Malattia. tredicesimo giorno. pioggia.
Scendo a vedere il tuo sonno. La pioggia scivola lenta lenta sui vetri. Non entro, dalla porta con paura guardo se il tuo petto si muove nel gesto del respirare. Alla memoria si accalcano i ricordi ma con un gesto della mano li allontano. Hai bisogno del mio presente e io di sostenere il tuo. Ma inciampo in quel tuo prendermi in giro per il mio andare dal barbiere anche se sono pochi i capelli. Solo voglia di sorridere nonostante tutto e tutti. Nascondo il pianto sul lavandino del bagno e dal lucernaio la pioggia da il ritmo. Vorrei chiederti scusa per tutto il male che ti ho fatto quando la furia correva per le vene a macchiare le camicie di sangue, ma so che non serve. Ogni scalino sembra un paramo andino. Sono qui madre con un bacio pronto per il tuo risveglio. Il sugo di pomodoro e gli spaghetti che ti piacciono tanto sono quasi pronti. Un bacio solo tuo o mio poco importa. Siamo noi: Zambonina e il disgraziato. Bacio ma’.
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Malattia. quattordicesimo giorno. nuvole impigliate.
Apro gli scuri della cucina e la tua voce mi raggiunge. «Ho male, fammi il tè ». Che risveglio improvviso. «Qui c’è il tè e la pastiglia». Ti accompagno in bagno, mi guardi con la tenerezza del dolore. «Sono una cattiva madre. Non si fanno i figli perché ti cambino i pannolini». Ti guardo. «Hai ragione Zambonina, si fanno gli uomini per queste cose». «Hey Nazzarik cosa dici». Sorrido, era tanto che non mi chiamavi così. Chissà come fai a ricordare che giocavo ad essere Paperinik. E poi cambio pannolini da sempre con Daniela era il rito notturno insieme a papà. Mi chiedi cosa dice il medico, rispondo senza rispondere. Ti ho mentito tante volte, ma adesso ogni bugia è una carezza a te e un graffiare me. Ti accompagno a letto, tu mormori il dolore, ti accarezzo e cerco i tuoi occhi. «Adesso dormi, vengo dopo per la pastiglia». Ti bacio in fronte. Apri gli occhi. «Il bacio di Giuda Iscariota». Sorrido e il tuo sorridere è chiudere gli occhi. «A dopo ma’». Ho trovato la foto del giorno che mi hai partorito. Non sei cambiata mamma.
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nel dolore in cui la misura è persa
dove la malattia dell’altro si fa tua
dove t’ammali di infermità non propria
crescono i silenzi di mattoni vuoti
di vocali che sono sempre bucate
come ombrelli che non riparano
ma forse i fori dei parapioggia
nascondono il segreto del passaggio
di un ultimo sole come una speranza
mi ammalo non di te ma del tuo morire
di una mano che sollevo in una carezza
che lenta cade e ricade senza suono
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Malattia. Felicità e Follia. Soleggiato freddo.
sulla sedia dalle ruote che non girano
mi aspetti cantando
canzone incomprensibile tra dialetto e itañolo
sorridi, “ciao disgraziato bello”
sorrido e ti bacio in fronte
strani baci quelli in fronte
evitano il tuo viso
rispettano le rughe
con sguardo gioioso domandante
ma quando muoio?
prima o poi come tutti
si ma io sono vicina
ho persino le ruote per arrivarci
ma se non riesci a farle girare
certo è questo il trucco
ti accarezzo come facevo con Daniela
per un tempo abbiamo pensato
che quando rideva fosse felice
poi scoprimmo che erano crisi di follia
sai hanno bocciato il referendum per l’eutanasia
e certo loro non hanno avuto una figlia cerebrolesa
e non sono ancora seduti su una sedia dalle ruote che non girano
riprendi a cantare ed io faccio il coro
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Malattia. Hospice. Vento forte.
Ti ho lasciato sull'isola
dove non sono mie le mani a curarti
le montagne di sempre puoi vedere
alpi ande o colline
decidilo tu ogni mattina
misuro la distanza in parole
dette non dette ripetute
ogni chilometro un rimpianto un sorriso
cerco di non abbandonarti madre
o involucro di una vita mummificata
tra pelle raggrinzita e uno sguardo
sospeso tra rimprovero e tenerezza
Non sapevo che avrei tenuto per mano la
morte
né di baciarle la fronte
ti lascio la carezza di ogni
mattino mio
**
ti vedo spegnerti
non come lumicino
poetico
ma neon che si fa intermittente
si illuminano gli occhi
e poi il buio
si apre il respiro
e poi il buio
stringi la mano
e poi il buio
cade una parola
e poi il buio
di colpo
tutto s’accende
mi riempio di te
e poi il buio
e poi l’attesa
di un colpo di luce
o del buio spento
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