martedì 30 luglio 2019

Soverato: l’assillo dei ritorni e delle partenze

recensione di Elena Varriale



Andare e tornare come le onde sulla battigia: è l’assillo del mare che annuncia partenze e gli inevitabili ritorni. Si fa velo di nostalgia ricamato sulle spalle curve della città amata. È l’odissea privata, intima e moderna del poeta nato nel sud.
Nel suo ultimo libro Soverato (Autoantologia di poesie inedite dal 1976-2018), i Quaderni del Bardo  2019, il poeta Ottavio Rossani descrive così la sua terra: “Soverato si stende arruffata / dalla collina al mare, / tra l’Ancinale e un torrente / tra cementi e ombrelloni. Torno ogni volta sorpreso/dalla mutevolezza immutabile” per chiudere: “E ci affogo, senza scampo.”
Soverato è quindi il simulacro del ritorno, il tuffo nel vero, nell’autentico, nelle braccia calde dello scirocco o nel fiato freddo del grecale. Soverato è il bisogno di una méta certa, di un luogo tra i tanti conosciuti e vissuti, che si faccia centro: “Il filo che si è dipanato/alla partenza, torna indietro, / boomerang che collega / tutto in perfetto cerchio.”
Il centro, dunque, sempre così sfuggente e struggente per chi ha vissuto sulle sponde del mare, tra confini blu e grigie tempeste, tra solitudini ed estasi: “Partirò tra poco e mi seguirà negli occhi/questo mare buio a spicchi rifrangenti, / mio tempo immobile della bellezza”.
Per il poeta, mare e bellezza si equivalgono, si fanno ossigeno, vita, respiro, elementi primordiali: “Le acque tra gli scogli gemono, / spinte e risospinte nell’ingorgo, / nel blu, nel verde, nel nero.” 
Tra luci, colori, riverberi ed echi della natura, l’immutata bellezza che dà senso al sogno, al mito e ai ricordi: “Mi innamorai di Nausicaa / senza averla mai vista, / neppure in sogno. / Ascoltavo una nenia alla finestra, / la voce era la carezza del mare.”
Le correnti scivolano sulla pelle come gli anni vissuti lontano. La clessidra si svuota, ma a dispetto del tempo, dell’usura o della malinconia, il centro resta sempre lo stesso: “E in testa girava una sola immagine: / quel tuo viso trasognato che ha cambiato/per sempre il ritmo del mio sangue.”
La bellezza dei panorami e delle visioni porta con sé anche la scoperta e il disvelamento dell’amore: “il profilo / dell’unica donna amata” impresso nella sabbia e nel vento. Sintesi perfetta e malinconica di gioia e sofferenza, la ferita mai rimarginata di una presenza assenza: “Ora chi sa dove sei, incuriosita. / Guardi che m’inerpico d’incertezza?”
Soverato è l’incanto, la memoria migliore della giovinezza, l’Itaca che accoglie, l’approdo di una vita piena. Ma sfiorare l’orizzonte e ricadere sulla sabbia, non può bastare all’uomo e al poeta che ha scelto di essere cittadino del mondo: “Amo i tramonti furenti del Sud / e soprattutto i sanguigni estivi / ammantati di salsedine a Soverato, / Amo anche le brume pastose del Nord, / e il vino ricostituente dell’Ovest / e la bora purificatrice dell’Est.”
È impellente il suo bisogno di conoscere, di esplorare e confrontare. È indomabile la necessità di allargare le visioni, le prospettive, le convinzioni. La curiosità di assaporare e sentire voci nuove, tormenti ed incanti diversi, di guardare volti, culture ed ingiustizie differenti: “Ho visto le plaghe di ghiaccio a nord, / ho respirato l’aria pungente di spezie a est, / ho dormito nei motel coast to coast a ovest, / ho pianto tra le baracche e il sangue a sud.”
Il poeta Elio Pecora ha scritto: “Ulisse torna per affrontare un nuovo presente. Dante lo fa ripartire perché lo reputa degno di rendersi ancora vivo.” 
Si torna quindi per rigenerarsi e ripartire. Andare è l’imperativo categorico o il destino di chi nasce con lo sguardo volto all’orizzonte, sotto “una gabbia di stelle” che illuminano nuove direzioni ed il “mare placido e ronzante / nel lucido filo del tramonto”.
Andare via, cavalcare l’inquietudine senza infingimenti, assecondare il volo, il viaggio portandosi però sempre dietro come un peso o un macigno tutta la rabbia o la disperazione che l’immutevolezza dei comportamenti umani lascia nel cuore sensibile ed onesto di chi è nato nel sud del mondo. Il verso allora si fa duro, è un coraggioso e fiero j’accuse: “E io che amo questa terra in modo irrazionale, / denuncio tuttavia a piena voce, con cognizione/di eventi, degradi, indifferenze, malversazioni. / Grido nel deserto dei sensi e delle menti/contro coloro che sanno promuovere crociate/e nel frattempo ingrassano su disastri e ingerenze.”

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