Classifica Pubblica con noi 2014 –
Poesia
1° classificato
1° classificato
Un confine mobile
di
Roberto Cogo (Schio, VI)
in scintillante
attesa
brillano le acque del lago sotto i colpi del vento
questa geopoesia ha punti fermi e salde promesse
si rivolge a uno zero carico di confrontibrillano le acque del lago sotto i colpi del vento
questa geopoesia ha punti fermi e salde promesse
s’apre a contenuti con parole lacustri contemplando
falde di un viola prematuro —
pregano le acque il giorno vivo in scintillante attesa
gli uomini solo di passaggio
verso una riva
non il sole né le nuvole in assiduo passaggio
neppure le canne palustri
nel bisbigliare trasandato sulle sponde
dove scivola un cosmo intero dinanzi allo sguardo —
è l’assenza di un dubbio qualunque
che percorre quelle fragranti increspature
tra zone d’ombra luccichii ipnotici ammiccamenti —
così in viaggio tra le minime onde
verso l’incontro con una riva ulteriore
si sorvola svagati qualcosa di prodigioso e intatto
di generazione in generazione
cercando alla meglio di non imbruttire ulteriormente
accoppiamenti
sul lato in ombra del lago fluttuano in accordo
come in un rapido ritorno di pensiero quando
parola e mente temporeggiano
congiunte nell’iride azzurra del cielo
per scivolare lungo il lato oscuro del significato
messaggi sulla corteccia
olmi salici e qualche betulla con un chiurlo
un punto di vita personale —
fischia un dubbio nel messaggio
dove il legno mette a nudo il proprio enigma
impresso sul tronco dei faggi —
l’ideogramma di un pensiero naturale
Roberto
Cogo è nato a Schio (Vicenza) nel 1963. Si è laureato
in lingue e letterature anglo-americane all’Università Cà Foscari di Venezia. Ha pubblicato i libri: Möbius e altre poesie, Editoria Universitaria, Venezia, 1994;
In
estremo stupore, Edizioni del Leone, Venezia, 2002 (finalista al Premio
di Poesia Montano 2003); Nel
movimento, Edizioni del Leone, Venezia, 2004; Di acque / di terre,
Edizioni Joker, Novi Ligure, 2006 (finalista al Premio di Poesia Montano 2008); Io cane, L’arcolaio,
Forlì, 2009; Senza il peso di un pensiero, Giuliano Ladolfi Editore,
Borgomanero, 2011 (Premio Anna Osti
2013); Dell’immergersi e nuotare – wild swimming, Attilio Fraccaro
Editore, 2012. Ha pubblicato le raccolte: Confondi il vento, in «La
Clessidra», Edizioni Joker, Novi Ligure, n. 1, 2007; Mai identico riproporsi,
in «Italian Poetry Review», Società Editrice Fiorentina, Firenze, vol. II,
2007; Ancora nel luogo neutro e Il cielo dentro la montagna,
nell’antologia, Dall’Adige all’Isonzo - Poeti a Nord-Est, Fara Editore, 2008; La luce è del sole, in La poesia, il sacro, il sublime, Fara
Editore, 2009; Verso il leggero, in Salvezza e impegno, Fara Editore, 2010; Supplementi di viaggio – poesia tra tempo e
luogo, in Il valore del tempo
nella scrittura, Fara Editore, 2011. Ha tradotto dall’inglese vari poeti
tra cui: John. F. Deane, Charles Olson, Les Murray e Gary Snyder.
Nell’estate del 2009 è stato poet in
residence sull’isola irlandese di Achill nella contea di Mayo, ospite della
Achill Heinrich Böll Association.
«L’esplorazione del confine mobile tra la soggettività del poeta e il mondo che lo circonda, descritto in termini quasi esclusivamente naturalistici, si risolve in una poesia solida, dall’andamento talvolta piano e prosastico, ma che non per questo esclude immagini ricche e potenti. Traspare una saggezza secolare, eppure a portata di mano, che il poeta sembra poter comunicare in modo inesauribile e mai pedante al lettore, facendolo partecipe di un flusso continuo.» (Lorenzo Mari)
«Non è da tutti saper ascoltare i messaggi di un territorio, ancora meno ascoltare i messaggi che arrivano da sè stessi: con questa raccolta il poeta (o la poetessa) si mescola con l'anfiteatro naturale che lo circonda donandoci scorci di verità.» (Francesco Osti)
«Quale sarà il "Confine mobile" che titola il lavoro? A prima lettura sembra essere l'occhio dell'uomo, come luogo in cui - attraverso lo sguardo e la riflessione dell'uomo - il mondo inanimato partecipa all'autocoscienza dell'universo. La silloge è infatti pressoché tutta fondata su ampie descrizioni naturalistiche e frequenti sono i riferimenti allo sguardo; senza tuttavia, che il tono scivoli in quella leziosità bucolica facile da incontrare, quando ci si avventura su certi temi.» (Daniele Gigli)
«L’esplorazione del confine mobile tra la soggettività del poeta e il mondo che lo circonda, descritto in termini quasi esclusivamente naturalistici, si risolve in una poesia solida, dall’andamento talvolta piano e prosastico, ma che non per questo esclude immagini ricche e potenti. Traspare una saggezza secolare, eppure a portata di mano, che il poeta sembra poter comunicare in modo inesauribile e mai pedante al lettore, facendolo partecipe di un flusso continuo.» (Lorenzo Mari)
«Non è da tutti saper ascoltare i messaggi di un territorio, ancora meno ascoltare i messaggi che arrivano da sè stessi: con questa raccolta il poeta (o la poetessa) si mescola con l'anfiteatro naturale che lo circonda donandoci scorci di verità.» (Francesco Osti)
«Quale sarà il "Confine mobile" che titola il lavoro? A prima lettura sembra essere l'occhio dell'uomo, come luogo in cui - attraverso lo sguardo e la riflessione dell'uomo - il mondo inanimato partecipa all'autocoscienza dell'universo. La silloge è infatti pressoché tutta fondata su ampie descrizioni naturalistiche e frequenti sono i riferimenti allo sguardo; senza tuttavia, che il tono scivoli in quella leziosità bucolica facile da incontrare, quando ci si avventura su certi temi.» (Daniele Gigli)
2° classificato
Il passo verde
Il passo verde
di
Vincenzo D’Alessio (Montoro
Inferiore, AV)
L’albero del dolore
regge i sogni a malapena
non sa la mano che
l’ha sospeso né l’urlo taciuto
nel ventre della bara
è amaro come pane raffermo
troppo a lungo dimenticato.
§
a Vincenzo Cerami
Che ne sapete dei poeti ?!
Appena nati respirano
futuro inascoltati
cantano il bello della Vita
Non uccidete i poeti !
Lasciateli ai sogni infantili
usciranno in silenzio dal mondo
dentro la bolla di un respiro.
