La cognizione del poeta
Francesco Filia vive a Napoli, dov’è nato nel 1973. Insegna filosofia e storia in
un liceo cittadino. Si interessa prevalentemente di filosofia, poesia e
critica letteraria. Suoi scritti sono presenti in numerose riviste e
antologie. Ha pubblicato i poemi Il margine di una città (2008); La neve (2012, vincitore e finalista di diversi premi nazionali); La zona rossa (2015); la plaquette L’inizio rimasto (2017) e la raccolta
“Parole per la resa” (2017). È redattore del LITblog Poetarumsilva.
Dalla sua ultima raccolta: “L’ordine delle strade e dei visi, è questo /
che ci farà impazzire: come riconoscere / la regola degli elementi, la
logica di un gesto / di un assioma calato come mannaia / su pensieri
divenuti passi sospesi / eco dell’asfalto. Ecco i miei occhi / sbarrati
nel vuoto, spalle al muro”. Così l’editoriale che accompagna la
pubblicazione: “L’ora stabilita è l’ora del morire e del poetare, l’ora
tragica, l’impatto tra il contingente e la necessità, l’istante in cui
ogni vita fa i conti con sé stessa. L’ora in cui, al di là di ciò che
vorremmo, si conosce quel che si è. L’ora in cui l’enigma del mondo,
dell’uomo, del desiderio e della ragione, che lo abitano, diventano
parola”. Sempre dalla raccolta: “S’incontrano caso e destino / in un
dettaglio fuori posto. Lo vedi / nell’apice di ogni cosa: / nel
camminare lento di un passante / nell’arrendersi di uno sguardo / al suo
riflesso / nel persistere di una mano protesa / verso il baratro. Si
scontrano / ci tendono ci spezzano si mostrano / eterni e senza volto”.
L’essenzialità, la concentrazione sul verso, libero, ma sostenuto con
cognizione, certe scarnificazioni, l’altro e gli altri, Napoli, o,
almeno, quelle atmosfere, guidano la penna di Francesco Filia. Lui di sé
dice: “Ma il mio dettato poetico non sempre è stato così, in me è come
se agisse un doppio pedale versificatorio. In libri precedenti ho
sentito l’esigenza di dilatare il verso, in alcuni casi sino a sfiorare
la prosa. Anche qui, a volte, in funzione della ‘cosa’ da dire, o,
meglio, la ‘cosa’ si è presentata con quel dettato, con quel respiro”.
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