiedo
che voglia di sbagliare!

Quanto tempo che è passato
quanto,
senza un pianto, né uno sbaglio!

Che carnevale principessa!

Che voglia di raccoglier
la tua scarpa dopo il ballo
che voglia d’abbandono
alla piena del tuo fiume.
Spazzami via,
sputami a mare
come un ramo già caduto.

Presto saprai chi sono
e non ti piacerà,
le mani…
dove mettere le mani?
Avrò gesti, avrò parole che non so
ti porteran lontano,
ti porteran vicino…

Non ho che da sbagliare
un’altra volta
non ho che da rischiare
di perderti per sempre
non ho che un mare di presente
finalmente.

Le foglie di novembre

Vivo solo di parole
aria e fumo
son le foglie di novembre
sui marciapiedi colorati
dell’autunno.

Le mie suole

un soffio e vanno qua
un niente e volan là
van dove le porta
stan dove le lascia
il vento.

C’è chi segna sulla mappa
la strada di ogni giorno
li vedi con l’ombrello
che sia sole o che sia pioggia

orologi

i loro viaggi, loro imprese
han mete programmate
tempi misurati.

Pure

van dove li porta
stan dove li lascia
il vento.

Pace

Scorta appena tra i filari delle viti
intravista nei grappoli succosi
che mi porgi con le dita
e di cui gravi la mia mano
piena di tutto ciò che è
niente.

Solo ora lo capisco, vedi?

Quanta più sete avrebbe estinto
la stilla benedetta di quest’uva
l’avessimo anche solo raccolta
assieme.

Te che tante volte la vedi crescere
dalla terra inseminata dalle unghie
tue nere di lavoro
e tante volte arata.

L’avessi una volta sola calpestata
prima di berne a sbafo il tesoro
che l’acino conserva
come perla la conchiglia
rosso di rubino dietro il vetro
se lo guardi in controluce.

È pace che ho intravista?

Dimmi sì fratello in bianco
che non è il solito abbaglio
che sono ancora in tempo
per ogni sbaglio.

Il tesoro sepolto

La mia vita è un giardino che s'affolla
ed io non ho più il tempo di cercare
il tesoro che ho sepolto
quando gli anni erano pochi
né l'amore che ho nascosto
tra le pieghe della gonna
In cui danzasti quell'inverno.

È l'eco dell'urlo che a lungo
seppi soffocare
in nome di una pace
che non ho mai saputo
come quella sera
che urlammo alla lunale cose sognate.

La voce del faro

La sirena del porto
dice la nebbia di novembre
e il giorno dei morti
mi sorprende

vivo

nonostante la pioggia ed il vento
che ramazzano la notte.

Sento
la voce dei merli
dal giardino,
i richiami della madre
lontano il merlotto
scorazza bambino
e non stacca il volo.

Voi cari morti
invece
non parlate
non tradite il segreto
del grande capo, eh?

Pure vi vedo
a spazzare le foglie del giardino
e accompagnarmi il sonno
fino al mattino.

Dite ancora una volta
vi prego
i noiosi e stanchi consigli
preziosi lo so

diteli, diteli …
che non li sento
non li sento.

Come le manine[1] di marzo

Come le manine di marzo
come l’ultima foglia
gialla accartocciata
al vento di settembre.

Come gocce dietro i vetri
quando piove
che scendono lente
lungo linee pazze
si sfiorano un attimo
in unica goccia
e di nuovo scendono
scisse ed ubriache.

Come rami, come tronchi
che il mare d’inverno
schianta alla riva
da chissà quali fiumi.

Come noi.

Forse tutto è nella corsa
lontano l’approdo
troppo
non perderci un giorno
a pensarlo.

Vedi, a volte un raggio di sole
un sorriso, un incrocio d’occhi
quasi impercettibile, tanto di fretta
l’ hai visto passare,

uno scorcio verde di prati immensi
o l’azzurro di un mare
all’improvviso da dietro una curva

ci fan così insensatamente
felici.

Altre poesie: http://farapoesia.blogspot.com/2007/01/iii-di-stefano-bianchi.html

lunedì 23 agosto 2010

albero albero chiede aiuto




carissimi amici e poeti
questa notte gli alberi del Parco Leopold hanno combattuto una lunga lotta contro la tempesta. Il vento ha spezzato alcuni alberi importanti, proprio sul fianco sinistro della casa della poesia.

L'albero dove appendiamo le vostre poesie ha resistito con coraggio ma altri non ce l'hanno fatta. Alcune foto Vi mostrano i disagi ed i danni.

Facciamo un appello, abbiamo bisogno delle vostre poesie per incoraggiare gli alberi feriti ed aiutarli in questo momento. Ogni poesia che vorrete spedire a latelasonora@gmail.com - verrà stampata ed appesa ai rami, in segno di lutto ed allo stesso tempo a simboleggiare la vittoria di quelli più forti che hanno resistito.
Grazie fin d'ora

Gabri Ti.

Vincitori “Città di Fabriano” 2010


PREMIO NAZIONALE DI NARRATIVA E POESIA “CITTA’ DI FABRIANO”
III EDIZIONE

Ministero per i Beni e le Attività culturali
Regione Marche
Comune di Fabriano
Associazione “La Città del Libro”


Premiazione sabato 27 novembre 2010 all’Oratorio della Carità (ore 17.30)

Giuria Tecnica


Umberto Piersanti (poeta e docente universitario di Sociologia della Letteratura)
Alberto Bertoni (poeta, critico e docente universitario di Letteratura italiana)
Giulia Massini (narratrice e ricercatrice universitaria)
Alessandro Moscè (poeta, critico e giornalista culturale)

Giuria Popolare composta di 60 persone (30 per ogni sezione)




Finalisti sezione narrativa:

Davide Barilli - Le cere di Baracoa (Mursia, Milano 2009)
Mauro Covacich - L’amore contro (Einaudi, Torino 2009)
Antonio Franchini - Signore delle lacrime (Marsilio, Venezia 2010)

Finalisti sezione poesia:

Maria Grazia Calandrone - Sulla bocca di tutti (Crocetti, Milano 2010)
Gianni D’Elia - Trentennio (Einaudi, Torino 2010)
Francesco Scarabicchi - L’ora felice (Donzelli, Roma 2010)

Premio alla carriera a Vincenzo Cerami (scrittore e sceneggiatore)


I finalisti sono stati indicati dalla giuria tecnica. La giuria popolare decreterà il vincitore unico. La somma di denaro prevista per il vincitore è di euro 3.000 per ogni sezione.



