giovedì 16 febbraio 2012

Vincitori e selezionati Pubblica con noi 2012


Fara Editore e i giurati del concorso Pubblica con noi 2012
Francesco Jonus, Frank Spada, Giovanni Fighera, Niva Ragazzi
e Stefano Martello per la sezione silloge poetica (per la sezione racconto si veda narrabilando) sono lieti di premiare i seguenti autori  


Primo classificato
Claudio Roncarati con Per/le rime 



Nelle fabbriche catene d’operai
alle macchine montano i motori
lasciando la rivolta ai sogna/tori
ma i tori nelle stalle prigionieri
hanno vacche artificiali per la monta
delle vere gli bastino gli odori.
Vitaccia dura che la va meglio ai buoi
sono leggende le gesta degli eroi
incornanti il torero nelle arene
vittoriosi nei rodei contro al cowboy.


*
 
Lo capisci dalle facce dagli accenti
gli agenti di polizia penitenziaria
provengono dal sud povero d’Italia
che garantisce corpi alle divise
e i pomodori per l’inscatolatura
quelli molli guasti vengono scartati
solo i carnosi diventano pelati
dentro a barattoli dove manca l’aria.
 
*

Si sta ignorati come i muratori
che fanno tuffi dalla impalcature
l’encefalo affidandolo agli elmetti
varia la gravità delle fratture.
Sono punteggi che assegnano giurie
negli ospedali i punti di sutura.
Milioni gli incidenti sul lavoro
solo per quelli più spettacolari
in premio articoli e fotografie,
non c’è notizia invece nei banali
sono fatti di esistenze minori
come di cozze nei mari le morie


*

Il sollievo lo chiedono al bicchiere
nei bar i vecchi ed alle macchinette
lasciando al prete Dio che non li assiste.
Dai guadagni lo Stato biscazziere
per dargli la pensione trae denari
trenta invece gli spettano al barista
ma ne voleva il doppio e si fa triste
così rincara il prezzo del Campari


*

Ci si passa la torcia della vita
di padre in figlio attraverso il tempo
dal prima al dopo incrociando le dita,
il rischio è che si spenga in un incendio.
Ai giapponesi c’è mancato poco
fondendosi l’uranio a Fukuscima.
Avendo raffreddato il reattore
sono riusciti a limitare i danni
a un calo d’energia, qualche tumore.
Gli evacuati ritorneranno a casa
al più tardi tra una trentina d’anni.

(…)


Claudio Roncarati è nato a Bologna il 13 giugno 1959. È psichiatra. Risiede a Cattolica (RN). Dice di sé: «Con Manuale di psichiatria poetica (Alpes Italia) mi sono proposto come psichiatra che scrive racconti e poesie. Con La Fata fatua e lo psichiatra (Alpes-CFR 2011), come poeta-psichiatra. Con “per/le rime” mi propongo tout court come poeta (indignato).» 

Giudizi

«Mi è piaciuta molto questa raccolta. Un linguaggio dirompente che sfoggia unironia talvolta mordace. In fondo, mi piace il fatto che questa poesia tratta di svariati temi, dal sociale ai temi di sempre, soprattutto per mezzo di un uso oculato di schemi e figure retoriche che ammiccano al lettore proponendo ardite immagini ed imprevedibili accostamenti verbali. Rime scatologiche e impegno si fondono entro un ampio affresco, dove a metà strada tra lappunto sagace e la caricatura emerge un mondo disorientato e in ebollizione, il mondo doggi. Echi di poeti canonici come Petrarca, Quasimodo, Carducci, vengono ripresi in chiave ironica, straniante.» (Alessandro Salvi)

«Una raccolta sarcastica e concreta, che ha tinte sagaci come anche malinconiche. Un autore che non rinuncia alla critica sociale come al maneggio semantico e sintattico della parola riuscendo a uscirne, nel complesso, interessante.» (Federica Volpe)



Secondi classificati ex aequo
Giovanna Iorio con Il libro degli oggetti smarriti
Andrea Parato con Il polso dei miti
  

Il libro degli oggetti smarriti
Vola basso!
Non sapevo
dove girare la testa con
il campo visivo diviso a metà
come un cavallo.
(Tomas Transtörmer, Poesia dal silenzio, 2011)


DIVANO

Me lo sono trovato davanti
come il palmo di una mano
aperto e sporco
in un prato
ricoperto di lana.
Un divano senza memoria
un vecchio malato d’Alzheimer
che non sa
tornare a casa.