§
a C.Cammarano
La donna vestita di bianco
siede sull’uscio ha mani
rugose di anni passati
al mulino di casa
La donna non parla
ha occhi vetrosi di pioggia
la schiena curvata
un figlio gli manca
è morto lontano
Ha sorriso d’un tratto
nel tempo comune
a qualcuno che compra
il suo pane.
§
Da questa chiesa
senza porte il vento
porta il coro dei morti
le murate negli occhi
del cielo salgono
alle finestre vuote
il Vespro suona
nell’anima che duole.
§
Lavati la fronte
ogni mattina con
acqua e aceto come
vecchio contadino
togli il calore del sonno
sveglia il cuore antico
La notte ha cantato
alla luna i tuoi sogni
i nemici hanno seminato
l’ortica per uccidere il grano
ma tu sai sognare
Essi non sanno
la parola dell’erba
il racconto della sorgente
il silenzio dell’eterno.
Vincenzo
D’Alessio è nato a Solofra (AV) nel 1950. Vive a Montoro Inferiore (AV).
Laureato in materie letterarie all’Università di Salerno, ha ideato il Premio
Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”, ha fondato il Gruppo
Culturale “Francesco Guarini” e la casa editrice omonima. È cofondatore del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Cluvium” (insieme alla Pro Loco Calvanico) dal 1996,.
Ha pubblicato
diversi saggi di archeologia e storia locale e le seguenti raccolte poetiche: La valigia del meridionale (1975),
Un caso del Sud
(1976), Oltre il verde
(1989), Lo scoglio
(1990), Quando sarai lontana
(1991), L’altra faccia della luna (1994),
Costa d’Amalfi (1995), La mia terra (1996), Ippocampo (1998), D’amore e d’altri mali (1999), Elementi (2003), Versi
di lotta e di passione (2006). La raccolta, Figli
(2009), è dedicata al figlio Antonio,
prematuramente scomparso. La silloge
Padri della terra è inserita nell’antologia Pubblica con
noi 2007 (Fara) che raccoglie le opere dei vincitori dell’omonimo concorso,
mentre La solitudine dell’iceberg è
stata inserita, sempre per i tipi di Fara, in Creare mondi,
antologia dei vincitori del concorso Pubblica con noi 2011. Sempre con Fara nel
2012 è uscita La valigia
del meridionale (poesie 1975-2011). Ha ricoperto la carica di Ispettore Onorario del Ministero dei Beni Culturali dal novembre 1977 al novembre 1988.
«Il dolore dell'uomo trova respiro nella poesia dell'autore i cui versi sono levigati e intensi. Il senso dei luoghi, la presenza e l’assenza dei padri, le immagini mediterranee danno vigore alla silloge.» (Teresa Caligiure)
«Una poesia-radice che entra con forza e consapevolezza nella terra per scoprire sé stessi ed anche gli altri.» (Francesco Osti)
«Liriche che hanno il gusto e la consolazione di una feritoia: si squarcia il buio, un raggio lungo fuggevole profondo. Tanto basta a cogliere e stigmatizzare in un verso un frammento acceso di verità.» (Angela Caccia)
«Il dolore dell'uomo trova respiro nella poesia dell'autore i cui versi sono levigati e intensi. Il senso dei luoghi, la presenza e l’assenza dei padri, le immagini mediterranee danno vigore alla silloge.» (Teresa Caligiure)
«Una poesia-radice che entra con forza e consapevolezza nella terra per scoprire sé stessi ed anche gli altri.» (Francesco Osti)
«Liriche che hanno il gusto e la consolazione di una feritoia: si squarcia il buio, un raggio lungo fuggevole profondo. Tanto basta a cogliere e stigmatizzare in un verso un frammento acceso di verità.» (Angela Caccia)
3° classificato
Note a margine di Pasquale Piro (Crotone)
Note a margine di Pasquale Piro (Crotone)
L'architrave del nostro amore
Con cipiglio settembrino
Con cipiglio settembrino
tra erbari di foglie morte
collezioni silenzi
e gesti rassicuranti.
Tu sai che è tempo d'autunno
per il nostro amore.
E quindi con la saggezza
di vecchia e incerta amante
prima del solitario inverno
mi chiedi di rinforzare la nostra casa
con una possente trave in legno
che sorregga il peso
e la stanchezza dei nostri anni.
Così, sotto all'architrave
accanto al fuoco certosino
sistemiamo il pesante tavolo di rovere
che hai scelto con cura
dopo averne ispezionato la solidità
collezioni silenzi
e gesti rassicuranti.
Tu sai che è tempo d'autunno
per il nostro amore.
E quindi con la saggezza
di vecchia e incerta amante
prima del solitario inverno
mi chiedi di rinforzare la nostra casa
con una possente trave in legno
che sorregga il peso
e la stanchezza dei nostri anni.
Così, sotto all'architrave
accanto al fuoco certosino
sistemiamo il pesante tavolo di rovere
che hai scelto con cura
dopo averne ispezionato la solidità
quando busseranno alla porta
i rigori dell'inverno.
Altro e altrove
Nell'altro nostro altrove
scrigni aperti
e carestie di menzogne
Nell'altro nostro altrove
bussole d'oro
e carovane di migranti
Nell'altro nostro altrove
chiavi riposte
e sestanti contraffatti
Nell'altro nostro altrove
bagni di pane
e semine di vino
Nell'altro nostro altrove
cavallette meticcie
e grida di colore
Nell'altro nostro altrove
mari generosi
sospiri e diapiri
Nell'altro nostro altrove
la domenica si va in barca
per cantare
Appuntamento per l'ultimo millennio
Aspetterò i tuoi occhi
nel vicolo cieco dei miei anni smarriti
nell'ultimo dei nostri respiri
in quel posto che tu sola sai
oltre il verde e l'azzurro
esiste un sentiero
è la strada per l'ultimo millennio
Siederò lì ad aspettarli
sul capoverso di un nuovo girotondo.
Baratto
Ho barattato
i fiori con l'odio
estirpato
il desiderio radicato
Nella carne ho seccato
il mio navigare peregrino
Sotto il sole di marzo
come lucertola incerta
assorbo i miei colpi
e come tamerice
restituisco vita alla terra
Bonaccia
È tempo di bonaccia figli miei.
Issiamo le nostre vele
e chiudiamo i nostri cuori
Chi ci cerca è già dietro la porta
Pasqualino Piro è nato nel 1965 a Crotone dove lavora come
insegnante di sostegno e come esperto di Hw e Sw applicati alla didattica
speciale. Non hai mai pubblicato in volume, né mai participato a concorsi
letterari. Collabora attivamente con alcune associazioni culturali ed ambientaliste
che operano sul territorio in cui vive. Trascorre saltuariamente lunghi periodi
negli USA e le sue passioni sono la lettura, la musica ed il trekking.
