I versi potenti di un io-corpo che insegue alt(r)i nuovi desideri
“Questo corpo stanco, questo corpo / che patisce nei suoi giunti e si
avvicina al giorno ultimo, / che arranca e che atterrisce se prevede – /
pochi gli anni scorsi, troppi quelli ancora da aspettare. / Questo
corpo senza onore e senza perdita, / senza germoglio e odore, / senza
chi ne continui il viaggio, il suo cognome”. Daniele Gigli è nato a
Torino nel 1978. Archivista documentalista, scrittore in versi e
studioso di T.S. Eliot, dopo un qualche peregrinare è tornato a vivere a
Collegno, dove è cresciuto. In poesia ha pubblicato Fisiognomica
(2003), Presenze (2008) e Fuoco unanime (2015). Lavora da qualche
anno a un poema intitolato “La resa del Giappone”. Thomas Stearns Eliot
così diceva: “La poesia non è un modo di liberare l’emozione, ma una
fuga dall’emozione; non è un’espressione della propria personalità, ma
una fuga dalla personalità. Ma, naturalmente, solo coloro che hanno
personalità ed emozioni sanno cosa significhi voler fuggire da queste
cose”. I processi allegorici di Eliot sono anche di Gigli il quale,
contemporaneamente, per ciò che riguarda la nostra poesia nazionale,
sempre ha visto anche in Mario Luzi un ulteriore punto di riferimento,
infatti, di Luzi, da sempre conserva quella dolcezza invocante che ha
fatto grande il nostro fiorentino. Per venire al libro in questione,
Daniele Gigli ha dato forma, nelle sue pagine, a versi che scaturiscono
con potenza e che, partendo da un io-corpo, poi si lasciano
all’elevazione, oppure a una riflessione che induce a un misticismo di
stampo prettamente esistenziale. Perciò immagini forti, suoni-parole che
sfuggono a ogni forma di cristallizzazione, rimandi multiformi,
riflessi che inseguono, poesia dopo poesia, sempre altri e nuovi
significati. Gigli, tramite questo suo ultimo lavoro, vuole ricordarci
che siamo esseri votati al desiderio, al piacere del relazionarsi, quali
nuclei palpitanti di “generatività” creativa a 360 gradi, atti ad
aprirci agli infiniti mondi che ci regala il linguaggio, coltivando
l’attenzione verso l’altro, nonché dando fondo a quell’empatia scaturita
dai sentimenti, quale cibo per gli stessi.
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