Il leone e l’agnello Introduzione di Claudia Piccinno alla raccolta Volti Invisibili
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“
E il leone e l’agnello riposeranno insieme e ogni uomo potrà sedersi
all’ombra della sua vigna e del suo albero di fico, e nessuno avrà più
paura. Io ho fede ancora, che Noi vinceremo!”
Così parlò Martin Luther King il 10 dicembre 1964, quando ricevette a Oslo il premio Nobel per la pace.
Ed
è col suo messaggio di speranza, insito nei miei ideali, che ho letto e
riletto le opere giunte per questa raccolta antologica, chiedendomi più
spesso chi fosse quel Noi, chi fosse il leone, chi fosse l’agnello.
Il Noi li abbraccia entrambi, ognuno di noi sa farsi leone e risultare agnello.
Noi..questa imperfetta umanità, ostaggio del pregiudizio, della paura, dell’egoismo.
Noi
che dobbiamo sconfiggere l’odio e l’intolleranza per riscoprire il
bello e la speranza, perché la verità si faccia bellezza e la bellezza
diventi verità.
Ho curato la mia sezione individuando varie
tematiche per avvicinarmi ai testi in punta di piedi, sfiorando in ogni
componimento quei volti invisibili, che spesso fingiamo di non vedere,
occupati a viver da leoni, inseguendo modelli di forza, prepotenza e
materialismo.
Ed io li ho visti nei lavavetri e nei raccoglitori
di pomodori di questi versi, nei piccoli scalatori di Mogadiscio in cima
a una montagna di rifiuti, nella prostituta e nel mendicante
equilibrista di cui raccontano i nostri autori.
Quei volti
invisibili, vittime dello sfruttamento della manodopera, sono maschere
senza più lacrime, dedite a una vita di stenti come molti migranti qui
in Europa, quelli che nessuno vuole in casa propria. E com’è il nostro
sguardo verso quei volti? Gli sguardi sono molteplici nei confronti di
quei volti invisibili, noi madri lo sappiamo bene e siamo stanche di
atteggiamenti di rifiuto e indifferenza.
Il peggiore forse è lo
sguardo che si è moltiplicato negli ultimi decenni, dettato dalla paura
del diverso e radicatosi nel pregiudizio, fino a sfociare
nell’intolleranza.
In questi tempi in cui si è discusso in Italia
dello ius soli, ho ritenuto ad esempio doveroso motivare il mio sì,
perché i miei alunni stranieri nati in Italia siano equiparati in toto
ai cittadini e non si faccia distinzione tra scolari di serie A e di
serie B.
Occorre l’amore delle madri per decondizionare le genti,
“svegliamoci”- dice la protagonista di un racconto prescelto- “rendiamo
umani i nostri cuori, siamo su questa terra per compiere assieme lo
stesso cammino, siamo tutti figli di uno stesso padre, perché essere
diffidenti, perché essere intolleranti, razzisti? E poi rivolta
alle giovani mamme disse “il mondo ha bisogno di amore, dobbiamo amare,
non soltanto i nostri figli o le persone accanto a noi, l’amore è un
dono per l’uomo perché possa vivere da uomo”, nessuno replicò e si rese
conto che la loro diffidenza verso “l’altro” aveva creato un sentiero
pieno di rovi che rendeva impraticabile la via per arrivare ai loro
cuori.”
Ed è ancora una madre l’io narrante in un altro
racconto:“Sei turbolento come un amore, ma resisto. Resisto per quei
milioni di passi che ho camminato, per quella sabbia, per la Libia, per
il mio utero che comincia ad essere gonfio.
Mi addormento e ti
sogno per la prima volta, bambino mio: sogno il tuo volto, i tuoi
piedini scalzi, sogno il tuo sorriso, sogno la tua libertà. Sei nel
sole, con le braccia larghe e mi sorridi. Continui a farlo anche quando
enormi gocce ti cadono addosso. Ma tu rimani asciutto”, un racconto di
tremendo impatto, in cui si narra la dignità delle madri, nel vivere
come nel morire.
La dignità è strettamente correlata al concetto
d’identità, se si viene privati della nostra identità, vacillerà ogni
genere di compostezza. Il tema dell’identità è ben trattato da diversi
autori,ed è pertanto compito delle istituzioni e degli operatori sociali
lottare perché sia ben saldo il concetto di mantenere integra
l’identità di ogni essere umano, senza ricorrere a categorie(il
migrante, il clandestino, lo straniero, il disabile), ma restituendo a
ciascuno il proprio nome.
La questione dell’identità è
strettamente legata al diritto ai documenti, numerosi sono i casi di
persone che sono state respinte o che hanno compiuto gesti estremi
perchè non avevano in regola i documenti, si legga ad esempio la storia
di Abdellaziz T, ragazzo marocchino ventenne che si è impiccato il 26
agosto 2012 per il diniego del permesso di soggiorno e per aver ricevuto
il foglio di rimpatrio
Ci sono versi che puntano il dito sulle
nostre responsabilità in quanto madri di tutti i minori del mondo:
“Sapere dell’oggi/ forse del domani/dipende non da lui/ma da altre mani/
altri visi/ altri sguardi lontani.”
Hanna Arendt nella sua opera
La vita della mente analizza l’agire umano e il pensiero come
condizioni imprescindibili della responsabilità, solo riflettendo su
ciò che facciamo, possiamo infatti non ricadere in atteggiamenti
prevaricanti e irresponsabili.
C’ è per fortuna una minoranza che
riflette e chiede perdono a nome del leone “Perdonate, se potete/chi
vi offende/chi calpesta la vostra dignità/chi pretende e non dà.”
Solo
il perdono infatti apre la strada a ipotesi di riconciliazione con la
bestia che riposa in noi, e se ci perdoniamo forse possiamo intravedere
la via dell’accoglienza e del dialogo per costruire insieme la terra
promessa, la torre di Babele, ““Ulmo, vorrei che tu Li Bo Meng ed
io/fossimo presi per somma magia/e messi in fruttorto(…) e nel fruttorto
ragionar di pace”.
Forse perché ciò avvenga e non resti pura
utopia dovremmo ascoltare il fanciullino ch’è in noi e non è un caso se
la fiducia in un mondo migliore venga invocata da una bambina di dieci
anni, che come Dionysis, il panettiere di Kos che regala il pane ai
migranti e altri piccoli eroi del quotidiano, ci insegna l’arte dei
piccoli passi in un sentiero di comunione e fratellanza : “Vorrei
parlagli come una sorella/e promettergli una vita un po’ più bella.”
L’integrazione può esistere se ognuno apporta il suo contributo,recita un altro racconto.
Senza
prevaricazioni e megalomanie, potranno il leone e l’agnello sedere alla
stessa tavola e mangiare insieme una zuppa di verdure, anziché
mangiarsi l’un l’altro?
Un buon libro deve lasciare quesiti, non risposte, né verità assolute
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