«Tra poesia e prosa, i componimenti, che presentano fitti richiami alla tradizione poetica italiana, offrono immagini e accostamenti lessicali interessanti e originali.» (Teresa Caligiure)
«Non mi piace il titolo; due o tre liriche sono deturpate da una rima baciata che sacrifica anche il contenuto; tutto il resto, almeno il più, lo sento un autentico getto di poesia.» (Angela Caccia)
«Tra poesia e prosa, i componimenti, che presentano fitti richiami alla tradizione poetica italiana, offrono immagini e accostamenti lessicali interessanti e originali.» (Teresa Caligiure)
«Non mi piace il titolo; due o tre liriche sono deturpate da una rima baciata che sacrifica anche il contenuto; tutto il resto, almeno il più, lo sento un autentico getto di poesia.» (Angela Caccia)
4° classificato
E creò la donna
E creò la donna
di Franco Casadei (Cesena)
Il tuo sguardo nella folla
Incrociato il tuo sguardo nella folla,
hai scrutato a lungo
come si saggia un volto sconosciuto,
con la pazienza del vasaio
l’argilla ha preso forma
custodirò il tuo respiro, caldo
come lo scavo del nido dopo il volo,
il grano fiorito fino al pane.
Non furono parole
Quel giorno,
quel suo vestito con niente di speciale
quel giorno fu, quel luogo
le uscì un sorriso
non furono parole
solo una mano nella sera,
un vento nuovo
a fare di un giorno già domani.
E tutto uno sventolare di bandiere.
Il tuo segreto incanto
Il tuo segreto incanto sommuove
l’aria intorno, è rifiorito il giorno
luce che scalda e abbaglia nella danza
odorano di cielo le tue ferventi mani,
hai fatta tiepida l’aria di un sole antico
resa amabile la sera nelle sue incerte luci.
Tu che tramuti la bellezza in passi
Tu che tramuti la bellezza in passi
sei svoltata all’angolo da poco,
i tuoi capelli hanno lasciato un vento
una vena d’oro scorre nelle tue radici
come fosse sempre giorno
e l’alba non ti derubasse delle stelle.
Il tutto nel frammento
Bianco il tuo viso
come il respiro della neve,
la tua mano racchiusa nel sonno
sembra un fiore
amore,
io ti coltivo
nella tua conchiglia
sento tutto il mare
Cantico
Meridiana che ritma sonno e veglia
ho incontrato in te la meraviglia
sai di fieno e rosa
acqua che sazia terra e foglia
la freschezza dell’alba ti assomiglia
la tua voce, suono che il vento incrocia
come un’apparizione
sprigioni luce fra le dita.
Franco
Casadei è nato nel 1946 a Bertinoro
in provincia di Forlì-Cesena. Medico otorinolaringoiatra, vive e lavora a
Cesena. Ha pubblicato le raccolte di
liriche I giorni ruvidi vetri (Il
Ponte Vecchio, Cesena, 2003); Se non si
muore (Ibiskos, Empoli, 2008); Il
bianco delle vele (Raffaelli
Editore, Rimini, 2012). Primo
classificato nei premi di poesia: Ungaretti, 2005; C. Levi, 2005; Giovane
Holden, 2008; Città di Venezia, 2013; “C.
Pavese”, per medici scrittori, 2013;
G. Gozzano di Agliè, 2013. Fra i primi classificati
nei premi: Neruda, 2006; D.M. Turoldo,
2011; J. Prevert, 2011; Kafka, 2012; “Ossi di Seppia”, 2012; Premio nazionale di Filosofia- sez. paradossi, 2012. Sue poesie tradotte in spagnolo e in
lingua romena. Fra gli ideatori de “La poesia nelle case”, proposta di modalità
di divulgazione della poesia in vari luoghi delle città.
«La propria donna vista dalla lente di un canzoniere dettato dall’amore nato, consumato fino al midollo della gioia e poi dissolto. Una seconda parte che canta, invece, la donna più famosa (e già udita), in tutte le sue declinazioni di cronaca, storia, tradizione. Meglio la prima parte, più aerea (sebbene più intimamente collocabile).» (Anna Ruotolo)
«Un’accecante passione – di stile e di sostanza – caratterizza quest’opera che tocca le diverse esperienze dell’essere umano, senza ambiguità e senza concessioni al perbenismo di moda, accompagnando con intelligente candore anche eventi difficilmente decifrabili come Auschwitz ed il destino di Eluana.» (Luca Carboni)
«La propria donna vista dalla lente di un canzoniere dettato dall’amore nato, consumato fino al midollo della gioia e poi dissolto. Una seconda parte che canta, invece, la donna più famosa (e già udita), in tutte le sue declinazioni di cronaca, storia, tradizione. Meglio la prima parte, più aerea (sebbene più intimamente collocabile).» (Anna Ruotolo)
«Un’accecante passione – di stile e di sostanza – caratterizza quest’opera che tocca le diverse esperienze dell’essere umano, senza ambiguità e senza concessioni al perbenismo di moda, accompagnando con intelligente candore anche eventi difficilmente decifrabili come Auschwitz ed il destino di Eluana.» (Luca Carboni)
5i classificati ex aequo
Monitorare le incongruenze
Monitorare le incongruenze
di
Andrea Labate (Milano)
MONITORARE LE INCONGRUENZE
È giusto non chiedere niente
tra la cima e il cielo
preferisco il sentiero degli arbusti
e sentirmi un esserino che odia i capricci
tra la cima e il cielo
preferisco il riflesso degli arbusti
dove risuona il luminoso
dove scommettere un ciao sconosciuto
fa riempire i buchi del tempo
– ma non si celebrò nessuna aggiunta piuttosto
un aggrovigliarsi di copertoni e fiati corti
nel modulare le cose incontrollabili
di come ti scrissi della vastità attorno
il remoto rimbomba dentro
e crea legame.
Quest'anno il risveglio era previsto liscio
– la vestizione sacra
e insegnare al piccolo a riciclare la carta.
MONITORARE LE INCONGRUENZE
È giusto non chiedere niente
se conosci il frastuono del vetro che si conficca a palpebre chiuse
nella mente che s'inabissa per volare alto
(ma il saggio intuì l'eterno
in un tappo di bottiglia e continuò a salire)
Si manifesta in un panorama mischiato a qualche vita in sordina
nella mente che s'inabissa per volare alto
(ma il saggio intuì l'eterno
in un tappo di bottiglia e continuò a salire)
Si manifesta in un panorama mischiato a qualche vita in sordina
cedi un respiro alle quattro mura ammuffite
– è un mondo che sai prevedere
quando rinchiudi la fuga in cantina –
quindi prendere la fragilità da mettere in valigia
tuttta violacea in volto
sdrammatizzare un'implosione e attenersi al manuale
Parlando di colpe –
dicono maggiorenni e vaccinati
Parlando come al solito
ma non ancora vicini al coraggio per sentirlo pizzicare nell'addome
come qualcosa che si può rompere da un momento all'altro
anche salendo le scale
Ma stai lì ad aspettare la fiammata-
la cenere è percorsa al contrario e inizia a fare presa
all'altezza degli occhi non potrai più cantare
Voglio ricordarci così
quando ancora non sentivamo il bisogno di sederci.
