Intervista a Debora Rienzi
1) Innanzitutto, vorrei sapere qualcosa di più riguardo alla sua scelta di farsi monaca: un fatto particolare l’ha spinta?
E si è mai pentita di una scelta così sostanziale?
1) Innanzitutto, vorrei sapere qualcosa di più riguardo alla sua scelta di farsi monaca: un fatto particolare l’ha spinta?
E si è mai pentita di una scelta così sostanziale?
Per rispondere faccio una breve premessa: nel 2004 ho intrapreso
la vita missionaria con l’Associazione Missionaria Internazionale (AMI) e sono
entrata nella comunità di laiche consacrate dell’AMI, prendendo i voti privati nel
2012. Nel 2018 sono poi entrata in monastero e attualmente sto vivendo il periodo di
noviziato. In questa scelta di vita che ha messo al centro il desiderio di Dio, dirimente è stata l’esperienza umana e spirituale molto intensa vissuta, tra il
2004 e il 2005, in Eritrea, dove ero andata come volontaria presso un ospedale
gestito dall’AMI; durante quei mesi ho riscoperto una fede genuina, anche
attraverso il risveglio alla fratellanza suscitato dal contatto con i poveri. Questa
riscoperta mi sentirei di descriverla come un ‘essere venuto a prendermi’ da
parte di Dio, che mi aspettava e da cui mi sono sentita desiderata. A 30 anni
quindi, con alle spalle 15 anni di agnosticismo, gli studi di filosofia, alcune
esperienze lavorative e anche affettive ho deciso di riorientare radicalmente
la mia vita, per seguire il richiamo a una relazione più profonda con Dio, che
percepisco vicino e amante, fondamento e senso della mia vita. La missione prima
e il monastero dopo sono, nella mia esperienza personale, vie ugualmente
orientate a Lui, ma con modalità concrete di vita diverse e in questi ultimi
anni ho capito, non senza un discernimento a tratti lacerante, che la forma di vita monastica, benedettina
camaldolese, mi corrisponde fortemente.
Non mi sono mai pentita di aver messo a soqquadro la mia
vita a partire dal 2004 e non mi pento della svolta in senso monastico avvenuta
l’anno scorso, il che non significa che non ci siano stati e non ci siano
momenti di difficoltà e prova. Mi sembra che un cammino spirituale, per essere autentico, non possa prescindere dal
confronto con il male dentro e fuori di noi e dalla lotta, a volte dura, con
tutto ciò che intorpidisce la risposta alla chiamata sorprendente di Dio per
ciascuno di noi.
2) Vorrei poi porle una domanda un po’ insolita: se dovesse spiegare a un non credente il
motivo principale per cui crede in Dio, cosa direbbe?
Grazie per questa domanda che mi risuona particolarmente
perché nella mia stessa vita ho attraversato
un lungo periodo di lontananza da Dio, segnato dal dubbio di fondo sulla
Sua esistenza. Alla luce di quanto vissuto, mi sento di dire che l’esistenza di
Dio non si spiega, si esperisce. Mi sembra che qualsiasi discorso su Dio sia
secondario, nel senso di susseguente, all’esperienza concreta della sua presenza
nella nostra vita. Dunque forse la domanda potrebbe essere riformulata in
termini di: Come entrare in contatto con quella parte profonda di noi dove
siamo abitati da Dio? … Poi, una volta scoperta, o forse si può dire
risvegliata, la realtà di Dio in noi, non però come una realtà statica ma al
contrario come una linfa vitale feconda e dinamica, ci si può (e si deve)
certamente continuare a porre tante domande su come sia Dio, che cosa dica
quando ci parla, cosa desideri, quale sia la sua volontà… ma si smette di
chiedersi se esista o meno, così come avviene quando si incontra una persona: è
davanti a noi, ci parla, magari cerchiamo di capire cosa pensa e che carattere
abbia, ma, sicuramente non ci chiediamo se quella persona esiste o meno, perché
semplicemente è, e la relazione ce lo comprova. Magari con Dio la relazione è
prevalentemente interiore, ma non è meno reale per questo, solo a volte più
nascosta. Una delle gioie più profonde della mia vita è la condivisione di
questa relazione con chi fa la stessa esperienza e con chi è in ricerca,
all’interno di un rapporto che definirei di amicizia spirituale e che va al di là della confessione religiosa.
a cura di Celeste Babboni
a cura di Celeste Babboni
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