La poesia è viva, quando giunge ad essere affermazione attendibile del tempo a cui appartiene, come lo è quella di Raffaele Della Fera, in cui l’autore fronteggia con rigore morale gli argomenti e le sfide dell’uomo di oggi. Il poeta in questione non teme d’inoltrarsi nei sensi e li esplora con passione, con capacità, mostrando il nostro tempo con un linguaggio che sfuma le cose, con la maestria di chi ama anche i pennelli. La sua opera poetica è raccolta in Bianchi Cavalli Alati (Roma 1980), Cespugli aerei (Avellino 1984), Grazie (Avellino 1986), Pensieri di dentro (Avellino 2004). Una ricca silloge di liriche è stata pubblicata nell’antologia Orizzonti (Ragusa 2000). L’atmosfera delle sue liriche è profondamente dinamica, ma inerente a un dinamismo la cui scaturigine è il sentimento di una meta.
La raccolta La corsa Dell’Anima, pubblicata nel 2008 presso Le Edizioni della Meridiana di Firenze, è un viaggio che analizza, con attinenze filosofiche, l’antitesi tra materia fisica e materia vivente (H. Bergson). In quest’opera il Nostro rivela una naturale e convinta disposizione all’apertura verso il mondo, con flash narrativi ed intuitivi, senza perdere di vista le sue radici che sono ancorate ad autori che spaziano da Dante a Leopardi da Montale a Turoldo con richiami molto forti alla poesia di Parronchi (I versi di Alessandro Parronchi sono ancorati agli artisti maudit dell’Ottocento, quali Nerval e Baudelaire, in approfondite riflessioni sull’arte e sulla visività della poesia). In Della Fera come in Parronchi c’è il continuo confronto con le paure, con la certezza dell’inafferrabilità del vivere. Un viaggio attento quello del Nostro nelle emozioni di personaggi che compaiono con i loro interrogativi, per approdare nei piccoli gesti, pensieri che rispecchiano la realtà dell’esistenza. Scegliamo come exemplum Sulla strada di Troia perché siamo di fronte alla poesia chiave della raccolta:
Urla e scombina le nuvole nuove
il vento.
Là, dove immobile è lo spazio,
sbraita prigioniero il mio guerriero
e sulla pietra fredda
rivendica la sua fede
il sacrificio antico (p. 11)
La provvisorietà del tempo s'intreccia sulla pietra fredda della successione degli istanti, per rivendicare con un eco letterario il richiamo della fede. Il tema più amato dall’autore è l’uomo, messo a paragone con i silenzi della sua solitudine, con vari gradi di tono che accompagnano il verso, molto spesso endecasillabo. Una lingua poetica, insomma, usata come scavo, affinata, distillata e depurata durante la dura esplorazione:
Dimmelo Tu
Dove e quando può finire il mondo.
L’inquietudine graffia e rompe
Ovunque
e la fede strappa la speranza.
Non c’è più tempo.
Trafitto dal dolore l’animo va
e del cuore schiavo alla mante
ridona l’essenza.
I tacchi duri e violenti
segnano la paura
al ritmo del bolero.
È pausa.
Poi riprende il ballo
Ma è già paura (p. 90)
Un colloquio interiore quello di Raffaele Della Fera, che fruga, misura il vuoto di questo mondo (Sartre) con orizzonti diversi, generando quel passaggio della parola che diviene essenza spirituale. Di questa poesia sentiremo sicuramente parlare, perché, oltre che dell’intesa espressiva, del perdurare di domande filosofiche e spirituali, essa è poesia dell’anima. Scrive il teologo, Bruno Forte: “Il nostro tempo ha tanto bisogno di poesia vera”, perché “ essa apre all’altro, all’ascolto, al tu”.
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