martedì 11 novembre 2008

Su Ma il cielo ci cattura di Ardea Montebelli

recensione di Vincenzo D’Alessio


Ardea Montebelli, Ma il cielo ci cattura, FaraEditore, 2008 (il libro viene presentato a S. Miniato il 13-11-08)

“Lotta sino alla morte per la verità / e il Signore Dio combatterà per te” (pag. 24): i versi inclusi in questa raccolta, uniti alle foto dei luoghi ispiratori, conducono il lettore sulla strada difficilissima del rapporto natura-Dio-uomo. Proprio come ha scritto Giorgio Bàrberi Squarotti nella sua introduzione: ”con la meditazione sul tragico cristiano, fra fiducia in Dio e consapevolezza del limite umano” (pag. 11). I luoghi ispirano meditazione, ascesi, riconducono al percorso di quella fede ancora giovane che è il nostro Cristianesimo cattolico romano.

L’uomo soffre di tutta l’ingratitudine dei propri simili: guerre, malattie generate dall’industrializzazione operata dall’uomo, fame, carestie, violenze razziali, potere indiscriminato, lotta alla Natura nei suoi elementi di base. Incapacità di affrontare con serenità le esigenze di un pianeta sovraffollato e penalizzato dai pochi ricchi, dai troppi poveri. Insofferenza dei giovani verso i meno giovani: si uccidono i propri genitori per utilizzare il loro modesto patrimonio sùbito.

Dov’è il Dio della verità? Dov’è il Padre degli ultimi? I versi di Montebelli vengono in soccorso: ”Ora siamo presi / da uno stesso / unico sgomento: / un punto di domanda / misterioso e fragile” (pag. 25). Tutta la raccolta si muove in questa direzione. Ogni verso richiama le parole sacre prese in prestito dall’antico e dal nuovo Testamento. I versi brevi taglienti racchiudono il senso filosofico della Salvezza operata per l’uomo ma l’uomo di questi tempi non guarda più al cielo: “Ma può l’abisso / aprirsi alla luce?” (pag.37). La fine dell’esistenza attanaglia l’uomo di questo XXI secolo e ne produce gli effetti negativi: fame assoluta di potere, denaro, benessere. Assoluto è solo questo Dio altro non c’è che produca effetti reali. L’eternità è un sogno. L’astrarsi dalle circostanze terrene non è possibile. “Inesorabile e bugiardo / il male s’insinua nell’intimo” (pag. 49). In quale direzione possiamo seguire il vento della Speranza?

La risposta arriva per lo spirito: ”Potrebbe ifinitamente / abitare in noi / il brivido della ricerca: / nudità essenziale / e prodigiosa bellezza / nell’anima inquieta” (pag.53). Ma il cielo ci cattura per quale via? “Mi consegno a Te/ nel mare antico dei padri/ e mi lascio condurre/ alla quiete dell’anima” (pag. 59).

Vorrei concludere accostando questo comporre a quello di un’altra voce vicina: ”Questo, solo questo io volevo: / con le mie mani abbracciar l’universo. / Ora finalmente basta un inchino / sulla creazione che si apre alla Luce / uguale alle origini” (Davide Maria Turoldo, Il fuoco di Elia profeta).

Novembre, 2008

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