LA SCATOLA DI FIAMMIFERI

I fiammiferi d’inverno
se ne stanno nascosti
in una scatola
accanto a un lampione
riserva di luce
per la bambina di neve
accenderanno un tenue
lampo di fuoco
riscalderanno minuti
di sogno.


FILO SPINATO

Non pensavo
di trovarti qui
tra me e il cielo.
Chi di noi
è il prigioniero?
Punte di metallo
torturano l’aria
e io non ho fretta
le lascio fare
aspetterò
che la pioggia
vi faccia arrugginire
di vergogna.


LO SPECCHIO NEL PRATO

Non piove più.
Vedo una scheggia di luce
nell’erba bagnata.


LA NUVOLA IN GARAGE

Prima ho pensato
a un incendio
senza odore di bruciato
ma era una nuvola e basta
piccola in verità
scappata dal cielo
prima della pioggia.

 (…)

Giovanna Iorio (Bates), di origini irpine, vive e lavora a Roma dove insegna lingua e letteratura italiana in un liceo internazionale. Ha pubblicato Dopo Lungo Silenzio (Mobydick 1997) antologia di poesia irlandese contemporanea al femminile, Voci della Palude (In Forma di Parole, Bologna 1997), Hugo Hamilton: Lo scoppiato (romanzo, Cronopio Edizioni 2000), Antonia Byatt: La vergine nel giardino (romanzo, Einaudi 2002). Per le edizioni Via del Vento ha curato e tradotto i volumetti: Eavan Boland, Falene, Acquamarina n. 6; Medbh McGuckian, Scene da un bordello, Acquamarina n. 11. Ha vinto numerosi premi per racconti e poesie. Mare Nostrum e La memoria dellacqua sono due raccolte di poesie inedite. Tiene il blog Amici di Letture 

Giudizio

«Credo che per applicare criteri, per dir così, “scientifici”, soffermandomi su ogni passo, sillabando, giocando a cercare le citazioni nascoste e – naturalmente – valutando la scelta delle parole usate dai poeti, avrei avuto bisogno di più tempo. Del resto, non penso fossero questi i parametri di giudizio da applicare a delle raccolte che gareggiano per la pubblicazione in unantologia a tema libero. Molto più importante la coerenza, lorganizzazione interna, lavere un filo conduttore. E verso tali sillogi mi sono orientato. Il libro degli oggetti smarriti ha da questo punto di vista soddisfatto appieno le mie aspettative. Aspettative del tutto personali, del tutto impressionistiche: offre ciò che personalmente vado cercando in una raccolta poetica, ovvero la non banale semplicità nelle descrizioni. Nello specifico ne ho apprezzato l'ironia e la capacità di intessere un dialogo con gli oggetti e, quindi, con le memorie e le associazioni che essi suscitano. Non pensavo / di trovarti qui / tra me e il cielo. / Chi di noi / è il prigioniero? Questo la poetessa domanda al filo spinato e lo fa con ritmo, con versi brevi, con parole – dicevo – semplici e non banali, esprimendo un'immagine chiara ed efficace. Vi è poi ironia intrecciata a quotidianità, per le quali risulta che il semaforo è Il solo / ad arrossire / ancora; tutto ciò fa sì che scorrano agevolmente sotto gli occhi del lettore le sue parole, che volano via // nuvole di fumo / pietrificate.» (Riccardo Burgazzi)



Andrea ParatoIl polso dei miti

“Il grado di febbre di quell'Italia non era dato dai surriscaldati,
ma dal polso dei miti, dei pacifici che collaboravano alle rivolte.
Quando azzardano le educande,
un paese è prossimo all'incandescenza.”
(Erri de Luca, La ragazza con la gonna blu)


PRIMO CORO
Quando abbiamo perso la felicità?
Tutto il nostro sapere
racchiuso in simulacri
di malcelata insofferenza.
Splendidi frutti da porgere
con mani sporche di letame.
Quando abbiamo perso la felicità?
Dita tenere a scalare il muro
e cuore duro spostato
un grado di troppo
sui paralleli dell'esistenza.
Nostra medicina è la cura della vite:
tagliare fronde superflue.
Ma quando abbiamo perso la felicità?
Tra noi l'indifferenza
è il male peggiore.