LINEE GUIDA
dicono maggiorenni e vaccinati
Parlando come al solito
ma non ancora vicini al coraggio per sentirlo pizzicare nell'addome
come qualcosa che si può rompere da un momento all'altro
anche salendo le scale
Ma stai lì ad aspettare la fiammata-
la cenere è percorsa al contrario e inizia a fare presa
all'altezza degli occhi non potrai più cantare
Voglio ricordarci così
quando ancora non sentivamo il bisogno di sederci.
LINEE GUIDA
(di come trovai un'impronta di cavallo nel cemento)
Avevi la pronuncia esatta del PERCHÉ
così chiusa e serrata
nel tuo manuale lunare di una realtà stravolta
e non importavano i tuoi
o i miei capelli
cosa decidessero di fare
ma vedevo soltanto estranei uscirsene nel buio
di qualche umida foglia vomitata
e potevo offrirti solo stomaco e sincerità
e non pregavo per nessun cielo acceso
così grande da contenere il cavallo
l'asino e il maiale
quello che dovevo fare
era contare i passi e sentire la fitta
della tua pronuncia sola e triste
nella puzza schizofrenica di un'alba da impiegati.
Contare i passi
con la tua paura che ti strangolassero nel sonno
sul tuo tatuato scempio marchiato a fondo anima
e le lacrime imprigionate nel tuo coito.
Prestare attenzione e lasciar scorrere:
anche le pietre hanno karma:
individuarne i segni, anche di notte.
TRA UN CARRO FUNEBRE E UN CARRO BESTIAME
Avevi la pronuncia esatta del PERCHÉ
così chiusa e serrata
nel tuo manuale lunare di una realtà stravolta
e non importavano i tuoi
o i miei capelli
cosa decidessero di fare
ma vedevo soltanto estranei uscirsene nel buio
di qualche umida foglia vomitata
e potevo offrirti solo stomaco e sincerità
e non pregavo per nessun cielo acceso
così grande da contenere il cavallo
l'asino e il maiale
quello che dovevo fare
era contare i passi e sentire la fitta
della tua pronuncia sola e triste
nella puzza schizofrenica di un'alba da impiegati.
Contare i passi
con la tua paura che ti strangolassero nel sonno
sul tuo tatuato scempio marchiato a fondo anima
e le lacrime imprigionate nel tuo coito.
Prestare attenzione e lasciar scorrere:
anche le pietre hanno karma:
individuarne i segni, anche di notte.
TRA UN CARRO FUNEBRE E UN CARRO BESTIAME
tra la cima e il cielo
preferisco il sentiero degli arbusti
e sentirmi un esserino che odia i capricci
tra la cima e il cielo
preferisco il riflesso degli arbusti
dove risuona il luminoso
dove scommettere un ciao sconosciuto
fa riempire i buchi del tempo
– ma non si celebrò nessuna aggiunta piuttosto
un aggrovigliarsi di copertoni e fiati corti
nel modulare le cose incontrollabili
di come ti scrissi della vastità attorno
il remoto rimbomba dentro
e crea legame.
Quest'anno il risveglio era previsto liscio
– la vestizione sacra
e insegnare al piccolo a riciclare la carta.
Andrea Labate è nato a Sondrio
il 12/01/1987. Valtellinese d'origine (Morbegno) ma ormai milanese d'adozione.
Dopo l'adolescenza inizia gli studi in Lettere Moderne alla Statale di Milano.
Studi che si devono ancora concludere. Lavora come cameriere in un ristorante e
si mantiene in questo modo. I modelli dai quali inizia a muovere i primi passi
sono i poeti della Beat Generation. Ha approfondito anche la cultura
underground degli anni '60 grazie alla conoscenza e all'amicizia di Gianni
Milano, poeta e pedagogista che è considerato uno dei più importanti esponenti
della controcultura.
«Il titolo Monitorare le incongruenze ben descrive il lavoro di mappatura dell'ambiente che questa silloge propone. Un monitoraggio attento e ampio ma che proprio come il monitor - che sembra asettico ma non può esserlo realmente - sembra scegliere un punto di vista, un'inquadratura ben precisi: quelli per cui l'incongruenza e il male si possono e anzi si devono guardare, ma solo perché - dal fondo dell'immagine - emergano i dettagli nascosti dal primo piano! (Daniele Gigli)
«Il titolo Monitorare le incongruenze ben descrive il lavoro di mappatura dell'ambiente che questa silloge propone. Un monitoraggio attento e ampio ma che proprio come il monitor - che sembra asettico ma non può esserlo realmente - sembra scegliere un punto di vista, un'inquadratura ben precisi: quelli per cui l'incongruenza e il male si possono e anzi si devono guardare, ma solo perché - dal fondo dell'immagine - emergano i dettagli nascosti dal primo piano! (Daniele Gigli)
Lunamadre
di
Gabriella Bianchi (Perugia)
Non sei più qui. Sei migrata
con le rondini che a marzo fanno il nido
sotto il tetto della tua casa d’infanzia.
Anch’io, nascendo in marzo, vi ho fatto il nido.
Ti odio lavagna di luce
perché hai rapito la donna
che mi generò al mondo
anche se lei non oppose resistenza
al rapimento
perché era stanca di lottare
e si lasciava vivere
come una barchetta di carta
io le suturavo gli strappi
quando andava ad urtare contro gli scogli
le rammendavo la chiglia
del corpo adagiato
giocavo interminabili partite a scacchi
con il piccolo timoniere
della barchetta ferita
per impedirgli di andarsene
ma d’improvviso si spalancò
il mare aperto
e l’orizzonte si presentò spoglio
come un attaccapanni vuoto
era l’orizzonte che disegnavo da bambina
sui quaderni delle scuole elementari
privo di luce sulla carta a quadretti
e quando ho chiuso il quaderno
non c’era più nessuno
il piccolo timoniere aveva barato
e mi ha imbrogliata
un furto come tanti una sparizione di persona
una gomma che cancella un nome
una penna che racchiude in due date
una storia di carne e di voce
ma tornando alla lavagna di luce
così quieta da far nascere inquietudini
– come i fremiti racchiusi nei laghi –
lei che sigilla segreti perché tutto vede
complice di misfatti d’ogni risma
di amori puri e da postribolo
lei che tace per disprezzo
verso tutti gli umani e i disumani
lei la somma dea delle tenebre
la sgualdrina per eccellenza la ladra
si atteggia a vergine regina
e dietro il drappo bianco
nasconde il popolo dei morti
che non sa dove andare
perché i morti non hanno più una casa
sono gente in esilio in transumanza
e lei gioca con la loro paura
li fa accucciare dietro il suo mantello
ed io sputo sul suo chiarore
riflesso a terra sul lastricato
perché tiene le anime al guinzaglio
e finge un perbenismo da cristiana
lei che rapì mia madre
nel giorno del finto allunaggio
(bella recita sul set della presunta luna)
mio padre disse: è un’americanata
ci danno da bere frottole e menzogne
la luna è un terreno inviolato
solo Astolfo vi salì con l’ippogrifo
Non sei più qui. Sei migrata
con le rondini che a marzo fanno il nido
sotto il tetto della tua casa d’infanzia.
