martedì 25 febbraio 2020

La poesia: pensiero, bellezza, luce per attraversare i percorsi più impervi

di Gladys Basagoitia Dazza, Fara Editore 2019

recensione di Gian Ruggero Manzoni


Gladys Basagoitia Dazza, biologa, è nata a Lima e vive a Perugia. Premiata in Perú, Brasile e Italia, fra le opere: La zarza ardiendoPeces ebrios (Premio José M. Arguedas, Lima 1969); Otra vez sobre el vientoL’infinito amoreDonna ErosSelva invisibilePolifoniaAcquaforte (Fara 2003, Targa Parlamento Europeo Premio Anguillara Sabazia 2004); Mujer ErosRêverie (Premio Nuove Scrittrici 2005); Il colore dei sogni (in FaraPoesia, 2005), La carne / El sueño (Fara 2007, finalista Premio Montano 2008), Danza immobile (Fara 2010, Premio Città di Marineo 2011, Premio Minerva Etrusca, Perugia 2011); Finestra cosmica (Fara 2012), la silloge trilingue con Vera Lúcia de Oliveira Radici, innesti, diramazioni (Perugia, 2010); le raccolte bilingui con Fara Oceano di luce (2013, Premio Camaiore Internazionale 2014), Aurora del rinascere (2014), La via dell’arcobaleno (2015), L’empireo della rosa (2016), Il loto della pace (2017), Lealtà dei girasoli (2018); in italiano, L’iris della speranza (2018). Narrativa: Il fiume senza foce (Premio Città di Salò 2009, Premio Prata P.U. 2009, Premio Anguillara Sabazia 2010).

Come per i grandi mistici, la disponibilità di Gladys di attraversare i percorsi più impervi in solitudine deriva dalla certezza che, al di là di ogni dolore, al di là di ogni bruttura e male di vita, la poesia, che è pensiero, bellezza e luce, ci salverà. Del resto l’esperienza “spirituale” è essenzialmente una dimensione di ordine cognitivo che si produce tramite improvvise illuminazioni che furono definite dalla filosofa Maria Zambrano “i risvegli privilegiati”. Anche a seguito di questo Gladys rifiuta le poetiche troppo formaliste e intellettualiste, affidando a una semplicità altamente sapienziale le sue riflessioni e i suoi rimandi lirico-naturalistici. Come di lei altri hanno annotato, la sua è una metafisica laica, infatti non c’è bisogno di professare alcuna religione per essere poeti, “categoria letteraria” la quale cammina sfiorando confini di senso e di linguaggio, toccando l’ineffabile, cioè quello che infine si raggiunge solo tramite la pratica “del profondo silenzio interiore”. Come la stessa Gladys afferma, il suo poetare è innanzitutto pegno e testimonianza di amore, un amore libero e altruista che parla all’anima e risveglia quello che di più limpido e profondo abbiamo in noi. Anche per questo i poeti hanno rivelato sull’uomo molto più di ogni scienza perché, spesso in maniera umile, si pongono dinanzi al mistero e con esso si fondono, stabilendo una comunione con tutto il creato, e di tale “sublime matrimonio” il colore, per Gladys, è l’amaranto.

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