lunedì 23 luglio 2018

“Hanno lineamenti che seguono il pensiero / la bellezza indeterminata dell’universo” (p. 19)

su Annalisa Ciampalini, Le distrazioni del viaggio, Samuele Editore 2018


recensione di AR




Forse l’ultima poesia di questa raccolta tersa e indagatrice ci dona una chiave importante per individuare la tonalità umbratile e sapienziale di queste distrazioni. Invero, questi excursus sono necessari e imprescindibili: ogni viaggio umano non può che prenderne atto. Sì, perché è spesso nelle divagazioni, nelle digressioni, nel percorrere itinerari alternativi e tortuosi che magari si sarebbe voluto evitare,  che ciascuno di noi può ritrovare sé stesso, il senso del suo andare, facendo tesoro di esperienze anche dolorose e affaticanti che sono però quelle chi ci segnalano con maggiore evidenza e verità chi siamo e dove stiamo andando. Dunque, nei versi finali di questo libro è scritto che “rincasare / è solo un nocciolo di legno e i gesti / si fanno bruni e stanno tutti tra le mura” (p. 53). Annalisa Ciampalini sa che la poesia ha il “potere” di illuminare i gesti quotidiani, di dorare il loro colore bruno, di far loro varcare i limiti delle mura di casa, cioè dell’io, del domestico, del consueto. La poesia è in grado di dis-trarli, di dare anche a parole semplici una forza metaforica che le fa viaggiare oltre lo “scoglio tempestoso” (p. 47) in cui a volte si trasforma il nostro stare-al-mondo, perché il/la poeta sa che: “Il mare tra le mani è solo un sorso / d’acqua, l’azzurro vero è nella vastità” (ivi). Bisogna insomma varcare la soglia di casa (p. 45), scoprire che “a fianco del sentiero / e sulla distesa, gli alberi si scambiano / sguardi di luce” (p. 38) o Posare la vista / su di una piccola area di grazia / che racconta la sua forma presente (p. 35).
Il poeta è simile a un “fanciullo che raduna il suo gregge, cerca / una fonte per placare la sete. Conosce / la misura delle ombre e delle ore” (p. 23), e la poesia è questa misura “matematica” oltre misura, capace di creare una rete fra ogni essere vivente, ogni elemento naturale, anzi ogni atomo di questo nostro universo… in cui l’uomo, a quanto ci è dato di conoscere, è l’unico a provare “la noia / e la placida direzione delle cose” (p. 21), a riversare le sue emozioni nel tempo e nella natura per cui: “Nel pomeriggio il pensiero / ha gli occhi spalancati per la sete / e la stessa stanchezza del sole / negli archi allungati del cielo” (p. 20). 
Bellissimo anche l’esergo che apre questa raccolta, tratto da Poesia del silenzio di Tomas Traströmer. Invitante, empatica e perspicua la Prefazione di Monica Guerra.

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