Associazione “La Città del Libro”, Piazza Giovanni Paolo II, 10. C/O il settimanale “L’Azione”. Telefono: 339/1579422 - fax 0732/22330.
Direzione: Alessandro Moscè


*

Presidente del Premio: Dr Marco Ottaviani
Direzione: Avv. Alessandro Moscè
Presidente della Giuria Tecnica: Prof. Umberto Piersanti
Segreteria: Antonella Chiari

Parco poesia 2010

3, 4 e 5 Settembre Riccione

ci saranno:

Mario Benedetti, Alberto Bertoni, Rosita Copioli, Milo De Angelis,  Roberto Galaverni, Marco Goldin, Mariangela Gualtieri, Paolo Lagazzi, Gianfranco Lauretano, Viviana Nicodemo, Umberto Piersanti, Giancarlo Pontiggia, Davide Rondoni, Gabriella Sica, Marco Antonellini, Gabriele Bertozzi, Roberta Bertozzi, Davide Brullo, Alberto Casadei, Chiara De Luca,  Evelina De Signoribus, Matteo Fantuzzi, Francesco Filia, Federico Italiano, Stefano Leoni, Daniele Mencarelli, Stefano Maldini, Marco Marangoni, Alessandro Moscè, Matteo Munaretto, Daniele Piccini, Alessandro Rivali, Francesca Serragnoli, Rossella Tempesta, Matteo Veronesi, Matteo Zattoni

Gli autori più giovani dell'edizione 2010

Filippo Amadei, Marco Aragno, Marco Bin, Marco Bini, Andrea Cati, Serena Di Biase, Tommaso Di Dio, Valerio Grut, Franca Mancinelli, Massimiliano Mandorlo, Marco Pivato, Rossella Renzi, Anna Ruotolo, Roberta Sireno, Sarah Tardino, Paolo Valentino 
 

domenica 22 agosto 2010

Intervista ad Alberto Mori di Andrea Garbin

A.G. Scorrendo la tua bibliografia si può notare come i tuoi libri vadano ad affrontare ogni volta una differente "zona" della quotidianità. Cosa ti ha spinto a fare questa operazione e come avviene la scelta? E' una cosa naturale che viene da te o c'è qualcosa in queste "zone" a fare da richiamo? E a distanza di tempo ti capita di rielaborare, notare mutazioni nelle "zone" o punti d'incontro tra esse?


A.M. A circa metà degli anni ’90 ho compiuto un vero e proprio nuovo orientamento del corpo sensoriale nella mia poesia ed ho approfondito nei versi il rapporto con i linguaggi della contemporaneità che hanno loro ambito naturale/artificiale nei luoghi dove vengono posti in essere dalla loro pratica quotidiana: In un supermercato,mentre si compie una transazione, durante uno zapping, ecc. esiste un esiguo margine dove la poesia insinua ed evidenzia la sua presenza, la sua procedura. Ad inizio secolo, anche attraverso un rapporto personale sempre più assiduo con la fotografia ed il video, ho notato la mutazione antropica dei luoghi che in pochi giorni cambiamo stereotipi nei design architettonici e rendono la presenza umana sempre più touch screen mentre talvolta a pochi metri vi sono macerie distruzione ed oblio. Vi è comunque una notevole differenza nel mio fare poesia fra “Zona” e “Luogo”.La zona viene rilevata dopo un vagare a vuoto e senza meta e ne vengo attratto come pura e semplice fascinazione iniziale dello spazio. Il luogo invece diventa il mio vero e proprio lavoro, perché lo affronto e lo sperimento nelle sue possibilità. E’ lo spazio dell’azione.

A.G. Avendo assistito più volte ai tuoi reading, o meglio alle tue performance, per il lavoro sui suoni e sulle vocali che fai con la tua voce interagendo con immagini e altri suoni o voci registrate, ho notato più volte, tra il pubblico, persone spiazzate da questo modo di proporsi. Per contro altre persone rimangono folgorate da alcuni termini tanto da memorizzarli e continuare a ripeterli. Non so se hai mai avuto questa impressione. Cosa credi possa creare questi scossoni nel mondo del linguaggio dei lettori/uditori?


A.M. E’ una forma di reattività che è implicita nel processo della performance stessa, la quale non è mai qualcosa alla quale si assiste passivamente, ma mentre è in azione riorienta le percezioni : per giungere a questa presa di coscienza il poeta performer deve lavorare sulla medialità della parola e lo spettatore/uditore partecipa a questa coralità che crea l’evento mettendo in gioco la propria sensibilità personale e dunque anche le proprie cesure e negazioni

A.G. Quali sono stati i tuoi poeti di riferimento, nella prima fase della tua formazione poetica, e quali sono adesso, se sono cambiati?

A.M. Poeti di vero e proprio riferimento non ho mai avuto nessuno, poiché fin dalla prima adolescenza mi sono occupato solo ed esclusivamente di me stesso, ma ho avuto ed ho certamente grandi passioni di studio per altri poeti .Da sempre però soltanto tre nomi: Charles Baudelaire Andrej Tarkovskij e Carmelo Bene, che voglio incontare per condividere esperienze anche in un'altra vita.

A.G. Io però nel tuo percorso vedo anche una certa consanguineità con due poeti: Emily Dickinson e Yves Bonnefoy. La prima nel dire che “il giorno in cui la parola è detta inizia a vivere” e il secondo nell’affermare “parola che più la ripeti e più consolida la propria esperienza”. Sei d’accordo?

