mercoledì 28 novembre 2007

Su Lune Persuase di Brunella Bruschi


recensione di Lucia Visconti dal sito culturale L(’)abile traccia
scheda libro qui

“Vorrei stare come / un fenicottero rosa con / zampe lunghissime / che slittano a pelo / dell’acqua per distanziarla / e collo snodabile / per raggiungerla ancora”.
Appare immediato: in Brunella Bruschi, notissima e impegnatissima scrittrice, corpo e parola sono tutt’uno.
Ciò che germina nell’intelletto – visione filosofica della vita – diviene parola generata e generante.
Il flusso del pensiero esprime il contenuto delle liriche, esso stesso in fieri.
“Non correggere i pensieri / col bianchetto, stampali coi / segni rossi e blu così / che fioriscano petali di possibilità/ e soluzioni di continuità per/ fermarsi ogni tanto a guardare / ciò che permea l’orizzonte, ciò / del confine oltre”.
E di seguito: “L’acerbo pomo distillerà / i suoi fragranti umori / sotto il sole / e la luna. / La poesia ha bisogno del cielo / e della terra / dalle salde radici”.
Maturità di forma, originalità di metafore, ampio lessico, rivelano a colpo d’occhio, l’autrice, persona intrisa di cultura: dalla classica alla contemporanea.
Non di semplice lettura, quindi, Lune persuase, per chi non abbia raggiunto cime di conoscenza, anche nell’uso dell’enjambement e della scarsa punteggiatura.
Tuttavia i versi lasciano l’impronta del vero talento che invoglia ad approfondire la comprensione.
Ricorrono nelle quattro parti del testo, gli elementi primordiali: terra-pietra, acqua-mare, aria-soffio. Il fuoco è assente, ma solo in apparenza. L’ardore per la poesia – uno con la vita stessa – trabocca in “vi lascio attendere alle porte. / Se mi viene a trovare la poesia […] / Resto a lungo nel buio ad occhi / chiusi e vorrei entrare ignorandola / ma il torpore di lontano si dissolve / e il mondo incalza rendendo / di corpo le parole. Vi lascio / attendere e vi desidero, ho nostalgia/ del fiato che torna con voi alle/ mie figure ma devo restare / nella pelle del reale e allineare/ questi figli con pazienza”. Così come nella tenerezza tutta femminile: “Ti chiedo di venire / a passeggiare come allora, ti invento / una festa nella casa grande e invito/ i tuoi amici. In un mobile ho lasciato / una serie di doni graziosi che / distribuisco mentre voi giocate… / e poi ripongo felice / gli avanzi della cena nel frigo”.
In definitiva, il motore nascosto della penna della Bruschi è una consegna di gioie, paure, conquiste esperienziali. Per questo, non posso impedirmi di citare “mi è cresciuto dentro / uno spazio nuovo / un respiro profondo / che non c’era; si sono / allineati il dolore, la / pietà, il perdono e non / so più guardare senza/ trovarli insieme”.

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