mercoledì 22 giugno 2011

Su Promesse vegetali di Matteo Zattoni

Edizioni L'Arca Felice, 2010, con una litografia di Massimo Dagnino

nota di lettura di AR

Il dettato poetico di Matteo Zattoni è caratterizzato da un nitore espressivo e dialogante (l'interlocutore è in primis il nonno, scomparso eppure presente), da una intelligenza del verso che si insinua con efficace nonchalance nelle giunture del vivere, nelle articolazioni dell'anima: «conosci i nomi di piane / e fiori e di quali animali fidarti / non puoi, nella valle / non puoi perderti / avevi l'astuzia del ragazzino / di collegio che coi fucili / bombarde e quelle mitragliatrici / lassù sulla Bainsizza / aveva un grosso debito / inestinguibile» (p. 7); «(Chiudi gli occhi e ricorda / difendi il tuo cuore / con la memoria: la pendenza / di una salita e il podere / che campariva recintato: le sedie / i cani, il prato con l'erba appena tagliata, la tua / terra promessa è là, intatta.)» (p. 11). C'è una nostalgia che è coscienza di una storia, di essere grazie a chi ci ha preceduto, alla loro testimonanianza, alla loro saggezza concreta, al loro vivere in armonia con la natura (dell'Appennino) che è mutevole (transitorio) specchio o cappara di una bellezza misteriosa: «Vergine fedele / prega per lui / prega per Cicci / prega per noi / peccatori e dicci: / dove andarà a finire / il giallo delle giunchiglie / che inseguono il vento? // (le pendici e i calanchi / mentre scendiamo / sono accecanti / promesse vegetali…)» (p. 12).
Una plaquette dal timbro bucolico, ma declinato al presente: «la tua camera sono tre scatole / di tic tac, la foto dell'amata / nonna, la madonna degna d'amore» (p. 5).

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