A.M. Il discorso qui si sposta sul piano dell’esperienza della parola nel rapporto con il tempo dell’esistenza e se debbo coniugar(mi) le tue affermazioni credo che possono essere accomunate nel fare del presente. Attraverso quel margine di ineffabile che permette alla vita di essere poesia.

A.G. Come valuti invece la situazione della poesia contemporanea?

A.M. Credo che si trovi ad una svolta epocale poiché attraverso molteplici percorsi sempre più interessanti e stimolanti è divenuta consapevole del suo destino quotidiano di resistenza umana nei confronti di tutto il mondo che la ignora e con tutti i mezzi ed espedienti possibili la mette fuori gioco.

A.G. Quale credi sia il motivo per cui il mondo di oggi ignori la poesia?

A.M. Vi è un motivo di carattere strettamente esistenziale: un vero poeta è voce della natura umana che mette i suoi simili di fronte a sé stessi e non tutti gli uomini vogliono o possono fermarsi ad ascoltare la parola della poesia per uno scatto ulteriore della propria condizione spirituale e sensoriale verso una migliore qualità attentiva verso il mondo. Ve ne è un altro che riguarda invece l’atteggiamento culturale nei suoi confronti: La poesia spesso viene relegata ad una assurda superfluità attraverso la quale ogni forma di esibizione da quella personale a quella istituzionale sembra possibile ma in realtà la cancella e depotenzia arbitrariamente.

A.G. Tra i molteplici percorsi, visto che non possiamo non guardare all’estero, però mi viene in mente ora quello del poeta Eduard Limonov, in Ucraina, divenuto leader politico di un partito estremista che inneggia alla rifondazione di un impero euroasiatico governato dai russi, e che disprezza apertamente le minoranze etniche. Come vedi questa scelta.

A.M. Deve far riflettere, poiché la poesia e la politica divergono completamente da scelte ideologiche e particolaristiche. Uno dei compiti antichi della poesia è di restituire quello che vede, qualsiasi cosa accada, con senso etico condivisibile da tutti gli uomini: se nella poesia si rompe o fraintende questo patto con gli altri uomini si entra nella menzogna e successivamente nella disumanità.

A.G. Uno sguardo sulle avanguardie dell’ultimo secolo?

A.M. Credo che si possa parlare di come si sono trasformate: e da questo punto punto di vista la sinestesia e l’interattività abbiano esteso il concetto di politesto che è eredità degli anni ’80. Si sperimentano parole sensoriali e corpi digitali a loro connesse proprio perché cambia anche il fruitore della poesia che vuole anche vedere e toccare un testo e questo è qualcosa di davvero positivo perché il senso mediatico e mediale della poesia la integra sempre più armonicamente nell’arte e nelle arti performative.

A.G. Tornando al tuo percorso poetico. Col “Circolo Poetico Correnti” organizzi da anni i festival itineranti di “Poesia a strappo”. L’ultimo si è svolto a Bolzano. Vuoi spiegare di che si tratta esattamente, come è nata l’idea, quali obbiettivi aveva, se li ha raggiunti, e cosa hai potuto osservare in questi anni?

A.M. L’idea è nata nel 1994 .Poesia A Strappo rende pubblica la poesia nei luoghi e negli spazi pubblici delle città attraverso l’esposizione di blocchi di poesie inviate dagli autori assemblate e posizionate su dei pannelli dove avviene lo strappo. Il passante/lettore incontra così la poesia. Uno degli intenti di Poesia A Strappo è quello di rendere pubblica la poesia. Essa non ha un obbiettivo, ma attraverso questo semplice concetto si può osservare una vasta gamma di proposte di poesie e di lettori. La raccolta delle poesie è aperta a tutti ed ogni edizione della manifestazione sperimenta nei luoghi una vera e propria rete di relazioni aggregando i poeti anche con i loro stessi reading con le performance mantenendo il suo carattere di happening in progress viaggiando per l’Italia.

A.G. È uscito il tuo ultimo libro, intitolato “Objects”. Ti va di parlarne?

A.M. Penultimo poiché l’ultimo si intitola ArchiScritture ed è edito da Lampi di Stampa. In “Objects” (Fara Editore) lavoro sugli oggetti di poesia. Alcuni sono fotogrammati in versi nella loro evidenza.Decontestualizzati e ricostruiti.Altri sono puramente linguistici e vivono nelle accezioni straniate dalla loro forma semantica .Essi sono di volta in volta posti sul set della pagina e talvolta alcuni raggiungono quasi una loro metafisica paradossale. “Objects” è accompagnato nelle presentazioni da performance e videoproiezioni che a loro volta supportano e reinventano foneticamente e visivamente la loro decostruzione e ricomposizione immaginaria e ludica.

A.G. A questo punto, vista la tua prolificità, non posso fare altro che chiederti di “ArchiScritture”.

A.M. ArchiScritture ha come principale tematica il rapporto fra poesia ed architettura E’ suddiviso in quattro parti “Cantiere” “Stanze” “Casa” “Decostruzione” ed Ogni parte ha un rapporto diverso della parola/spazio In “Cantiere” ciò che è in opera e che scomparirà nell’edificazione In “Stanze” vi è la qualità interiore dell’abitare In “Casa” l’edificazione con le corrispondenze parole/corpo dell’architettura In “Decostruzione” la dissolzione verso un ulteriore spazio una volta raggiunto Il grado “Zero”. Ogni sezione è introdotta da una mia fotografia ed introdotta da citazioni di autori di 4 arti diverse : Bernard Tschumi (Architetto –Cantiere) Charles Baudelaire (Poeta –Stanze) Andrei Tarkovskij (Regista – Casa) jacques Derrida (Filosofo- Decostruzione)

venerdì 20 agosto 2010

l'albero della poesia




carissimi amici poeti lontani e vicini, ecco le foto degli alberi che ospiteranno le poesie al parco Felix Hap


intanto l'esperimento davanti alla casa della poesia nel parco leopold di BXL continua


Tanti passanti oltre a raccogliere le poesie dall'albero lasciano anche doni musicali e libri.
abbracci sonori da bxl




d


mercoledì 18 agosto 2010

News da Centro Dantesco di Ravenna

4 - 28 settembre 2010 - Ravenna - Vari luoghi del centro storico

Un mese dedicato a Dante: il settembre dantesco


Settembre è il mese in cui Ravenna mostra la propria identità dantesca attraverso diversi eventi di animazione culturale, fra cui Dante 09 con appuntamenti dedicati alla centralità e all'importanza di avere un maestro nella nostra vita, il programma del Settembre Dantesco che riflette sul tema del tempo che fugge, le letture internazionali della Divina Commedia nel mondo, le cerimonie dell'annuale della morte del Sommo Poeta.