Anch’io, nascendo in marzo, vi ho fatto il nido.
Ti odio lavagna di luce
perché hai rapito la donna
che mi generò al mondo
anche se lei non oppose resistenza
al rapimento
perché era stanca di lottare
e si lasciava vivere
come una barchetta di carta
io le suturavo gli strappi
quando andava ad urtare contro gli scogli
le rammendavo la chiglia
del corpo adagiato
giocavo interminabili partite a scacchi
con il piccolo timoniere
della barchetta ferita
per impedirgli di andarsene
ma d’improvviso si spalancò
il mare aperto
e l’orizzonte si presentò spoglio
come un attaccapanni vuoto
era l’orizzonte che disegnavo da bambina
sui quaderni delle scuole elementari
privo di luce sulla carta a quadretti
e quando ho chiuso il quaderno
non c’era più nessuno
il piccolo timoniere aveva barato
e mi ha imbrogliata
un furto come tanti una sparizione di persona
una gomma che cancella un nome
una penna che racchiude in due date
una storia di carne e di voce
ma tornando alla lavagna di luce
così quieta da far nascere inquietudini
– come i fremiti racchiusi nei laghi –
lei che sigilla segreti perché tutto vede
complice di misfatti d’ogni risma
di amori puri e da postribolo
lei che tace per disprezzo
verso tutti gli umani e i disumani
lei la somma dea delle tenebre
la sgualdrina per eccellenza la ladra
si atteggia a vergine regina
e dietro il drappo bianco
nasconde il popolo dei morti
che non sa dove andare
perché i morti non hanno più una casa
sono gente in esilio in transumanza
e lei gioca con la loro paura
li fa accucciare dietro il suo mantello
ed io sputo sul suo chiarore
riflesso a terra sul lastricato
perché tiene le anime al guinzaglio
e finge un perbenismo da cristiana
lei che rapì mia madre
nel giorno del finto allunaggio
(bella recita sul set della presunta luna)
mio padre disse: è un’americanata
ci danno da bere frottole e menzogne
la luna è un terreno inviolato
solo Astolfo vi salì con l’ippogrifo
Gabriella
Bianchi è nata e vive a Perugia. Ha pubblicato
sei volumi di poesie: L'etrusca
prigioniera 1984, Canzoniere 1990,
Giardino d'inverno 2005, Cartoline da Itaca 2005, Il paradiso degli
esuli 2009, Il cielo di Itaca 2011. È presente in varie antologie
nazionali. Ha vinto alcuni primi premi ed è stata inserita in Faraexcelsior 2013.
Hanno parlato della sua poesia: Mario Luzi, Valerio Magrelli, Davide Rondoni,
Maurizio Cucchi.
«Nei testi, dall’andamento poematico, si costruisce passo passo il percorso di elaborazione del lutto che l’io poetico si trova a dover affrontare a ragione della scomparsa della madre, avvenuta il giorno storico dell’allunaggio (fasullo? cinematografico? interamente riassorbito dal dolore?) di Armstrong, Aldrin e Collins. Forse, però, la luna (principio femminile e materno, di contro al sole, maschile e paterno) è ancora quella dell’Ariosto: là riposano la serenità e il senno perduti, in attesa che la follia epica del poeta li torni a conquistare o anche solo a toccare con mano.» (Lorenzo Mari)
«Un buon equilibro non fa debordare il racconto della vicenda personale dalla misura di un verso libero, sì, ma che tiene. Buona la trovata di dividere la storia senza dividerla davvero, nel senso che si dà l’impressione di scrivere una serie di poesie parti, invece, di un unico lungo, grande testo/romanzo. Non è escluso che le singole poesie possano leggersi, però, senza la precedente o la successiva. Efficace.» (Anna Ruotolo)
«Nei testi, dall’andamento poematico, si costruisce passo passo il percorso di elaborazione del lutto che l’io poetico si trova a dover affrontare a ragione della scomparsa della madre, avvenuta il giorno storico dell’allunaggio (fasullo? cinematografico? interamente riassorbito dal dolore?) di Armstrong, Aldrin e Collins. Forse, però, la luna (principio femminile e materno, di contro al sole, maschile e paterno) è ancora quella dell’Ariosto: là riposano la serenità e il senno perduti, in attesa che la follia epica del poeta li torni a conquistare o anche solo a toccare con mano.» (Lorenzo Mari)
«Un buon equilibro non fa debordare il racconto della vicenda personale dalla misura di un verso libero, sì, ma che tiene. Buona la trovata di dividere la storia senza dividerla davvero, nel senso che si dà l’impressione di scrivere una serie di poesie parti, invece, di un unico lungo, grande testo/romanzo. Non è escluso che le singole poesie possano leggersi, però, senza la precedente o la successiva. Efficace.» (Anna Ruotolo)
La forza degli schiavi
di
William Stabile (La Paz, Bolivia)
Questo libro è dedicato a mia figlia G.
che mi ha indicato La Rotta Giusta
che mi ha indicato La Rotta Giusta
Il destino di ogni uomo è personale solo perché può accadere che assomigli
a ciò che è nella sua memoria. (Eduardo
Mallea)
Dr. Livingstone, I suppose!
in te ipso redi, in interiore homine habitat veritas
in te ipso redi, in interiore homine habitat veritas
(Sant’Agostino)
well
yes I am
dear Stanley
yes I am
dear Stanley
per l’uomo &
mentre ti aspettavo
ho letto la bibbia 4 volte
& mentre leggevo
& leggevo
amavo osservare sulle rive
l’umana sofferenza dentro le disgraziate
capanne negre
che orrore!
tutto era profonda
tenebra
capito
un dono
e non va mai
sfidata
– come ho fatto io –
Stanley
per l’uomo
sul fronte occidentale
le ragioni della polvere
consumano sempre nelle cose
è tutto sotto il cielo - e sopra
nulla
solo l’amore cambiatu sei tan grande
grazie
verso un mondo
in un arco una freccia
a cercare una traccia
prima che tu ci fossi
eravamo già tu & io
insieme – Signore
e tu senza saperlo
eri già tutto in me
(presente in me)
dentro di me& io attratto
mi allontanavo da te
e costruivo per me
un’architettura di dolori
e tu preparavi per me
opere e missioni
la mia speranza
che gradualmente
diventava parola
con architravi forti
di essenza
ponevo fragili
colonne di pensieri
e così per mia gioia
ripagavo te
in una vita para bellum
mordendo un odio
largo
quanto un lago
del continente nero
tu sei tan grande
grazie
William
Stabile è nato a Milano nel 1973.
