venerdì 25 marzo 2022

Dalla silloge inedita e non finita: «Sotto il segno del cancro» di Antonio Nazzaro

 

                                                                                         Foto di Eleonora Buselli

Malattia. tredicesimo giorno. pioggia.

 

Scendo a vedere il tuo sonno. La pioggia scivola lenta lenta sui vetri. Non entro, dalla porta con paura guardo se il tuo petto si muove nel gesto del respirare. Alla memoria si accalcano i ricordi ma con un gesto della mano li allontano. Hai bisogno del mio presente e io di sostenere il tuo. Ma inciampo in quel tuo prendermi in giro per il mio andare dal barbiere anche se sono pochi i capelli. Solo voglia di sorridere nonostante tutto e tutti. Nascondo il pianto sul lavandino del bagno e dal lucernaio la pioggia da il ritmo. Vorrei chiederti scusa per tutto il male che ti ho fatto quando la furia correva per le vene a macchiare le camicie di sangue, ma so che non serve. Ogni scalino sembra un paramo andino. Sono qui madre con un bacio pronto per il tuo risveglio. Il sugo di pomodoro e gli spaghetti che ti piacciono tanto sono quasi pronti. Un bacio solo tuo o mio poco importa. Siamo noi: Zambonina e il disgraziato. Bacio ma’.

 

**

 

Malattia. quattordicesimo giorno. nuvole impigliate.

 

Apro gli scuri della cucina e la tua voce mi raggiunge. «Ho male, fammi il tè ». Che risveglio improvviso. «Qui c’è il tè e la pastiglia». Ti accompagno in bagno, mi guardi con la tenerezza del dolore. «Sono una cattiva madre. Non si fanno i figli perché ti cambino i pannolini». Ti guardo. «Hai ragione Zambonina, si fanno gli uomini per queste cose». «Hey Nazzarik cosa dici». Sorrido, era tanto che non mi chiamavi così. Chissà come fai a ricordare che giocavo ad essere Paperinik. E poi cambio pannolini da sempre con Daniela era il rito notturno insieme a papà. Mi chiedi cosa dice il medico, rispondo senza rispondere. Ti ho mentito tante volte, ma adesso ogni bugia è una carezza a te e un graffiare me. Ti accompagno a letto, tu mormori il dolore, ti accarezzo e cerco i tuoi occhi. «Adesso dormi, vengo dopo per la pastiglia». Ti bacio in fronte. Apri gli occhi. «Il bacio di Giuda Iscariota». Sorrido e il tuo sorridere è chiudere gli occhi. «A dopo ma’». Ho trovato la foto del giorno che mi hai partorito. Non sei cambiata mamma.

 

**

 

nel dolore in cui la misura è persa

dove la malattia dell’altro si fa tua

dove t’ammali di infermità non propria

 

crescono i silenzi di mattoni vuoti

di vocali che sono sempre bucate

come ombrelli che non riparano

 

ma forse i fori dei parapioggia

nascondono il segreto del passaggio

di un ultimo sole come una speranza

 

mi ammalo non di te ma del tuo morire

di una mano che sollevo in una carezza

che lenta cade e ricade senza suono

 

**

 

Malattia. Felicità e Follia. Soleggiato freddo.

 

sulla sedia dalle ruote che non girano

mi aspetti cantando

canzone incomprensibile tra dialetto e itañolo

sorridi, “ciao disgraziato bello”

sorrido e ti bacio in fronte

strani baci quelli in fronte

evitano il tuo viso

rispettano le rughe

 

con sguardo gioioso domandante

ma quando muoio?

prima o poi come tutti

si ma io sono vicina

ho persino le ruote per arrivarci

ma se non riesci a farle girare

certo è questo il trucco

 

ti accarezzo come facevo con Daniela

per un tempo abbiamo pensato

che quando rideva fosse felice

poi scoprimmo che erano crisi di follia

 

sai hanno bocciato il referendum per l’eutanasia

e certo loro non hanno avuto una figlia cerebrolesa

e non sono ancora seduti su una sedia dalle ruote che non girano

 

riprendi a cantare ed io faccio il coro

 

 

**

 

Malattia. Hospice. Vento forte.

