Anna Maria Tamburini “Amore e conoscenza. Forme di scritture del sacro: Margherita Guidacci e Agostino Venanzio Reali sulla scia di Emily Dickinson” pubblicato in «Campi immaginabili rivista semestrale di cultura» 38/ 39, Rubbettino
recensione di Caterina Camporesi
“La parola di Dio che raggiunge tutti mondi è gravida di infiniti sensi ma non ne possiede uno preciso.” (Gerschom Scholem)
Grazie alla polisemia, posseduta e conservata fra le loro pieghe, i testi sacri si prestano a molteplici interpretazioni e potenziano la ricerca profonda, umana e artistica, di coloro che ad essi si affidano.
Nel tempo, infatti, l‘universo biblico si è rivelato un pozzo inesauribile di immagini, di voci, di realtà viventi che ha attirato l’attenzione e l’interesse anche di chi, non credente, è comunque impegnato a coltivare un complesso percorso di crescita spirituale nella propria vita.
I poeti, come gli artisti più in generale, abbeverandosi alle fonti dei testi biblici ed errando in lungo e in largo nella fitta selva di voci, immagini ed echi, scovano sempre nuovi significati che, entrando nel loro lavoro, lo arricchiscono ulteriormente.
Anna Maria Tamburini in questo corposo (quasi cinquanta pagine) e accurato saggio prende per mano il lettore e lo accompagna in un lungo e interessante viaggio che, partendo dal Libro delle Sacre Scritture, attraversa luoghi, tempi e lo lascia nell’Italia della seconda metà del secolo scorso per fargli incontrare e conoscere due significativi autori, Margherita Guidacci e Agostino Venanzio Reali.
La vita e le opere dei due poeti hanno in comune molti aspetti, il più rilevante si concretizza nella comune e costante ricerca umana e poetica del significato profondo della vita sino a trovarlo negli orizzonti del mondo della spiritualità.
Entrambi si ricongiungono alla matrice originaria biblica sostando anche presso fonti meno lontane, come i poeti metafisici del Seicento di area anglosassone, e in particolare John Donne, come Eliot ed Emily Dickinson, la grande poetessa americana della quale Margherita Guidacci è stata forse la più penetrante traduttrice, autori che come pochi hanno assorbito l'intertestualità biblica.
Con la Dickinson, Guidacci condivide l’intimità con il mistero, i segreti dell’anima, la solitudine, la presenza della morte, la cura per gli affetti, l’impossibilità di vivere concretamente la propria grande storia d'amore, la visione della vita come luogo di esplorazione e di incontro con l’Eterno.
Tamburini offre un articolato e affascinante viaggio, grazie a pertinenti citazioni, raffronti testuali, concordanze, discordanze, cifre simboliche, allusioni, nel percorrere ed esplorare l’intero arco, partendo dall’originaria matrice della Bibbia, per fluire nella poesia metafisica e in quella della Dickinson e quindi giungere a quella dei due poeti, così ancora vicini a noi come luogo e tempo.
Nel confrontare le loro poetiche, emerge immediatamente che, oltre alle fonti condivise, essi hanno in comune molte altre affinità, una fra tutte, la visione del destino umano come un percorso che parte dalla Croce per giungere alla Resurrezione in un alternarsi di morte e rinascita.
La loro poesia inoltre nascendo dall’esigenza di ricerca interiore e spirituale piuttosto che da un bisogno letterario risulta strettamente intrecciata alle vicende della vita, nei confronti della quale opera una qualche forma di riparazione e di sublimazione creativa.
La poesia è essenza dell’anima, come già per la Dickinson, ed è anche unità di senso e pensiero, così, come è stato per Eliot; essa è una forma di conoscenza, l’universale riecheggia nel particolare, l’anima possiede il tempo dell’Eternità.
In quanto all’amore, sia per Guidacci che Reali, esso è qualcosa che apre al divino e che oltrepassa la morte, gli amanti sono immortali.
La Carità, vale dire l’Amore è la sola forza che fa sì che gli uomini non rimangano soli, chiusi in se stessi, anche quando la Fede e la Speranza abbandonano il compito.
