Amo il riso in
ogni ruga calpestata
chiedo un viso
ad ogni donna amata
anche se triste,
piego l'anima al lavoro
di qualsiasi
nostalgia pur d'esser vero.
“Quattro donne”
#
“Maria”
Così conosco il
tuo nome, Maria
so la fretta dei
tuoi rami bianchi
ma al mondo che
importa?
Seduta qui sulle
scale
sei la vita
murmure con gli occhi chiusi
che divide il
tempo.
La mascherata
salita degli anni
si ferma nei
nostri saluti
nel raro parlare
acquietarci,
uguali per la
visibile sponda
che inarca la
schiena dei gatti
levati nei
capelli al sole.
Piccoli spazi di
sopra e di sotto
racconti, non
dormi più nella stanza
minuscola col
suo soppalco
di fiori e
detriti, nemmeno il letto
dove salutavi la
vita cingendola
di altri
orizzonti, malgrado i muri
vicini da
metterci il naso
se passa un gran
vento
quando muore
l'alba
negli occhi
puliti.
Così ti parlo,
Maria, dei perduti
senza dire
nulla.
Come ritratto o
stagione ci fermano
ancora in un
angolo i sogni.
Per altre vite,
come non fosse dipesa
dal vento, dagli
occhi chiusi
da parole mute
la parete avita
dei giorni.
Ora sei nonna
ora madre
ora figlia di
ciò che volevi.
Sempre venivo
qui per imparare.
#
"Bianca"
Ha perso quasi
ogni cosa.
Venne da me per
racconti
non nati per
stupire il mondo
e per necessità
ne faceva.
Erano gli occhi
cristallo
a guidare quei
cocci di vita.
Erano gli umani
prima di lei
gli animali,
l'arca del sogno
svampita sui
piedi di sabbia.
Nemmeno allora
imparai
che chi sbanda
ha un aspetto
regale e felino.
Ma ci tornai
prima che fosse
nuda la porta,
prima che gli
occhi partissero
per altri volti,
per altre rotte immortali.
#
“Teresa”
Destra o
sinistra? Come si fa
a non guardarsi
in entrambe le mani
Teresa, quando
la sera ti mettono
il gioco del
mondo nelle rose bianche
come ne piovesse
rugiada, quando
saluti e
ringrazi per l'ultimo turno
di nostra
signora delle porcherie.
Forse qualcuno
si è assolto, guarda
dall'alto come
sei seduta e se fingi
di restare in
terra o t'involi,
voltato l'angolo
della segreta agonia.
C'è chi la
chiama fiducia, Gesù,
provvidenza,
memoria. Però la storia
è accozzaglia di
fato, transenne
piuttosto,
steccati da dove guardano
immobili i
mostri.
Però chi
t'abita? Chi sei davvero?
Mandate a dire
al padrone che manca
un po' di
fantasia, mandate a dire
all'amore che è
perso: ci digeriscono
nuvole di
nostalgia.
E a cuor leggero
ti abito anch'io
per un poco,
fino alla lettera che
sto scrivendo e
mi brucia la rosa.
#
“Guendalina”
Sopra il passo
scuro delle arcate
contro un muro
sta il cadavere
del tempo.
Passano gironi
e strette icone
tutte in circolo
in attesa di
verifiche
di una
contraddizione.
L'acqua lava il
fuoco della casa
caccia i topi
dalle tane
dove fanno un
mezzo albergo
la tua fame, la
famiglia inoperosa
di pensieri
stretti al collo
le scommesse di
chi paga
tempi
d'oro.
Ma non vengono a
cercarti
i loro denti,
neanche i santi
ti rimettono la
stoffa dove intride
di parole la tua
guardia
Guendalina,
mezza cucitura
sul portale di
cemento, mezza cruna
dove passano
veloci gli armamenti
e il tempo
stringe e l'aria tace
su di te come a
una donna di cartone.
#
“Quattro donne”,
quattro esistenze che raccolgono la molteplicità del sentire e dell’intendere
la vita, quattro persone che hanno in comune una condizione di solitudine, ma
non solo. “Maria” è protagonista e insieme ostaggio della propria vecchiaia.
Vive buona parte del giorno fino all’uscio della sera fuori il proprio basso,
tipico immobile napoletano da vicolo, da vita confinante più con gli esseri terrestri
che coi cieli: ma chi vive così guarda in fuori e spesso all’insù, e con questo
gesto porta fuori dall’apparente vissuto di carcerazione la propria vitalità
mnemonica e – ovviamente – la propria nostalgia, sperando e desiderando che
qualcuno si fermi ad ascoltare i suoi racconti.