 

Ti ho lasciato sull'isola

dove non sono mie le mani a curarti

 

le montagne di sempre puoi vedere

alpi ande o colline

decidilo tu ogni mattina

 

misuro la distanza in parole

dette non dette ripetute

ogni chilometro un rimpianto un sorriso

 

cerco di non abbandonarti madre

o involucro di una vita mummificata

tra pelle raggrinzita e uno sguardo

sospeso tra rimprovero e tenerezza

 

Non sapevo che avrei tenuto per mano la morte

né di baciarle la fronte

 

ti lascio la carezza di ogni

mattino mio

 

**

 

ti vedo spegnerti

non come lumicino

poetico

ma neon che si fa intermittente

 

si illuminano gli occhi

e poi il buio

si apre il respiro

e poi il buio

stringi la mano

e poi il buio

cade una parola

e poi il buio

 

di colpo

tutto s’accende

mi riempio di te

 

e poi il buio

e poi l’attesa

di un colpo di luce

o del buio spento

 

 Antonio Nazzaro (Torino, 1963), è giornalista, traduttore, poeta, video artista e mediatore culturale e fondatore e coordinatore del Centro Cultural Tina Modotti. Collabora con le riviste italiane “Atelier” e “Fuori/Asse”. È responsabile della collana di poesia latinoamericana di Edizioni Arcoiris Salerno. Collabora con la rivista venezuelana Poesía e la cilena Ærea, la rivista Ablucionistas, Latino America e la rivista Taller Igitur, Messico. Ha pubblicato per le Edizioni Arcoiris Salerno il libro Odore a, Torino Caracas senza ritorno (2015, in italiano e spagnolo) e Appunti dal Venezuela. 2017: vivere nelle proteste; Amor migrante y el último cigarrillo/Amore migrante e l’ultima sigaretta (RiL Editores; Arcoiris 2018) e Cuerpos humeantes/Corpi Fumanti (Uniediciones 2019). È creatore e direttore della collana di poesia italiana contemporanea “Territorio de Encuentro”, in coedizione con Samuele Editore e Uniediciones Ibáñez, bajo el patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura a Bogotá e fondatore e direttore della rivista di poesia internazionale “Caravansary” (Uniediciones, Bogotá, 2019). Come traduttore, ha tradotto il libro del poeta argentino Juan Arabia, edizione bilingue, Il nemico dei thiirties (Samuele Editore 2017); La notte/La noche, di Dino Campana (Edicola Ediciones 2017); Hotel della notte/Hotel de la noche di Alessandro Moscè (Buenos Aires Poetry 2018) La lingua instancabile/La lengua incansable. 10 voci contemporanee della poesia italiana (Samuele Editore/Buenos Aires Poetry 2018); l’antologia della poesia colombiana La generazione senza nome/ Generación sin nombre (Arcoiris 2018); Tierra y Mito di Umberto Piersanti (Uniediciones, Samuele Editore, Bogotá 2019). Nello stesso anno ha pubblicato anche la silloge Le svelte radici/Despojando raices del poeta italiano Sandro Pecchiari, così come le sillogi Le distrazioni del viaggio/ Las distracciones del viaje di Annalisa Ciampalini e Sulla soglia/En el umbral di Monica Guerra tutti per l’editore Uniediciones Ibáñez, Bogotà. Ha pubblicato, in collaborazione con Pro Helvetia e Ril Editores, la traduzione del libro di Fabiano Alborghetti, Equazione della responsabilità. E ha pubblicato la traduzione del libro di Khédija Gadhoum Oltre il mare (Arcoiris 2019). Nel 2020 ha pubblicato la traduzione della silloge Farragine del poeta italiano Marco Amore (Uniediciones, Samuele Editore, Bogotá) e la silloge Olimpia di Luigia Sorrentino per la casa editrice cilena Ril Editores.

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