Programma:

Dal 4 Settembre al 2 Ottobre
La colpa, la pena, l'estasi in Dante
Chiesa di San Domenico - Urban Center, Via Cavour 1
La mostra, presentando tutte le xilografie originali di Gustave Doré dedicate alla Divina Commedia, dà al visitatore il raro piacere di poter ammirare, con un colpo d'occhio, la successione delle immagini: dalla colpa alla pena e infine l'estasi.Altri artisti-illustratori nostri contemporanei sono presenti in questa esposizione e si cimentano con singoli personaggi o situazioni legate alle tre Cantiche dantesche. Oltre a regalare emozioni e riflessioni, ci danno la misura del debito e dell'affrancamento dal Doré. Inaugurazione sabato 4 settembre ore 11.00.
Tel. 0544.482900 | www.urbancenter.ra.it

Dal 9 all'11 Settembre
Dante09: "m'insegnavate come l'uom s'etterna" (Inferno XV, 83)
Antichi Chiostri Francescani, via Dante Alighieri e Piazza del Popolo
Tre giorni ricchi di appuntamenti: un festival scandito da musica, letteratura, conversazioni con scrittori e poeti, spettacoli. Una rassegna indirizzata non esclusivamente alla lettura da parte di esperti, ma pensata per ogni tipo di sensibilità e formazione, dagli studiosi ai semplici curiosi. Organizzazione a cura di Laboratorio delle Idee.
Tel. 0544.35404 - 051.4211888 | www.dante09.it

Domenica 12 Settembre
Celebrazione del 689° Annuale della morte di Dante Alighieri
Municipio, Sepolcro di Dante, Basilica di San Francesco, Biblioteca Classense, Piazza del Popolo
Ogni anno, nella seconda domenica di settembre, la città di Ravenna rende omaggio al Sommo Poeta con la celebrazione dell'annuale della morte, avvenuta a Ravenna nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1321. In tale occasione il Comune di Firenze offre in dono l'olio delle colline fiorentine che alimenta la lampada argentea posta all'interno della Tomba di Dante.
Conferenze, mostre, concerti, spettacoli, mercato medievale con gruppi storici nella zona dantesca della città.
Tel. 0544.482150 | www.classense.ra.it

Dal 14 al 27 Settembre
Settembre Dantesco: "Vassene il tempo e l'uom non se n' avvede" (Purgatorio XII)
Biblioteca Classense, Piazza San Francesco
La manifestazione si avvale di un programma di grande respiro culturale, ideato e realizzato dall'Opera di Dante e dall'Istituzione Biblioteca Classense e apre ufficialmente con le celebrazione dell'anniversario della morte del Poeta. Tra i vari ospiti: lo scrittore Marco Niada, il fisico Mauro Dorato, lo storico dell'arte Andrea Emiliani, il neurologo Arnaldo Benini, il filosofo Giacomo Marramao, l'attore Fabrizio Gifuni.
Tel. 0544.482112 | www.classense.ra.it

17, 24, 30 Settembre
Progetto Dante: La Divina Commedia nel Mondo
Basilica di San Francesco
La XVI rassegna di letture internazionali in tre versioni dei canti della Divina Commedia, con la partecipazione di studiosi e lettori di ogni parte del mondo, è definita un evento unico mai registrato nella storia della critica e della divulgazione dantesca. Versioni 2010: lingua Lituana, Serba e Inglese. Ogni venerdì alle ore 21.00, a cura di Progetto Dante.
Tel. 0544.39972 | www.centrorelazioniculturali.it

Ed inoltre:
Complesso Monumentale degli Antichi Chiostri Francescani della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
Via Dante Alighieri
Gli Antichi Chiostri Francescani, che dai prossimi mesi ospiteranno di nuovo il Museo Dantesco, nel corso del mese di settembre riapriranno in occasione degli eventi di Dante 09 dal 9 all'11 settembre alle 18.
Tel. 0544.215748 | www.fondazionecassaravenna.it

Lunedì 13 settembre
Dantis Poetae Transitus: "Per amor de la verace manna" (Paradiso XII, 84)
Basilica di San Francesco ore 21.00
Riletture medioevali e moderne della vocazione di San Domenico e dei frati Predicatori.
A seguire Concerto per violino e violoncello, archi e basso continuo RV 575 di Vivaldi e Exultate e Jubilate di Mozart, con l'Orchestra Città di Ravenna. A cura del Centro Dantesco di Ravenna.
Tel. 0544.33256

Sabato 25 settembre
Il viaggio di Dante e la Bhagavad-gita
Basilica di San Francesco ore 21.00
Esperienza psicologica di Inferno, Purgatorio e Paradiso per l'uomo contemporaneo.
Conferenza di Marco Ferrini, fondatore e presidente del centro Studi Bhaktivedanta di Firenze.
A cura del Centro Dantesco di Ravenna.
Tel. 0544.33256

Dal 26 settembre al 28 novembre
Vita brevis ars longa
Il sapere medico attraverso i libri antichi della Biblioteca Classense (1400-1700)
Aula Magna della Biblioteca Classense, Via Baccarini 3
Una mostra che espone i più bei libri di medicina prodotti dall'editoria europea. Inaugurazione sabato 25 settembre ore 18.00.
Orari: da martedì a sabato 10.00 - 17.00; domenica 15.00- 18.00; lunedì chiuso.

