Giancarlo Baroni, Brevi Brevissime, Bertoni 2025
recensione di AR
Dubbio
Cosa hai fatto di buono
nella vita? Chiede
l’arcangelo prima di giudicarmi. Forse
venti poesie rispondo
basteranno? (p. 39)
Suddivisa in sette sezioni che procedono a ritroso dalla 8 alla 2, la raccolta ci presenta, come scrive Luca Ariano in Prefazione (p. 5): “(…) gli animali, la Storia, i suoi personaggi, l’arte, gli artisti, l’osservazione del mondo (…) e non manca l’ironia alla Luciano Erba, mentre il tono diviene talvolta gnomico e filosofico per farsi riflessione esistenziale.”
In effetti troviamo in queste pagine pennellate di saggezza velate di un disincanto qoheletiano non privo di di quei fili d’oro che la poesia sa intrecciare con le contraddizioni del nostro vivere, con i nostri desideri che eccedono i nostri limiti e ci proiettano oltre ogni orizzonte: “È una terra di crepe / (…) / però il cielo / il cielo davvero davvero come un aquilone.” (Cielo, p. 9); “Una trama di passi uguali una scia inconcludente / un lento avvicinarsi al niente.” (Fagiano, p. 10); “(…) dai suoi rifugi scriveva / lettere appassionate / lo tormentava il pensiero / che nessuno le avrebbe lette / che qualcuno lo facesse.” (Josef, p. 15); “Sono stato sfortunato / ad essermi incontrato / se lo avessi saputo / mi sarei salutato / di fretta da lontano (…)” (Sfortunato, p. 28).
In fondo vivere è implicitamente affidarsi, cioè sapere che senza gli altri, senza un habitat che ci accolga e nutra, senza la fede in un momento successivo a quello appena passato… siamo già morti. Anche se sfiduciati e disillusi, un fondo di speranza è imprescindibile e anche le negazioni aprono praterie a condivisioni che ci portano a riflettere, a entrare in dialogo, a metterci in gioco, a sperare in corrispondenze e magari anche ai miracoli: “Adesso lo sai / non c’è salvezza / se non nella certezza / che non c’è.” (Salvezza, p. 51); “Verso il buio le cose / si dirigono naturalmente / ma dalla vita nascono / per caso per miracolo.” (Vita, p. 54).
Come di consueto, l’arguzia indagatrice di Giancarlo Baroni ci provoca con elegante finezza, ci inquieta aprendoci lo sguardo al mondo interiore e a quello naturale che dà figura alle nostre corde più sensibili, sollecitando in chi legge/ascolta una empatia che ci rende senz’altro più umani e meno isole. E allora il tu sotteso ad Àncora (p. 81) non è solo quello in cui si riflette un poeta di Parma, ma pure tutti noi che con lui desideriamo: “Come un’ancora calata sul fondo / aspetti di riaffiorare.”
Ciò che non riaffiora è già sepolto. Senza parole.

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