recensione di Ardea Montebelli
C’è nella poesia un sottile legame con la vita. Non esiste mezzo più appropriato per raccontare se stessi intimamente entrando nell’esistere con quel pudore necessario che solo la parola, misteriosamente possiede. Il poeta, artigiano della parola, è capace di guardare con onestà alla domanda che nasce dal cuore di ciascuno di noi sul significato di sé, sul significato dell’esistenza e delle cose. Ho trovato, con grande soddisfazione, tutti questi presupposti nel libretto di poesie Colibrì di Anna Maria Tamburini edito da Fara. “Quanto misura un giorno?/ e la misura a chi, a cosa?/ Cosa importa lo scarto della vita – / le percentuali di riuscita – / alla matematica/ dei cicli misteriosi/ che la vita feconda?” Attraverso la poesia si raccontano cose ma, più che altro si raggiungono mete, tappe intermedie di un itinerario meraviglioso che è il senso della nostra vita, la traiettoria dei nostri passi. “La vita che nasce / all’incontro di vite / – di anime assai / più che corpi, / misteriosa che nasce / ubbidiente / a ignoti richiami / è d’amore veicolo”. La poesia di Anna Maria è costruita con rigore, lo stesso rigore interiore con il quale Cristina Campo, straordinaria poetessa dell’Assoluto, si avvicinava alla parola e dopo faticose limature, offriva dei versi scarni ed essenziali. Tutto questo per dire che l’atteggiamento del cuore con il quale si creano dei versi può diventare una possibilità di ascesi, un trovare il coraggio di liberare se stessi da inutili pesi quotidiani che non aiutano a trovare la strada ma, al contrario, confondono inevitabilmente la prospettiva. La poesia di Anna Maria è intima e al tempo stesso precisa nella descrizione dei dettagli, partendo sempre da un punto di vista originale. Traspare nei suoi testi una estrema abilità nel saper mettere a fuoco i dettagli giusti della scena. “È strano il tuo piccolo corpo / eretto cavalluccio di mare / hai disertato le nostre / coste in cerca di acque.”
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