Martedì 28 settembre
Dante a scuola con noi
Teatro Rasi ore 20.45
Esperienze didattiche dantesche a Ravenna e non solo...dall'anno scolastico 2003-2004 all'anno scolastico 2009-2010. Saranno presentati alcuni dei lavori svolti dagli studenti delle scuole superiori di Ravenna, Faenza, Chioggia, Firenze, La Spezia, Mestre, Verona. Evento a cura di Dante in rete.
Tel. 339.4285697

Visite guidate tutte le domeniche di settembre dedicate a Dante Alighieri
Tel. 0544. 421247 | www.ravennariservation.it




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martedì 17 agosto 2010

Su Animali e stelle di Rosita Copioli

la collana Stampa, a cura di Maurizio Cucchi, Azzate (VA), 2010
recensione di AR

Divisa in tre sezioni (l'ossimorica “Dove brucia il mare”, la plurale “Animalia” e la siderea “Stelle”), questa godibilissima raccolta ci mostra una Rosita Copioli essenziale, domestica, intima e penetrante: un compendio particolarmente accessibile, quasi confidenziale, alla poetica a tratti sofisticata e alla cultura vastissima della Nostra.
Il libro si apre con questi versi teleologici: “Ai confini del mondo, dove brucia il mare, / dove piove zolfo dal cielo, questa nave / va, la mia, la tua nave”. Nella seconda poesia, I cancri del Novecento, troviamo un esplicito riferimento a Ivan Illich e queste pregnanti domande:  “sappiamo distinguere il mostro simbolico / da quello indotto? / La differenza che separa la generazione dei mali?” (p. 15). E nella poesia seguente troviamo questo aforisma che la titola (e che ci ricorda la arendtiana “banalità del male”): “tutto ciò  che è / più atrocemente stupido / ama replicarsi” (p. 17); e una dichiarazione di fede: “Ma chi fu vita e onore non sbagliò / sulla croce. Quella fu vita. / Quello fu onore” (p. 19).  Affrontando ancora il discorso sulla morte, nella quarta poesia Copioli scrive: “Nella libertà dell'uomo sta l'incontro / con la morte. / (…) / Se sul mare chi nuota non ha libertà, / il mare cos'è?” (p. 21).
Passiamo ora alla sezione “Animalia” dove si parla appunto di animali: “Mi sento alla loro pari, / una testimone di istanti / ripetuti all'infinito, / al riparo da noi” (Gli animali non sono il paradiso, p. 27); “tre tartarughe placide / brucano l'erba, capre del fondale algoso e basso. / (…) / lente e precise, la sapienza arcaica / nella corazza. / Forse anche per la sapienza arcaica / è servita la corazza” (Nella baia di Abu Dabbab, pp. 30-31); “i pesci si sono abituati a me, / e mi scambiano per un pesce più grosso. / Sono ormai uno di loro” (Il mio non è un mare del Sud, p. 33); “Zeus, bene ti sei fatto allattare / da una creatura rapida e leggera, / più delicata di un gatto, / più solida della roccia / che abita” (Capra di Lindos, p. 34); “ha una bellezza fiorita, / che nessun muro merita / abbastanza” (Tarantola mauritana, o muraiola, p. 37); “nella neve, i fagiani ti sentono / in ritardo. Si sparano su davanti ai tuoi piedi / spaccando l'aria quieta / spaccando il cuore come fucilate” (Fagiani nella neve, p. 39). Come si può notare da queste citazioni sparse, i versi sono carichi di una forza visiva e narrativa che risveglia i nostri sensi con acutezza, il dettaglio è colto con precisione e innesca una catena metaforica che ci scuote, direi quasi ci illumina. Il dettato è accogliente, ha macinato infinite letture e fa tesoro dell'esperienza vissuta… leggere queste pagine è come mettersi in ascolto di una voce amica e “saggia” come quella di Luzi. I versi hanno lunghezze variabili ma con un ritmo nascosto, a risacca, che fa risuonare le parole con la dovuta lentezza, caricandole di senso, di sensi.
L'ultima sezione è quella più intima: “Fu così, che infuriate le stelle / (…) / ci costrinsero a guardarci. / Noi eravamo cauti. Loro no” (Le stelle, p. 46); “Dammi la carta segreta / che ti appartiene / in un mazzo di fantasia / che non hai mai giocato. / Sono lì, nascosta. / Non hai che da prendermi / in mano. / (…) / i traumi sono superflui / qualunque cosa accada / non è nulla, ma dipende, / se ti riguarda / anche nulla” (La biglia, pp. 47-49); “mi rapiscono, e io non ho mai visto / me, come in te negli artigli / dei tuoi occhi che / si sono fatti scuri, e mi / impauriscono, come se non potessi / schiarirli, decifrarli più, / vederti” (Gli artigli, p. 50); “Scrivevo un tempo solo mossa dal dolore; / non più, hai rovesciato la mia vita” (Scrivevo un tempo, p. 51).
Animali e stelle, terra e cielo, corpo e anima… e anche le più scottanti questioni di attualità che riguardano la vita e la morte di tutti noi ospiti di questo pianeta sorprendente: “nelle tombe si rincorre la vita” (Se deve essere uguaglianza, p. 28).

lunedì 16 agosto 2010

essere-come - di Domenico Lombardini

ci siamo persi tutto, battuto
è ogni passo nelle direzioni
più sbagliate, immaginandoci,
sofisticando una materia pura,
avendo l’orrore di non essere-come...
edificandoci, poi, come immagini eroiche,
perché l’essere semplicemente
segni e non immagini di un dolore e una gioia - non basta.

se sono un’immagine: m’immagino
oggetto, e immagini sono diventati gli altri.
e il soggetto si esperisce oggetto,
e al soggetto si impone una proiezione
immaginifica: l’essere-come, che è il TUTTO,
il mezzo in which we are embedded: reificata
è la materia viva, tutti. (e tutti sono oggetti
ostensivi, la cui esistenza è
la mera esibizione di un’immagine.)

