sabato 4 gennaio 2020

“Non chiedermi cos’è una poesia”

Luca Nicoletti, Il paese nascosto, peQuod 2019, prefazione di Giancarlo Pontiggia, foto in copertina di Rosita Nicoletti

recensione di AR

https://www.goodbook.it/scheda-libro/luca-nicoletti/il-paese-nascosto-9788860681478-2902911.html


“Non c’è senso migliore / di quello che ogni giorno la vita / prova a mostrarti, in silenzio / battendo le palpebre / come un gatto che ti capisce” (p. 97).
In questa nuova  raccolta di Luca Nicoletti predomina il bianco-neve di una voce matura, sensibile, capace di cogliere le sfumature del grigio e di arrivare all’essenziale: “Un padre deve saper sopportare / d’essere ucciso – un semplice / atto d’amore – / un padre deve sempre provare / senza il timore di perdere / l’equilibrio” (p. 91, questa e la precedente citazione appartengono all’ultima sezione del libro “Le traversate di Petit”. 
Oltre a un rapporto empatico col paesaggio (“il saluto dei rami, le ombre fuggevoli / del crinale ondulato – la coppia lontanissima, / proprio sotto la luna – la luce prima / della notte, incerta, il tempo breve / (…) / … il paesaggio ci ha incontrato, / il suo dono favoloso è stato questo” (p. 71), paesaggio che sembra davvero ricrearsi alla lettura/ascolto dei versi (“ma la via per San Savino emerge / dal profondo, scrive sul declivio / altre parole, risolve il nome, e l’assonanza / nella metrica dei campi”, p. 13, poesia d’esergo), troviamo in queste pagine una serie di bellissimi ricordi visivi: “I rami del giardino / della casa dove abitavo / vorrebbero dirmi tante cose, / me le stanno dicendo” (p. 18); “Davanti agli occhi i monti grandi / e protettivi, le prime luci nell’aria / tersa della sera: ero dentro / un’enclave di assoluto …” (p. 19), “Il cielo va in frantumi, / (…) / … in un tempo diventato spazio / disseminato di momenti / trasformati in luoghi” (p. 21); “Non vedrò più le cose che ho amato / ma le vedrò, perché saro quelle cose” (Mia madre, p. 26); “Sul crinale che diverge, le pietre bianche / del Coriano Ridge War Cemetery / sembrano piccoli denti, lambiti dalle ombre / che cadono sul prato, e disegnano arabeschi” (Axis mundi, p. 38); “non so se le mie strade / rimarcano soltanto trame, / o se condividono un ricordo” (p. 40); “La memoria, si sa, nasconde / ciò che vuole. E quando arriva / o è un lampo o si traveste, / non porta sempre il sole” (p. 45). 
Troviamo anche acuti passaggi sul senso della poesia (e, con un pizzico di ironia, di chi la scrive): “… ma il dubbio incalza di un declino / (…) / il notiziario azzurro del mio io / il consuntivo esistenziale che mi / appare, e non concede mai / più di un minuto” (p. 48); “Nei casi più rari raggiunge il silenzio, / nella forma assoluta / di neve cadente” (p. 58, questa e la citazione precedente fanno parte della sezione “notiziario del mio io” che chiude la Prima Parte della raccolta); “Unire i puntini, mettere in relazione / due cose distanti più di quattro universi. / Non è solo la specifica  azione / della poesia, bensì la rivoluzione che assedia il Palazzo del Tempo” (p. 75).
Il paese nascosto è quello che ogni poeta cerca di indagare: con il suo obbiettivo ci offre “fotografie” che esprimono il suo sentire e fanno simpaticamente vibrare il nostro.

PS Il verso posto a titolo di questa recensione è l’incipit della poesia a p. 97.

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