Il poeta:
Il pensiero non esce,
pesa sul cuore.
Voce senza sfogo
scava il petto
tenta la fuga
resta dolore.
Ho sognato il sapore
del tuo corpo
toccato la punta turgida
dei tuoi silenzi.
Da solo, non mi rialzo: perché?
Devo perdere la strada
che mi riporta a te.

La voce del giovane musicista
La mia arte, gli anni
di silenzio offerti
in olocausto al pianoforte,
il dono diventato solitudine
parole vuote e spente note.
Non ho abbandonato
gli spartiti consueti
sull'orlo dell'incertezza,
la famiglia e la terra,
quelle sì le ho lasciate.
A metà della mia vita
attendono sogni incompleti
che non danno il pane.
E' il tempo duro delle decisioni
non per orgoglio,
ma nemmeno per fame.

La voce del vecchio contadino
Ricordo quando in città c'erano i campi di grano
e sotto il sole di luglio facevano a gara per i covoni;
quando il fischio proclamava la più veloce mano
al taglio, o chi aveva raggiunto la tonnellata;
quando partivano i cavalli dei cittadini
sulla strada dell'unica pensione impolverata.
Allora, tutti pensavano al lavoro comune,
poi al ristoro e alla festa insieme:
e nessuno, la sera, a smettere di cantare.

Il poeta:
Quando finalmente
questo corpo tacerà
il suo stridulo urlo di desiderio,
sarà forse tardi
per qualcosa di buono.
Qui e ora
devo versare un tributo al mondo
nonostante il duro monologo.
Vuoto a rendere,
perdonerai il tempo perso? 
(…) 

Andrea Parato è nato nel 1979, in quello splendido periodo detto recessione, quando la gente non aveva la benzina e rimaneva a casa… Dopo una gioventù spesa negli eccessi e negli stravizi della periferia campagnola della metropoli riminese, ha annunciato ai suoi genitori che non avrebbe fatto l'ingegnere. Ha intrapreso la prestigiosa carriera di scienziato della comunicazione. Per cinque anni ha provato a fingersi bolognese, ma la pronuncia romagnola lo ha tradito. Così è tornato con una corona di alloro nella terra della piadina, dove una casa editrice misericordiosa lo ha assunto per occuparsi di web, corsi di formazione, libri e annessi. Lo ammette: ha amori poligami che non ha mai tradito: poesia, scrittura, comunicazione. E alla fine spera di abbandonarsi tra le loro braccia.

Giudizio

«Una raccolta ordinata nel suo disordine, una voce poetica naturale che si divide in molti affluenti riuscendo a rimanere la medesima. Un poeta personaggio che ora cerca “… segni nei polsi / e nelle voci dei minimi del mondo”, la cui voce attraversa e incontra molti minimi così da formare una storia minima, potenziale, come potenziale è la felicità del messaggio finale, un messaggio che riesce, nel contesto, a non cadere nel banale.» (Federica Volpe)



Terzo classificato
 
Martina Campi con Lavvicendarsi del sole

Brusio (nell’essere gli uni agli altri)


1.

Interferisce la perdita di cose
fuori senno fuori luogo

si cenava compostamente
mentre  pioveva

gocce leggere sui vetri
cadevano, abbandonandosi ad
un destino certo di immobilità e schianto.

Disintegrata, la pioggia
indisturbava gli scavi di
piccole società di batteri.

Erano benevole le domande ma,
infine non utili allo scopo.


2.

Le voci si confondono,
espositrici esperte e tuttavia inconsapevoli,
di nuovi ed innumerevoli cataloghi
progettuali, di ultime esperienze
utili, passate a rimanere restare
immutare e: a mai cominciare.

Con un leggero sospiro
alla pioggia
ripiego tra le mani il tovagliolo

quello che ora si sa (ancora)
eccoci, nel padroneggiarlo
è solo un altro inutile
noi/loro.


3.