chiamarsi fuori sarebbe però come dire: voglio
essere un pazzo che emette grida
e voci disarticolate. in poche parole
il sistema pedagogico è: devi essere-come:
un’immagine coattiva fascinante,
un enorme e parassitico superIo.

con uno stupore degno di un’epifania,
mi accorgo che gli oggetti e le persone
hanno una consistenza, un volume,
dei limiti finiti: mi sento bene. ma con la sola
immaginazione non si può avere
esperienza, soltanto il
contatto ha ricchezza esperienziale.
ne segue che oggi prevale una percezione
della realtà fondata sulla previsione e
non sull’esperienza, sulla teoria
e non sulla pratica. l'esigenza
semplificazionista di ogni teoria (come
dietro a uno specchio ci chiediamo al massimo: cosa
si proverebbe se prendessi in mano quella mela?)
impoverisce sia la percezione di oggetti
interni, sia quella di oggetti esterni; perché la
realtà delle cose trascende sempre
i nostri vaticini, e perché manca quel virtuoso guadagno
di conoscenza emerso dall’esperienza
che crea a sua volta una migliore capacità percettiva.
per questo gli oggetti assumendo
potenzialmente qualsiasi forma e volume,
diventando evanescenti, perdono di significato e di valore.

Massimo Scrignòli su Colibrì di Anna Maria Tamburini

Cara Anna Maria,

io lei e la romagnati ringrazio molto per avermi mandato il tuo Colibrí, dono graditissimo, che sto leggendo e sfogliando con piacere e coinvolgimento. Mi fa e farà buona compagnia, perché mostra pagine rare, che attraversano il tempo e i sensi. È certamente un libro calibrato, che raccoglie i segni di una scrittura che davvero vive (è vissuta, e vivrà), nello scorrere di una linfa che abita nel dialogo continuo con la memoria, e va verso la levità di un “dire” tanto misurato quanto profondo, dove appunto la “parola” diviene (anche) un motivo di conoscenza. C’è qui la grazia di un sentimento panico che si accende con parole e riflessioni, una poesia dello sguardo e del sentimento.

Queste tue pagine resteranno nel tempo, come le buone cose che, io credo (o, meglio, spero), rimarranno oltre i rumori di questo nostro distratto e vuoto mondo…

Grazie ancora per il libro e per l’amicizia, con l’augurio, chissà, di qualche incontro con le parole.


Ti auguro una serena estate,

Massimo

Su Vista sull’Angelo di Massimo Scrignoli

Book Editore, Ro Ferrarese (Fe) 2009


recensione di Anna Maria Tamburini 

Intuire decifrare tradurre, unire unire unire… sono i verbi che il poeta sottolinea nella direzione di forme nuove della conoscenza. E d’altra parte il pensiero che separa, la tradizione del logos greco, soprattutto da Cartesio a oggi, ha segnato per intero la civiltà occidentale ma non appartiene al sentire dei poeti, o comunque è insufficiente alla poesia. Più propizio, il sogno, invece, ammette senza mediazioni allo spazio senza tempo là dove la parola è un’offerta / o la caduta di un dono.

Vista sull’Angelo  è una raccolta di soli ventinove testi, assolutamente coesa e costruita simmetricamente su cinque sezioni di cinque componimenti ciascuna, fatta eccezione per l’ultima che ne contiene nove: Senza ritorno, Il cedimento di Dio, Del Sublime, Del tempo, La Casa. Nonostante ogni componimento possa vantare una propria plausibile autonomia per lo più il discorso procede da un testo all’altro con assoluta coerenza e studiata collocazione delle reiterazioni e dei rimandi.  Alcune formule, soprattutto, si rincorrono tra le sezioni.
Ma l’organizzazione di questo percorso è strutturata con moto a ritroso: tra slittamenti numerosi dei significati nella costruzione logica del discorso (Poiché l’anima conosce bene l’uomo / l’Angelo parla con lei soltanto / quando l’uomo dorme - perché se l’uomo è sveglio l’anima non ha spazio? Allora è l’Angelo che conosce bene l’uomo!) e ossimori…, le molteplici inversioni (Se il sentiero del ritorno avrà un pensiero, p. 19; Con l’inverno per cappotto, p. 29, ai piedi delle foglie, p. 39, ) infatti ammettono all’ultima, ultima tappa di un percorso come rovesciato che è tempo della memoria e della vita. Anche la sequenza dei titoli sembra delineare tale direzione: di solito prima viene il nido, la casa, poi l’esperienza del tempo, la partenza, la soglia.. Ultima si direbbe la percezione del sublime. Ma da una vista sull’Angelo si scorge un’altra casa: il vento adesso è il confine è il titolo dell’ultimo componimento. Il confine da ultimo è vento, e dunque sono saltati tutti gli steccati. Questo, nella prospettiva della casa, che normalmente è a un tempo il luogo nel quale si vive e quello dal quale si parte per fare ritorno. Come a dire che si rovesciano infine tutte le prospettive, che la casa stessa, infine, è vento.
Il presupposto stesso da cui muove la ricerca – che inizia (e tuttavia) come prosecuzione di un discorso ininterrotto – è un interrogarsi su come uscire dal mondo:

E tuttavia



per uscire dal mondo dovremo (…)

Intuire decifrare tradurre sono tre verbi che ritornano scanditi, ciascuno un rigo a se stante, e graficamente ripartiti a scala discendente, nel testo d’apertura della raccolta, il primo della prima sezione che ha titolo Senza ritorno (p. 13 ), e  in quello di chiusura della seconda, Il cedimento di Dio (p. 33), a questo punto affiancati tutti nello stesso rigo – un solo endecasillabo –.
Il movimento discendente, tra l’altro, visualizzato sul piano grafico nella disposizione dei tre verdi nel componimento d’apertura si ripete nella dinamica dell’uscita –

Si passerà da una porta assente
che si può immaginare dietro
le scale, in basso

– e ancora, nelle parole del vecchio guardiano –

scendete sette scalini a destra.
Il luogo della fenice è un triangolo (…) –

Anche quest’ultimo verso diventa un ritornello, questa idea della rinascita, così come il precedente: dove / il pane è una luce verticale. Come a dire dove il nutrimento è la sola luce.

