Napoli
spirito
per la città,
varcando
soglie
di
Napoli esoterica
iniziandoti
a quella tua
vita
incauta, qui avverata
hai
vene svuotate di aperti
becchi,
secchi al trangugio
del
carnevale di gente
tra
le condotte esplose
di
un sabato sera che evapora
dai
basoli lustri di afa
e si
incarna in preghiera
perché
l’anima salga
come
fiato sfogato
dal
polmone del mare,
il
vostro sale ammischiato
calpesta
cenere magica
sfregamento
di mano
con
pietra, alchimia o segno
della
croce – dio proteggi
e
sei ancora nell’aria, in questo
balcone
che giganteggia sulla città
ciclopica
la lente del golfo
l’amplifica
vicina, più vicina
troppo
vicina da non comprendere
questa
città che ti si tuffa dentro
e
liquida ti scorre nella bocca
a cascata
giù fino alle fauci
di
fuoco, nella battaglia laggiù
e
dentro, dentro dove si dirama
la
voce della fiera che solo avrà
sopravvivenza
nera basaltica
tu
uccello di paura, piccolo intarsio
di
mondo architettato minuto
nel
coro, mondo anche il dipinto,
dietro
l’altare, e la luce del corpo
divino,
che nasce e già svampa
come
ti ha detto il Cristo velato
entrandoti
scosceso nel petto
tamburo
impazzito che imbrigli e
-
dio ti prego, corazza
questa
carne che trema – la paura
la
paura allontanata come calice che bussa
nella
gola, la pancia invasa, gli occhi
croste
di sale, cristalli
che
illuminano la notte criminale
di
quella tua torre tentata da anni
ti
aggiri per vichi invocando più vita
più
corpi, più soglie, più mani
a
strappare il sudore del buio
groviglio
di serpe che scacci
con
alta la fronte di una parola
superba
e guerriera
Un
tentacolo di mare si inerpica
tra
i condotti di memoria:
sfilano
vite esauste su via Caracciolo
nella
grinza di cielo illividito che alliscia
i
capelli arruffando la fronte
È
silenzio o quasi il passo in cadenza:
maratoneta
fluorescente, ora, o bianco
e
nero che ramifica corrodendo gli occhi
Passo
io, qui, e tu passavi – penso -
tu e
tu, voi donne di famiglia, disassata, che
qui
e altrove, nel non morente ieri di sempre
avete
obolo di senso in me, eterna ripetente
È un
vaso di rondini il cielo
le
rotte a tracciare confini
all’orizzonte
esistente
Un
grido ti sveglia già esausto
nell’alba
chiara implorando
basta,
supplica e impone basta
Tutto
chiede pietà e stordita
l’aria
garrisce di voli
Rossella Pretto (Vicenza, 1978) poetessa, traduttrice e scrittrice, ha pubblicato il poemetto Nerotonia (Samuele Editore 2020) e il diario di viaggio scozzese La vita incauta (Editoriale Scientifica, collana S-confini diretta da Fabrizio Coscia 2023), entrambi ispirati al Macbeth shakespeariano. Con Marco Sonzogni ha curato e tradotto Memorial di Alice Oswald (Archinto 2020) e l’edizione delle traduzioni sofoclee di Seamus Heaney, Speranza e Storia (Il Convivio Editore, 2022). Di Alice Oswald ha inoltre tradotto e curato Nessuno in uscita per ETS. Ha poi curato La Terra desolata di T.S. Eliot nella traduzione di Elio Chinol (Interno Poesia 2022). È presente in diverse antologie poetiche e nell’antologia di racconti curata da Filippo Tuena, L’ultimo sesso al tempo della peste (Neo Edizioni 2020). Suoi articoli sono apparsi su «Alias-Il Manifesto», «Poesia», «L’Osservatore Romano», «L’Ottavo», «Journal of Italian Translation», «Studi Cattolici», «ClanDestino», «Succedeoggi» e «Doppiozero».
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