Con lo sguardo passato
a fare del proprio meglio
a proporre in silenzio
un piccolo salto veloce
nella teoria dei gruppi

e qui rimane a fissarsi l’attenzione
sui fondamenti o, in alternativa
sulle fondamentali problematiche

sociologiche interpretazioni
o su concetti che descrivano la realtà
__________________

L’interferenza è, questa volta,
un brusio di fondo inaccettabile.


4.

A essere ottimisti
si rivendicano spazi modulati,
ritirando vittorie comparate

ma ora che siamo qui
inodori estranei e sorridenti
senza pelle, né tempo libero
da condividere nel mezzo;

ma, su superfici ruvide imperfette,
mossa da previsti seppure
incontrollati terremoti:
ci delineiamo paesaggi in movimento,

ci traiamo in disparte,
(temporaneamente mi discosto)
per assumere la terza posizione.


5.

Cose che non succederanno
ed è chiaro che, ormai,
si va avanti per ore, quando
il tempo consigliato non è necessario.

Atti in successione scorrono gratificanti
osserviamo la sofferenza -contenuta-
depositarsi in scie mutevoli di memoria
vetri oscurati di credenze in disuso
(e innumerevoli fiori ad appassire nei vasi)

non sono contemplate le teste
o altrettante indigestioni di fastidio.

Ma tutti sono pronti a dire qualcosa.

(…)

Martina Campi nasce a Verona nel 1978. Vive a Bologna e lavora a Milano. Alcuni suoi scritti (poesie e racconti brevi) sono presenti in rete, su riviste e siti di scrittura, tra cui: «Pi greco», «Musicaos», e il catalogo di Kermesse (con il primo Esperimento di scrittura visuale organizzato da Arpanet, basato sulle opere darte finaliste al Premio Italian Factory, in esposizione a Kermesse 2004). È presente in Fragmenta (ed. Smasher 2011) antologia di prosa e poesia altre antologie poetiche.  Ha pubblicato la silloge poetica Definito dalla luce e la raccolta autoprodotta di racconti e poesie Le ombre lunghe. Co-fondatrice dei progetti di raccolta e autodiffusione di “cose belle” Il Fibonacci (insieme a Sergio Bottoni) e Foglio daria: l’albero delle migrazioni (insieme a Giampaolo De Pietro). Autrice e performer della formazione Tu che sei, insieme al compositore e musicista Mario Sboarina, del progetto di musica e poesia: Mani e qualcosaltro.

Giudizi

«Liriche di forte impatto caratterizzate da un linguaggio diretto ma mai banale.» (Luca Ariano
«Entro un dire ellittico si snoda questa poesia inquieta, ad alto afflato lirico. Momenti catturati dal quotidiano ruit hora, setacciati dal poiein per salvarvi il salvabile, o meglio, quello che vi è più caro e prezioso.» (Alessandro Salvi)


Segnalati con pubblicazione di estratti in questo blog

Marco Mastromauro con Quattordici sonetti e altre inquietudini

... Eppure chi son io per dirmi niente
 per distinguermi dal troppo avvilente
dal tutto così tutto che m'ingorga
dalla luce nascosta che non sgorga

Parte I

Filamenti          

T'aggiri tra le meraviglie, altrove,
lungo binari soltanto apparenti
attratto da notturni filamenti
di luce argentea che qualcuno muove.

Le grida degli uccelli sono nuove
ora che l'alba si mostra altrimenti
dal ricordo di tremori innocenti,
soggiornano in lei da ogni dove.

Il  respiro non ceda al disincanto,
sommesso sottofondo del silenzio
(vago, indecifrabile mormorio).

Si liberi dai fumi dell'assenzio
dai confusi ricordi, dal rimpianto:
a lei ritorni dolce folgorio.



Il suo braccio nel sonno

Il suo braccio nel sonno s'abbandona
prima che al mattino riprenda forza
quando ancora il buio non si smorza
ma già nella stanza piano risuona

di madre il cuore come voce buona
mentre tenue rischiara bruna scorza
del bambino che la notte rinforza
e presto al giorno veglia si dona

ché il sostare troppo non s'addice
a chi da poco cresce con diletto
stringe dita, sorride, si compiace

cerca sui visi il suo stesso affetto
e nulla sa del vuoto d'Euridice
or che si ridesta e non più soggiace.