Il secondo componimento Entrando nel triangolo ti fermi e pensi….  Ancora la forma grafica informa sull’organizzazione del discorso:

pensi
LA VITA

quando (…)

Uscendo dietro la fenice ti fermi e pensi

                        IL DESERTO

Dalla prospettiva ultima si possono scrivere al maiuscolo la vita e il vuoto, o deserto dopo l’uscita di scena. Ma cos’è il triangolo se non la rappresentazione simbolica del mistero? Dall’uomo misurato attraverso l’enigma di senso dell’esperienza della vita e della morte.
Trovo in questa lettura della vita come luogo che cede al deserto – per quanto da posizioni molto personali e salvaguardata l’originalità espressiva e tematica di ciascuno degli autori – come un tentativo di accostamento all’opera di  Enrica Salvaneschi, autore di In vano,  che a ogni nuova raccolta ripercorre questo inesauribile e ineludibile tema. D’altra parte a Enrica Salvaneschi unitamente a Silvio Endrighi è fatto espresso riferimento per la formula Il dolore invecchia presto (p. 37) dell’ultimo loro lavoro letterario, Libro linteo (2009). 

Ma Vista sull’Angelo  è una raccolta che, pur presentando liriche organizzate singolarmente, e raccontando passaggi della propria vicenda personale, i luoghi, i momenti… annoda l’uno all’altro i testi lungo un filo assolutamente coerente di discorso, una riflessione sul “terribile” e l’eterno in presenza soprattutto di Rilke e di Eliot. Del primo, le forme del terribile, appunto, nella figura dell’Angelo; del secondo, il tempo rappresentato a più riprese come il fiume e la foce, alla confluenza tra il tempo e l’eterno.
La parte autobiografica della narrazione trova spazio per via trasversale, là dove il poeta descrive, spesso registrando i riflessi della luce sui vetri o sugli specchi, la città, i suoi angoli più caratteristici e nascosti (il ciliegio secolare del chiostro in S. Antonio in Polesine, che le claustrali ritrovano fiorito ogni anno a Pasqua, p. 39; il Palazzo della Signoria, p.71)… e la casa; e della casa, la madia, le ante dell’armadio il quadro che trascrive, appunto, le parole di Rilke (p. 65). Rappresenta infatti anche un grande omaggio al grande poeta ceco, questa Vista sull’Angelo che forse proprio da qui trae il titolo dell’intera raccolta. Non vista d’Angelo: nessun complemento possibile di specificazione, né oggettivo ne soggettivo; ma sull’Angelo, scritto al maiuscolo perché adombra il Sublime. Assolutamente laica la declinazione di ogni riferimento alla prima e alla seconda morte, a Dio o alle tracce di Dio, all’Angelo, appunto. È significativo anzi che ritorni spesso, ossessivamente, il tarlo del male della storia, con le immagini di quello che si può assumere come il suo simbolo per antonomasia, il formicaio distrutto di Auschwitz (p. 25, p. 29) e che questo trovi posto nella sezione Il cedimento di Dio.
La sete di conoscenza porta la scrittura poetica, altresì, nello spazio delle arti sorelle, la pittura (Piero della Francesca) e la musica (fedele la frequentazione di Mahler ) anche in un medesimo contesto (p. 41)  – ed è parentesi non incidentale la citazione di Pound sul triste primato della finanza inefficace alla vita dell’arte ma motore delle atrocità della storia –, e al recupero di tradizioni culturali diverse e lontane. Del divino nella Bibbia è fatto il nome secondo le due tradizioni, Javista ed Elohista, o sacerdotale.
Numerosi i miti ripercorsi, ancora più numerosi gli autori visitati: da Shakespeare (p.65) a Blake (p. 37), Dostoevskji (p. 73), Ungaretti (p. 31), Dante – ripetutamente, e già in epigrafe, a introduzione della prima sezione, per cui dell’intera raccolta –. Ma in questo libro sulla morte, suggestivamente rappresentata come la Cherubina del vuoto (della Nona Sinfonia di Mahler, p. 41) che ritorna di passaggio (p. 68), anche nomi più defilati, e però segnatamente pertinenti, vi fanno comparsa: Silvio d’Arzo che vi è espressamente citato (p. 55) – del quale è reso emblematicamente nella sezione Del Tempo il dramma della solitudine esistenziale, o della propria dimensione spaziotemporale percepita come casa d’altri –, e, oserei aggiungere, Agostino Venanzio Reali per una frequentazione di luoghi e formule della poesia  –  il sentiero del ritorno (p.19) – che possono assumere modulazioni diverse – senza ritorno in questa Vista sull’Angelo ma anche timbri assonanti – mai più, nemmeno al sole, mai / più sarà permesso dire … (pp. 29-30), così affine al realiano non dite più parole della poesia di guerra –.

Se alla critica fosse chiesto di enucleare aporie e contraddizioni forse sarebbe onesto rilevare l’atteggiamento del poeta, che resta a volte più quello dell’osservatore che quello di chi sperimenta, perché se da un lato ripete a sé stesso l’urgenza della parola unire (p. 27) per indicare forme di pensiero nuove alla tradizione occidentale, dall’altra intuire decifrare tradurre si dispongono in una sequenza ancora troppo contigua a un orizzonte di senso che classifica e separa. Eppure si avverte grande fiducia nella parola, nelle sue fughe, nelle sue impreviste irruzioni. E sembra si possa dire che, se il primo capitolo enuncia gli intenti dell’autore in forma programmatica, poi il corso dell’opera per sua buona sorte si trova a prendere forma su rappresentazioni e sovrapposizioni della fantasia e della memoria, del sogno del sonno e di quello a occhi aperti. 

