martedì 8 luglio 2014

News da Adele Desideri

Gentili lettori, segnalo quanto segue

*Recensione di Plinio Perilli a Adele Desideri, Stelle a Merzò (Moretti&Vitali 2013), pubblicata in Gradiva, International Journal of Italian Poetry, Rivista internazionale di poesia italiana, n. 45, Spring 2014, Leo S. Olschki Editore. 



Adele Desideri, Stelle a Merzò, Moretti & Vitali, 2013, pp. 76, euro 12,00.
Romanzo in sequenze, ha ragione Paolo Lagazzi, nell’attrito intimo di “qualcosa d’irriducibile, di assoluto e gratuito, di fresco e sottile”… Sorta di strano e fervoroso diario o racconto in versi dove – per fortuna – il quotidiano s’innerva, s’intesse di poesia ed il sublime, viceversa, annida anche nel guizzo o nella plaga più prosaica, più umilmente andante o casuale: “La casa che esplodeva d’amore / ora muore – chiusi i battenti – / con una festa imbevuta d’angoscia / – undici slip nella lavatrice.”… Ma si fa – attenzione – cronaca vera (passione estiva databile 28 luglio – 31 ottobre 2009 in quel di Merzò, comune di Sesta Godano, provincia di La Spezia), storia di un’anima non meno dei paludati, trasparenti orfismi finti e recitati offertori lirici: “Ti devo chiedere il permesso / – oppure posso baciarti, infilzarti l’anima?”… “Getta gli avanzi, nascondi gli indizi, / ferisci il ventre che a te si cela”… Tra poesia e critica, ricerca storica e dedizione saggistica, Adele Desideri riassume, concentra già nei suoi stessi titoli la tenera forza e insieme la guizzante trasgressione del suo dettato: Salomè (2003); Non tocco gli ippogrifi (2006); Il pudore dei gelsomini (2010). Ci conforta l’autoironia profonda che qui urge e miscela i versi, conclama resoconti spiccioli e impennate auratiche: “C’è troppo buio, aspettate! / Non può essere doppio il futuro!”. Ci conforta l’amico Tomaso Kemeny, in questo plauso che è insieme disvelante e riconsacrato: “La malattia d’amore pare irrimediabile, anche se i versi dell’autrice tendono a portare alla catarsi il lettore sensibile, i mal-aimé alla Apollinaire”. (pp
Plinio Perilli
Pubblicata in Gradiva, International Journal of Italian Poetry, Rivista internazionale di poesia italiana, n. 45, Spring 2014, Leo S. Olschki Editore



*Breve saggio di Adele Desideri a Paolo Lagazzi, Le lucciole nella bottiglia. Il mondo di Umberto Piersanti (Archinto 2012), pubblicata in Gradiva, International Journal of Italian Poetry, Rivista internazionale di poesia italiana, n. 45, Spring 2014, Leo S. Olschki Editore. 




Paolo Lagazzi, Le lucciole nella bottiglia. Il mondo di Umberto Piersanti, Archinto, 2012, pag. 138, euro 12.50