La sera oscurando

La sera oscurando coltre di neve
è memoria trafitta, ombra, dardo,
spavento in me disciolto che m'attardo
con un passo che si ferma ma deve...

Così m'arresto, poi m'affretto greve,
giungo malgrado perenne ritardo
a soggiogare l'avvento infingardo
sulla soglia dov'è  il bacio breve

( ma accoglie, punge, riluce il cuore
che  non sperando tace l'insperato
contro nemico muto, immaginario:

perchè comunque male non è nato
e tenace cresce questo calore
anche se poco, tenue, solitario...)



Un grigio cielo

Un grigio cielo il mondo ritrova
che dentro lo sguardo scorre più lento
nascosto dal velo dello sgomento
depone minaccioso altre uova

come se la terra fosse la prova
che non il sonno ripara dal vento
e tra le coltri anche c'è  tormento
sicché al risveglio gatta ci cova

e lascia graffi di sangue indifeso
perchè non cede neppure predice
l'immensa volta, tersa, vuota, muta,

fulgida volta di luce assoluta,
è al tuo viavai  lontana cornice,
una risposta che non hai compreso.



Labbra  di sale

Arsa da labbra prorompe, di sale,
una voce stralunata, dispersa,
oltre quest'onda tumultuosa, inversa,
lascia un'ombra che piano risale

che ti colpisce come freddo strale,
quando si dibatte, rabbiosa, persa,
dietro l'inganno d'una maga avversa,
questa tempesta, rovinoso male:

così, lontano, la certezza spira,
tace speranza, geme la fortuna
anche se gonfia bianca vela nuova

e sottovoce un canto rinnova
(malìa si sfila da segreta cruna)
della sirena che sempre t'attira.


MarcoMastromauro è nato nel 1957 a Verbania. Vive a Novara, lavora a Vercelli. Ha pubblicato poesie sulla rivista «Alla Bottega» e, dal 1995, ha collaborato al trimestrale di cultura e arte «Contro Corrente». Alcune sue poesie sono state pubblicate – in quattro occasioni, nella rubrica curata da Maurizio Cucchi – sullo «Specchio», settimanale allegato, fino a quattro anni fa, al quotidiano «La Stampa». È autore delle raccolte di poesie: Anime confinate (Milano Libri 1992), Cuba (Ibiskos 1995), Memorie da un pianeta (Contro Corrente 1997), Eros, Trinidad e altre poesie (Oppure 2000). Sue liriche sono presenti in alcune antologie.

Giudizio
 
«In questa raccolta c’è del “mestiere poetico” e si vede che l’autore maneggia bene la forma senza però mai scadere nel puro virtuosismo.» (Luca Ariano)



Puccio Chiesa con Postumi



Postumi
sulle tempie
corone senza gloria
per imperi domestici
Postumi
come ultimi
resti
di pomeriggi estinti





INFINITO PRECIPITE

 Lo sento
quando nel giorno che trema
la folla mi allontana.

Tutto si dissolve
nella polvere lucente del sole nuovo
nella stagione che chiama
nel silenzio che cerca.

Tutto si risolve
in palpiti di nubi pesanti
nei ritagli di vento che occupano le parole
nel presente coinvolto nell’incanto.

Travolto dal sangue del tramonto
nell’infinito precipite inciampo
e mi accorgo…
il colore nuovo del mio tempo
mentre guardo nella stanza non più mia
mi accerto del passato estinto
e nella polvere estranea
riconosco
quello
che
ero



OTTOBRE

 In frange sui vetri
l’estate che c’era.
Davanti a me questo tavolo
di funghi velenosi
di porci macellati.
Artigliano intorno
ringhie di cani
accesi dal sangue.
La lupa non mi riconosce
mi morsica da lontano
ha il veleno negli occhi.
Poi dopo un cenno si avvicina
rimane tiepida
nel veleno del pelo
getta a terra i battiti
che la rabbia l’anima
e si allontana.
Mi punge un petalo estinto…
il ricordo dei fratelli gracili
piange nelle nebbie
che stordiscono le sere
che strozzano le notti.