lunedì 9 agosto 2010

il club del libro stende il suo bucato poetico




buongiorno a tutti
oggi 9 agosto 2010 nel parco leopold abbiamo steso i panni ....................
tutti i libri esposti fino ad oggi e tutte le poesie sono state prelevate dai passanti
questa sera ho messo a disposizione i due libricini di farapoesia .......... vediamo quanto restano davanti alle finistre di casa
abrazos poeticos

Concorso Senza Fiato 2 - In ricordo di te

Scaricabile da qui: http://www.guidopassini.altervista.org/index.php?option=com_rokdownloads&view=file&Itemid=71

Su A che titolo di Brunella Bruschi

Morlacchi editore, Perugia, 2010

recensione di Caterina Camporesi
Nella vita coglie la verità
chi non è inesperto di sofferenza
(Rosa Elisa Giangoia)


L’ottava raccolta poetica, A che titolo, di Brunella Bruschi, poetessa di spessore e donna di cultura di riconosciuto valore, ha vinto il premio speciale della Giuria del Premio nazionale “Tra Secchia e Panaro” 2010.
Il volume è composto di sei sezioni: “Cronaca”, “Il navigatore”, “Connessione non eseguita”, “Senza vessillo”, “Contrassegno”, “A che titolo”.
Ognuna è preceduta da eserghi che ne anticipano e ne condensano la tematica.
Obolo, il testo che apre “Cronaca”, la prima sezione della raccolta, è seguito da altri il cui spunto è suggerito dagli episodi di violenza avvenuti in questi ultimi anni. Essi offrono l’occasione per riflettere sull’ineluttabilità della presenza del male, ogni giorno dilagante in tutti gli ambiti del vivere umano, famiglia, scuola, stadio, strade, lavoro.
La duplicità della natura dell’uomo e del mondo esige come obolo un sistematico versamento di sangue. Il tema presente in questa prima composizione riecheggia anche in A che titolo, testo eponimo della raccolta.
Così la poesia si può trovare ad esercitare la funzione di riparazione nei confronti delle conseguenze generate dal male ed essere l’obolo da versare come ringraziamento per il fatto di essere ancora in vita.
Essa si concretizza nel costante sforzo di ricercare “(…) parole giuste / per ogni cosa”, essendo essa per eccellenza l’attività più idonea a scandagliare la vita nei suoi aspetti più nascosti: “La poesia cerca una chiave di violino / nasce nella metamorfosi / benché rimanga impronunciabile la vita”.
La struttura della raccolta, a me pare, richiama l’architettura di una città, con zone più recenti, post-moderne e moderne (le prime tre sezioni) e altre più datate e stratificate che incorporano memorie antiche e aiutano a comprendere passato e presente.
La memoria, come afferma E. White, “è generosa: ti permette di creare una dimensione che la realtà aveva attraversato  distrattamente”.
L'eventuale flaneur che, volesse indugiare lungo le sue strade e frugare nei suoi vicoli e muoversi nelle sue piazze avrebbe la possibilità di cogliere all’unisono echi del passato, brulichii del qui e ora e filiformi  lampi visionari adombranti possibili scenari del tempo che verrà.
L'ipotetico lettore futuro, poi, che volesse soffermarsi su queste pagine avrà il privilegio di ritrovare tutti i segni attendibili dei vantaggi, ma anche degli affanni, delle incongruenze e delle perplessità, che la tèchne ha donato all’uomo del terzo millennio, rendendo praticabili contatti e comunicazioni, prima d'allora impensabili, anche se la contraparte è stata la compromissione del procedere lineare del tempo e del processo storico.
Vivere e condividere questa nuova realtà, dove non c’è più odore e corposità, a volte fa rimpiangere le obsolete modalità dell’inoffensiva idea di un pennino, o quella di ricevere lettere da una postina piena di carte che è lì a tampinarci, o di scovare strade con vicoli ciechi e percorsi da indagare nella precarietà, o ancora quella di recuperare ideali in gioiosa utopia.
Nel quotidiano duello corpo a corpo con la moderna tecnologia, il monitor e qualsiasi altro oggetto similare possono assumere sembianze del tutto antropomorfiche con il corrispondente potere di scatenare gesti reattivi di ribellione comuni fra gli esseri umani.
Se la prima parte, senza nulla togliere alla complessità e alla perspicacia del pensiero dell'autrice, è caratterizzata dall’ironia acuta o “metafisica”, come meglio la definisce nella seconda di copertina Fabrizio Angeli, la seconda parte mostra con più evidenza la realtà della condizione umana, come la malattia, la guerra, gli stermini, la vecchiaia, la morte, i luoghi, la pietas.
Memorie antiche, luoghi e dialoghi immaginari con poeti, pittori, pensatori e artisti amati si affacciano e affollano la scena: tutto è teso a catturare la verità da scovare nella relazione dialettica tra la profondità stessa e chi la scava: “Sapere fare vedere / e sapere vedere sotto l’epidermide / è la dialettica / tra il corpo aperto / e il chirurgo che lo apre.”
Nell’avviarmi verso la fine di questo corposo e impegnativo libro, non posso non citare alcune considerazioni della prefatrice, Giusi Checcaglini, che riesce meglio di me a dire quello che penso: “La poesia vera è quella che smaterializza la vita, materializzandola in ritmo, suoni e immagini di luoghi e tempi della coscienza alle prese con il mistero del dolore e dell’amore”. E ancora, per quanto riguarda la forma, “essa è classicamente lavorata non per rappresentare ma per creare un altrove che consola e riscatta”.
Nel caso di Brunella Bruschi tale forma si avvale di “costruzioni a volte ardite, a volte classicheggianti, a volte epigrammatiche, a volte snodate come poemetti”.
Quello che è certo è che dopo avere attraversato questo libro, non potrò fare a meno di ritornare spesso fra le sue pagine per assaporare lettura dopo la lettura tutta la profondità di vita e di emozione e di pensiero che esso contiene, così armoniosamente amalgamata nell’aggraziata ed elegante ossatura della sua architettura.