Paolo Lagazzi - nato a Parma, risiede a Milano - è scrittore e saggista intenso e originale, nonché curatore per i “Meridiani” Mondadori delle opere di Attilio Bertolucci, Pietro Citati e Maria Luisa Spaziani.
Umberto Piersanti è docente di Sociologia della Letteratura a Urbino - dove vive - poeta, romanziere, regista cinematografico: insomma, uomo di cultura e sensibilità estetica. 
Li unisce una profonda, antica amicizia, li accomuna un’acuta percezione della bellezza e del mistero della natura, li avvicina la stima per Attilio Bertolucci. E queste lucciole nella bottiglia. Ovvero un “libriccino” pubblicato per i tipi di Archinto, che raccoglie alcuni saggi di Lagazzi - redatti dal 1994 al 2012 - dedicati a Piersanti, alle sue produzioni artistiche e alla sua prorompente personalità.
Il titolo prende spunto da un fantasioso trastullo dell’infanzia di Piersanti, così dipinto da Lagazzi: “il gioco di imprigionare delle lucciole in un fiasco, di portare il fiasco in cima a un albero e poi di togliergli il tappo, guardando le lucciole mentre sciamano via”; un gioco-metafora della poetica di Piersanti: “una cattura di attimi, di atomi di luce”, affioranti dalla memoria quali “filamenti di piccole stelle, pulviscoli di ciò che non ha nome ma che (…) rinnova senza fine in noi il miracolo e lo strazio di essere vivi”.
Lucciole nella bottiglia, Piersanti e Lagazzi: l’essenza dei loro testi, certo, ma anche anime speciali - confinate in un quotidiano a volte duro, a volte più generoso - e, però, capaci di avvertire una dimensione altra nelle cose; attente e pronte a riconoscere - in ogni minimo dettaglio dell’esperienza - l’enigma dell’esistenza, e a renderlo emblematico con la forza delle parole.
Già ne La casa del poeta Lagazzi ha affrontato lo spessore di Attilio Bertolucci, come poeta e come persona. Ne Le lucciole nella bottiglia narra della vita e delle opere di Piersanti, delle comuni “flâneriestra Le Cesane, Urbino e il Montefeltro, tra Parma e Casarola (ove Bertolucci trascorreva le estati, nella casa di famiglia).
Conversazioni rarefatte e dense, filosofiche e amene; prati, alberi e creature del bosco; arcane sensualità del corpo femminile, battiti del cuore, dolori; improvvisi, genuini stupori davanti a quanto è, semplicemente, bello: tutto ciò, e molto ancora, s’infiamma e affascina nelle pagine di questo libro.
Lagazzi procede con uno stile leggero, intriso di rimandi magici; con una larghezza di vedute armonizzata da una prosa chiara e fluente; con una vis realistica e incantata al tempo stesso: Piersanti appare, così, con la sua sincera, «primaria» passione per la festa dei colori e delle forme, per il tripudio di una fantasia capace di evocare il mondo principesco del Quattrocento e insieme la rusticità di coppe e tazze «come quelle che usavano in campagna» quando era piccolo”. Lo descrive, Lagazzi, mentre percorre i sentieri delle Cesane, ed elenca con fresca meticolosità, eppure con un malinconico côté pascoliano”, i numerosi, invisibili animali, “le diverse specie vegetali (…), come se parlasse delle proprie mani o (…) degli occhi di alcune fra le donne da lui conosciute, corteggiate e amate”.
D’altronde, i versi di Piersanti illuminano il mondo, riformandolo in un concerto di superbe immagini e metafisiche sonorità: lo scòtano, che cresce sulle Cesane e sul Carso, diviene “l’albero delle nebbie”; tra i cespugli boschivi si celano, racconta Lagazzi, “fate bellissime e infìde (…) pronte a sedurre e a perdere i viandanti”; e incombe “lo sprovinglo (il diavolo) sempre in attesa d’invischiare col suo potere sinistro le anime fragili”. Risplende, poi, l’endecasillabo dell’urbinate - esemplare, nel Novecento - “semplice e armonioso (...) quasi onnipervasivo (…) capace di esprimere l’immersione nel tempo dell’esistenza”, “dolce e forte, (…) friabile e plastico” - afferma Lagazzi.
Gli articoli del critico parmigiano scorrono, indicano, e - a poco a poco - mostrano il poeta di Urbino, nella sua rustica e raffinata presenza, quale ”un antico, ruvido narratore di paese e un retore sapiente e sornione, un corpo intriso di segni e un’anima ammantata di aure e sortilegi”; risuona, allora, la sua voce - “amabile e un po’ ruvida, con timbri fondi e arrotati”, “grezzi e ipnotici” - quando recita: “l’anima è piccola, fatta d’aria,/ passa tra gli spini e non si graffia”.
Non si può, inoltre, non apprezzare i delicati commenti composti da Lagazzi riguardo alle liriche scritte da Piersanti per il figlio Jacopo, affetto da una malattia in parte, per la scienza, sconosciuta: “Jacopo transita per il mondo con la leggerezza degli uccelli o degli angeli, capace di abbandonarsi all’abbraccio dell’acqua con una sicurezza miracolosa, capace di lasciarsi cullare sullo specchio di un lago fino al tramonto, sordo a ogni richiamo, la testa indietro, il volto perso nel fondo senza fondo del cielo”. Jacopo è, per Lagazzi, fragile e immenso, come certi indimenticabili personaggi dostoevskijani; percepito dal padre - nonostante le sue cure amorose, apprensive - come imprigionato in un “altrove/ sordo e smisurato”.
Piersanti, la cui “passione proustiana è sempre contraddetta da un’amara coscienza leopardiana”, da un sentimento del tempo urgente, sconfinato, disperato - panta rei, insegna Eraclito.
Piersanti, cosciente - annota Lagazzi - che gli anni giovanili - quelli “di piombo” - sono stati trafitti dalle devastazioni delle ideologie, dagli orrori dei pestaggi, degli attentati, delle stragi; consapevole che - nella società contemporanea - si è scordato il senso del limite, si è annullato il pensiero mitico della civiltà rurale, si è scalfito il rispetto per il sacro - pagano o cristiano.
Piersanti e Lagazzi, che insieme vorrebbero, forse, fermare “l’avanzata moderna del nulla”, il declinare odierno in una tecnologica, barbarica, crisi epocale.
E la poesia di Piersanti, i versi inediti - nati come canto orale registrati mentre l’urbinate passeggiava “tra le gole e le rupi del Furlo” - e posti in chiusura alle Lucciole: “quando la nebbia sale/ nera e fitta,/ s’adunano le anime/ tra i rovi,/ ma se un raggio di sole/ la trapassa/ tornano alle dimore/ sotto la terra//”.