L’Angelo è la figura che sostiene il cammino dell'uomo sulla terra e lo accompagna alla presenza del Signore.
recensione di Caterina Camporesi
“La parola di Dio che raggiunge tutti mondi è gravida di infiniti sensi ma non ne possiede uno preciso.” (Gerschom Scholem)
Grazie alla polisemia, posseduta e conservata fra le loro pieghe, i testi sacri si prestano a molteplici interpretazioni e potenziano la ricerca profonda, umana e artistica, di coloro che ad essi si affidano.
Nel tempo, infatti, l‘universo biblico si è rivelato un pozzo inesauribile di immagini, di voci, di realtà viventi che ha attirato l’attenzione e l’interesse anche di chi, non credente, è comunque impegnato a coltivare un complesso percorso di crescita spirituale nella propria vita.
I poeti, come gli artisti più in generale, abbeverandosi alle fonti dei testi biblici ed errando in lungo e in largo nella fitta selva di voci, immagini ed echi, scovano sempre nuovi significati che, entrando nel loro lavoro, lo arricchiscono ulteriormente.
Anna Maria Tamburini in questo corposo (quasi cinquanta pagine) e accurato saggio prende per mano il lettore e lo accompagna in un lungo e interessante viaggio che, partendo dal Libro delle Sacre Scritture, attraversa luoghi, tempi e lo lascia nell’Italia della seconda metà del secolo scorso per fargli incontrare e conoscere due significativi autori, Margherita Guidacci e Agostino Venanzio Reali.
La vita e le opere dei due poeti hanno in comune molti aspetti, il più rilevante si concretizza nella comune e costante ricerca umana e poetica del significato profondo della vita sino a trovarlo negli orizzonti del mondo della spiritualità.
Entrambi si ricongiungono alla matrice originaria biblica sostando anche presso fonti meno lontane, come i poeti metafisici del Seicento di area anglosassone, e in particolare John Donne, come Eliot ed Emily Dickinson, la grande poetessa americana della quale Margherita Guidacci è stata forse la più penetrante traduttrice, autori che come pochi hanno assorbito l'intertestualità biblica.
Con la Dickinson, Guidacci condivide l’intimità con il mistero, i segreti dell’anima, la solitudine, la presenza della morte, la cura per gli affetti, l’impossibilità di vivere concretamente la propria grande storia d'amore, la visione della vita come luogo di esplorazione e di incontro con l’Eterno.
Tamburini offre un articolato e affascinante viaggio, grazie a pertinenti citazioni, raffronti testuali, concordanze, discordanze, cifre simboliche, allusioni, nel percorrere ed esplorare l’intero arco, partendo dall’originaria matrice della Bibbia, per fluire nella poesia metafisica e in quella della Dickinson e quindi giungere a quella dei due poeti, così ancora vicini a noi come luogo e tempo.
Nel confrontare le loro poetiche, emerge immediatamente che, oltre alle fonti condivise, essi hanno in comune molte altre affinità, una fra tutte, la visione del destino umano come un percorso che parte dalla Croce per giungere alla Resurrezione in un alternarsi di morte e rinascita.
La loro poesia inoltre nascendo dall’esigenza di ricerca interiore e spirituale piuttosto che da un bisogno letterario risulta strettamente intrecciata alle vicende della vita, nei confronti della quale opera una qualche forma di riparazione e di sublimazione creativa.
La poesia è essenza dell’anima, come già per la Dickinson, ed è anche unità di senso e pensiero, così, come è stato per Eliot; essa è una forma di conoscenza, l’universale riecheggia nel particolare, l’anima possiede il tempo dell’Eternità.
In quanto all’amore, sia per Guidacci che Reali, esso è qualcosa che apre al divino e che oltrepassa la morte, gli amanti sono immortali.
La Carità, vale dire l’Amore è la sola forza che fa sì che gli uomini non rimangano soli, chiusi in se stessi, anche quando la Fede e la Speranza abbandonano il compito.
L’Angelo è la figura che sostiene il cammino dell'uomo sulla terra e lo accompagna alla presenza del Signore.
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