Dal 1998 ha vissuto in Inghilterra dove ha lavorato come giornalista
finanziario tra Londra e Milano. Nel 2000 si è imbarcato su una nave in giro
per il mondo. Ora insegna lingua e cultura italiana a 3.600 mslm a La Paz,
Bolivia. Sui versi sono usciti su varie riviste e siti di poesia italiana e
straniera. È presente in alcune antologie di poeti italiani contemporanei. Ha
pubblicato una raccolta di poesie con Fara Editore Contrappunti e
Tre Poesie Creole, 2006. Ha ricevuto una segnalazione nell’Antologia del Premio Nazionale Biennale
“Città di Solofra”. Un suo contrappunto, in inglese, è inserito nell’ultimo libro del poeta
irlandese William Wall Ghost
Estate, 2011. Si riconosce nella frase del poeta
salernitano Alfonso Gatto: “Se voi vi domandate perché un poeta scrive, in che
modo si è deciso a scrivere […], comprenderete perché la poesia appartenga agli
uomini che non si difendono, che passano nella vita, lungo tutta la vita, senza
appropriarsene, amandola anche per gli altri che credono di averla spesa o di
poterla spendere senza mai riuscire nemmeno a destarla.”
«Il senso del testo può ben sintetizzarsi in quella domanda angosciante, ma anche un po’ ironica: “Mr. Livingstone? I suppose!”. Una domanda esistenziale che si dipana attraverso sofisticate dialettiche e preziosismi stilistici e che giunge - come in un cerchio che si chiude - ad un rasserenante “well yes I am, dear Stanley”. La risposta è dentro la domanda!» (Luca Carboni)
«Il senso del testo può ben sintetizzarsi in quella domanda angosciante, ma anche un po’ ironica: “Mr. Livingstone? I suppose!”. Una domanda esistenziale che si dipana attraverso sofisticate dialettiche e preziosismi stilistici e che giunge - come in un cerchio che si chiude - ad un rasserenante “well yes I am, dear Stanley”. La risposta è dentro la domanda!» (Luca Carboni)
Torrido
di Antonio Devicienti (Orino, Va)
di Antonio Devicienti (Orino, Va)
Girovago giramondo
pittore e anarchico[1]
torrido
tracimante di vita candido essere
quadri per poche lire offrendo
per un bicchiere di vino
dipinge nudo
(proteso alla bellezza il pensiero
torrido
tracimante di vita candido essere
quadri per poche lire offrendo
per un bicchiere di vino
dipinge nudo
(proteso alla bellezza il pensiero
che per lui è onestà
verità
non abbisogna abiti
da poeta o da pittore)
torrido
torrido
e reietto nella comunità
dei benpensanti
giramondo girovago
in manicomio lo vuole la famiglia
anarchico e pittore
vita tracimante per troppo amore
bagno di mare a San Cataldo
(pieno gennaio)
decàndia campana cafiero
assieme in una scassata Cinquecento
San Cataldo San Foca Torre dell'Orso
e l'Adriatico a sinistra
ridendo torridi
torridi
toma nel suo esilio a Maglie ►
verità
non abbisogna abiti
da poeta o da pittore)
torrido
torrido
e reietto nella comunità
dei benpensanti
giramondo girovago
in manicomio lo vuole la famiglia
anarchico e pittore
vita tracimante per troppo amore
bagno di mare a San Cataldo
(pieno gennaio)
decàndia campana cafiero
assieme in una scassata Cinquecento
San Cataldo San Foca Torre dell'Orso
e l'Adriatico a sinistra
ridendo torridi
torridi
toma nel suo esilio a Maglie ►
gli alberi di toma
quegli olivi e lecci ed eucalipti salati di luce
tra le cui fronde il poeta
scriveva.
Nei muri a secco si gettavano a capofitto
Nei muri a secco si gettavano a capofitto
le lucertole della visione.
Giungono fino a noi dall'esilio
Giungono fino a noi dall'esilio
i quaderni straziati di canto
e non sappiamo meritarli.
Di essi indegni noi li leggiamo.
toma, torrido cantore della libertà.
toma, torrido cantore della libertà.
[1] Il
poemetto è ispirato alle vicende umane ed artistiche di Edoardo De Candia,
pittore ed emarginato (Lecce, 1933 – ivi, 1992). Propongo qui due
opzioni di lettura: è possibile leggere l'intero poemetto così come esso è
stampato, oppure leggerne soltanto i versi allineati a sinistra (che definisco
"la trama principale"), per poi riprendere, quasi fossero testi
autonomi, le liriche che viceversa presentano l'allineamento a destra; ► e ◄ segnalano i punti del testo che esulano dalla "trama
principale", ma che con essa sono, comunque, connessi.
Di origine salentina, Antonio Devicienti vive e
insegna in provincia di Varese. Suoi contributi critici, note di lettura e
testi sia in prosa che in versi sono presenti su varie riviste cartacee (L’Immaginazione,
Poeti e Poesia) e telematiche (Zibaldoni,Samgha, La Dimora del
tempo sospeso) e in diversi volumi collettivi. Nel 2011 ha pubblicato
presso LietoColle la sua prima silloge poetica, Linea borbonica.
