martedì 27 febbraio 2024

“all’ondosa paura di mancare / alla grazia dei fondali”

Cristina Martini, Nella terra delle tasche, FirenzeLibri 2022, Collana Fuori Stagione a cura di Massimiliano Bardotti, Serse Cardellini e Gregorio Iacopini

recensione di AR



La poesia ha visioni che declinano le cose più intime e personali rendendole universali con la massima discrezione e al contempo rivelandole con verità. Nessun poeta è un dissimulatore, anche se con Pessoa finge di esserlo, ed il suo canto anche più privato e nascosto fra le righe del silenzio fa già vibrare l’aria che lo attende (p. 68): “Eravamo io e te stanotte. / Tra le righe, tutto il battito delle parole.”  
Cristina ci narra delle relazioni umane, ci svela il suo mondo intimo che vediamo così simile al nostro, ci indica particolari che tutti possiamo cogliere e non cogliamo, di sferza e blandisce con versi-marosi e versi-pennellate: “guarderemo sotto le gonne delle nuvole / per capire la natura vera  di ogni lacrima.” (p. 73); “Ci sono abbracci che si sfaldano / come elastici nel buio degli armadi.” (p. 71); “Vorrei farmi nuvola. Correre da un cielo all’altro / e fermarmi a piovere / in quello più lontano dal tuo.” (p. 69).

Le immagini sono davvero poetiche e spiazzanti (con venature mistiche?), si veda ad esempio la poesia a p. 46 che citiamo integralmente:

Se del cielo tu fai un’altra solitudine,
oltre la pelle e il costato
ben oltre questa vicenda di nuvole,
non sarebbero vere
le mie carezze alle stelle
e il tuo sangue, di formica.

E consideriamo ancora, in modo sporadico, la pregnanza sinestetica e contraddittoria, gli insoliti ed arguti accostamenti lessicali (latinamente, callidae iuncturaedei versi seguenti (solo alcuni fra i tanti citabili): “Un turgido tuorlo di canto / un crollo d’azzurro” (p. 44); “Vieni qui / che in queste mura di petalo / s’impara a morire.” (p. 42); “L’intestino di un merlo, / ma intanto che si prova a volare, / apre le braccia la zolla.” (p. 39); ”Solo quando mi cadono lontano dal cuore / cadono davvero, le foglie.” (p. 35); “che l’attesa / dà un corpo al tempo, / piccolo tanto / da perdersi in un seme.” (p. 27); “Ora, comprendo il mare / sulla spiaggia, il suo perituro languire. Ritirarsi per restare.” (p. 22).
Una raccolta da assaporare, meditare, far risuonare in noi con un pizzico di timore (“La cima ha mollato la bitta sicura / e la prua / all’ondosa paura di mancare / alla grazia dei fondali.”, p. 10) e con il gusto della condivisione di esperienze, intuizioni e sensazioni che ci erano “sfuggite” (p. 15): “Raggiunge l’orizzonte, il mare. / Il cielo aspetterà.”  

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