venerdì 4 ottobre 2024

Flavio Vacchetta legge "Getsemani" di Luca Pizzolitto



Immagine in copertina di Nataliya Melnychuk (particolare)

Recensione a Getsemani (peQuod, 2023)



Getsemani, altrimenti detto 'Orto degli ulivi', come sappiamo è la sede di alcuni dei momenti più intensi che preludono alla passione di Cristo. Nemmeno gli irreligiosi possono sottrarsi aII'infIuenza della narrazione evangelica, ad esempio perché tutti, bene o male, sanno chi è Giuda, oppure hanno udito le frasi proverbiali “Chi di spada ferisce, di spada perisce”, o “Lo spirito è forte, ma la carne è debole”.

Qui intendo semplicemente rilevare che il titolo deIl’Opera di Luca Pizzolitto rinvia irresistibilmente ad una tradizione ormai millenaria: gli inizi della poesia italiana furono, com'è noto, strettamente legati alla religione, e da San Francesco di Assisi l'ispirazione religiosa giunge ininterrotta fino a noi.

Ho scritto 'religiosa' in prima approssimazione ma non è affatto detto che questo termine sia corretto, in riferimento alla poesia di Pizzolitto. Spiritualità, sacralità, misticismo... sono infinite le declinazioni e le sfumature di questo 'fenomeno' poetico, neII'oceano tra confessionalità ed ateismo.

Mi pare che questi versi testimonino anzitutto un itinerario di ricerca, che si esplicita con -
 direi - onestà intellettuale, e mi riferisco in particolare alle citazioni integrate nel corpo poetico e suffragate da puntuale nota, molte dai Salmi, in una sorta di 'poesia esegetica' o 'poesia omaggio' che testimonia anch'essa la ricerca di fonti e di coordinate.
Poi c'è tutto un ricorrere di parole e immagini di chiara ascendenza: Samaria, trenta denari, Cristo, Dio, croce, deserto, sete, risorto, spine, gigli...
Non occorre farne un inventario, ma solo ribadirne la potente forza evocativa.
In particolare il sentimento della ricerca (di Dio o di chi ne fa le veci, e nondimeno di sé stessi), che è anche premonizione di stupore e scandalo (evangelicamente parlando), traspare nel lessico dell'atteso e deII'inatteso: 'dio inatteso', 'la sacra attesa', 'in attesa deII'aIba', 'l'inatteso risorto'...


Dio di misericordia e dei ruvidi
affanni, Dio delle reti divelte
e della pesca mancata,
Dio dei crolli improvvisi, delle rovine

tu che abiti il vuoto di cieli divisi,
tu che ti fai permanenza, stasi, dimora

- io attendo, e di me ancora non so.


Il ricordo va a quei versi di un grande esponente della poesia di ispirazione religiosa del Novecento:


Dall'immagine tesa vigilo l'istante

con imminenza di attesa -

e non aspetto nessuno [...]


E, frattanto, ribadisco come si possa fare poesia religiosa essendo atei, o poesia atea essendo religiosi.


Tornando al nostro luogo-non luogo del Getsemani, un'altra reminiscenza che mi sovviene è quella del grande precursore della poesia religiosa, e al contempo precursore di quasi tutto, e cioè l'Alighieri: laddove dice di san Pier Damiani, quasi adepto di una dieta mediterranea avanti Iettera, “che pur con cibi di liquor d'uIivi / lievemente passava caldi e geli, / contento ne’ pensier contemplativi”.
Dante sa coniugare la poesia paradisiaca deIl'ineffabiIe con l'estrema concretezza, e questi versi compendiano tale sua eccellente capacità.

Ecco, in conclusione, mutatis mutandis, anche la poesia di Pizzolitto, tra alte sfere e bassifondi, sa coniugare l'astrattezza e la concretezza — e ciò è proprio della buona poesia — come il ricorrente (umile e regale) cardo si fa simbolo di Risurrezione.

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