giovedì 15 aprile 2021

«Siamo carnivora felicità». Sulla poesia di Mario Fresa

 

Mario Fresa

Su Pangea, un saggio di Vincenzo Gambardella, Siamo carnivora felicità, dedicato alla scrittura poetica di Mario Fresa«Ecco la bellezza del darsi, di dire una parola armoniosa, nel pieno dei nostri tempi, imbozzolati nella paura di dire e di vivere. Leggo subito Bestia divina, lo divoro per non lasciarmelo scappare. Di Mario Fresa sorprende la compattezza dell’opera, del linguaggio, pur nell’estrema varietà dei registri, e la sicurezza dell’uso che ne fa, che non è mai frutto di tentativi, bensì di consapevolezza espressivaIl dettato è limpido sebbene misterioso, grondante ubbidienza, nella tensione che serve l’ascolto al verso, la precisione della sua musica; forma che si torce per dire il vero, il senso della parola-abisso, il senso novecentesco della parola nascosta, ardua, che forse indica un’offerta di sé, giacché, scrive il poeta: “La buona notte è degli altri e mica tua”; oppure nelle tenebre della poesia si compie un sacrificio? “Anzi si spacca sul vetro fino, diresti, / a non essere più”. Come per essere solo quello che porta il peso della poesia, che regge il corpo di un malato grave, che non si tiene più in piedi, e il poeta desidera portarlo alla fine, condurlo alla salvezza (già, la salvezza!, ce l’eravamo dimenticata). Troia è in fiamme, Enea si carica sulle spalle il padre Anchise, sebbene sia vecchio, cieco, malandato e: “Lo ricorda perfino il medico, / scuotendo la sua coda: non può mica migliorare”»…. 

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