recensione di Giancarlo Baroni
Dal 2016 ad oggi sono stati pubblicati da Samuele Editore tre eccellenti libri di haiku composti da Luigi Oldani che, dato biografico rilevante, ha soggiornato diversi mesi in Giappone e da anni è un praticante Zen. Nella Prefazione alla prima raccolta (settembre 2016, 46 pagine, intitolata Haiku italiani) la poetessa Alba Donati afferma: «Luigi Oldani scrive haiku in maniera tradizionale. Voglio dire che l’esemplarità dell’haiku è qui espressa al massimo grado. C’è il tempo, il grande tema dei poeti di tutti i tempi e tutte le latitudini, ci sono le stagioni, gli alberi, c’è una freschezza del dire, come se le parole fossero nate lì sulla pagina, e c’è un vuoto che risplende». Come ventagli è il titolo della seconda raccolta (settembre 2019, 58 pagine) con la Prefazione del critico Paolo Lagazzi, esperto e appassionato di questi componimenti poetici, che dice: «Nei suoi haiku, estremamente schietti e nitidi sul piano linguistico, negati a qualsiasi retorica, mi pare quasi sempre di percepire qualcosa che eccede il linguaggio, qualcosa che nasce da una capacità autentica di entrare in vibrazione col mondo […]». Il volume più recente (aprile 2023, 68 pagine) ha per titolo Qui sottovento. Nella sua ampia Prefazione la studiosa Cristina Banella fa notare che «Quando si leggono gli haiku di questa nuova raccolta di Oldani, paradossalmente il primo posto in cui si viene proiettati è il silenzio». E aggiunge: «In realtà questa silloge, al di là degli accostamenti che sollecita con i grandi del passato e la cultura giapponese, è profondamente inserita in un flusso di tempo e le stagioni si rincorrono scivolando l’una nell’altra».
Risulta pertanto abbastanza chiara la sostanziale continuità fra i tre libri; una continuità dinamica composta di sottili variazioni.
Con poche essenziali parole, gli haiku ci permettono per un attimo di intravedere intuitivamente una verità inafferrabile e sfuggente che possiamo solo sfiorare e mai afferrare completamente. Non servono artifici e complicazioni intellettuali ma semplicità di sguardo e naturalezza di gesti; occorre la disponibilità a lasciarsi avvicinare dalle cose del mondo in un rapporto fondato sulla simpatia e sull’empatia: «Guarda il tramonto / la libellula con me / lei sul ramo»; «Il vicino apre / all’alba le persiane / ci salutiamo». Gli haiku hanno a che fare con la magia, l’incanto, la sorpresa, lo stupore,
La natura è la regina di Qui sottovento; animali di ogni tipo ne animano i versi: boccheggia «un pesce tra la sabbia»; rare lucciole in una «notte d’estate»; un moscerino finito dentro il bicchiere; un’ape che gironzola e un’altra che danza vicino a un fiore; «cicale in coro»; un airone; «brillante lo scarabeo»; un pettirosso che plana; «con noi stasera / mangia l’amico merlo / pioggia di semi»; l’abbaiare distante di un cane solo. Come nelle due precedenti raccolte, anche in questa terza l’animale feticcio per Oldani è il gatto, in questo caso specifico una gatta con cui instaura quasi un rapporto di fusione e immedesimazione: «La gatta lo sa / mi s’accuccia d’inverno / siamo uno…». Anche fiori e piante crescono rigogliose nelle pagine del libro: un cipresso che custodisce dolori; «l’olivo santo»; l’edera che soffoca l’albero avvolgendolo; alberi in fiore oppure spogli; origano; girasoli; il giaggiolo; il fiore di sambuco; «camomilla al vento»; rosa canina; il giallo maggiociondolo; pruni fioriti dietro i quali «freme una stella»; «intorno ai pioppi / nubi nere d’insetti»; fiori di fucsia; «l’acero rosso / mi solleva con le foglie / primo autunno»; «accoccolate / nel riccio le castagne / freddo d’autunno».
Le stagioni si succedono con gli elementi naturali che le contraddistinguono: il vento «che soffia tra le foglie»; luna in ombra oppure che brilla «sulle tegole di brina»; il freddo e il gelo; nebbia che sale o che s’addensa; l’umidità del bosco; il rosa e blu delle colline, il silenzio del monte.
Oldani si sente piccolissimo di fronte alle stelle davanti a cui si addormenta, si ritrae umilmente «mentre sbuccia la mela» o scola la pasta o ritira i panni o si rilassa davanti al camino…: l’incanto delle minime cose quotidiane.
Termina così la Prefazione di Cristina Banella: «Un mondo pieno di piccola meraviglia, dunque pieno di malia: è questo che, prima di tutto, Luigi Oldani mi sembra ci restituisca in questa raccolta. E non si può che essergli grati per averci consegnato, in tempi tanto travagliati e angosciosi, un angolo di paesaggio quieto di neve e nebbia, pieno di colore e di sole, colmo di fascino, di riposo, di respiro».
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