Bianca vive la
propria condizione di solitudine accudendo il proprio unico figlio senza il
supporto di un’altra figura genitoriale: un marito totalmente assente salvo che
per episodi di violenza psicologica e maschilismo. Suo unico impegno sembra
essere dotare mensilmente la piccola famiglia di denaro, certamente meno di ciò
che occorre a delle esistenze dignitose, soprattutto quando c’è in causa la
crescita di un minore. In lei la solitudine si fa dramma emblematico di un
tempo di strafottenza, superficialità generalizzata che apre squarci enormi
sulla marginalità, per chi la sa e la voglia vedere.
Teresa chiede le
elemosine all’uscita di un supermercato. Sta lì tutte le sere fino alla
chiusura e oltre, quando cioè qualcuno dei dipendenti le porta un po’ di cibo
invenduto, possibilmente caldo, che lei consuma senza spostarsi, recandosi poi
in un dormitorio per la notte. La citazione iniziale è legata all’atto
caritatevole: “la destra non veda ciò che fa la sinistra” anche se non è
vissuto come mera carità cristiana, ma come estensione di un disagio relativo
al vissuto quotidiano ed alla percezione di esclusione sociale e, appunto,
marginalità.
Guendalina vive
in una catapecchia, viene in chiesa ad accendere ceri al santo e alla madonna.
Il “cadavere del tempo” è un continuum di vita che passa indenne ai malanni
della sua povertà e della sua solitudine, mentre l’umanità ha altro cui
pensare, a quanto pare. La massima dignità del suo contegno spinge per
contrasto a pensare che qualcuno stia scommettendo sulla sua capacità di
sopravvivere, in un gioco sadico che contrappone i benestanti come giusti e i
poveri come ingiusti o “sbagliati”, unici responsabili cioè della propria
condizione. Sullo sfondo passa una guerra, camminano e volano gli armamenti.
Guendalina è una invisibile, una “donna di cartone”.
Come poesie da
leggere congiuntamente, il piccolo gruppo di “Quattro donne” fa capo ad un
lavoro iniziato nel 2019 dal titolo “La guerra delle campane” i cui testi sono
ancora del tutto inediti (salvo i pochi pubblicati sulla rivista InVerso
poesia, appunto, nel 2019) e dovrebbero costituire insieme ad altri l’ossatura
del mio prossimo lavoro portato a termine.
Sono
nato a Napoli nel 1979. Ho trascorso infanzia e adolescenza a Torre Annunziata,
dove grazie a diversi amici ho preso parte dal 2008 alla realizzazione di un
caffè letterario. Ho fatto brevi esperienze teatrali e cinematografiche. Ho
scritto per diverse webzine culturali. Oltre alla letteratura grandi passioni
sono la musica (soprattutto) e il cinema. Ho fatto radio per diversi anni. Nel
2010 è uscito “Luce”, una raccolta di poesie con la prefazione di Marina
Bisogno, per una casa editrice romana, ma il testo è introvabile e indisponibile
(non fu mai firmato un vero contratto editoriale). Nel 2021 è uscito il mio
primo vero libro di poesia, mai pensato come raccolta ma appunto come libro con
una propria architettura; infatti, “Nuova Canzone Felice” è strutturato in 4
sezioni integrate ma diverse anche per scelte linguistiche precise, oltre che
per unità tematiche. La prefazione è dell’illustre Professor Enzo Rega, grande
critico letterario ed autore egli stesso, di racconti e di poesie. Il testo è
uscito per Marco Saya (Milano) nella collana “sottotraccia” diretta da Antonio
Bux. Negli anni ho scritto diversi racconti, alcuni di essi sono stati
rappresentati in brevi pièce teatrali, altri sono comparsi su testate locali o
giornali cartacei. Miei versi sono presenti su varie testate online. Mi hanno
attribuito il premio “L’Iguana-Anna Maria Ortese” (Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici) sia per le poesie inedite nel 2017, sia nel 2022 come libro
edito per “Nuova Canzone Felice”. Sono stato tra i vincitori sempre per gli
inediti al Premio Città di Conza della Campania nel 2019 e nel 2022: una bella
realtà che mi ha consentito di conoscere e allevare amicizie autentiche tra
poeti, e non è poco. Tuttavia, non ho quasi mai preso parte a premi letterari.
Sono stato pubblicato – tra le altre riviste cartacee – su “Poeti e Poesia”
diretto da Elio Pecora e proprio di questi giorni su Anasyrma (Disvelare
edizioni), a cura di Vincenzo Notaro con nota critica di Enzo Rega. Amo
tradurre i poeti di lingua inglese, soprattutto americani viventi: sto
lavorando ad un progetto che include alcune delle mie traduzioni già da quasi 4
anni. I testi qui presentati fanno parte di un nucleo centrale nel nuovo
lavoro, dal titolo “La guerra delle campane”, cui sto lavorando dal 2019.
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