Collaboratore
di Carte Sensibili,
gestisce il blog personale www.vialepsius.wordpress.com
«Il poemetto, dedicato alla vicenda umana e artistica del pittore leccese Edoardo de Candia, è, in realtà, un atto di amore verso la poesia e la temperie culturale del secondo Novecento, respirante in un Sud torrido, che talvolta si immagina deprivato di risorse culturali e che invece è profondamente connesso a tutte le esperienze artistiche e culturali, a livello globale, che si possono ritenere importanti. Il testo, del quale si propongono già dall’inizio molteplici percorsi di lettura, è esso stesso plurale, pluriforme, sfuggente: ogni verso, infatti, sfugge nell’altro, a significare una vita sfuggita nell’arte, ma anche un’arte che non deve farsi sfuggire il ricordo dell’esistenza di un importante ed esemplare artista.» (Lorenzo Mari)
«Questo poemetto polifonico intreccia voci e citazioni distanti, sul modello dei Cantos poundiani: una strada poco seguita dalla poesia contemporanea e che dunque trovo giusto incoraggiare. Certo, talvolta (come in Pound) l’affresco può essere scambiato per esibizione d’erudizione; tuttavia credo genuino il tentativo, e lodevole la voglia e l’ambizione di misurarsi sul poema, e il tutto con una buona proprietà compositiva e ritmica (si veda la ripetizione di sintagmi con funzione quasi liturgica o incantatoria). In futuro, comunque, cercherei di depurare il dettato da facili manicheismi (per es. “reietto dalla comunità / dei benpensanti”) o da evidenti poetismi (per es. “contrabbandieri di visioni”).» (Davide Castiglione)
«Il poemetto, dedicato alla vicenda umana e artistica del pittore leccese Edoardo de Candia, è, in realtà, un atto di amore verso la poesia e la temperie culturale del secondo Novecento, respirante in un Sud torrido, che talvolta si immagina deprivato di risorse culturali e che invece è profondamente connesso a tutte le esperienze artistiche e culturali, a livello globale, che si possono ritenere importanti. Il testo, del quale si propongono già dall’inizio molteplici percorsi di lettura, è esso stesso plurale, pluriforme, sfuggente: ogni verso, infatti, sfugge nell’altro, a significare una vita sfuggita nell’arte, ma anche un’arte che non deve farsi sfuggire il ricordo dell’esistenza di un importante ed esemplare artista.» (Lorenzo Mari)
«Questo poemetto polifonico intreccia voci e citazioni distanti, sul modello dei Cantos poundiani: una strada poco seguita dalla poesia contemporanea e che dunque trovo giusto incoraggiare. Certo, talvolta (come in Pound) l’affresco può essere scambiato per esibizione d’erudizione; tuttavia credo genuino il tentativo, e lodevole la voglia e l’ambizione di misurarsi sul poema, e il tutto con una buona proprietà compositiva e ritmica (si veda la ripetizione di sintagmi con funzione quasi liturgica o incantatoria). In futuro, comunque, cercherei di depurare il dettato da facili manicheismi (per es. “reietto dalla comunità / dei benpensanti”) o da evidenti poetismi (per es. “contrabbandieri di visioni”).» (Davide Castiglione)
6i classificati ex aequo
Nutrita da un dio piccolissimo
(di Marta Ardesi (S. Mauro Torinese)
1.
Nutrita da un dio piccolissimo e visionario
ho sentito le mie ossa rimarginarsi
grazie a baci arpeggiati e a fiabe per bambini.
Non sono stata la sola né la prima.
Quando si riannodavano in noi
ispirazioni e carezze luminose
accoglievamo la bellezza con menti in festa
come quando la rondine ritrova il senso
del suo sentire
e torna non a casa
ma a sé.
Abbiamo imparato a memoria ad ingoiare luce
cantare luce
soffrire luce.
I nostri cerchi poetici sono ancora tutti da iniziare
e le veglie d’amore diventano visioni divine
per costruire nuove fattezze
attraverso cui poterci amare
senza più atti d’accusa.
La nostra non è una via di cemento comune
a tutte le altre
ma una serpentina di sogni ancora da imbastire
su cui posiamo i piedi nuovamente vergini
di sacrifici e strappi.
Ringhiamo e graffiamo sole
con baci nati da filigrane di perdono.
Abbiamo invocato i Portatori di luce fino a sgolarci-
ricattandoli
facendo loro delle offerte assurde e romantiche
senza comprendere che pregavamo noi stessi
(di Marta Ardesi (S. Mauro Torinese)
1.
Nutrita da un dio piccolissimo e visionario
ho sentito le mie ossa rimarginarsi
grazie a baci arpeggiati e a fiabe per bambini.
Non sono stata la sola né la prima.
Quando si riannodavano in noi
ispirazioni e carezze luminose
accoglievamo la bellezza con menti in festa
come quando la rondine ritrova il senso
del suo sentire
e torna non a casa
ma a sé.
Abbiamo imparato a memoria ad ingoiare luce
cantare luce
soffrire luce.
I nostri cerchi poetici sono ancora tutti da iniziare
e le veglie d’amore diventano visioni divine
per costruire nuove fattezze
attraverso cui poterci amare
senza più atti d’accusa.
La nostra non è una via di cemento comune
a tutte le altre
ma una serpentina di sogni ancora da imbastire
su cui posiamo i piedi nuovamente vergini
di sacrifici e strappi.
Ringhiamo e graffiamo sole
con baci nati da filigrane di perdono.
Abbiamo invocato i Portatori di luce fino a sgolarci-
ricattandoli
facendo loro delle offerte assurde e romantiche
senza comprendere che pregavamo noi stessi
e che erano destinati a noi
quei banchetti fantasiosi.
Li abbiamo cercati fino a svertebrarci i sensi-
disseminando il senno frustrato
attraverso tutte e quattro le stagioni.
Abbiamo infine capito chi erano,
ne abbiamo sorriso
l’abbiamo accettato.
Chiunque respira porta luce.
Chiunque ama porta luce.
Chiunque cura porta luce.
Chiunque sogna porta luce.
quei banchetti fantasiosi.
Li abbiamo cercati fino a svertebrarci i sensi-
disseminando il senno frustrato
attraverso tutte e quattro le stagioni.
Abbiamo infine capito chi erano,
ne abbiamo sorriso
l’abbiamo accettato.
Chiunque respira porta luce.
Chiunque ama porta luce.
Chiunque cura porta luce.
Chiunque sogna porta luce.
Marta Ardesi è nata a Torino il 23 maggio 1982. Per molto tempo ha vissuto in altri paesi (Spagna, Portogallo e
Africa) e due anni fa è tornata a vivere in Italia. Lavora come tirocinante
presso una casa editrice animalista torinese e scrive come volontaria su alcuni
blog e riviste.
«C’è una dolorosa ma chiara verità in questa raccolta: con coraggio il poeta (o la poetessa) affronta la sua storia e la dona agli altri per trarne energia e vita.» (Francesco Osti)
«C’è una dolorosa ma chiara verità in questa raccolta: con coraggio il poeta (o la poetessa) affronta la sua storia e la dona agli altri per trarne energia e vita.» (Francesco Osti)
Di amore integro
di Mariangela Ruggiu (Suni, OR)
La linea della vita
Trattienila con le unghie
questa vita che si nasconde
in questo guscio fragile,
questa che ci ha imprigionato
non so perché
in questa roccia friabile
che il tempo sgretola,
accarezzala,
vedi come si riempie di parole
e mi si regala,
trattienila con le unghie
lasciami in questo abbraccio
lasciami in questi odori
di pane, di fiori, di legno antico
e nelle tue mani leggerò ancora
la linea della vita.
Dimmi perché
Come contadino vieni a raccogliere
è sempre tempo di vendemmia per te,
dov'eri quando la terra era dura come roccia
e le lacrime erano grani di sale?
Ho solo queste mani, conta i graffi,
vedi la terra sotto le unghie,
vedi la fame a cercarti, a volerti.