Adele Desideri

Pubblicata in Gradiva, International Journal of Italian Poetry, Rivista internazionale di poesia italiana, n. 45, Spring 2014, Leo S. Olschki Editore


 *Recensione di Adele Desideri a Carlo Cipparrone, Il poeta è un clandestino, Di Felice Edizioni 2013, pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Weekend, 4 aprile 2014.










*Un saggio di Adele Desideri sulla poesia di Beppe Mariano. Natura e mito, realismo e trascendenza, Storia e riflessione sapienziale nella poesia di Beppe Mariano. Pubblicato in www.pelagosletteratura.it
, 21 maggio 2014.


*Recensione di Carmine Tedeschi a Adele Desideri, Stelle a Merzò (Moretti&Vitali, 2013) pubblicata in Incroci. Semestrale di letteratura e altre scritture, anno XV, n. 29, gennaio-giugno 2014.







*Recensione di Ciro Vitiello a Adele Desideri, Stelle a Merzò (Moretti&Vitali, 2013), pubblicata in www.versanteripido.it/desideri-nota-di-ciro-vitiello

luglio 2014.
 


*Breve nota critica di Nicola Bultrini a Adele Desideri, Stelle a Merzò (Moretti&Vitali, 2013), pubblicata ne Il Tempo, 7 luglio 2014. 






*Presentazione di Stelle a Merzò di Adele Desideri (Moretti&Vitali 2013), Biblioteca Centrale Villa Visconti D'Aragona, Via Dante, Sesto San Giovanni (Mi), a cura di Gianfranco De Palos. Intervento critico di Alessandro Magherini. 27 settembre 2014, ore 16

*Presentazione di Stelle a Merzò di Adele Desideri (Moretti&Vitali 2013), Camerata dei poeti di Firenze, Auditorium Ente Cassa di Risparmio , Via Folco Portinari 12, Firenze. Introducono Lia Bronzi e Carmelo Consoli. 16 ottobre 2014, ore 16.30 – 18.30
 

“(...) silenzio, distinzione e rinuncia si alleano contro gli stereotipi, e le costruzioni, i quadri e i racconti che sono l’esito di questa alleanza sono il luogo di una possibile sopravvivenza della civiltà”
Benjamin, Esperienza e povertà, in François Bruzzo, Fa(tali)smi delle lingue senza alberi, in Anterem, giugno 2008, anno XXXIII, n. 76, Anterem Edizioni, Verona

Adele Desideri



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