LINEA 27/A

Fai piano con la voce,
quando dormo il pomeriggio.
Ho fame di quella belva oscura
che è in me,
quando rido nella notte
la sento ruggire
accesa da scintille
di ossa incandescenti.
Rinchiuso in cantina
ascolto le luci
che gorgheggiano dai viali,
ricostruisco me stesso
e l’anima prende la sua forma,
confusa da soli galleggianti.
Fai piano con la voce,
quando ascolto la rugiada
e quel che resta di lei,
fai piano con la voce
quando bevo da solo al buio.
Adagio, fai adagio quello che devi fare
e quando nel grembo della notte
cinguetta il mattino,
svegliami
per andare a prendere le sigarette.


LO STATO DELLE COSE

Nella tempera limpida
del cielo di febbraio,
i toni tenui
dei treni fermi,
i volti arresi
di un tempo senza voce.
Accadeva senza pioggia
la voglia di nascondersi.
Lo stato delle cose,
nella plastica della luce,
non ha nomi
da ricordare,
solo stagioni furiose
e labbra morsicate. 


Puccio Chiesa è nato a Crema nel 1976, ha pubblicato le raccolte di poesia Vertigini (Libroitaliano 1998) e Sopra le righe (Maremmi Editori 2006), il romanzo poetico Sonnambuli (Il Foglio letterario 2009) e il racconto “Honda Dodò, caffè e ammazzacaffè” (in Pubblica con noi, Fara 2010). Nel 2003 fonda con Roberto Moroni la Semiolabile cinematografica, realizzando video che coniugano il linguaggio poetico a quello delle arti visive e della cinematografia sperimentale. Ha partecipato a diversi festival in Italia e all’estero. Ha vinto l’edizione 2009 del concorso nazionale di videopoesia “La parola immaginata” con lopera tempo sepolto. Tutte le videopoesie sono catalogate e visibili presso il centro di documentazione per le arti visive Careof di Milano. Sito web: www.myspace.com/semiolabilecinematografic

Giudizi 

«Poesia carnale, vitale con immagini dense e folgoranti.» (Luca Ariano)

«Postumi mostra, soprattutto nella sequenza dei Notturni, un filo conduttore che appaga il bisogno lirico di chi legge.» (RiccardoBurgazzi)



Giulio Maffii con Agli zigomi delle finestre



Se non ami me ama quello che  scrivo e amami per quello che scrivo
(S. Plath)

Di tutto quanto
ecco lo sfrigolio dell’acqua
mi domando rispondendo
ecco la polvere accumulata
l’utilità del passo occasionale
ecco il tavolo di cucina
Di tutto quanto
ecco il cane per le scale
capiranno gli esistenti
ecco il gatto ladro
l’uscita dalla porta?

Mi ha doppiato il senso
di una vita corta

*


Il tuo vero amore
               lo ricordo
analfabeta dal sapore
               d’aringa
mistero delle mani
che sconfiggono il pensiero
Dov’ero?
a fare spazio
a pagare dazio
avendo il dono dell’attesa
Si paga si paga
si paga sempre tutto
alla bellezza
agli imbonitori
ai prestatori d’ascolto
C’è un corpo
d’interesse abbiamo un corpo
spesso niente più

*


Volesti conoscere il principio
c’era una croce ad aspettarti
da portare dentro
da gettare addosso
ad ogni uomo discretamente perso
Sono strappi d’equilibrio
quelli di una visita nascosta
e non basta far tacere un tuo sussulto
e già mi vedi come ombra
accasata nelle pieghe dentro al muro
tu senti nella calce la mia voce
si duplica e riparte
cerca di schiodare la tua croce

 *

In fondo hanno lo stesso nome
la stessa utilità della menzogna
che potrei avere io
la tua falcata taglia l’aria all’aria
quando il tempo si deforma
e cambia strada

 *

L’importanza per te
di essere prima davanti
agli altri con l’impazienza
di un’adolescente schivando l’amore
a chiazze in percorsi orizzontali
senza il guizzo della virata
Adesso che non ci sono
ma persevero parallelo
non riconosci il possesso che ti manca
che invadersi i corpi
fa parte del respiro quotidiano
Ancora non capisci
la moneta dello scambio
l’aggettivo e l’avverbio
quello eravamo
confusi nello stesso suono
ed io sono sceso
tardi dal ripiano


 

Giulio Maffii è autore si occupa di critica letteraria e dirige la collana di poesia contemporanea e plaquette per le Edizioni Il Foglio di Piombino. Tiene un laboratorio di poesia per ragazzi. Collabora con varie testate letterarie e svolge opera di traduzione poetica. È uno degli organizzatori italiani del festival mondiale “Palabra en el mundo”. Ha allattivo varie pubblicazioni tra cui Equinozio di girasoli (2009) e Lumiltà del poco” (2010). Nel 2011 ha vinto il premio Sandro Penna per linedito. Suoi lavori sono stati tradotti in  spagnolo, inglese e romeno. 