Ora vieni pronto a raccogliere
ma è vuoto il campo
ho diviso le spighe con le formiche,
ho lasciato l'uva alle vespe
e non c'è mosto a fermentare nei tini.
Dimmi perché dovrei raccogliere
conservare a domani provviste per vivere
perché solo ai gigli hai lasciato la veste bianca
e solo ai passeri il volo?
A me hai lasciato il sudore,
mi hai lasciato a contorcermi per un solo vagito,
a immaginarti infinito e trovarti invece
in questi occhi persi.
Ora che tutto finisce almeno lasciami il mare,
di Mariangela Ruggiu (Suni, OR)
La linea della vita
Trattienila con le unghie
questa vita che si nasconde
in questo guscio fragile,
questa che ci ha imprigionato
non so perché
in questa roccia friabile
che il tempo sgretola,
accarezzala,
vedi come si riempie di parole
e mi si regala,
trattienila con le unghie
lasciami in questo abbraccio
lasciami in questi odori
di pane, di fiori, di legno antico
e nelle tue mani leggerò ancora
la linea della vita.
Dimmi perché
Come contadino vieni a raccogliere
è sempre tempo di vendemmia per te,
dov'eri quando la terra era dura come roccia
e le lacrime erano grani di sale?
Ho solo queste mani, conta i graffi,
vedi la terra sotto le unghie,
vedi la fame a cercarti, a volerti.
Ora vieni pronto a raccogliere
ma è vuoto il campo
ho diviso le spighe con le formiche,
ho lasciato l'uva alle vespe
e non c'è mosto a fermentare nei tini.
Dimmi perché dovrei raccogliere
conservare a domani provviste per vivere
perché solo ai gigli hai lasciato la veste bianca
e solo ai passeri il volo?
A me hai lasciato il sudore,
mi hai lasciato a contorcermi per un solo vagito,
a immaginarti infinito e trovarti invece
in questi occhi persi.
Ora che tutto finisce almeno lasciami il mare,
lasciami al mare.
Come sei ora
Amo
e l'amore mi stupisce
quando diventi figlia avida di carezze,
se anche non fossi madre
ti partorirei col cuore
ti partorirei già donna
come sei ora, acerba,
e profumi l'aria di futuro,
quel profumo che improvviso
apre un ricordo.
Come sei ora
Amo
e l'amore mi stupisce
quando diventi figlia avida di carezze,
se anche non fossi madre
ti partorirei col cuore
ti partorirei già donna
come sei ora, acerba,
e profumi l'aria di futuro,
quel profumo che improvviso
apre un ricordo.
Mariangela Ruggiu è insegnante di discipline scientifiche, ama la poesia da
sempre, ma ha ripreso a scrivere da pochi anni: è solo dilettante nella poesia
e cerca di non mancare mai di rispetto a quest’arte. Non ha molto da raccontare,
di sé, piccole esperienze poco significative. Pensa che le poesie, una volta
scritte, diventino autonome dal loro autore, per questo è felice di lasciarle
qui, perché vadano da sole… Le piace sottoporre quello che scrive al giudizio
degli altri, e farne tesoro.
«Si scrive tra le pareti di sé stessi, le finestre chiuse, a tu per tu con un'emozione che si è fermata accanto. Di amore integro è un pensare a voce alta, supera le barriere in cui si è accucciato l'io e parla in sussurri all'anima che la legge e corrisponde.» (Angela Caccia)
«Si scrive tra le pareti di sé stessi, le finestre chiuse, a tu per tu con un'emozione che si è fermata accanto. Di amore integro è un pensare a voce alta, supera le barriere in cui si è accucciato l'io e parla in sussurri all'anima che la legge e corrisponde.» (Angela Caccia)
7mi classificati ex aequo
Castelli di sabbia
di
Raffaella Nocera (Arzano, NA)
Mi
ritorna in mente
la bambina che ero.
Maneggiando abilmente
rastrello, paletta e secchiello,
costruivo castelli di sabbia
che il mare scioglieva.
18
marzo 2013
SPRAZZI D’INFANZIA
Rivedo sprazzi
della mia infanzia:
trecce infiocchettate,
grembiulini macchiati,
cartelle colorate.
Mi ritorna l’eco
di allegri schiamazzi,
di
cori natalizi,
di storie di principi
e principesse.
Ma quando i ricordi svaniscono
non
mi resta che il tedio.
7
settembre 1999
THE
DOLL
(LA BAMBOLA)
“Cosa stringi tra le braccia?”,
la bambina non rispose.
Dormiva, acciambellata,
come un micio infreddolito
stringendo al petto
una bambola di pezza.
2 novembre 2013
Raffaella Nocera
è nata ad Arzano (NA), il 9 luglio 1969. Ha conseguito il diploma di maturità
classica e la laurea in giurisprudenza; ha esercitato per quasi venti anni la
professione di avvocato. Ha
partecipato ad alcuni concorsi letterari raccogliendo si-gnificativi
riconoscimenti; in particolare, ha ottenuto una segnalazione favorevole in
occasione del Premio nazionale “Grande Dizionario della Lingua Italiana”
fondato da Salvatore Battaglia, bandito dall’editore UTET nel 1997, a seguito della quale ha
pubblicato una raccolta di quattro componimenti nell’antologia Letteratura degli anni Novanta (Edizioni
Tracce, Pescara, 1999). Recentemente, le è stato conferito il premio di seconda classificata, nella
sezione over, del Concorso letterario
europeo Wilde, edizione 2013.
«Giochi poetici e di vita, fantasie leggere e versi piacevoli alla maniera di Piumini.» (Teresa Caligiure)
«Giochi poetici e di vita, fantasie leggere e versi piacevoli alla maniera di Piumini.» (Teresa Caligiure)
Sotto la cenere il fuoco
di Claudia Paula Luccini (Marina di Massa, MS)
di Claudia Paula Luccini (Marina di Massa, MS)
Ermetica
come fiotti d’acqua da una sorgente.
ad una perenne implosione.
Incompiuta
mi applico,
con puntiglio e tenacia mi accanisco, la perfezione è il mio fine.
Sogno la gloria, l’Olimpo è la meta.
d’improvviso si blocca…
un dubbio, il timore, non sono abbastanza.
Sono o non sono
la regina dell’approssimazione?
Madre
madre sfuggente, madre assente,
madre arrabbiata, madre frustrata.
madre vacante, madre sentenza,
madre esigente, madre scontenta.
la tua storia mi racconti,
allora rapita ascolto.
i tuoi gesti mi guariscono,
fiduciosa aspetto.
E ugualmente ti amo.
«L’inquietudine dell’autore contagia chi legge e lo spinge a mettere in discussione certezze ritenute incrollabili e meraviglie fin troppo banali, oltre cui Qualcosa di più grande non può che nascondersi e sorprendere come “un amante perfetto”.» (LucaCarboni)
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