di Vincenzo D'Alessio
Il corso della lunga “Storia d’Italia”, dopo il periodo conosciuto come Rinascimento, è segnato da troppi tradimenti verso coloro che aprivano la strada del libero pensiero, della Poesia e che si troveranno nei moti risorgimentali del XIX secolo ad essere additati per antonomasia nel Meridione d’Italia con l’epiteto dispregiativo di “filosofo”. Da quei lontani giorni di sventura l’epiteto perdura ancora oggi.
Capita soprattutto ai poeti, insigni o meno, del Sud che cercano di aprire gli occhi alla gran massa dei conterranei, ad invitarli al contatto con la frequentazione dei libri e delle biblioteche. Ad ogni tentativo corrisponde un violento imperativo “vade retro filosofo!” poiché la produzione letteraria non comporta, per la grande massa avvezza da secoli ad ottenere lavoro attraverso il puro clientelismo, nient’altro che lassismo e nessun guadagno reale. Qualche volta l’autore è fortunato perché si afferma all’estero: per estero intendiamo soprattutto il Nord della nostra stretta penisola italiana: là si può fare Cultura.
Le vite dei nostri poeti/scrittori che hanno conosciuto l’esilio all’estero come: Saverio Strati del romanzo Mani vuote (1960); Raffaele Nigro del romanzo Ombre sull’Ofanto (1992); Andrea di Consoli del romanzo Il padre degli animali (2007); Carmine Abate del romanzo La collina del vento (2012); Pino Aprile del romanzo Giù al Sud (2011) e nella scia dei contributi offerti da lontano alla rinascita del Sud il volume di Michele Luongo Irpinia terra del Sud edizioni Tracce, settembre 2003.
Il lavoro di Michele Luongo viene scritto nelle terre del Trentino, dove il lavoro lo ha portato, dopo il terribile sisma del 23 novembre 1980: evento vissuto in prima persona. L’autore è segnato dalla tristezza per le tante morti dovute al fenomeno naturale ma anche dall’incuria degli uomini della sua terra che, pervasi dall’orpello dei facili guadagni attraverso l’industrializzazione, hanno abbandonato le terre coltivate, gli armenti, i mestieri artigianali che rendevano vivace l’economia del Sud Italia. Una coscienza, quella di Luongo, non solo personale ma condivisa da tutti gli autori inseriti in questo lavoro. Libro che ancora una volta indicava e indica, alla classe politico-imprenditoriale meridionale e settentrionale al Sud, la strada maestra che fu di Guido Dorso e Antonio Gramsci per la parte sociopolitica:creare istruzione e occupazione.
La differenza è nel modo di porgersi al lettore: Luongo sceglie la poesia, non i discorsi rivolti alle piazze. Ascoltiamolo nei versi della poesia Fiori del Sud, inserita nel volume di cui parliamo, mentre testimonia la forza giovanile che prende ancora una volta la strada dell’esilio: “Basta! Alle corsie d’attesa / Uscite dal cerchio vizioso / Del perenne “ ricatto ” / … promessa del lavoro / Fiori del Sud / Fiorite dal silenzio / Senza paura, gridate / La “ sete di giustizia”. I temi trattati dal Nostro non sfuggono al grande critico letterario Giorgio Barberi Squarotti che lo sprona a perseguire nel suo impegno. Allo stesso modo farà il noto critico letterario Paolo Saggese in un articolo apparso il 24 febbraio 2010 sul quotidiano irpino «Ottopagine»: “(…) Qui, le voci della strada (riprendendo il titolo di una raccolta di Luongo, ndr), dei diseredati, dei giovani sbandati e in difficoltà – lasciati soli di fronte alla vita -, la protesta contro la mala politica, contro la politica della raccomandazione, si fanno canto indignato.”
Il libro Irpinia terra del Sud riceve la prefazione del Presidente del Comitato di Bolzano dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano Achille Ragazzoni che contribuisce con una solida prefazione ad avvalorare i contenuti del poeta/ saggista in questo lavoro. Egli scrive: “E vorrei ricordare, poi, le migliaia e migliaia di irpini costretti ad emigrare, che con il loro sudore hanno contribuito a creare la ricchezza ed il benessere dell’Italia settentrionale e dei vari paesi stranieri.”
Ma la Storia del Sud non sembra voler cambiare. Da quel lontano 2003 descritto nelle pagine di Michele Luongo siamo giunti agli ingrati giorni che viviamo sotto l’effetto narcotizzante delle immagini propinate minuziosamente attraverso tutti i canali possibili. Chi guarda alla Storia del Sud come “Maestra di Vita”? La nostra società non lo fa e a pagare sono sempre i più deboli, i meno abbienti, “i vinti” dei nostri giorni veloci. Vorremmo unire al coro dei grandi poeti del Sud, a quella di Michele Luongo, la voce di un altro poeta del Sud sempre attento ai cambiamenti, parlo di Dante Maffia. Quest’ultimo in una splendida raccolta poetica dal sintomatico titolo Abitare la cecità (edizioni Lepisma, 2011, con la prefazione di Sergio Zavoli) riporta al lettore tutto il malessere che pervade questa nostra martoriata terra del Sud: “(…) Ma era così rassicurante / andare avanti e indietro / e ripetere le stesse cose / come una litania / che non aveva importanza / nemmeno chi fosse l’interlocutore” (da: Una muta di cani).
Torna attuale il transito delle storie del Sud nei versi.
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