Giudizi

«Agli zigomi delle finestre è apprezzabile nel suo offrire al lettore un cammino che può percorrere quasi sostituendosi allio lirico.» (Riccardo Burgazzi)
«Una voce particolare, in cui non manca qualche rado sprazzo di genialità capace di farla emergere tra le altre.» (Federica Volpe).



Piero Saguatti con Brevi rilievi



PANORAMI VERTIGINOSI

Affinità mattutine
nel tenero languore
l’acerbo
affumicarsi delle valli
rotonde
e ben distese
i bei respiri
aperti
in alta quota
le maestose vette
che aguzze
sulle cime
vado associando
alle anse prorompenti 
dei tuoi seni
in identica
                  e vertiginosa
                                        natura 
                                                   dominante.



FRAGILI  ELEMENTI  NATURALI

 La luce, il fiato, il fuoco
lo stesso equilibrio breve verticale

sfidano l’estinguersi improvviso
nel suo sinistro incombere silente

temono lo schiocco secco
con cui anche il vento che traspare
spezza le dure fibre al tronco principale.



CAPITA 

Capita di non riuscire
a dividere i passi dalle ombre
a distinguere le voci
tra i tanti suoni sovrapposti
fra le sponde

capita di non riuscire
a separare la libertà discreta
dalla somma martellante
degli eventi.

   

NOIA VAGABONDA 

Non si misura la noia
 è fatta di schiuma soffice

grigia e vagabonda

monta dentro poi si sgonfia
impossessa, abbandona poi ritorna

si nasconde

                    tra le mille espressioni
   
                                                          bugiarde
                                                                           del mio viso.



VOLO INCERTO  

Dell’aereo  
  che si tuffa poi riemerge tra le nuvole scomposte
il suo singhiozzo soffocato
appartiene al cielo

quaggiù si colgono similitudini e paure
che legano quel volo incerto
al nostro affanno

si percepisce solo la traccia distante in rettifilo
poi la breve scia nervosa
prima di svanire.



Piero Saguatti nasce a Bologna il 2 agosto 1963. Scrive sulla rivista «Parole» curata dal Laboratorio dell’omonimo Circolo ove hanno insegnato autorevoli poeti come Lauretano e Rondoni. Ha pubblicato un articolo sul quotidiano «La Voce di Romagna» . Antologie: Briciole di senso (Montedit), Laboratorio di parole (Pendragon). È incluso nell’Antologia-Censimento dei poeti bolognesi (Giraldi 2006). Menzione di merito al concorso “L’acqua” (ed. Farnedi). Finalista al premio “Gens Vibia” di Marciano. Nel 2007 ha avuto l’onore del commento di M. Cucchi a una sua poesia in “Scuola di poesia” su «La Stampa». Nel 2010 Premio “creatività” al concorso “Idea Donna” e 3° classificato a “il Cono d’ombra” (VC). Nel 2011 è 1° al concorso “La Lettera Matta” indetto dalla Culture Sommerse con la silloge: Senso, consenso e dissenso.

Giudizio
«Apprezzo questa scrittura energica, che denota unasciuttezza nel plasmare la materia verbale. Un verseggiare pregno di tensione gnomica, dove il poeta scommette sulle possibilità offerte dal linguaggio. Un occhio/orecchio vigile, quello del poeta, che sa di invettiva in alcuni punti (di teste vuote sepolte nella sabbia / ne abbiamo tante al mondo / da confonderle a quelle degli struzzi), in altri di amara sentenza (aggiungo questi silenzi austeri / conficcati a livello zero della terra / rotti dall’incerto turbinio dei miei ruvidi rovelli).» (Alessandro Salvi)


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