giovedì 26 dicembre 2019

I versi potenti di un io-corpo che insegue alt(r)i nuovi desideri

recensione di Gian Ruggero Manzoni

http://www.faraeditore.it/vademecum/34-Odoregenerazione.html

“Questo corpo stanco, questo corpo / che patisce nei suoi giunti e si avvicina al giorno ultimo, / che arranca e che atterrisce se prevede – / pochi gli anni scorsi, troppi quelli ancora da aspettare. / Questo corpo senza onore e senza perdita, / senza germoglio e odore, / senza chi ne continui il viaggio, il suo cognome”. Daniele Gigli è nato a Torino nel 1978. Archivista documentalista, scrittore in versi e studioso di T.S. Eliot, dopo un qualche peregrinare è tornato a vivere a Collegno, dove è cresciuto. In poesia ha pubblicato Fisiognomica (2003), Presenze (2008) e Fuoco unanime (2015). Lavora da qualche anno a un poema intitolato “La resa del Giappone”. Thomas Stearns Eliot così diceva: “La poesia non è un modo di liberare l’emozione, ma una fuga dall’emozione; non è un’espressione della propria personalità, ma una fuga dalla personalità. Ma, naturalmente, solo coloro che hanno personalità ed emozioni sanno cosa significhi voler fuggire da queste cose”. I processi allegorici di Eliot sono anche di Gigli il quale, contemporaneamente, per ciò che riguarda la nostra poesia nazionale, sempre ha visto anche in Mario Luzi un ulteriore punto di riferimento, infatti, di Luzi, da sempre conserva quella dolcezza invocante che ha fatto grande il nostro fiorentino. Per venire al libro in questione, Daniele Gigli ha dato forma, nelle sue pagine, a versi che scaturiscono con potenza e che, partendo da un io-corpo, poi si lasciano all’elevazione, oppure a una riflessione che induce a un misticismo di stampo prettamente esistenziale. Perciò immagini forti, suoni-parole che sfuggono a ogni forma di cristallizzazione, rimandi multiformi, riflessi che inseguono, poesia dopo poesia, sempre altri e nuovi significati. Gigli, tramite questo suo ultimo lavoro, vuole ricordarci che siamo esseri votati al desiderio, al piacere del relazionarsi, quali nuclei palpitanti di “generatività” creativa a 360 gradi, atti ad aprirci agli infiniti mondi che ci regala il linguaggio, coltivando l’attenzione verso l’altro, nonché dando fondo a quell’empatia scaturita dai sentimenti, quale cibo per gli stessi.

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