Marco Colonna: Siamo sono, Poesie, FaraEditore 2017
recensione di Vincenzo D'Alessio
Sono poche le occasioni che abbiamo di guardare al mondo ctonio, alle forze inanimate dei nostri morti (come scrive il profeta Isaia, nella Bibbia) che, nonostante la loro immobilità nel Tempo umano, ci “sovrastano”.
Marco Colonna ha tentato questa discesa nel mondo capovolto attraverso la raccolta Siamo sono pubblicata a novembre 2017 presso le edizioni Fara di Rimini.
Versi asciutti, senza rima, incalzati dall’enjambement e affidati alle similitudini, parole pesanti come pietre vulcaniche portatrici della lotta magmatica dalle viscere della Terra alla superficie insignificante: “Anche le parole portano / con sé il dolore e i segni / di una nascita sbagliata” (poesia eponima a pag. 46).
Come Orfeo commosse gli dèi dell’Ade con il suo canto per ottenere il ritorno tra i vivi di Euridice così l’autore tenta di affidare ai suoi versi il dolore collettivo di fronte alla morte degli affetti, che miete tutto quanto ha vita sulle spalle del nostro bellissimo pianeta: “Mi chiedo se troveremo pace / là dove biforca la traccia / che resiste nella luce che si spegne” (pag. 18).
Il magma incandescente/luminoso dell’anima del poeta si raffredda nella parola/verso che non riesce a contenere l’energia sotterranea che scalda l’immenso pianeta e brucia, impietosa, tutte le creature mentre viene in superficie, solidifica e nera.
Bene ha scritto Antonio Vittorio Guarino, anch’egli poeta, quale componente della Giuria del Concorso letterario Faraexcelsior 2017 organizzato dalla stessa casa editrice che pubblica l’opera: “(…) Nei versi si canta sommessamente il lutto, con pudore si passa per le strette crune dell’esperienza dolorosa: il filtro, il setaccio nel quale restano le spoglie nostre di un’altra vita (la stessa, forse), per farci più nudi, più definiti, più noi stessi” (pag. 7).
Ai lettori della raccolta di Marco Colonna è rivolto l’identico messaggio che il Nobel Salvatore QUASIMODO rivolse ai suoi lettori nei versi della poesia Insonnia (Necropoli di Pantalica): “(…) Amore di me perduto, / memoria non umana: / sui morti splendono stimmate celesti”.
Scorrendo i versi della raccolta Siamo sono ricorrente è la parola “ umano” che chiede al “divino” l’attimo d’eterno per dubitare della fine: “(…) nello schermo di una vita / che si chiude nelle pieghe / dell’umano ritornare / ai propri segni, alle parole” (pag. 71).
recensione di Vincenzo D'Alessio
Sono poche le occasioni che abbiamo di guardare al mondo ctonio, alle forze inanimate dei nostri morti (come scrive il profeta Isaia, nella Bibbia) che, nonostante la loro immobilità nel Tempo umano, ci “sovrastano”.
Marco Colonna ha tentato questa discesa nel mondo capovolto attraverso la raccolta Siamo sono pubblicata a novembre 2017 presso le edizioni Fara di Rimini.
Versi asciutti, senza rima, incalzati dall’enjambement e affidati alle similitudini, parole pesanti come pietre vulcaniche portatrici della lotta magmatica dalle viscere della Terra alla superficie insignificante: “Anche le parole portano / con sé il dolore e i segni / di una nascita sbagliata” (poesia eponima a pag. 46).
Come Orfeo commosse gli dèi dell’Ade con il suo canto per ottenere il ritorno tra i vivi di Euridice così l’autore tenta di affidare ai suoi versi il dolore collettivo di fronte alla morte degli affetti, che miete tutto quanto ha vita sulle spalle del nostro bellissimo pianeta: “Mi chiedo se troveremo pace / là dove biforca la traccia / che resiste nella luce che si spegne” (pag. 18).
Il magma incandescente/luminoso dell’anima del poeta si raffredda nella parola/verso che non riesce a contenere l’energia sotterranea che scalda l’immenso pianeta e brucia, impietosa, tutte le creature mentre viene in superficie, solidifica e nera.
Bene ha scritto Antonio Vittorio Guarino, anch’egli poeta, quale componente della Giuria del Concorso letterario Faraexcelsior 2017 organizzato dalla stessa casa editrice che pubblica l’opera: “(…) Nei versi si canta sommessamente il lutto, con pudore si passa per le strette crune dell’esperienza dolorosa: il filtro, il setaccio nel quale restano le spoglie nostre di un’altra vita (la stessa, forse), per farci più nudi, più definiti, più noi stessi” (pag. 7).
Ai lettori della raccolta di Marco Colonna è rivolto l’identico messaggio che il Nobel Salvatore QUASIMODO rivolse ai suoi lettori nei versi della poesia Insonnia (Necropoli di Pantalica): “(…) Amore di me perduto, / memoria non umana: / sui morti splendono stimmate celesti”.
Scorrendo i versi della raccolta Siamo sono ricorrente è la parola “ umano” che chiede al “divino” l’attimo d’eterno per dubitare della fine: “(…) nello schermo di una vita / che si chiude nelle pieghe / dell’umano ritornare / ai propri segni, alle parole” (pag. 71).
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